arrestarsi
. Il verbo è presente nelle Rime e nella Commedia (con un esempio anche nel Fiore), sempre nella forma del riflessivo, e vale " interrompere il movimento ", " fermarsi ": E se voi foste per le sue parole / mosse a venire inver la donna vostra, / non v'arrestate, ma venite a lei (Rime LXXXV 11); tutto smarrito m'arrestai (If XIII 24); deh, perché non t'arresti? (Pg V 51); donne mi parver, non da ballo sciolte, / ma che s'arrestin tacite, ascoltando (Pd X 80); altri esempi in Rime CVI 155, lf XV 38, XXI 69, XXIII 40, XXVIII 53, Pg II 87 e 90, III 83, VI 7, VIII 139, Pd XVIII 81.
In Pg XIX 139 Vattene omai: non vo' che più t'arresti; / ché la tua stanza mio pianger disagia, e XXVII 62 non v'arrestate, ma studiate il passo, / mentre che l'occidente non si annera, ha più precisamente il valore di " soffermarsi ", " sostare ", " indugiare " (cfr. Monte So(l) volontà 10).
L'unico esempio di uso traslato si ha in Fiore CXXI 7 ma s'alla villa buon morsel s'arresta, e' pur convien per forza ch'i' n'assaggi, dove equivale a " c'è ", " si trova ".
In Pg XXV 85 Fraticelli, Moore, Torraca, Passerini, Steiner (anche il Casini fino alla V edizione) leggono sanza arrestarsi, tutti gli altri editori (e il Petrocchi) sanza restarsi: lo Scartazzini, nell'Enciclopedia, osserva a ragione che " il senzarrestarsi e senzarestarsi dei codici si può leggere nell'uno e nell'altro modo ".