ARMONICO
Questo aggettivo viene usato nelle matematiche in più sensi diversi, e in ispecie: 1. proporzione armonica e quindi divisione armonica della retta o gruppo armonico di punti; 2. funzioni armoniche; 3. moto armonico.
Gruppo armonico.
La proporzione armonica a − b: b − c = a: c è considerata, accanto alla proporzione aritmetica a − b = b − c (cioè a − b: b − c = a : a), e alla geometrica a : b = b : c (cioè a − b : b − c = a : b), dai Pitagorici (circa 500 a. C.). Il nome di armonica, conferitole, a quanto pare, da Archita di Taranto, le viene dalla proprietà che le lunghezze delle corde vibranti, da cui si trae l'accordo perfetto do-mi-sol, si trovano appunto in tale proporzione. Invero già Pitagora (o almeno qualcuno fra i più antichi della sua scuola) aveva scoperto i semplici rapporti fra le lunghezze delle corde e le altezze dei suoni (Boezio, De institutione musicae, I, 10, 11). La proporzione armonica anzidetta esprime che "le inverse
sono in proporzione aritmetica". Sotto abc questa forma essa è considerata da MacLaurin.
A una proporzione armonica si è anche condotti cercando i due punti, C e D, che dividono, internamente ed esternamente, un segmento A B in un dato rapporto; si trova allora che A B è media armonica fra AC e AD:
Questa divisione armonica d'un segmento, che si può far dipendere dalla bisezione degli angoli al vertice d'un triangolo costruito su di esso come base (Euclide, VI, 3), ha acquistato grande importanza nella moderna geometria proiettiva, in vista del carattere invariante dei gruppi armonici A B C D rispetto a proiezioni qualsiasi. In essa si definisce il gruppo armonico mediante l'esistenza d'un quadrilatero completo L M N K, di cui due lati passino per A, due per B, uno per C e uno per D. Sul fondamento di tale definizione grafica sorge l'intero edificio della geometriani posizione di Staud (1847).
Quando una quaterna di punti A B C D è rappresentata dall'equazione di 4° grado
che ha per radici le ascisse dei detti punti, la condizione perché essa sia armonica si esprime annullando un invariante di 2° grado, detto armonizzante: i = a22 − 3 a1a3 + 12 a0a4 = 0. Sui gruppi armonici dal punto di vista proiettivo sintetico cfr. Enriques, LP zioni di Geometria proiettivti (4a ed., Bologna 1926, cap. 111, v); e, sotto l'aspetto analitico della teoria delle forme, Enriques-Chisini, Leziom sulla teoria geometrica delle equazioni (Bologna 1915, vol. I, cap. 1).
Funzioni armoniche.
In un senso che non ha nulla a che fare col precedente, si dicono funzioni armoniche le funzioni di due (o analogamente di più) variahili, che soddisfano alla cosiddetta equazione di Laplace:
Quest'equazione deve la sua straordinaria importanza a ciò che essa s'incontra nelle più diverse questioni della meccanica e della fisica-matematica. Anzitutto quando si tratta di determinare l'attrazione newtoniana d'un corpo sopra i punti materiali d'un campo, si presenta una funzione delle forze (Lagrange, 1773), che Gauss (1840) ha chiamato potenziale; il valore di tale funzione in un punto x, y, z rappresenta il lavoro necessario per portare un punto materiale dalla posizione x, y, z a distanza infinita: le tre componenti dell'attrazione secondo gli assi x, y, z sono le derivate parziali del potenziale. Ora il potenziale newtoniano, funzione delle coordinate x, y, z del punto dello spazio, soddisfa all'equazione (Laplace, 1872):
In seguito codesta funzione potenziale ha ricevuto il nome di armonica, onde quello di funzione armonica per la soluzione dell'equazione di Laplace.
Ma l'equazione di Laplace s'incontra anche in altri campi della fisica-matematica. Così nella teoria della propagazione del calore (Fourier e Poisson), nell'elettrostatica (dove vale, secondo Coulomb, la legge newtoniana), nella teoria dell'elasticità (Navier), nell'idrodinamica.
Finalmente la stessa equazione ha acquistato un'importanza fondamentale per la teoria delle funzioni f (x + i y) d'una variabile complessa (Cauchy), poiché la parte reale e la parte immaginaria d'una tale funzione f (x + i y) = ϕ (x, y) + i ψ (x, v), si riconoscono soddisfare alla medesima equazione
Da queste considerazioni emerge l'importanza dello studio delle funzioni armoniche, delle loro condizioni d'esistenza, e dei metodi per la loro costruziorie rigorosa o approssimata. Esponiamo qui una rapida sintesi dei risultati ottenuti.
Definizioni ed esempî. - Si dicono in generale armoniche quelle funzioni uniformi (a un sol valore) u, di due o più variabili, definite in un dominio a dut: o a piiù dimensioni, finite e continue con le loro derivate prime (contorno compreso), che ammettono ancora le derivate seconde e sono tali che nel dominio hanno nullo il secondo parametro differenziale, Δ2u = 0, ossia soddisfano alla equazione alle derivate parziali del secondo ordine, detta di Laplace,
La teoria di queste funzioni, inizíata?. oi lavori di Lagrange e di Laplace, si è immensamente sviluppata sino ai nostri giorni. Lo sviluppo della fisica teorica, e soprattutto la ieoria matematica della elasticità, rese necessaria la considerazione di funzioni soddisfacenti alle condizioni di regolarità fino alle derivate quarte, ecC., e soddisfacenti inoltre alla Δ4 u = 0, o Δ6 u = 0, ecc., ottenute applicando alla Δ2 nuovamente, una o più volte, la medesima operazione; di guisa che, ad esempio,
funzioni di tale tipo si dicono biarmoniche e, generalmente, poliarmoniche.
