Arredo urbano
Se nelle ultime due decadi del secolo scorso l'a. u. ha trovato una definizione progettuale, culturale ed economica, negli ultimi anni si è assistito a una significativa evoluzione del termine, che ha acquisito nuove accezioni in rapporto a contesti metropolitani e paesaggistici complessi ed eterogenei. La stessa nozione di arredo conosce il proprio limite concettuale e, insieme, una diversificazione dei suoi significati, in rapporto a un mercato degli oggetti mobili urbani e territoriali sempre più variegato. L'affermazione di questa disciplina nasce infatti in una stagione progettuale in cui la riscoperta della città alla scala pedonale, segnata dalle sue diverse identità, viene a costituire un valore centrale. L'a. u. si prefigura come azione micro-urbanistica, contrapposta al fallimento degli interventi su grande scala. Soprattutto a partire dalla metà degli anni Ottanta del 20°sec. la città si è fatta casa del cittadino e i nuovi oggetti pensati per arredarla hanno seguito un'idea di buon gusto borghese capace di smorzare gli estremismi della cultura modernista, e offrire un ambiente docile e vivibile, con rischiose ricadute sul piano del gusto. L'a. u. ha in tal modo garantito definizione a una identità carente, provando ad avvicinare lo spazio del progetto a un'idea consolatoria e idealizzata di spazio pubblico. All'inizio del 21° sec. si è assistito a un cambiamento profondo delle diverse gamme d'intervento su un tema che si confronta con la natura stessa della città contemporanea, con modalità d'uso eterogenee, con valori simbolici e culturali che si sovrappongono stabilendo tensioni utili dal punto di vista progettuale. In tale ambito si sta anche verificando un'evoluzione diversificata tra la realtà italiana, più condizionata per tradizione culturale e per la struttura stessa dei centri storici dall'idea di abbellimento, e quella d'oltralpe in cui al tema dell'arredo si è sovrapposto quello ormai centrale della riorganizzazione dei trasporti pubblici. Le esperienze di Grenoble, Nantes e Francoforte, dove si è sperimentata la definizione di ampi spazi in cui convivono trasporti pubblici su gomma e su rotaia, biciclette e pedoni, fino a costituire nuovi ring caratterizzati dal libero movimento dei mezzi e insieme da una nuova gamma di spazi pubblici, hanno stimolato una stagione dell'a. u. rinnovata in termini di oggetti e tipologie, dalla grafica urbana alle sedute, alle aree di attesa e sosta per i pedoni.
Le due esperienze pilota per le metropolitane di superficie a Brescia (2002-2008) e a Bologna (2004-2010), progettate da I. Rota, hanno aperto la strada a interventi che nel resto d'Europa vantano più di quindici anni di esperienze. La stessa industria dei manufatti legati all'a. u. sta progressivamente diversificando l'offerta, passando dall'idea di catalogo a quella di progetto ad hoc, in cui la scala dell'intervento giustifica la produzione di una serie particolare, mentre le tecnologie utilizzate si sono fatte più complesse soprattutto in relazione ai problemi posti dall'uso intensivo e dal vandalismo.
Molte aziende internazionali hanno sviluppato politiche capaci, da una parte, di aumentare la qualità dell'oggetto e, dall'altra, di attivare metodologie d'intervento volte a scoraggiare il vandalismo e il conseguente decadimento dello spazio urbano. Si fa sempre più ricorso a tecnologie e materiali utilizzati in ambito militare, come l'acciaio, la ghisa o vernici e pellicole antigraffito, mentre si sviluppano politiche di manutenzione degli oggetti, che, se mutilati o distrutti, possono essere sostituiti in poche ore per non rendere visibile il risultato e non stimolare l'imitazione vandalica. Un caso esemplare è offerto dall'a. u. di Nantes, affidato, a partire dal 1996, a designer quali Rota, J.-M. Wilmotte, Ph. Starck e M. Bellini: gli elementi base, progettati per componenti assemblabili e facilmente sostituibili, hanno acquisito nuove valenze a seconda dei diversi contesti.
