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ARPÁD

di Emma Bartoniek - Enciclopedia Italiana (1929)
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ARPÁD

Emma Bartoniek

. Primo principe degli Ungheresi, famoso come fondatore della dinastia reale che regnò fino al 1301. Era figlio di Almos e discendeva dalla stirpe principesca della tribù ungherese chiamata Magyar; la stirpe stessa che, secondo la tradizione discendeva dal re degli Unni, Attila. Gli A. tennero sempre viva la memoria di tale origine, anche dopo il passaggio alla fede cristiana. L'elezione di A. a principe, circa l'anno 890, fu provocata dalla situazione in cui vennero a trovarsi gli Ungheresi, allora divisi ancora in 7 tribù, durante la loro fuga innanzi all'avanzata dei Peceneghi nel territorio fra il Dnjepr e il basso Danubio. In quest'ultimo territorio gli Ungheresi si fermarono; ma erano minacciati a nord dalla potenza normanno-russa, a sud dal bellicoso zar dei Bulgari Simeone, a oriente dai Peceneghi. In tale pericolosa situazione, le varie tribù degli Ungheresi, alle quali si aggiunsero tre tribù di kabari, trovarono necessario unirsi sotto un unico capo. E il capo fu Arpád, predestinato a tale suo ufficio per la discendenza da Attila, per la forza della sua tribù, i Magyar, e per le sue stesse qualità personali. La sua elevazione a principe avvenne, secondo il racconto tradizionale, con la cerimonia del cosiddetto patto di sangue. I capi delle varie tribù versavano un po' del loro sangue in un calice: bevendolo, diventavano, secondo la loro credenza, consanguinei. Innalzando poi A. su di uno scudo, lo riconobbero principe. Con ciò, l'organizzazione indipendente delle varie tribù ungheresi fece posto all'unità politica. Ricercarono anche una nuova e più sicura sede, più verso occidente. A. strinse rapporti, non solo con Bisanzio, ma anche con l'impero dei Franchi. Nell'892 fece alleanza con Arnolfo, re dei Franchi orientali, e poco dopo con Leone VI il Saggio, imperatore greco. Le guerre condotte fra l'892 e l'894 aprirono agli Ungheresi nuovi orizzonti e li misero nella necessità di scegliere il territorio per una nuova patria. Affrontati nell'893 i Bulgari dello zar Simeone, che avevano il loro centro a sud del Danubio, gli Ungheresi non poterono stabilirsi nei territorî lungo il Tibisco e nella Transilvania, abitati da tribù bulgare. Costretto poi a proseguire, in seguito ai nuovi attacchi dei Bulgari (893) e dei Peceneghi (894), che procurò gravi perdite agli Ungheresi, A. attraversò il passo di Vereczke e la valle del Tibisco; altri nuclei ungheresi, attraverso la Transilvania, entrarono nella loro attuale patria, nell'autunno dell'895. Qui nessuna resistenza in un primo tempo; conquistarono il territorio che si estendeva dalle foreste dei Carpazî al Danubio, compresa una parte della Transilvania, e cacciarono i capi delle tribù bulgare che quivi abitavano, sostituendosi ad essi nel dominare gli Slavi, si assoggettarono inoltre alcune tribù di Gepidi e, secondo la tradizione, gli Székely trovati su quei territorî. Dopo una sosta di due anni, passarono alla conquista dell'Oltredanubio, l'antica Pannonia, e dei territorî estendentisi a nord del Danubio. Alleati dell'imperatore Arnolfo, annientarono la potenza dei principi moravi, nel mentre un gruppo di Ungheresi, pure nell'898, traverso le valli della Sava e della Drava, penetrava nella regione veneta di là del Brenta. Nell'899, passò in Italia un gruppo anche più numeroso di Ungheresi, che portò la rovina in tutta la Lombardia, e 5000 di essi, a cavallo, si spinsero, rapinando e devastando, sin quasi alle Alpi occidentali. Altri vollero traversare le lagune a cavallo; ma la flotta veneziana li respinse. Berengario re d'Italia si volse contro gli Ungheresi con un forte esercito. Questi chiesero la pace; ma, in seguito al rifiuto del re, il 24 settembre 899 si gettarono di sorpresa sull'esercito nemico accampato lungo il Brenta, lo sconfissero, traversarono il Po e rapinarono l'Italia verso il sud. Ritornarono in patria solo nella primavera del 900. Abbatterono allora i varî principati slavi d'Oltredanubio, vassalli dei Franchi, e nell'estate presero possesso di quei territorî. Era morto nell'899 il loro alleato, Arnolfo imperatore; e nulla più ora tratteneva gli Ungheresi dall'impadronirsi di quei paesi che gli erano stati vassalli. Debole fu la resistenza degli Slavi. A. e i suoi, insediandosi nelle loro terre, pensavano soprattutto alla difesa contro i Peceneghi: perciò diedero tanto peso alla conquista dell'Oltredanubio che offriva naturale e sicura difesa da tutte le parti. Così furono gettate le basi dello sviluppo storico del popolo magiaro, che da quel territorio, poté avere la possibilità di frequenti contatti con l'occidente e giungere, con re Stefano il Santo, alla fondazione del regno cristiano. Ora si trattava soltanto di assicurare i confini occidentali. Dopo la morte di Arnolfo, gli Ungheresi per parecchi anni guerreggiarono contro i Bavaresi. Vittoriosi ad Ennsburg nel 907, portarono il confine fino al fiume Enns. Nello stesso anno, moriva A., giudicato dai suoi contemporanei "principe saggio sia per consigli sia per concezioni, ottimo in guerra, eroe e nato per dominare". Certo, la conquista della nuova patria e la prima organizzazione del territorio sono indubbiamente merito suo e il racconto della vita di lui si identifica con la storia della fondazione della patria magiara. Gli storici slavi parlando dell'opera sua mettono in rilievo che, incuneandosi col suo popolo in mezzo agli Slavi, A. impedì la fondazione del grande impero slavo unito. Ma è da tener presente che nei territorî occupati dagli Ungheresi vi erano sì anche degli Slavi; solo che né per origine, né per organizzazione politica, questi Slavi potevano essere considerati uniti. Mancavano, perciò, le condizioni elementari per un impero slavo.

Bibl.: Szilágyi-Marczali, A magyar nemzet tört, I, Budapest 1899; Pauler-Szilágyi, A magyar honfoglalás kutfói, Budapest 1900; Arpád es az Árpádo, Budapest 1907; R. Luttich, Ungarnzüge in Europa, Berlino 1910; B. Homan, Magyar Történet, I, Budapest 1928.

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