Detta r la distanza tra un punto P (x1, x2, ... xn) di un dominio a n dimensioni, e un altro punto P0 (x10, x20, ...) non appartenente al dominio (esterno), ossia posto
per n = 2, log r è armonica, r2 log r biarmonica; per n = 3,
è armonica, r ed r2 sono biarmoniche, ecc.
I casi più inportanti e più profondanente studiati sono dp punto quelli di n = 2 e n = 3. La forma tipica (1) dell'equazione di Laplace, o del secondo parametro differenziale di u, presuppone la eucleidità dello spazio. L'espressione stessa, nel caso in cui si tratti di uno spazio curvo, il cui elemento lineare è dato da una forma quadratica differenziale ad n variabili, è stata assegnata da Lamé (1795-1870), nel caso di coordinate ortogonali (forma quadratica ortogonale), e nel caso generale, coi metodi del calcolo differenziale assoluto, da G. Ricci-Curbastro.
Lemmi e teorema di Green. Teorema della media di Gauss e sue conseguenze. - Svariati problemi di fisica e di meccanica si riconducono alla determinazione di funzioni armoniche o poliarmoniche soggette a certe condizioni: e per la loro ricerca sono di fondamentale importanza i lemmi e i teoremi scoperti dal matematico Giorgio Green nel 1828, in una memoria che passò quasi inosservata.
Se in un campo τ a due o a tre dimensioni, una funzione v è generalmente regolare (ciò significa che è uniforme, finita, continua colle sue derivate prime e seconde in tutto τ, non escluso il contorno σ del campo, fatta al più eccezione per un numero finito di punti in cui essa può diventare infinita come log
o come
, secondo che il campo è a due o a tre dimensioni); se inoltre una seconda funzione u è sempre regolare; e infine il contorno σ ha in ogni suo punto un piano tangente (e quindi una una normale) determinato, e si indica con
la derivata normale di u nei punti di σ, la normale essendo volta verso l'interno di τ, si ha il primo lemma di Green:
Se poi u, v sono regolari senza eccezione, vale il secondo lemma di Green:
Ljapunov (Liapounoff) illustre matematico russo, ha fatto l'osservazione che, per la validità del primo e secondo lemma di Green, basta supporre sul contorno σ l'esistenza delle derivate normali e la loro uniforme convergenza.
Finalmente il teorema di Green esprime il valore di una funzione regolare u in un punto O interno ad un campo a tre dimensioni, mediante il valore del Δ2 u in un punto qualunque P del campo e i valori che u e la sua derivata normale assumono al contorno σ; precisamente
(r = distanza O P). Se il campo è a due dimensioni
va sostituito con log
e 4 π con 2 π. La (5) esprime quindi la u come somma di tre funzioni potenziali di spazio, di strato semplice e di doppio strato.
I lemmi e il teorema di Green si estendono al caso degli spazî multipli (Beltrami, A. Tonelli) e alle funzioni biarmoniche e poliarmoniche (E. Mathieu). Essi inoltre si estendono ancora al Laso di un campo infinito (semipiano, semispazio, spazio esterno ad una sfera, ecc.) purché si facciano alcune ipotesi (semplicemente sufficienti) sul modo di comportarsi della funzione all'infinito; ed essi sussistono nella forma superiormente accennata, se si suppone che u (P), col tendere di P in modo arbitrario all'infinito, si annulli insieme con le sue derivate prime, ed il prodotto di u per R e quello delle derivate prime per R2 (R distanza di P da un punto fisso arbitrario) si mantenga, in valore assoluto, minore di un numero finito prefissato (condizioni di convergenza all'infinito).
Il teorema della media di Gauss, valido per ogni funzione armonica e caso particolare della formula (5), esprime la notevole proprietà per cui il valore di una funzione armonica u in un campo sferico, nel centro della sfera, è la media dei valori che la u assume sulla superficie. In formula:
Da questi teoremi discendono le seguenti notevoli proprietà delle funzioni armoniche u:
a) Se u assume un valore costante in una regione linearmente connessa contenuta in τ, essa assume lo stesso valore costante in tutto il campo.
b) In un punto interno a τ la u non può diventare né massima, né minima; quindi o essa è sempre costante oppure è compresa tra il più grande, L, ed il più piccolo, l, dei valori che essa assume al contorno; e quindi se è costante al contorno, è pure costante in tutto τ; in particolare se è nulla al contorno, è nulla in τ.
c) Se u è armonica nello spazio infinito esterno a τ e sono soddisfatte le condizioni di convergenza all'infinito, i valori di u (all'esterno) sono sempre compresi tra il più grande e il più piccolo dei tre numeri 0 (valore di u all'infinito), l, L; se su σ assume il valore costante c ≠ 0, all'esterno è sempre compresa tra o e c; infine se c = 0, sarà sempre zero.
Si possono ancora generalizzare questi teoremi per le funzioni regolari e tali che in τ sia Δ2 u 〈 0, oppure Δ2 u > o.
Problemi dei valori al contorno. - Si suole accennare col nome di proolema di Dirichlet, dal nome del grande matematico tedesco, o primo problema dei valori al contorno, la ricerca di una funzione armonica in un campo τ (finito o no), o più generalmente la ricerca di una funzione regolare che in τ soddisfi la Δ2 u = f (P), essendo f funzione data dei punti di τ, allorchè sono noti sul contorno σ i valori di u. Si prova facilmente che se una funzione siffatta esiste, essa è unica.
Chiamasi invece problema di F. Neumann, o secondo problema dei valori al contorno, la ricerca di uria funzione armonica in un campo τ (finito o no) o più generalmente la ricerca di una funzione regolare che in τ soddisfi la Δ2 u = f (P), allorché sono noti sul contorno σ i valori della derivata normale e purché, conformemente al primo lemma di Green, sia
Si prova facilmente che se tale funzione esiste, essa è perfettamente determinata a meno di una costante addittiva.
Problemi del tutto analoghi si possono porre per le funzioni poliarmoniche o più generalmente per le funzioni regolari che in τ soddisfano la Δ2n u = f (P); in particolare poi si ha che una funzione biarmonica, se esiste, è determinata univocamente quando sono dati i valori al contorno della funzione e della sua derivata normale.
