ARNOLFO di Cambio
Scultore e architetto, nato a Colle di Valdelsa verso la metà del sec. XIII; morto a Firenze nei primi di marzo 1301 o 1302. La leggenda di A., incominciata con la favolosa vita che il Vasari gli dedicò nel 1568, è finita per ora con K. Frey che volle distinguere un. A. da Colle, architetto, da un coetaneo A. di Firenze, scultore: distinzione solo basata su ragionamenti altrettanto fragili che sottili, che non è qui il luogo di discutere. Ci limiteremo ad esporre la vita di A., quale risulta da documenti sicuri e ad elencarne le opere certe. A. nacque, come abbiam detto, verso la metà del Duecento, in quanto compare per la prima volta a Siena, come discepolo di Niccola Pisano per i lavori al pulpito di quel duomo, nel 1266, in età verisimilmente assai giovanile. Allorché il 29 settembre 1265 fra' Melano operaio allogò a Niccola il pulpito, questi promise che avrebbe condotto a Siena con sé, nel seguente marzo 1266, i discepoli Arnolfo e Lapo, ma non osservò la promessa perché l'11 maggio 1266 lo stesso fra' Melano gliela ricordava. A. però venne e dal 16 luglio 1267 a tutto ottobre 1268 è menzione di pagamenti fattigli per il lavoro del pulpito insieme a Giovanni Pisano, a un Lapo e a un Donato. In questi documenti A. già figura come discepolo di Niccola; non è detto donde venisse, ma probabilmente da Pisa dove Niccola soprintendeva ai lavori della cattedrale e del battistero. Sarebbe assai arrischiato voler distinguere la parte di A. nel pulpito di Siena, compiuto nel 1269. Non abbiamo più memoria di lui sino all'agosto del 1277, allorché fra' Benvegnate, che attendeva al lavoro del condotto e della fonte sulla maggior piazza di Perugia, lo chiamò in quella città; e avendo A., che nel documento è definito subtilissimus et ingeniosus magister, dichiarato che non poteva restarvi senza il consenso del re Carlo d'Angiò o del suo rappresentante a Roma Ugo di Besançon, il consenso fu richiesto e da Carlo accordato con la sua lettera da Lagopesole del 10 settembre. Cosa poi ne seguisse e se A. veramente abbia avuto parte negli ulteriori lavori per la fonte di Perugia, il cui bacino fu certamente compiuto da Niccola Pisano e dal figlio Giovanni nel 1278, non si sa. Nelle iscrizioni della fontana, il nome di A. non appare, mentre sono ricordati Niccola e Giovanni Pisano, i maestri Benvegnate e Boninsegna e il fonditore Rosso. Neanche sappiamo a quali lavori attendesse A. per conto di Carlo d'Angiò. Egli non interruppe i suoi rapporti con la città di Perugia: nel febbraio del 1281 vi fece un breve soggiorno di 24 giorni, interrompendolo per una gita di otto giorni a Roma, dove pare allora dimorasse. E fu probabilmente conseguenza di quei rapporti il lavoro che gli fu affidato per la tomba del cardinale Guglielmo de Braye (morto il 30 aprile 1282) nella chiesa di S. Domenico d'Orvieto, dove tuttora si vede, sebbene alterato e în parte smembrato (alcuni pezzi nel Museo e nei magazzini dell'Opera del Duomo di Orvieto). Porta la firma Hoc opus fecit Arnulfus (tavv. CVI e CVII). Del 1285 è il tabernacolo o ciborio sull'altar maggiore della basilica di S. Paolo in Roma, ordinatogli dall'abate Bartolomeo: porta la data e la firma Hoc opus fecit Arnolfus cum suo socio Petro. Fu ricomposto così come ora si vede dopo l'incendio della basilica del 1823 (tav. CVIII). Altro lavoro dello stesso genere è il ciborio della chiesa di S. Cecilia di Trastevere, compiuto il 20 novembre 1293 e firmato Hoc opus fecit Arnulfus (tav. CIX). L'ultima opera di A. in Roma è il sacello di Bonifacio IV, nella vecchia basilica Vaticana, dove papa Bonifacio VIII aveva destinato che fosse posto il proprio sepolcro. Sacello e sepolcro furono disfatti sotto Paolo IV nell'ottobre del 1605; l'immagine distesa del pontefice e altri frammenti furono allora collocati nelle Grotte Vaticane. Il sacello fu consacrato il 6 maggio 1296; aveva un'iscrizione con la firma Hoc opus fecit Arnolphus architectus. Col sacello di Bonifacio IV si conclude il non breve soggiorno di A. in Roma, dove esercitò duratura influenza sull'arte dei Cosmati creando opere che, come i ciborî di S. Paolo e di S. Cecilia, servirono d'esempio ai successori: Non è improbabile che lo stesso Bonifacio VIlI, il cui legato cardinale Pietro Valeriano benedisse la prima pietra della nuova cattedrale di Firenze l'8 settembre 1296, raccomandasse A. ai Fiorentini per quei lavori. Sta di fatto che il 1 aprile 1300 nel Consiglio fiorentino dei Cento era presa in esame una petizione presentata ai priori e al gonfaloniere da "Arnolfo da Colle figlio del fu Cambio capomastro del lavoro e dell'opera della chiesa di S. Reparata, chiesa cattedrale fiorentina", per essere esonerato da qualunque gravezza; petizione che veniva accolta in considerazione dell'essere A. "il più famoso