ARQUÀ Petrarca (A. T., 24-25-26)
Comune della provincia di Padova, a km. 6,5 da Monselice e 22,5 da Padova, nei Colli Euganei, a 80 m. s. m., con 2090 ab. (1921), di cui soli 561 agglomerati nel capoluogo e gli altri sparsi. I panorami che si godono dalle vie e dai poggi d'Arquà, sia guardando verso est, dalle falde del S. Fidenzio, sia volgendosi verso il M. Ficcio, dietro il quale sorge Monselice, sono ameni e ridenti, come ameno e ridente è lo spettacolo agreste dei colli e dei dolci pendii che lo circondano, essendo essi coltivati a vigna, a frutteti, a giardini, più che a campi di sorgo o di bietole. Questo territorio ha un'area di kmq. 12,52, ed è costituito da terreni trachitici e tufacei, con qualche tratto d'alluvione.
Presso Arquà Petrarca si stende il laghetto omonimo, che ha una superficie di ettari 2,6, un perimetro di 870 m. e una profondità massima di oltre 12 metri.
Su palafitte in riva al laghetto si fermò per poco una gente (italici?) affine a quelle di Fimon, Garda e torbiera del Vallese (Verona). Il materiale scoperto (manufatti litici e d'osso, ceramica con ansa cornuta e decorazione per lo più a cordoni a rilievo) si conserva nei musei di Padova e di Este. Non disabitato nei tempi romani (Not. Sc., 1920) Arquà era compreso nell'agro atestino. ll suo castello è ricordato in un documento del 985. Prima podesteria, dal sec. XIV fino al 1797 fu vicaria, con giurisdizione su diciannove villaggi. Conserva anche oggi aspetto singolare, e nel paesaggio quella malinconica grazia che attrasse il Petrarca.
Rimangono molte interessanti case romaniche, gotico-veneziane e del sec. XVI, dopo il quale tempo, illanguiditosi il culto per il Petrarca, i nobili padovani e veneziani più non ricercarono il sito. La chiesa parrocchiale, ricordata nel 1026, conserva un palinsesto di affreschi dugenteschi e trecenteschi, e una buona Assunta del Palma il Giovane. L'oratorio della Trinità, contiguo alla Loggia dei Vicarî, risale nella prima sua fabbtica al sec. XI, e ha misere tracce di affreschi del XIV, e un polittico della maniera di Lorenzo Veneziani, una pala (1626) del Palma il Giovane, un quadrone del Pellizzari (1628). Il suo campanile fu rifatto (1928) nella parte superiore, in base a vecchi disegni.
Il Petrarca che accenna ad Arquà già nel 1360 in una delle Senili a Modio di Parma, vi si trasferì nel 1369, ampliando e modificando una casa, pare donatagli, tra due giardini. Meno gl'inverni e il 1373, durante la guerra tra il Carrarese e Venezia, visse colà malaticcio in compagnia della figlia e del genero, fino alla morte avvenuta la notte del 18 luglio 1374. Sepolto temporaneamente nella arcipretale fu deposto sei anni più tardi nell'arca che Francesco d'Amicolo di Brossano gli elevò nel sagrato. Il busto di bronzo sul coperchio fu posto (1547) dal nobile Valdezocco. Il 27 maggio 1630 la tomba fu violata, e rubate alcune ossa non più poi recuperate. La restaurò il conte Leoni nel 1843. La casa di cui si conoscono i trapassi di proprietà a partire da ottant'anni dopo la morte del poeta, subì varie manomissioni (la loggetta fu aggiunta dal Valdezocco), alle quali cercò rimediare il restauro del 1923. Nello studiolo con resti della decorazione murale e con la finestra ad arco trilobo si conservano la sedia e la libreria del poeta.
Da Arquà trasse il nome una famiglia comitale cui appartenne forse Iacopo, medico di grido, morto alla corte d'Ungheria, che con testamento (27 sett. 1385), fondò un' opera pia a favore di nobili studenti poveri dell'Università padovana, istituzione che fu la seconda presso quello studio, e che ancora vige.