Assai più ardua, pei due problemi, è la dimostrazione del teorema di esistenza, dal quale generalmente si richiede anche un metodo per la ricerca della funzione (principio di Dirichlet).
Per il caso di un campo a due dimensioni è da osservare l'importante legame, anche in vista delle applicazioni idrodinamiche, fra la teoria delle funzioni armoniche e quella delle funzioni analitiche. Se in un campo piano semplicemente connesso f (z) = x + i v è una funzione analitica della variabile complessa z = x + i y, dalle note relazioni di monogenità,
si deduce che se le u, v sono regolari, sono armoniche. Se si tratta del moto piano di un fluido incompressibile a potenziale u, allora v è la funzione di corrente; data u, v è determinata a meno di una costante. La risoluzione del primo problema dei valori al contorno, per il cerchio di raggio a, è effettuata per mezzo dell'integrale di Poisson, dove r, ϕ sono le coordinate polari di P (interno al cerchio), a, α quelle di un punto variabile sul contorno cui si riferisce il valore uσ di u:
Per il caso della sfera:
ove rσ = P Pσ denota la distanza del punto P da un punto Pσ sulla sfera cui si riferisce il valore u σ di u.
Si deduce che in un campo piano le funzioni armoniche sono funzioni analitiche, e la prova del teorema di esistenza per lo spazio interno ad un cerchio e ad una sfera. Ne discendono ancora due fondamentali conseguenze sulle serie di funzioni armoniche:
a) se una serie di funzioni armoniche in un campo τ converge uniformemente in ogni punto del contorno, essa converge uniformemente in ogni punto interno e la somma ivi rappresenta una funzione armonica (teorema di Volterra);
b) se le funzioni armoniche sono sempre dello stesso segno e la serie è convergente in un punto di τ, essa sarà convergente in ogni altro punto del campo e la somma ivi rappresenta una funzione armonica (teorema di A. Harnack).
Principio di Dirichlet. - Secondo B. Riemann la dimostrazione del teorema di esistenza, o principio di Dirichlet, si riconduce allo studio del minimo dell'integrale
(se u rappresenta il potenziale di velocità di un fluido incompressibile di densità 1, I rappresenta l'energia cinetica del fluido entro τ); supposto cioè che u varî infinitamente poco, e posto u′ = u + h (u′ non più armonica) tale che su σ assume gli stessi valori di u, risulta I′ > I; ossia fra tutte le funzioni regolari in τ che su σ assumono gli stessi valori, la funzione armonica u è quella che fa assumere ad I il suo valore minimo; ma poiché non era rigorosamente dimostrato che I assumesse effettivamente questo valore minimo, secondo l'osservazione critica di K. W. Weierstrass, così non risultava provata l'esistenza di u. Il metodo, abbandonato dapprima, è stato ripreso in questi ultimi tempi da D. Hilbert e reso completamente rigoroso.
Furono escogitati altri metodi ai quali si può semplicemente accennare; e cioè:
a) Metodo della media aritmetica di C. Neumann. - Fondato sulle proprietà delle funzioni potenziali di doppio strato. Si viene a costruire una serie, con termini deducibili gli uni dagli altri con legge stabilita, che rappresenta la funzione armonica in τ, nell'ipotesi che il contorno σ sia una superficie convessa e non sia bistellata (cioè con due punti conici); e nel caso del piano non sia né un triangolo, né un quadrilatero. I metodi di Neumann furono estesi da Harnack e poi da R. Neumann.
b) Metodo del balayage di H. Poincaré. - Poincaré fonda appunto il suo metodo su ciò che egli chiama balayage "vuotatura" di una sfera; ossia, data nell'interno di una sfera una certa distribuzione di masse positive, si può sempre deporre sulla sfera uno strato di massa eguale alla somma delle masse interne e tale che la sua funzione potenziale sia la stessa di quella delle masse interne per i punti esterni e più piccola per i punti interni. Il metodo applicabile ad un campo τ il cui contorno σ è a piano tangente determinato, salvo un numero limitato di punti conici, consta di successivi balayages e conduce alla rappresentazione della funzione armonica, mediante una serie.
c) Metodo alternante di H. Schwarz. - Permette di risolvere il problema di Dirichlet per lo spazio compreso tra due superficie che s'intersecano lungo una linea; ed ha permesso (Harnack) di dimostrare il principio di Dirichlet per il triangolo, per il quadrilatero, per ogni poligono convesso; per aree più volte connesse; per campi situati su superficie di Riemann (teorema di esistenza di integrali abeliani), ecc.
Altri metodi, escogitati per problemi di elettrostatica, sono dovuti a Beer e a Robin.
Il metodo delle equazioni integrali. - Si fonda sulla teoria delle equazioni integrali svoltasi soprattutto pei lavori di H. Poincaré, V. Volterra e Ivar Fredholm.
Se si rappresenta la funzione armonica nell'interno di σ come funzione potenziale di uno strato semplice deposto su σ di densità continua incognita, la ricerca di tale densità (da cui poi infine dipende quella della funzione armonica) si riconduce alla risoluzione di un'equazione integrale di prima specie (tipo Fredholm). Per evitar ciò e ridurre il problema ad equazioni integrali di seconda specie, si riguarda la funzione armonica w (nell'interno di τ) come funzione potenziale di un doppio strato deposto su σ e di momento continuo, incognito, μσ, per modo che il valore di w in punto Pi interno a τ sia
quando Pi tende ad un punto s di σ si ha, per la discontinuità di w,
essendo w (s) il valore che wp assume in s, f (s) il valore limite noto di wi, quando tendiamo ad s. Di guisa che si giunge all'equazione integrale
(r = distanza di s dal punto generico di σ; ψ = angolo che r forma con la normale interna nel punto variabile su σ). Per lo spazio esterno, basta cambiar segno al primo termine; sicché si perviene alla seguente equazione integrale di 2ª specie (Fredholm)
(λ = 1, problema interno; λ = − 1, problema esterno).