Un altro carattere evolutivo dell'a. u. va riscontrato nell'idea che l'intervento debba costruire un legame funzionale e simpatetico con il contesto in cui s'inserisce, abbandonando la generica costruzione di 'piazza' in favore di un progetto visto come simbolico atto di rifondazione del luogo. Un esempio significativo è offerto dallo studio francese Lacaton & Vassal, che, incaricato nel 2002 della sistemazione di Place Léon Aucoc, una piazza periferica di Bordeaux, ha rifiutato ogni approccio tradizionale al tema, sostenendo che il luogo aveva già un proprio carattere senza bisogno di arredi aggiuntivi. Il progetto è stato così caratterizzato da una riqualificazione del terreno, dei piani di sedime e delle carreggiate laterali, mentre una piccola parte del budget previsto è stata utilizzata per offrire un banchetto agli abitanti del quartiere, quasi a 'riconsacrarne' il legame con il luogo. Il fatto che tre decenni di sensibilizzazione sulla qualità dello spazio urbano hanno generato una elevata capacità di comprensione sociale e politica costituisce un esempio che illumina interessanti aspetti antropologici e simbolici La nozione di a. u. presuppone sempre più partecipazione, non soltanto ai criteri di scelta e d'intervento, ma all'idea stessa che l'oggetto educhi chi lo usa a un'azione responsabile o che, addirittura, stimoli una riflessione sui valori civili.
È il caso, per es., della Park bench house, la panchina disegnata per i parchi di Melbourne nel 2002 da S. Godsell, in cui la seduta può trasformarsi in una copertura mobile per i senza tetto, in polemica con le sedute individuali solitamente adottate. La dimensione educativa legata alla sensibilità ecologica dello spazio e allo smaltimento dei rifiuti domestici si accompagna spesso a una condizione ludica in cui l'oggetto stimola la curiosità dell'utente, com'è avvenuto per una nuova gamma di oggetti ideati per la raccolta differenziata nelle città olandesi di nuova fondazione e che ha visto la collaborazione tra governo centrale, amministrazioni locali e designer.
A partire dagli anni Ottanta del 20° sec., dopo le decisive esperienze di Barcellona sulla definizione degli spazi pubblici, la maggior parte delle città europee ha seguito un simile approccio, combinando la ricerca d'identità con le necessità del traffico e i problemi di parcheggio. La stessa Barcellona ha proseguito su questa strada, spesso aumentando la scala d'intervento: è il caso delle proposte degli studi Abalos & Herreros e FOA (Foreign Office Architecture), per un sistema di parchi urbani costieri (1999-2005), culminante con il nuovo Forum inaugurato nel 2004, in cui gli spazi pubblici centrali, disegnati da Torres & La Pena, sono caratterizzati da una grande pergola fotovoltaica che copre una superficie di 4500 mq.
In Italia, considerato l'elevato numero di spazi pubblici storici, si è operato su dimensioni più contenute e tradizionali. Le scelte sono oscillate fra oggetti d'arredo di gusto 'finto antico' e soluzioni più sofisticate ed eleganti. È il caso, per es., del restauro della piazza grande di Palmanova realizzata da F. Mancuso (2000-2003), del sistema di piazze disegnate da G. Zordan a Mestre (2002), del recupero delle corti greco-romane nel centro di Siracusa (2000-2007) svolto con sensibilità da V. Latina o del recupero degli spazi collettivi di Salemi (1995-2004), in Sicilia, da parte di R. Collovà: in tutti questi interventi l'a. u. è stato inteso come parte integrante del progetto, acquisendone materia e radici costruttive. In altre situazioni i progettisti hanno giocato 'contro' il contesto, disegnando arredi anomali, con una propria connotazione contemporanea, capaci di dialogare per contrasto con il luogo. All'interno di questo approccio si sono segnalati A. Mendini e Rota. Il primo, a Napoli, per il discusso restauro della Villa Comunale (1998-2004) e i progetti per due stazioni della metropolitana (2001-2003). Il secondo per il progetto di sistemazione della Rocca Paolina a Perugia (2000-2003) e il recupero del lungomare di Palermo (2004-2006), dove aziende artigiane hanno realizzato migliaia di lupetti colorati in ceramica che fungono da giocoso limite della passeggiata, aprendo la città verso il mare. Un simile approccio è presente anche nei lavori di due gruppi di progettisti romani: lo Studio ma0, con piazza Risorgimento a Bari, in cui le panchine sono montate su perni rotanti che permettono di giocare con la seduta, e lo Studio 2a+p con una piazza/svincolo tranviario alla periferia di Torino (2004), in cui, oltre al disegno della segnaletica e delle sedute, sono stati realizzati elementi luminosi di plastica inseriti nel verde.
