ARNALDO Daniello, o Daniele (Arnaut Daniel)
Trovatore perigordino, della seconda metà del sec. XII, nato a Ribérac, nella Dordogna, secondo una breve biografietta provenzale, che gli attribuisce nobili natali, e amore, non corrisposto, per una gentildonna di Guascogna. Fece i suoi studî di latino, ma si diede alla giullaria probabilmente per povertà; infatti un suo contemporaneo, Raimondo di Durfort, dice di lui a un tal Bernardo: "Tu sei molto più disgraziato di Arnaldo lo scolare: i dadi e il tavoliere lo rovinano, e va come un frate della penitenza, povero di panni e di denari". Un solo accenno cronologico si può ricavare dai 18 componimenti pervenutici: che assistette all'incoronazione di Filippo Augusto (21 maggio 1181); fu in amichevole corrispondenza con Bertram dal Bornio, e come questo godé la protezione di Riccardo Cuor di leone, alla cui corte, in Poitiers, si narra lo strano caso di un componimento che egli si appropriò, sentendolo cantare a un giullare con cui aveva fatto scommessa a chi ne facesse più presto uno più difficile. Non è da crederci, perché, se altri mai, è proprio Arnaldo l'autore dei componimenti più astrusi. Ad eccezione di una, non abbiamo di lui che canzoni di amore, da cui non si può cavare nessun dato reale per la sua vita; e la donna amata non si vi nomina altrimenti che con un nome convenzionale, o senhal, la bella, la buona, la gradita, o la Meglio-di-bene. La sua poesia si distingue da quella degli altri trovatori per lo stile e la struttura metrica. La stanza generalmente indivisa, senza diesis, o passaggio, cioè fatta per rivestirsi d'una melodia compatta, senza ripetizioni di frasi e senza volte; la consonanza non di rime, ma d'intere parole in loro luogo, la quale avviene non nella medesima stanza, ma tra le stanze, talvolta con artificiosi spostamenti, in ordine misto ascendente e discendente, il verso formato talvolta di versetti rimati; anche monosillabici, come nella canzone L'aura amara, la cui stanza è di 17 versi, se ogni versetto si conta per sé, di 7, se i versetti si uniscono a formar decasillabi, costituiscono un complesso di procedimenti tecnici singolarissimi. La lingua si compiace di parole difficili, astruse, nuove, e d'immagini sorprendenti: se nell'abitudine stilistica di alcuni trovatori il cosiddetto parlar chiuso era coltivato in modo più o meno sistematico, qui l'oscurità serve al diletto del lettore, quando vi scopre concetti peregrini. L'energia delle immagini vi fa scorgere sulle prime un fiero ardore sensuale; ma con esso contrasta il rispetto e l'ammirazione verso la donna amata, fornita di pregi singolari, favorita di tutti i doni di bellezza e virtù da Dio; onde egli canta in realtà un amore onesto, degno del favore celeste e meritevole di premio in paradiso. Questo costituisce una grande novità nella poesia provenzale dell'amore fino; e per una tale gentilezza d'intendimenti e arte di composizione, Dante Alighieri reputava Arnaldo superiore a tutti gli scrittori del suo paese; prese da lui la forma della canzone a stanza senza diesis in Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra; in Purg. XXVI, 140, lo fa parlare nella propria lingua, e in De Vulgari Eloquentia, II, 2, lo proclama, tra gli altri trovatori, il cantore dell'amore per eccellenza. Anche il Petrarca lo tenne in grande concetto; confessa di aver avuto da lui l'idea per il sonetto Aspro core; usa talvolta immagini di lui; nel Trionfo d'Amore IV (Poscia che mia fortuna), inizia da lui la serie dei celebri trovatori, v. 40: "Fra tutti il primo Arnaldo Daniello, Gran maestro d'amor, ch'a la sua terra Ancor fa onor col suo dir strano e bello". Un'inesatta interpretazione di Purg. XXVI, 118-19 "Versi d'amore e prose di romanzi Soverchiò tutti" fece credere a molti, fra cui Luigi Pulci e Torquato Tasso, che egli avesse composto romanzi cavallereschi, e precisamente il Lancillotto.
Bibl.: U. A. Canello, La vita e le opere del trovatore Arnaldo Daniello, Halle 1883; R. Lavaud, Les poésies d'Arnaut Daniel, réédition critique d'après Canello, avec traduction française et notes, Tolosa e Perigueux 1910 (Annales du Midi, XXII-XXIII). Sull'interpretazione di Purg., XXVI, 118-119, v. R. Renier, in Giorn. stor. d. lett. ital., I (1883), p. 312 segg.; R. Rajna, in Romania, XXVI (1897), p. 34; G. Rossi, Le prose di romanzi, Bologna 1906; F. Torraca, in Bullet. d. Soc. dant. ital., XII, 336. Per l'interpretazione della poesia di Arnaldo, cfr. il cap. VIII della nuova edizione di N. Zingarelli, Dante, in corso di stampa.