Per il problema di Neumann invece giova riguardare la funzione armonica u come funzione potenziale di uno strato semplice deposto su σ di densità continua, incognita, hσ; e con la discontinuità al contorno delle derivate normali si giunge alla seguente equazione integrale
ove ϕ indica l'angolo di r con la normale nel punto fisso s, λ ha il significato detto sopra. - Le due equazioni coniugate (A) e (B) sono a nucleo singolare; diventano infiniti come
col tendere di σ (variabile) al punto fisso s. Fatte alcune ipotesi sul contorno σ (a piano tangente determinato, con flessione e curvatura finite e continue), alle (A) e (B) può applicarsi la teoria di Fredholm; e poiché λ = 1 non è per entrambe autovalore, così si deduce che il problema interno di Dirichlet e quello esterno di Neumann hanno sempre una soluzione.
Invece esse hanno λ = − 1 per autovalore; ma tuttavia anche in questo caso la teoria delle equazioni integrali è ancor valida a dimostrare l'esistenza della soluzione per il problema esterno di Dirichlet e per quello interno di Neumann.
Preferibile come metodo per la dimostrazione del teorema di esistenza, non lo è certamente come atto a rappresentare la soluzione stessa. Il problema analogo per le funzioni biarmoniche si può ricondurre alla risoluzione di un sistema di due equazioni simultanee nel caso di un campo piano e dallo studio delle quali si trae la dimostrazione del teorema di esistenza.
Le funzioni di Green. - Servono per la risoluzione dei due problemi al contorno per le funzioni armonicne, biarmoniche, ecc., poiché con il loro sussidio si eliminano dal teorema di Green (5) e analoghi le quantità incognite. La funzione di Green relativa al primo problema, è quella funzione dei punti P relativa al polo M (punto di τ) tale che
sia armonica in τ e si annulli sul contorno σ. La sua ricerca quindi dipende dalla risoluzione di uno speciale problema di valori al contorno. Assegnata, il problema dei valori al contorno per la funzione armonica u è risoluto con la
La funzione di Green si definisce spesso come funzione armonica i G1 in τ, e che assume al contorno valori eguali ad
r essendo la distanza del polo M da un punto del contorno, per modo che G
Per il campo a due dimensioni basta sostituire log
La funzione di Green relativa al secondo dei problemi al contorno G′ (M, P), è tale che G′ (M, P)
sia armonica in τ e che al contorno si abbia
e si può sempre disporre di questa costante in modo che, conformemente a una conseguenza dei lemmi di Green, si abbia
Per il problema esterno è c = 0. Assegnata G′, la formula che risolve il problemna di Neumann, per le funzioni armoniche, è
naturalmente determinata a meno di una costante addittiva.
Le funzioni G e G′ sono simmetriche rispetto ai due punti P ed M. Si definiscono ancora le funzioni di Green per le funzioni biarmoniche e poliarmoniche (funzioni di Green di secondo, terzo, quarto..... grado).
La determinazione delle varie funzioni di Green si sa fare in un numero limitatissimo di casi o particolari contorni: tali ad esempio il semipiano o semispazio infiniti pei quali quindi si sanno assegnare formule assai semplici per la risoluzione dei due problemi per le funzioni armoniche e per le biarmoniche; campo interno (esterno) a un cerchio o ad una sfera (Dini, Beltrami, Bjerknes, F. Neumann); nel caso di un campo infinito limitato da un diedro retto, da un triedro trirettangolo; di una corona circolare, di un involucro sferico; per lo spazio compreso tra due piani paralleli (strato); per un parallelepipedo.
Principio delle immagini di Thomson. - Per mezzo della trasfornazione per raggi vettori reciproci si può, dalla soluzione del problema di Dirichlet per un dato campo, dedurre quella relativa al campo trasformato del primo per inversione, osservando che se u (r, ϑ, ϕ) è armonica in τ, ed r, ϑ, ϕ sono le coordinate polari di un punto nello spazio, lo è del pari
nel campo trasformato. Così potendosi trasformare con un'inversione l'area compresa tra due cerchi (sfere) non intersecantisi in una corona circolare (involucro sferico), sapremo risolvere il problema di Dirichlet pel primo campo; ecc. (W. Thomson lord Kelvin). Il metodo si estende facilmente (Painlevé) al caso di più variabili.
Problemi misti; funzioni metarmoniche.
Si dicono misti quei problemi in cui occorre assegnare in un campo τ una funzione armonica, quando in una parte del contorno si conoscono i valori della funzione e sulla parte restante i valori della sua derivata normale; e pei quali valgono molte delle considerazioni precedenti. La loro soluzione interessa varî problemi della teoria matematica dell'elasticità.
Strettamente connesso col problema dell'integrazione della Δ2 u = 0, e quindi con quello delle funzioni armoniche, è quello dell'integrazione della equazione
in cui λ è un parametro reale. Le funzioni u regolari che la soddisfano sono dette metarmoniche: precisamente epiarmoniche per λ positivo; ipoarmoniche per λ negativo (Bouligand). La (13) compare in numerose questioni di fisica matematica: piccole oscillazioni di membrane, di lamine elastiche, di un fluido, nella teoria della propagazione del calore, delle correnti elettriche, ecc.; e inoltre nella teoria delle superficie ad area minima.
I problemi dei valori al contorno per le funzioni metarmoniche si riconducono, con l'applicazione della formula di Green, alla risoluzione di un'equazione integrale di seconda specie, tipo Fredholm.
Notiamo infine che tutto quanto è stato esposto con particolare riguardo ai casi del piano e dello spazio, si estende al caso di un numero qualunque di variabili.
Bibl.: Ci limitiamo a citare le sole opere classiche o di esposizione o didattiche in cui si possono inoltre trovare ampie e particolareggiate indicazioni storiche e bibliograriche.