maestro e il più esperto nel costruire chiese di chiunque altro si conosca nelle vicinanze" e perché la nuova cattedrale prometteva, "dal magnifico e visibile principio dell'opera da lui incominciata", di divenire "il più bello e onorevole tempio della Toscana". Di lì a poco l'artista, che i Fiorentini tenevano giustamente in tanta considerazione, moriva; l'8 di marzo del 1301, secondo il Guasti, o del 1302, secondo il Frey, veniva seppellito nella chiesa di S. Reparata. Dal documento del i aprile del 1300 e dalla notizia della morte di A., avvenuta a distanza di uno o due anni, ci pare risulti chiaramente che costui come architetto non aveva prima del 1300 eseguito altri lavori importanti a Firenze, i quali indubbiamente sarebbero stati ricordati nella sua petizione, dove invece non s'indica se non il "magnifico principio" della nuova S. Reparata; cadono pertanto tutte le attribuzioni a lui, proposte dal Vasari e da altri moderni: il rifacimento e il campanile della Badia fiorentina, la Loggia dei Priori, la chiesa di S. Croce, il palazzo della Signoria. Ne consegue altresì che a noi è difficile farci una esatta idea dell'importanza di lui come architetto: scomposta e mal ricomposta la tomba de Braye, distrutto il sacello di Bonifacio IV, restano i due tabernacoli di S. Paolo e di S. Cecilia, che architettonicamente non sono gran cosa; d'altra parte è difficile arguire quanto dell'originario concetto di lui rimanga nell'attuale chiesa di S. Maria del Fiore, ai cui lavori egli attese per breve tempo, e che fu nel Trecento totalmente e radicalmente modificata. Restano invece importanti tracce dell'opera o dell'influenza sua come scultore negli avanzi dell'antica facciata della chiesa, disfatta nel 1588, che recenti studî hanno rinvenuto e illustrato, riferendosi al disegno che di quella facciata conserva il Museo dell'Opera di S. Maria del Fiore (fig.1). I principali di questi avanzi sono: una decorazione musiva di pretto tipo cosmatesco, una grande statua della Madonna col Bambino (fig. 2) ed altri frammenti di minore importanza nel Museo dell'Opera di S. Maria del Fiore; la statua di Bonifacio VIII e quella di un Santo vescovo (Zanobi?), la prima nella maggior navata, la seconda nella sagrestia meridionale di S. Maria del Fiore; alcune sculture provenienti dalla collezione Bardini e ora divise tra il Kaiser Friedrich Museum di Berlino e il R. Museo nazionale di Firenze (tavv. CV e CX); una statua di S. Reparata già in una nicchia dell'anfiteatro di Boboli ed ora nel Museo nazionale di Firenze (fig. 3). Dall'esame di queste sculture - che costituiscono un gruppo stilisticamente compatto, di cui appare oramai ben dimostrata così la provenienza come l'appartenenza ad A. o a suoi immediati seguaci - esce aumentata l'importanza di lui come scultore, per avere introdotto in Firenze forme d'arte di peculiare bellezza, originariamente derivate da Niccola Pisano, ma modificatesi poi in Roma sotto l'influenza del luogo: importanza che deve pur tuttavia essere contenuta in giusti limiti, considerando che pochi decennî dopo la morte di A. apparivano in Firenze quelle mirabili creazioni che sono i bassorilievi del Campanile e la porta del Battistero di Andrea Pisano.
Come ad A. architetto, così ad A. scultore sono state attribuite altre opere; accenniamo per brevità solamente quelle che per ragioni storiche o per affinità con opere certe, sembrano più probabilmente sue: Viterbo, S. Francesco, monumento ad Adriano V, morto nel 1276; Perugia, Pinacoteca, tre lastre marmoree con figure forse appartenenti ad una fontana; Roma, S. Giovanni in Laterano, resti del monumento del cardinale Annibaldi, morto nel 1276; Roma, Palazzo dei Conservatori, statua di Carlo I d'Angiò; Roma, S. Maria in Aracoeli, resti del monumento ad Onorio IV, 1288 (?); Roma, S. Maria Maggiore, resti dell'Oratorium Praesepis. (V. Tavv. CV-CX).
Bibl.: K. Frey, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, II, Lipsia 1908 (con la bibl. precedente) e nel commento alla nuova ed. delle Vite del Vasari, I, Monaco 1911; G. de Nicola, La prima opera di A. a Roma, in L'Arte, X (1907), pp. 97-104; F. Schottmüller, A. di C.'s Skulpturen am Florentiner Dom, in Jahrb. d. preuss. Kunstsamml., XXX (1909), pp. 291-302; K. Rathe, Der figurale Schmuck d. alten Domfassade in Florenz, Vienna 1910; L. Fiocca, in Rass. d'arte, 1911, pp. 166-120; P. Toesca, Marmi della scuola di Niccolò Pisano, in Rass. d'arte ant. e mod., IV (1917), pp. 93-96; W. F. Volbach, in G. Vitzhum-Volbach, Die Malerei u. Plastik d. Mittelalters in Italien, Lipsia 1924; W. R. Valentiner, An unknown Statuette of the Madonna by Niccolò Pisano, in Art in America, XIV (1926), pp. 60-73; L. Becherucci, Sculture dell'antica facciata del duomo di Firenze, in Dedalo, VIII (1927-28), pp. 719-737.