TAMASSIA, Arrigo
– Nacque a Poggio Rusco, nel Mantovano, il 7 gennaio 1849 da Serafino e da Elisa Malagola.
Ebbe una sorella, Pia, e un fratello minore, Giovanni (Nino), che fu un apprezzato storico del diritto italiano, professore ordinario all’Università di Padova. Il padre, medico condotto di Poggio Rusco e Revere e appassionato studioso, proveniva da una famiglia di sentimenti patriottici che annoverava tra i suoi esponenti Giovanni Tamassia, storico del diritto di discreta fama e segretario generale del ministero dell’Interno durante gli anni del Regno d’Italia napoleonico.
Sotto la guida del padre, Arrigo studiò nelle classi ginnasiali, per poi frequentare gli anni del liceo presso l’istituto Beccaria di Milano. Seguì quindi le orme paterne iscrivendosi alla facoltà di medicina di Pavia, che frequentò come ospite del Collegio Ghislieri. Approfondì in particolare gli studi di medicina legale e di igiene pubblica con Giovanni Gandolfi e con Cesare Lombroso e si laureò nel luglio del 1873 con una dissertazione dal titolo Del veneficio nei suoi rapporti medico-legali, conseguendo la votazione di 65/70. Dopo un anno di specializzazione in medicina legale nello stesso ateneo, dove ricoprì l’incarico di assistente onorario di Lombroso, decise di recarsi a Napoli per entrare in contatto con Luigi De Crecchio, uno dei pionieri della medicina legale italiana. Nella città partenopea Tamassia eseguì i suoi primi lavori sperimentali, cimentandosi con lo studio dei processi di putrefazione, e curò la traduzione italiana di Responsibility in mental disease di Henry Maudsley (1874). La traduzione era arricchita da un’ampia prefazione, considerata dai suoi contemporanei un valido contributo all’avvio dell’antropologia criminale in Italia, in cui faceva il punto sugli studi italiani sull’argomento e dove rivendicava con convinzione la competenza medico-scientifica in materia di giudizio su alienazione mentale e imputabilità.
Grazie a questi primi titoli vinse una borsa di perfezionamento all’estero e tra il 1874 e il 1876 si mosse tra diverse capitali europee imprimendo alla sua formazione un forte carattere internazionale. Si recò dapprima a Berlino, dove lavorò con Karl Westphal, neurologo e psichiatra noto per importanti studi sulle idee ossessive (fu il primo a descrivere l’agorafobia) e riconosciuto un secolo dopo da Michel Foucault come l’iniziatore della sessuologia europea e degli studi clinici sull’omosessualità. A Berlino ebbe anche modo di continuare i suoi studi sulla putrefazione sotto la guida del patologo Rudolf Virchow, autore negli anni Cinquanta della teoria della patologia cellulare, punto di svolta per diversi rami della ricerca medica. Dalla capitale tedesca si spostò a Vienna, per approfondire con Eduard Hofmann l’impiego dell’anatomia patologica in medicina legale, e successivamente a Praga e a Parigi. Mentre si trovava all’estero, mantenne fruttuose relazioni con gli esponenti più in vista della comunità scientifica italiana e nel 1875, con Camillo Golgi, Carlo Livi, Augusto Tamburini ed Enrico Morselli, fu tra i fondatori della Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale, uno dei luoghi più significativi di irradiazione della medicina legale e della psichiatria forense nella penisola.
Tornato in Italia, Tamassia fu incaricato, nell’ottobre del 1876, dell’insegnamento di medicina legale a Pavia quando Lombroso si trasferì all’Università di Torino e nel 1878 venne nominato professore straordinario dello stesso insegnamento. Durante quei primi anni di lavoro continuò a occuparsi di tossicologia, soprattutto in relazione alle sue applicazioni in ambito giudiziario e, più in generale, si orientò verso la medicina forense.
Fu autore di diverse perizie medico-legali e partecipò al dibattito che in quegli anni coinvolse molti esponenti della scuola positiva intorno al progetto del nuovo codice penale di cui dotare il neonato Regno unificato. Sull’argomento Tamassia aveva già preso parola con la memoria Il progetto del codice penale pel Regno d’Italia e la medicina (Milano 1874), nella quale la questione della responsabilità era discussa in relazione all’età, alla pazzia, al sordomutismo, all’ubriachezza. Continuò a occuparsene per molti anni ancora, non solo discutendo di imputabilità (Il nuovo codice penale italiano e la pazzia parziale, in Rivista sperimentale di freniatria, 1876, n. 2, pp. 177-206), ma anche del ruolo e della funzione della perizia medico-legale nei tribunali, con Il nuovo codice penale italiano. Appunti di medicina forense (Venezia 1889) e Perizie mediche e le altre questioni medico-legali nel progetto di codice di procedura penale (Venezia 1906).