E. Betti, Teoria delle forze newtoniane, Pisa 1879; P. Duhem, Leçons sur l'électricité et le magnetisme, Parigi 1891, I; G. Green, Mathem. Papers, a cura di Ferrers, Parigi 1903; A. Harnack, Die Grundlagen der Theorie der logar. und der eind. Potentialfunkt. in der Ebene, Lipsia 1887; E. Mathieu, in Journ. de mathématiques, XIV (1869); R. v. Mises, Die Differential- und Integralgleichungen der Mechanik und Physik, Brunswick 1925; R. Courant e D. Hilbert, Methoden der mathem. Physik, Berlino 1924; C. Neumann, Untersuchungen über das logaritmische und newtonsche Potential, Lipsia 1877; E. R. Neumann, Studien über die Methoden von C. Neumann und G. Robin zur Lösung der beiden Randwertaufgaben der Potentialtheorie, Lipsia 1905; id., Beiträge zu einzelnen Fragen der höheren Potentialtheorie, XV e XVII, Lipsia 1912; H. Poincaré, in American Journ. of Mathem., (1890); E. Picard, Traité d'Analise, 2ª ed., Parigi 1901, I; W. Thomson e P. Tait, Treatise on Natural Philosophy, Cambridge 1903, II; R. Marcolongo, Teoria matem. dell'equilibrio dei corpi elastici, Milano 1904; F. Pockels, Über die partielle Differentialgleichung Δu + K2 u = 0 und deren Auftreten in der mathem. Physik, Lipsia 1891; A. Liapounoff, in Journ. de mathém., serie 5ª, IV (1898), pp. 241-311; A. Korn, Fünf Abhandl. zur Potentialtheorie, Berlino 1902; G. Bouligand, Fonctions harmoniques, etc., in Mémorial des sciences mathém., Parigi 1926, fasc. XI.
Moto armonico.
Il nome di noto armonico ha la sua origine nel fatto che tutti i suoni musicali sono dovuti a movimenti rapidi, delle particelle di corpi elastici, appartenenti a questo tipo. La nozione di moto armonico è però fondamentale anche in altri rami della fisica (ottica, elettrotecnica, ecc.).
Generalità. - Si chiama moto armonico, pendolare o oscillatorio semplice, un moto rettilineo in cui la legge che lega lo spazio s al tempo t sia del tipo
ove α, ω e δ sono delle costanti. Lo spazio o spostamento s, qui, suole anche chiamarsi elongazione. Siccome la funzione seno è periodica col periodo 2 π, l'elongazione, dopo il tempo
torna a riprendere gli stessi valori di prima e perciò T chiamasi periodo del moto armonico. Nel tempo T il mobile percorre due volte, in sensi opposti, l'intervallo (−a, a) compiendo un'oscillazione completa; la costante a (che supporremo sempre positiva) prende perciò il nome di ampiezza e l'origine degli spazî si chiama centro di oscillazione. Quando l'ampiezza e il periodo del moto sono piccoli, il movimento si dice più propriamente vibratorio. L'inverso ν del periodo T prende il nome di frequenza e indica il numero di oscillazioni complete eseguite dal mobile nell'unità di tempo. La costante ω che figura nella (1), e che è uguale a
o a 2 π ν, si può interpretare come il numero di oscillazioni eseguite nel tempo 2 π e prende il nome di pulsazione.
Se si pone
, la (1) può scriversi
e la quantità
si suole chiamare fase del moto all'istante t; per t = 0 si ha la fase iniziale
Si incontra anche il nome fase (in tempo) per indicare la quantità t + ϕ ed il nome fase (in angolo) per la quantità ω t + δ.
Chiamasi sfasamento di due moti armonici, al tempo t, la differenza di fase che essi presentano in quell'istante. La velocità v e l'accelerazione a di un punto che si muova di moto armonico si ottengono, come per ogni moto rettilineo, facendo la derivata prima e seconda dello spostamento, rispettivamente:
Confrontando con la (1), si deduce
che racchiude la proprietà essenziale del moto armonico: il rapporto fra accelerazione e spostamento è una costante negativa. La velocità e l'accelerazione variano poi secondo la stessa legge sinusoidale con cui varia lo spazio. Nella figura sono rappresentate le tre grandezze s, v, a, in funzione del tempo, per il caso ω = 1, δ = 0.
Rappresentazioni cinematiche del moto armonico. - Se un punto M si muove con velocità angolare costante ω su una circonferenza di raggio a, la sua proiezione M′ su di un diametro Oy arbitrariamente scelto, descrive un moto armonico. Denotando infatti α, δ gli angoli formati dal raggio vettore OM con l'asse orientato O x, agli istanti t e zero, rispettivamente, si ha α = ω t + δ, e quindi la proiezione OM′ è data dall'espressione a sin (ω t + δ). La velocità e l'accelerazione di M′ sono allora date dalle (2) e (3), ma possono anche interpretarsi come le proiezioni della velocità e dell'accelerazione del punto M. Se, invece di considerare questo punto mobile, si considera il vettore rotante
possiamo anche dire che in ogni istante l'elongazione di M′ è data dalla proiezione di questo vettore sul diametro fissato O x. Ogni moto armonico può perciò rappresentarsi mediante un vettore, rotante con velocità angolare costante attorno a un suo estremo; questa velocità dà la pulsazione del moto armonico, il tensore del vettore rotante dà l'ampiezza, e l'angolo che esso forma con il diametro fissato dà la lase in angolo dell'oscillazione, all'istante considerato.
