Locuzione con cui G. Leibniz definì quella che già R. Lullo aveva battezzato ars magna, e cioè il simboleggiamento dei vari concetti in segni geometrici o algebrici, tale che permettesse di combinarli reciprocamente in tutti i modi possibili e di ottenere così una specie di mappa o di catasto universale dei concetti. Tale idea presupponeva quindi da un lato, platonicamente, la sussistenza di un mondo concettuale in sé conchiuso ed esauribile nei suoi limiti, e dall’altro la possibilità di simboleggiare i concetti in segni geometrici o algebrici. A quest’ultimo aspetto si rifarà più tardi la logica matematica.