A questo ambito di riflessioni era ispirato l’impegno profuso per l’apertura dei manicomi criminali e quello dedicato all’ideazione di trattamenti speciali da destinare ai recidivi. Già in quei primi anni di lavoro guadagnò notorietà come uno dei principali fautori della svolta sperimentale della medicina legale, da lui ritenuta indispensabile per offrire soluzioni alle questioni medico-forensi. Più di un secolo dopo, tuttavia, Tamassia è ricordato soprattutto come l’autore di uno studio, pubblicato anch’esso agli esordi della sua carriera, in cui si parlava per la prima volta in Italia di ‘inversione sessuale’ (Sull’inversione dell’istinto sessuale, in Rivista sperimentale di freniatria, 1878, n. 4, pp. 97-117).
Presentando il caso clinico di C. P., un trentenne omosessuale incontrato ed esaminato dal medico legale in manicomio e che sin dalla prima adolescenza aveva mostrato la tendenza a vestirsi da donna e svolgere occupazioni ‘muliebri’, Tamassia diede avvio al trattamento medico dell’omosessualità e delle aporie di genere in Italia.
A differenza del collega tedesco Westphal, che lo aveva iniziato qualche anno prima a questo filone di indagini e che aveva coniato il termine konträre Sexualempfindung (istinto sessuale contrario), Tamassia iscrisse in modo deciso queste ‘anomalie’ nel campo delle malattie mentali e, nel solco delle conclusioni a cui era contemporaneamente arrivato Richard von Krafft-Ebing, le classificò come forme gravi di degenerazione. Anche in questo caso, il suo interesse venne filtrato dalla sensibilità medico-forense e nelle conclusioni dello studio discuteva dell’imputabilità degli invertiti autori di reati, invocando per loro – manchevoli della piena coscienza delle proprie azioni – una riduzione della pena. Lo studio ebbe vasta eco non solo in Italia, ma anche nella comunità scientifica internazionale e ancora oggi è considerato dalla storiografia uno dei testi fondativi di quella cultura della patologizzazione della omosessualità che ha segnato il Novecento (Beccalossi, 2014).
I risultati accademici conseguiti negli anni Settanta valsero a Tamassia, nel 1883, la titolarità da ordinario della cattedra di medicina legale presso l’Università di Padova, dove nel trienno 1889-92 svolse anche il ruolo di preside della facoltà di medicina. Oltre a un’intensa attività didattica e agli incarichi peritali, amplificò la sua opera dalle aule del Regio Istituto veneto di Scienze lettere ed arti, del quale fu membro dal 1892.
Continuò a dedicarsi agli studi sperimentali di anatomopatologia, raggiungendo risultati decisivi nel campo della determinazione dell’ora della morte, ma anche per l’individuazione delle cause e delle dinamiche del decesso nei casi di morte violenta (soprattutto per soffocamento e impiccagione); ampiamente utilizzati nelle aule dei tribunali anche i suoi pareri e lavori sull’infanticidio, attenti in particolare alle modificazioni morfologiche e fisico-chimiche di polmoni e cordone ombelicale post mortem.
Significativo anche uno studio apparentemente di minore portata, Le ragnatele come causa del tetano (con F. Fratini, Feltre 1892), nel quale dimostrò che la prassi comune di intervenire per trattare emorragie e ferite con impacchi di ragnatele poteva rivelarsi al contrario letale, perché veicolo di infezione da tetano. Non pochi, sia sulla stampa scientifica che non, videro in questo lavoro una mossa importante nella partita che la scienza positivista aveva intrapreso per affermare la sua autorevolezza e funzione sociale a discapito delle credenze e rimedi popolari, nell’ambito del nuovo, laico, Stato nazionale.
Alla febbrile attività scientifica e didattica, nel 1909 aggiunse quella di senatore, intervenendo in aula soprattutto su questioni relative a istruzione e sistema scolastico, temi che a suo parere avrebbero dovuto occupare un posto centrale nelle politiche del governo.
Morì a Padova il 29 ottobre 1917. Non si era sposato e non aveva avuto figli.
Fonti e Bibl.: Pavia, Archivio storico dell’Università degli studi, Medicina e chirurgia, Esami/Diplomi, reg. 1918; per i primi anni di carriera accademica fino al 1883; Personale, Decreti, regg. 441, 1021; Fascicoli docenti, ad nomen; per la sua attività in Senato e la commemorazione che gli fu tributata in aula si veda la scheda personale consultabile in http://notes9.senato.it/web/senregno. nsf/e56bbbe8d7e9c734c125703d002f2a0c/5bd102c8467744af4125646f0060e1d5?OpenDocument (3 marzo 2019).
Annuario delle scienze mediche. Riassunto delle più importanti pubblicazioni dell’anno, Milano-Roma-Napoli-Palermo, 1875, pp. 372 s.; per un’accurata disamina delle pubblicazioni e degli studi di Tamassia si veda: A. T., in Gazzetta medica lombarda, LXVIII (1909), 11, pp. 101-111; G. Bock Berti, Sulla “formazione” medico-legale di A. T., in Rivista di storia della medicina, s. 2, XXIII (1992), 2, pp. 37-43; C. Beccalossi, A. T., l’inversione sessuale e la sessuologia italiana di fine Ottocento, in Rivista sperimentale di freniatria, 2014, n. 2, pp. 27-41.