ARSENOBENZOLI
. I composti organici dell'arsenico contengono l'arsenico stabilmente legato nella molecola e non facilmente dissociabile allo stato di ione, per modo che non può essere messo in libertà se non con la decomposizione profonda del composto organico. I composti organici dell'arsenico, usati in terapia, subiscono tale decomposizione gradatamente nell'organismo; in seguito alla quale l'arsenico esplica la sua azione biologica e terapeutica. Da tale comportamento risulta che in linea generale i composti arsenicali organici sono molto meno velenosi e meglio tollerati dei preparati inorganici dell'arsenico.
In tempi recenti sono stati preparati per sintesi molti composti arsenicali organici con un determinato scopo terapeutico. L'Ehrlich ha osservato che i derivati organici della serie aromatica dell'arsenico trivalente sono molto più efficaci dei derivati dell'arsenico pentavalente nelle malattie di origine protozoaria. Questi composti organici con due radicali aromatici legati per mezzo di due atomi di arsenico riuniti fra loro per doppia valenza R − As = As − R, sono gli arsenobenzoli, dei quali il salvarsan o 606 (la 606ª sostanza studiata) si dimostrò il più efficace e di azione specifica sulla Spirocheta pallida, parassita patogeno che produce la sifilide. Come gli altri composti organici dell'arsenico (ad es. l'atossile), il salvarsan non ha azione antisettica per sé; in vitro non uccide i parassiti patogeni: solo decomponendosi nell'organismo, diventa attivo.
Il salvarsan Ehrlich-Hata 606, dalla formula As2(C6H3.OH.HN2)2.2HCl + 2H2O, è il cloridrato del diossidiamminoarsenobenzolo. Scoperto da P. Ehrlich e A. Bertheim, in seguito alle ricerche farmacologiche del Hata, nel 1910 entrò nella pratica medica.
Si prepara riscaldando fenolo con acido arsenico; l'acido paraossifenilarsenico ottenuto viene nitrato, con che il nitro-gruppo si fissa in posizione orto rispetto all'ossidrile. L'acido nitrossifenilarsinico per riduzione con idrosolfito sodico dà il diossidiamminoarsenobenzolo. Il diossidiamminoarsenobenzolo è una polvere cristallina giallo-chiara; ancora umido viene disciolto in alcool metilico e trasformato in cloridrato per aggiunta della quantità calcolata di acido cloridrico in soluzione alcolica. Per aggiunta di etere precipita il sale come polvere microcristallina, giallo-pallida, igroscopica che viene seccata nel vuoto; indi in quantità pesata si pone in adatti tubetti, dov'è stato in antecedenza praticato il vuoto, o si è sostituita l'aria con gas inerte. I tubetti alla fine si saldano alla lampada. Tali precauzioni sono necessarie perché questo preparato facilmente si ossida all'aria, trasformandosi in un prodotto eminentemente velenoso. L'azione dell'aria dev'essere esclusa in tutte le operazioni necessarie alla sua preparazione.
Il salvarsan si scioglie lentamente nell'acqua con reazione acida. È facilmente solubile in alcool metilico e in glicerina, un po' meno solubile in alcool etilico (1 : 12), quasi insolubile in etere. La soluzione acquosa precipita con idrato sodico e il precipitato si scioglie nell'eccesso di esso.
L'acido solfidrico non separa solfuro di arsenico dalle soluzioni di salvarsan acide per acido cloridrico; il reattivo di Bettendorf dà solo un precipitato giallo amorfo, senz'alcuna separazione di arsenico bruno-nero. Se il salvarsan si scalda con acido cloridrico e clorato di potassio fino ad ottenere una soluzione limpida e incolora, si ottiene la reazione dell'arsenico tanto con l'idrogeno solforato quanto col reattivo del Bettendorf.
Il cloruro ferrico produce nella soluzione di salvarsan una colorazione che dal verde passa al rosso, anche per una diluizione di 1 a 15.000. Il cloruro d'oro produce istantaneamente una colorazione rossa intensa. L'idrogeno nascente (zinco e acido solforico diluito) svolge idrogeno arsenicale che annerisce una listerella di carta da filtro bagnata con soluzione di nitrato d'argento.
La soluzione di salvarsan acidificata con qualche goccia di acido cloridrico e raffreddata, per aggiunta di nitrito sodico in lieve eccesso, che poi si elimina con un poco di urea, assume per aggiunta di resorcina e soda colorazione rossa.
Con la soluzione di iodio il salvarsan si trasforma in acido amminofenilarsinico; essendovi una corrispondenza fissa del consumo di iodio con la quantità di salvarsan, si utilizza questa reazione per determinare quantitativamente, per via volumetrica, il salvarsan.
Il salvarsan contiene il 34% di arsenico.
Gli svantaggi del salvarsan sono la sua insolubilità in ambiente neutro e la sua sensibilità all'ossidazione. Dei suoi derivati, preparati per rimediare a questi inconvenienti, i più importanti sono i seguenti:
Salvarsan sodico. È il sale sodico del salvarsan. Essendo facilmente solubile in acqua, con leggiera reazione alcalina, è di più facile e pronta somministrazione del semplice salvarsan.