Dinamica del moto armonico. - Si consideri un punto materiale, mobile su una retta, soggetto a una forza di richiamo (diretta cioè verso un punto fisso O) la cui intensità sia proporzionale alla distanza OM: ciò equivale in fondo a supporre che il rapporto tra accelerazione e spostamento sia una costante negativa, come accade in ogni moto armonico. L'equazione differenziale del moto è allora ms′′ = − ks, ossia
essendo m la massa del punto mobile e k una costante positiva. Una soluzione della (4) è del tipo s = A e11t, + B e12t in cui e denota la base dei logaritmi neperiani, A e B sono due costanti d'integrazione determinabili quando siano dati i valori iniziali dello spostamento e della velocità, ed s1, s2 sono infine le radici dell'equazione m x2 + k = 0, cioè s1 = i,
Ponendo
e facendo uso delle note formule di Eulero, la soluzione m si mette facilmente sotto la forma a sin (ω t = δ), che è la formula (1) del moto armonico.
Possiamo perciò dire che la proprietà
caratterizza i moti armonici. Tale condizione è approssimativamente soddisfatta per un pendolo che faccia piccole oscillazioni (onde il nome di moto pendolare), dai punti di un diapason, di una corda vibrante o, più generalmente, da un corpo spostato di poco dalla sua posizione di equilibrio stabile.
Durante l'oscillazione varia tanto l'energia cinetica quanto quella potenziale del mobile, in modo però che l'energia totale, somma delle due, rimanga, come sempre, costante. Se ne può calcolare subito il valore, osservando che quando il mobile si trova in O la energia potenziale relativa alla forza di richiamo è zero, mentre quella cinetica ha il valore
e che questo è dunque il va lore costante dell'energia totale del moto armonico. Essa risulta quindi proporzionale al quadrato dell'ampiezza e a quello della frequenza.
L'energia potenziale Ep, all'istante generico t, è data da:
l'energia cinetica è data da
L'energia totale è uguale quindi, in ogni istante, a
a meno della costante d'integrazione C (che rappresenta l'energia potenziale posseduta dal punto materiale nella posizione di riposo O). L'energia cinetica media Em posseduta dal mobile nell'intervallo di un periodo è la metà di questa; infatti
Composizione ai moti armonici lungo una stessa direzione. - Si abbiano da comporre due moti armonici dello stesso periodo e lungo la stessa direzione:
Il noto risultante s ha luogo nella direzione comune ai moti compoponenti e si ha in ogni istante
Poniamo
Sviluppando i termini della (5) e tenendo conto delle (6) si trova subito:
Quadrando e sommando le (6) si ottiene:
e dividendole membro a membro:
Componendo dunque due moti armonici dello stesso periodo e lungo la stessa direzione, si ottiene un nuovo moto armonico dello stesso periodo e la cui ampiezza e fase sono date dalla (7) e dalla (8), rispettivamente. Presenta particolare interesse, per i fenomeni fisici che gli si connettono (interferenze), il caso α1 = a2, δ1 − δ2 = (2 k + 1) π (k intero relativo); allora a2 = (a1 − a2)2 = 0, cioè l'ampiezza del moto risultante si riduce a zero.
Riferendoci alla rappresentazione dei moti armonici mediante vettori rotanti, si scorge subito che il moto risultante ha, in ogni istante, per vettore rappresentativo il risultante
dei vettori rappresentativi
dei moti componenti. Sommando infatti i due vettori OM1, OM2, si ottiene un vettore di tensore costante a, che ruota con la medesima velocità angolare ω dei vettori componenti e che rappresenta perciò un moto armonico di pulsazione ω, di ampiezza a e la cui fase, a un dato istante, è determinata dall'angolo che esso forma con la semiretta OC. Risultanti analoghi si ottengono nel caso di più di due moti componenti s1 = a1 sen (ω t + δ1), s2 = a2 sen (ω t + δ2), ..., sn = an sen (ω t + δn); ponendo allora Σ1n ai sin δi = a sin δ, Σ1n ai cos δi = a cos δ, si otterra in modoanalogo s = a sin (ω t + δ). Graficamente, il vettore rappresentativo del moto risultante si ottiene subito anche in questo caso; esso è sempre il risultante dei vettori rappresentativi degli n moti componenti.
Se i moti da comporre, pur avendo la stessa direzione, hanno periodi diversi, il moto risultante non è in generale armonico, anzi nemmeno periodico. Infatti, se i periodi dei moti componenti sono commensurabili a due a due, esiste il loro minimo comune multiplo T; dopo questo tempo tutti i moti componenti, e quindi anche il risultante, si trovano nelle identiche condizioni di prima; il moto risultante è perciò periodico col periodo T. Ma se tra i periodi dei varî moti componenti ve ne sono due incommensurabili tra loro, il moto non potrà mai ritornare nelle identiche condizioni di prima, cioè non è periodico. In ogni caso, istante per istante, lo spostamento risultante può pensarsi, però, come la proiezione del vettore somma dei vettori rappresentativi dei moti componenti dati. La curva s = s (t) relativa al moto risultante puo ottenersi direttamente, sommando le ordinate di quelle deî vari moti componenti, in corrispondenza ad ogni singola ascissa; e si sono costruiti strumenti che permettono di tracciare la curva risultante, date che siano le curve dei moti componenti (il più antico è stato ideato da W. Thomson per la previsione delle maree). Presenta particolare interesse il caso dei cosiddetti battimenti, cioè la composizione di due moti armonici di periodi poco diversi:
Il moto risultante è dato al solito da:
che si può mettere sotto la solita forma
essendo
Poiché, per ipotesi, ν1 − ν2 è molto piccolo, di fronte a (ν1 − ν2)/2, nell'intervallo di un periodo le quantità a, δ si possono considerare costanti e quindi il moto risultante, rappresentato dalla (9), si può ritenere armonico. Effettivamente però, col trascorrere del tempo, la quantità a va cambiando secondo la relazione (10), di modo che in ogni secondo essa passa per ν1 − ν2 massimi ed altrettanti minimi, ahernativamente. Questo fatto fu osservato per la prima volta in acustica dove si presenta con aumenti e diminuzioni alternativi dell'intensità sonora. Appunto da ciò è derivato il nome di battimenti, dato al fenomeno.
