ARTAFERNE ('Αρταϕρένης o 'Αρταϕέρνης, Artaphernes; delle due forme greche la prima è la più antica e meglio attestata)
Fratello del re Dario I. Gli fu dal re dopo la spedizione scitica affidata la satrapia di Sardi. Qui circa il 508 a. C. ambasciatori ateniesi gli chiesero aiuto contro il re Cleomene di Sparta che minacciava Atene di guerra in odio a Clistene e alle sue riforme. Gli ambasciatori accettarono la condizione posta da A. di dare al re la terra e l'acqua, cioè di sottomettersi; e furono al loro ritorno, passato ormai il pericolo, sconfessati dagli Ateniesi. Dopo ciò A. prese sotto la sua protezione il tiranno Ippia che era stato espulso da Atene, e ad un'altra ambasceria ateniese intimò la sua restaurazione. Così s'iniziò l'inimicizia fra Atene e la Persia. Più tardi (499) A. d'intesa col signore di Mileto Aristagora tentò invano la conquista di Nasso; e i dissensi tra A. ed Aristagora seguiti all'insuccesso di quella impresa diedero occasione all'insurrezione ionica. A. sulle prime perdette terreno di fronte agli insorti; ma, quando essi pervennero a Sardi, riuscì a salvarne la cittadella ai Persiani. Continuò poi a combattere gl'insorti greci, e quando cadde nelle sue mani Istico che, fuggendo da Sardi, dove era stato mandato dal re, era passato agli insorti, lo fece crocifiggere. Domata la ribellione, A. ristabilì con moderazione e prudenza l'ordine nella Ionia, fece concludere convenzioni tra le città per il disbrigo delle pratiche contenziose, ne fece misurare i territorî, ne regolò nuovamente i tributi. Pare che in tutto ciò non mancasse di tener qualche conto dei suggerimenti di Ecateo di Mileto. A. è menzionato ancora a proposito della controversia intorno alla successione di Dario (487).
Un altro Artaferne, figlio del precedente, comandò con Dati i Persiani nella spedizione che si conchiuse con la battaglia di Maratona (499). Poi nella spedizione di Serse (480) comandò i contingenti dei Lidî e dei Misî, il che fa ritenere che, come il padre, avesse allora la satrapia di Sardi. Queste notizie sono in massima desunte da Erodoto; poche notizie degne di considerazione sono in Diodoro, Nepote e Giustino.