Böcklin, Arnold
Pittore e scultore (Basilea 1827 - San Domenico di Fiesole 1901), allievo dello Schirmer nell'Accademia di Düsseldorf. Nel 1847 un viaggio di studi a Bruxelles e ad Amsterdam lo accese di entusiasmo per i grandi maestri fiamminghi e per gli olandesi del Seicento; quindi giunse a Roma, nella primavera del 1850, dopo un breve soggiorno a Parigi nel 1848, donde aveva riportato una forte impressione dei moti rivoluzionari del febbraio; né è improbabile che da essi la sua indole di artista liricizzante fosse ancor più consolidata nell'aspirazione a un'arte antirealistica e antimpressionistica.
Il concetto che B. ha della natura appartiene infatti a quella corrente europea che si oppose, col suo sforzo di resurrezione dei miti, .al positivismo e all'immediatezza della ‛ tranche de vie '. Per intendere e rappresentare la forza tragica della natura aliena dall'uomo, B. popolò le sue tele di centauri, di divinità silvestri, di tritoni, con una nettezza incisiva di disegno e con una stesura coloristica smaltata e polita che guarda alla grande pittura antica e vuole misurarsi esplicitamente con essa, accogliendo spunti dal Grúnewald come dai fiamminghi e dagli olandesi, dai maestri del Rinascimento italiano come dalla pittura romana ammirata per la prima volta nel 1862 a Napoli e a Pompei. Col tempo gli studi dal vero diventano sempre più rari, e la tecnica a olio cede all'affresco, alla tempera, alla pittura a vernice. Innamorato dell'Italia, B. restò a Roma dal 1850 al 1857 (nel 1853 aveva sposato una giovane orfana romana, Angela Pascucci, di bellezza pari alla devozione e al coraggio) e finì per avere una casa propria sul colle di Fiesole, dove soggiornò dal 1874 all'84 e dal '95 fino alla morte, circondato da ammiratori e discepoli. I Campi Elisi del Museo di Berlino, l'Isola dei Morti del Museo di Lipsia, con una seconda versione nel Museo di Basilea, il Bosco sacro parimenti a Basilea, appartengono al periodo fiorentino di B. che risentì anche il carattere della campagna toscana.
Uomo di notevole cultura anche letteraria, probabilmente più sensibile alla poesia del Petrarca che non a quella di D., eseguì, con evidenti derivazioni dalla pittura pompeiana, un unico soggetto dantesco: Francesca da Rimini und Paolo Malatesta, tempera firmata e datata 1893, nella Galleria Nazionale di Berlino. Lo stesso soggetto si ritrova in due disegni: l'uno nel Landesmuseum di Darmstadt, l'altro nella Galleria berlinese.
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