Composizione di moti armonici lungo direzioni ortogonali. - Il caso più semplice è quello di due oscillazioni dello stesso periodo e lungo direzioni ortogonali:
Il moto risultante è evidentemente periodico e l'equazione della sua traiettoria si ottiene eliminando il tempo t tra le equazioni (12). Ora, poiché:
si deduce
Da cui quadrando e sommando
che è l'equazione di un'ellisse avente il centro nell'intersezione delle due direzioni ortogonali. L'ellisse si riduce a un cerchio se a = b ed
a un segmento di retta se α − β = k π.
Se le due oscillazioni da comporre non hanno lo stesso periodo, il moto risultante è, al solito, periodico o no a seconda che il rapporto dei due periodi è o no razionale. Solo nel primo caso è possibile eliminare le funzioni trigonometriche fra le due equazioni del moto, e la traiettoria risulta una curva algebrica. La composizione di due moti armonici ortogonali si può studiare anche sperimentalmente con un metodo ottico ideato da Lissajous (Annales de Chimie et Phys., LI, 1857, p. 147) allo scopo di confrontare i periodi di due diapason. Attacchiamo uno specchietto piano all'estremità di un rebbio di un diapason, facciamo cadere un pennello di raggi sullo specchietto e concentriamo il fascio riflesso su un punto di uno schermo. Mettendo il diapason (e quindi lo specchietto) in vibrazione, si vedrà il punto luminoso descrivere un segmento di retta, per la persistenza delle immagini visive. Ponendo però sul cammino dei raggi riflessi un secondo specchietto attaccato a un altro diapason, che possa vibrare in un piano normale a quello in cui vibra il primo, il punto luminoso descriverà invece la traiettoria del moto risultante dalla composizione dei due moti armonici ortogonali eseguiti dagli specchietti dei due diapason.
Le curve ottenute sono note sotto il nome di curve di Lissajous. Esse risultano chiuse solo se il rapporto tra i periodi è razionale ed allora la loro forma si mantiene invariata (supposte inalterate le ampiezze); in caso contrario il punto luminoso percorre curve aperte che presenteranno col tempo aspetti cangianti con continuità. La forma delle curve dipende, oltre che dal rapporto dei periodi dei due moti componenti, anche dallo sfasamento. Lissajous ha mostrato però che tutte le curve relative a uno stesso rapporto tra i periodi e alle medesime ampiezze, qualunque sia poi lo sfasamento, non sono altro che i differenti aspetti dati dalla proiezione di una sinusoide disegnata sulla superficie laterale di un cilindro trasparente e rotante attorno all'asse. Più precisamente, volendo ottenere delle curve che corrispondano a un certo rapporto m/n, basterà prendere un foglio di carta trasparente lungo m volte la circonferenza di base del cilindro, disegnarvi n sinusoidi ed avvolgerlo infine - incollandolo - sulla superficie laterale del cilindro. Proiettando su un piano parallelo alle generatrici si ottengono, con la rotazione del cilindro, i varî aspetti delle traiettorie del moto risultante, per i diversi valori dello sfasamento.
In figura sono rappresentate alcune curve di Lissajous per i rapporti 1 (fig. 6 a),
(fig. 6 b),
(fig. 6 c) e per sfasamenti eguali a
Le stesse curve si possono ottenere con un pendolo doppio indicato schematicamente nella fig. 7. Un pendolo A B C può oscillare intorno ad A B, mentre l'asta C D può oscillare nel piano verticale per A B. Il moto effettivo di D è perciò quello che risulta dalla composizione dei moti armonici ortogonali descritti dai due pendoli. Ponendo in D una punta scrivente si possono ottenere le solite curve direttamente disegnate. Lissajous ha dato pure un procedimento semplice per la costruzione geometrica di queste curve.
Composizione di moti armonici dello stesso periodo in direzioni qualsiansi. - Se si hanno due movimenti armonici dello stesso periodo lungo due direzioni oblique qualsiasi, si potrà decomporre ognuno di essi lungo due direzioni ortogonali x, y. Si ottengono allora due moti armonici dello stesso periodo, lungo x ed y, che si compongono nel modo già detto.
Se si ha poi un numero qualsiasi di moti dello stesso periodo, ma lungo direzioni qualsiansi, si può fare un'analoga decomposizione lungo tre assi ortogonali x, y, z. Si ottengono così tre moti armonici ortogonali e dello stesso periodo, che si compongono pure secondo un'ellisse. Sia infatti
Moltiplicando le tre uguaglianze per sen (β − γ), sen (γ − α), sen (α − β), rispettivamente, e sommando si ottiene
Essendo questa equazione lineare in x, y, z, la traiettoria del moto risultante è una curva piana. Per dimostrare che è proprio un'ellisse, basterà dimostrare che tale è la proiezione della curva sul piano x y. Tale proiezione si ottiene eliminando t fra le prime due equazioni (14), e ciò porta, come precedentemente, alla (13).
Decomposizione di un moto armonico in due circolari di sensi opposti. - Si considerino due punti M1 ed M2, mobili con la stessa velocità ma in versi opposti su una circonferenza di centro O e raggio a, nell'istante in cui essi occupano una stessa posizione D. Successivamente i raggi O M1 e O M2 si troveranno spostati di angoli eguali rispetto a O D e quindi la diagonale deI parallelogrammo O M M M1 (che si riduce a un rombo) sta sempre sulla O D. Il moto risultante avviene perciò lungo questa retta ed è evidentemente armonico, poiché lo spostamento risultante O M è, in ogni istante, il doppio della proiezione di ognuno dei vettori rotanti, per es. di O M1.
