ARRESTO (deverbale da un latino tardo arrestare "fermare" da ad e resto)
Diritto penale. - È la pena restrittiva della libertà personale stabilita generalmente per le contravvenzioni. Sembra che l'origine storica dell'arresto possa trovarsi nella facoltà attribuita nel diritto romano ai presidi di far rinchiudere in carcere le persone per motivi di sicurezza preventiva. Nell'epoca moderna vediamo designata per le contravvenzioni la pena dell'arresto nel codice giuseppino, che ebbe vigore anche nei territorî della Lombardia sottomessi all'Austria. Nei codici più recenti per le contravvenzioni si hanno, insieme con l'arresto, o la detenzione o la prigionia (emprisonnement) o gli arresti di polizia. Nel codice italiano del 1890, ancora vigente, l'arresto è contemplato dall'art. 21. Esso si sconta negli stabilimenti carcerarî a ciò destinati, con segregazione notturna dell'individuo e con l'obbligo del lavoro. Il minimo della durata è di un giorno, il massimo di due anni. Dai minori degli anni diciotto l'arresto può anche essere scontato in colonie agricole (legge 26 giugno 1904, n. 265).
Come surrogati dell'arresto possono essere considerati i due modi speciali della sua esecuzione contemplati dal codice. a) L'arresto in casa (art. 21 cod. pen.). Esso può essere disposto dal giudice per le donne e per i minorenni non recidivi quando la pena non superi un mese. Trasgredendosi all'obbligo di rimanere in casa, la pena dell'arresto deve eseguirsi interamente nei modi ordinarî, senza computare il periodo già passato in casa. b) L'arresto mediante detenzione in una casa di lavoro o prestazione d'opera in lavori di pubblica utilità (art. 22). La legge stessa determina di volta in volta i casi nei quali al giudice è concessa la facoltà di applicare questo surrogato dell'arresto ordinario: esempî se ne hanno negli articoli 455 e 488 del codice stesso, relativi ai contravventori alle disposizioni sulla mendicità e sull'ubbriachezza.
Nel progetto Rocco di codice penale (art. 23) è stata elevata la durata della pena dell'arresto nel minimo a dieci giorni e nel massimo a tre anni. Si sono mantenute ferme le condizioni dell'isolamento notturno e dell'obbligo del lavoro; e si è prescritto che il condannato all'arresto possa "essere addetto a lavori anche diversi da quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini e alle sue precedenti occupazioni".
Procedura penale. - Commesso un delitto, è spesso necessario, ai fini della giustizia punitiva, che immediatamente, e cioè prima che entri in funzione l'attività degli organi giudiziarî, si proceda a privare della libertà personale il presunto colpevole. Questa privazione si designa genericamente col nome di arresto. Nel sistema della procedura penale l'arresto è considerato come uno dei modi per cui un imputato può presentarsi nel processo a suo carico. L'arresto compiuto senza mandato dall'autorità giudiziaria si giustifica anzitutto per il criterio generalmente adottato della flagranza, e trova il suo fondamento nella necessità d'impedire la fuga del reo e di ristabilire la pace turbata dal delitto. A tale criterio si ispirano in particolar modo le leggi inglesi, per le quali la facoltà dell'arresto è concessa largamente ai pubblici ufficiali e ai privati cittadini, anche se non si tratti di delitto flagrante.
Il codice italiano di procedura penale del 1914, ancora in vigore, regola l'arresto senza mandato negli articoli dal 303 al 309 del titolo VI. L'arresto, in caso di flagranza, per opera degli ufficiali o agenti della polizia giudiziaria e anche di qualsiasi persona privata, o dietro ordine del procuratore del re o del pretore, è ammesso quando si tratti di un delitto per il quale la legge stabilisca la pena dell'ergastolo o della reclusione o detenzione superiore nel massimo a tre mesi. È ammesso pure quando si tratti di contravvenzioni concernenti le armi o le materie esplodenti, prevedute nel codice penale o nella legge sulla pubblica sicurezza, o di quelle prevedute negli articoli 454, 456, 492 del codice stesso, e nell'art. 110 e in altri della legge sulla pubblica sicurezza. Anche fuori dei casi di flagranza il procuratore del re, il pretore, e gli ufficiali di polizia giudiziaria debbono ordinare e far eseguire l'arresto degli oziosi, vagabondi, mendicanti, delle persone sottoposte alla vigilanza della pubblica sicurezza e dei cosiddetti "diffamati per delitti", contemplati dalla legge sulla pubblica sicurezza, "ogni volta che sovr'essi cada qualche indizio che abbiano commesso un reato". Quando l'arresto sia stato operato da un privato, questi ha l'obbligo di consegnare senza indugio, salvo i casi di forza maggiore, l'arrestato a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o della forza pubblica. L'arrestato deve essere presentato non oltre ventiquattro ore al pretore o al procuratore del re, i quali hanno l'obbligo di procedere all'esame o interrogatorio dell'imputato appena presentato o almeno entro le ventiquattro ore. Se sia "assolutamente certo" un errore di persona, gli ufficiali e anche gli agenti di polizia giudiziaria debbono liberare l'arrestato, dandone però comunicazione al procuratore del re. Se il fatto non costituisce reato o se per il reato non sia ammesso mandato di cattura, il giudice dovrà, dopo l'interrogatorio, porre l'arrestato in libertà, anche se l'arresto sia avvenuto in flagranza.
Bibl.: F. Campolongo, Detenzione e arresto, in Dig. it., IX, ii, Torino 1898-1901; S. Longhi, Dell'istruzione, in Comm. al Cod. di proc. pen., Torino 1923, p. 878 segg.