Neosalvarsan Ehrlich-Hata 914, As2C6H3OH.HN2.C6H3.OH.NHCH2OSONa + 2H2O. È il diossidiamminoarsenobenzolo monometilensolfossilato di sodio. Si ottiene dal salvarsan per la sostituzione di un idrogeno di uno dei gruppi amminici con un gruppo metilensolfossilato di sodio. Polvere gialla di odore particolare, facilmente solubile in acqua con reazione neutra. Per aggiunta di acido acetico si produce intorbidamento, che per riscaldamento si trasforma in un precipitato giallo: per aggiunta di fucsina decolorata con acido solforoso si ha colorazione violetta (formaldeide). Contiene circa il 20% d'arsenico. E meglio tollerato del salvarsan, ma anch'esso è un prodotto poco stabile, e ha dato luogo a inconvenienti della stessa natura di quelli del salvarsan. Lo stesso Ehrlich ha studiato e preparato i derivati del salvarsan con i metalli pesanti. Alcuni di essi, fra i quali i seguenti sono stati messi in commercio:
Salvarsan argentico. È il diossidiamminoarsenobenzolo argentico sotto forma di sale sodico. E una polvere bruno-scura, solubile in acqua con colore bruno, insolubile in alcool. Contiene circa il 20,5% di arsenico e il 13,5% di argento. Per quanto naturalmente il salvarsan argentico contenga meno arsenico del salvarsan, la presenza dell'argento nella molecola lo rende più attivo e di più pronta azione, pur mantenendosi la tossicità sia dell'uno sia dell'altro preparato approssimativamente uguale.
Neosalvarsan argentico. E una combinazione molecolare del salvarsan argentico col neosalvarsan. Contiene circa il 20,5% di arsenico e il 6,5% di argento.
Gli arsenobenzoli sono stati studiati specialmente sulla scimmia e sul coniglio, nei quali è possibile riprodurre sperimentalmente l'infezione luetica. La rapidità con la quale risolvono le infiltrazioni della cornea e dello scroto ha riscontro con quanto avviene nelle forme ulcerative della cute e delle mucose dell'uomo. La fissazione elettiva del farmaco appare molto evidente nelle ricerche di Igersheimer che, nelle cornee di conigli ugualmente trattati con salvarsan, ritrovò arsenico solo in quelle infettate sperimentalmente. Secondo Authenrieth e Täge il salvarsan viene eliminato in quantità minime nelle urine dalle quali scompare rapidamente poche ore dopo l'iniezione, mentre per un tempo abbastanza lungo si riscontra arsenico nelle urine in forma organica o inorganica. Gli arsenobenzoli molto spesso fanno scomparire nell'uomo il risultato positivo della reazione di Wassermann. Non sono innocui, come si credeva in principio; si sono avuti, anche con il salvarsan, disturbi della vista, fino a cecità da atrofia del nervo ottico. Si dà il nome di reazione di Herxheimer alla congestione infiammatoria locale che il rimedio, in un primo tempo, può provocare nei tessuti malati: in questo modo la terapia può aumentare l'ostacolo alla circolazione sanguigna in una arterite, con risultati dannosissimi se, per es., l'organo irrorato è l'encefalo o il midollo spinale. Col nome di crisi nitritoidi si indica un complesso di sintomi (quale il collasso, la perdita della coscienza, le congestioni, l'ipotonia, la diminuzione della pressione del sangue) paragonabili a quelli dell'avvelenamento da nitriti, come il nitrito di amile. È possibile in parte prevenire o combattere questi accidenti che possono aversi in seguito agli arsenobenzoli, iniettando sotto cute uno o due centimetri cubici della soluzione di adrenalina al millesimo. Inoltre gli arsenobenzoli hanno azione tossica sul fegato, sul rene, sul muscolo cardiaco; si debbono perciò escludere negl'individui che hanno lesioni negli organi suddetti. Specialmente il fegato può dimostrare la sua sofferenza con l'ittero talora a decorso grave, che può seguire anche a più settimane di distanza dalle iniezioni endovenose. Sembra che il deposito di glicogeno nella cellula epatica sia un mezzo di protezione per la cellula aessa contro lo sviluppo dei fenomeni tossici, donde il consiglio di somministrare per bocca una soluzione di zucchero qualche ora prima di praticare l'iniezione endovenosa.
Gli arsenobenzoli si usano in soluzione acquosa da iniettare nelle vene: sotto cute sarebbe molto irritante. Sono molto attivi nella sifilide primaria e secondaria, ma non guariscono le forme nervose, quali la tabe dorsale e la paralisi progressiva. Sono stati adoperati con vantaggio nella febbre ricorrente, nella malattia del sonno, nel Sodoku, nelle angine fuso-spirillari, nella cancrena del polmone e in diverse spirillosi.