Oscillazioni smorzate. - Si è considerato il movimento di un punto materiale soggetto solo ad una forza di richiamo, proporzionale allo spostamento. Se si ammette invece che insieme a questa agisca una resistenza passiva, ossia una forza che si oppone al movimento, proporzionale (secondo un coe ficiente r) alla velocità del mobile, l'equazione differenziale del moto diventa m s″ = − k s − r s′ o anche
L'integrale generale di questa equazione è del tipo s = A es1t essendo, al solito, s1, s2 le due radici dell'equazione caratteristica mx2 + rx + k = 0. Se s1, s2 sono reali, risultano entrambe negative e quindi al crescere di t lo spostamento tende asintoticamente a zero. Il moto dicesi in tal caso aperiodico. Se le due radici sono invece complesse, lo spostamento - servendosi delle note formule di Eulero - si può mettere sotto la forma
dove a, δ sono due costanti deterninabili mediante le condizioni iniziali, ed
La funzione s (t) definita dalla (16) amnmette infiniti zeri che si susseguono a intervalli di tempo eguali a
(avendo posto al solito
e ammette pure infiniti massimi e minimi che si al ternano con lo stesso intervallo
l'ascissa di un massimo o di un minimo non è però mai la media delle ascisse degli zeri adiacenti. La successione delle ordinate massime e minime costituisce una una progressione geometrica di ragione
logaritmi dei valori assoluti di tali ordinate costituiscono perciò una progressione aritmetica di ragione
La quantità
prende il nome di decremento logaritmico. Nemmeno in questo caso il movimento è periodico, tuttavia si suole chiamare periodico smorzato e la costante α caratterizza lo smorzamento. Alla quantità T si dà poi il nome di pseudo periodo. Esempî di questo movimento sono comvnissimi, poiché tutti i corpi oscillanti sono sempre soggetti a resistenze passive; appunto perciò le oscillazioni di un pendolo, di una corda, ecc. vanno diminuendo di ampiezza. Queste oscillazioni, che secondo la (I6) dovrebbero spegnersi dopo un tempo infinitamente grande, praticamente si possono invece considerare spente in capo a un tempo molto breve.
Oscillazioni forzate e risonanza. - Se su un corpo, che sia in istato di oscillazione si fa agire una forza, il corpo compie delle oscillazioni forzate. Il caso più semplice, e nello stesso tempo importante, è quello in cui codesta forza varia con legge sinusoidale. L'equazione differenziale del moto è in tal caso del tipo:
Si può subito verificare che
è un integrale particolare della (16) se
L'integrale generale della (16) è
che si ottiene, com'è noto, aggiungendo all'integrale generale della (15) un integrale particolare della (17). Il primo addendo, che figura a secondo membro della (19), rappresenta l'oscillazione libera o propria del punto materiale, il secondo addendo quella forzata; dopo un tempo abbastanza breve l'oscillazione libera si smorza e rimane attiva soltanto la forzata.
Fissato il valore di m, k, a, r, il massimo di b si ottiene, per le (18j, quando k = mp2; questo è il caso della risonanza. Se r tende a zero, questo massimo cresce indefinitamente e, ricordando che per r = 0 si ha
si riconosce subito che la condizione m di risonanza si riduce allora a p = ω, ossia all'eguaglianza tra il periodo della forza di richiamo e quello della forza esterna. È da notare poi che, se lo smorzamento (ossia
è grande, il valore di b (cioè l'ampiezza dell'oscillazione forzata) non risulta molto grande, però il periodo della forza esterna può variare in un intervallo abbastanza grande senza che si abbiano forti diminuzioni di b (campo di risonanza esteso). L'opposto accade quando lo smorzamento è molto piccolo; b può allora diventare enormemente grande, ma basta la minima variazione di periodo nella forza esterna perché l'ampiezza si riduca a una piccola frazione del suo massimo valore (campo di risonanza ristretto). Un corpo capace di oscillare e che possegga un campo di risonanza ristretto costituisce un risonatore. Condizioni essenziali per un buon risonatore sono quella di oscillare con un periodo ben determinato e l'altra di possedere uno smorzamento molto piccolo.
Cenno sulla decomposizione di un moto periodico in componenti armoniche. - Abbiamo visto che la somma di funzioni sinusoidali i cui periodi stiano in rapporti razionali, ossia che variino proporzionalmente a dei numeri interi, è sempre una funzione periodica. Reciprocamente si dimostra nell'analisi che ogni funzione f (t) di periodo T, e soddisfacente a certe condizioni - molto generali - enunciate da Dirichlet (v. p. es. Ollivier, Cours de Physique, III, p. 7), si può sviluppare in una serie costituita da funzioni sinusoidali i cui periodi sono i varî sottomultipli di T (serie di Fourier):
o la forma equivalente
essendo
ed
Le condizioni di Dirichlet, nei problemi fisici, sono sempre soddisfatte, cosicché è sempre possibile decomporre un moto periodico qualunque nella somma di infiniti moti pendolari: il primo, avente lo stesso periodo T di quello, viene detto fondamentale, gli altri che hanno il periodo,
di T, prendono il nome di 2°, 3°, ..., n°, ... armonico del primo. I coefficienti an, bn della serie vanno diminuendo indefinitamente al crescere di n, cosicché gli armonici corrispondenti, a partire da un certo punto in poi, risultano praticamente trascurabili, e lo sviluppo si riduce a un numero finito, spesso piccolo di termini. In quest'ultimo caso può riuscire particolarmente vantaggioso il metodo di Silvanus P. Thompson (in Comptes-rendus de l'Acad. des Sciences, 1911, p. 88) per il calcolo dei coefficienti.
Bibl.: La trattazione elementare di questo argomento si può trovare in ogni trattato di fisica. Per es.: O. D. Chwolson, Physique, I, i, Parigi 1912; H. Ollivier, Physique, III, Parigi 1918; M. Cantone, Fisica, Napoli 1919, I, II, III.
Per una trattazione più profonda si possono consultare: Thomson e Tait, Treatise on Natural Philosophy, I, Cambridge 1879; Rayleigh, Theory of Sound, Londra 1894; A. Kneser, Integralgleichungen, Brunswick 1911; G. Giorgi, Lezioni di fisica matematica, Roma 1927.