Sulla scena europea si segnala lo studio spagnolo EMBT, per il Parco dei colori di Mollet del Valles (1995) nonché per il recente sistema di sedute in cemento e ceramica che è stato realizzato a Barcellona nel parco Diagonal Mar (2001); gli olandesi West 8, per gli spazi pubblici dell'Expo a Yverdon les Bains, in Svizzera (2002), in cui un sistema di dune alte 6 m colorate con essenze floreali arredava i luoghi collettivi. Una scelta opposta rispetto a quella di J. Nouvel per un'altra delle sedi della stessa Expo presso Murat, in cui gli spazi sono stati organizzati ricorrendo a un sistema di container. In entrambi i casi l'elemento centrale era la riciclabilità.
Il tema del gioco e della scoperta ha segnato anche alcuni dei progetti più interessanti sulla scena internazionale: è il caso, per es., della Moebius bench di Acconci Studio per la città di Fukuroi (2001), in Giappone, sedute di plastica rigida illuminate dall'interno, ispirate nel disegno al nastro di Moebius, oppure degli spazi proposti dallo studio danese Plot per un centro giovanile (2003), il cui tetto in legno diviene un inedito spazio giochi o del Basket Bar realizzato a Utrecht nel 2003 dallo studio NL Architects, la cui copertura viene utilizzata come campo da pallacanestro.
L'aumento esponenziale della scala metropolitana, ma soprattutto il relazionarsi del progetto con la mancanza di riferimenti fisici e simbolici, ha aperto una nuova tipologia di interventi d'a. u. in cui si è preferito utilizzare materiali poveri e resistenti. È il caso del parcheggio per auto e terminal per bus di Z. Hadid a Strasburgo (2003), vincitore del premio Mies van der Rohe, in cui il tema è risolto utilizzando asfalto e segnaletica a terra. La revisione simbolica degli spazi attraverso un arredo per simboli e segni grafici ha trovato un altro interessante esempio nello Slijtplein di Amsterdam, opera di I. Koers e J. Zeinstra (1997-99), in cui l'area è risolta con disegni di diversi terreni di gioco sovrapposti a comporre un inedito pattern.
Altro importante tema, caratterizzato da forte impatto visivo e bassi costi, è l'uso del colore: un esempio è costituito da alcuni progetti dello studio Nio Architecten, che ha ridisegnato le piste ciclabili olandesi facendo ricorso al rosso e all'arancione, in maniera simile alle pensiline d'attesa per i pedoni dell'area aeroportuale di Schiphol (2003); significativa anche la riqualificazione dei percorsi pedonali e ciclabili proposti dallo studio NOWA a Caltagirone (2000-2003), in Sicilia, con l'uso alternato di tartan colorati, pergole e rampe in ferro.
Un tema importante è ancora il recupero delle aree nelle quali la città entra in contatto con la natura. Si tratta della progettazione di elementi di protezione, come per i Land Tiles di M. Spina Patterns a Los Angeles (2003), elementi in calcestruzzo adibite al contenimento del terreno, che ne simulano le sinuosità. Oppure nel caso degli spazi pubblici temporanei disegnati utilizzando materiali di riciclo da Rural Studio per i comuni di Newbern e Perry County (2000-2002), nel Sud degli Stati Uniti.
La progettazione di elementi da inserire in aree naturali ha visto molti significativi interventi in Europa, in Giappone e negli Stati Uniti. L'arte del giardinaggio, la continua evoluzione della disciplina paesaggistica e la tradizione della Land Art, hanno dato risultati sorprendenti. Si segnalano: il recupero delle aree minerarie proposte da P. Lang a Duisburg (1994-2002), con interventi che alternano giardini a zone per il gioco; o i giardini di Kitagata nella prefettura di Gifu (2000),in Giappone, di M. Schwartz, in cui il ridisegno coincide con una reinvenzione del luogo.
bibliografia
Lo spazio pubblico in Italia 1990-1999, a cura di P.C. Pellegrini, A. Acocella, M. Casamonti, Firenze 1999.
P. Nicolin, F. Repishti, Dizionario dei nuovi paesaggisti, Milano 2003.
M. Spens, Modern landscape, Londra 2003.
A. Aymonino, V. Mosco, Spazi pubblici contemporanei. Architettura a volume zero, Milano 2006.