ALAGONA, Artale
Successo nel 1355 al padre Blasco come gran giustiziere e nel comando della parzialità catalana di Sicilia, conte di Mistretta, fu tutore di Federico IV e seppe ridare ai Catalani il sopravvento sui Latini capeggiati da Francesco Ventimiglia, conte di Geraci. La sua attività politica e militare fu di grande rilievo: in politica estera, distaccatosi dalla tradizionale politica filoaragonese, si sforzò di cercare una soluzione italiana al problema siciliano; in politica interna combatté contro la coalizione angioino-chiaramontana; ad Aci, il 27 maggio del 1357, disfece l'esercito di Luigi d'Angiò, costringendolo a ripassare lo stretto. Dopo quest'avvenimento, cercò con ogni mezzo di riportare la pace tra il baronaggio diviso: cedette la tutela del re a Francesco Ventimiglia, riportò alla fede regia i ribelli chiaramontani (1361) e promosse l'accordo di Enna (1362), che doveva impedire il rinascere delle lotte intestine; liberò infine (1364) Messina assediata dagli angioini-napoletani, determinando così l'inizio della crisi dell'occupazione napoletana in Sicilia. Dopo la morte di Federico IV nel 1377, la fortuna di Artale si accrebbe: fu vicario generale del Regno e, per volontà testamentaria del re defunto, tutore della regina Maria. Con mossa intelligente cercò di salvare l'esistenza dello stato siciliano, col rendere partecipi al potere, nel 1378, gli esponenti maggiori del baronaggio. Ebbe così vita quel governo collettivo baronale che è comunemente detto dei "quattro vicari". Ma l'espediente non sortì l'effetto desiderato, in quanto, in realtà, il governo del Regno rimase in mano dell'A, e di Manfredi Chiaramonte. Come vicario, intraprese una sua politica italiana: fu sua 1 iniziativa del 1379-80 tendente a far intervenire Giangaleazzo Visconti negli affari siciliani, dandogli in moglie la regina Maria. Il progetto sembrava essersi realizzato, quando avvenne il rapimento della regina da parte di Guglielmo Raimondo Moncada, che la consegnò a Pietro IV d'Aragona. Lo scacco segnò la fine anche della sua egemonia, cui subentrò quella del Chiaramonte. Morì nel febbraio del 1389.
Fonti e Bibl.: G. Cosentino, Codice diplomatico di Federico III d'Aragona, Palermo 1885, passim; G. Zurita, Anales de la corona de Aragón, II, Zaragoza 1585, pp. 287, 373; Michele da Piazza, Historia Sicula, in R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum..., I-II, Panormi 1791-92, passim;I. La Lumia, Estratti di un processo per lite feudale del sec. XV, Palermo 1878; Id., I quattro vicari, in Storie siciliane, II, Palermo 1882, pp. 221-336; I. Scaturro, Storia della città di Sciacca, I, Napoli 1925, pp. 457-461, 489; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, Milano 1936, p. 23; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, I, Palermo 1953, pp. 77-181.