ARITMIA (dal gr. ἀ privativo e ῥιϑμός "ritmo")
Il termine aritmia, che significa turbamento d'un processo ritmico uniforme, in medicina viene applicato a un gruppo molto importante di perturbazioni del funzionamento cardiaco.
Il ritmo del cuore. - Il cuore, come è noto, è un organo in continuo movimento. Tale movimento può essere percepito a torace chiuso nell'uomo, sia ascoltando nella regione cardiaca i toni del cuore, che generalmente in numero di due accompagnano ogni contrazione dell'organo, sia valendosi degli effetti meccanici di questa contrazione, che consistono nello spingere a ondate il sangue alla periferia, dilatando quindi a ogni contrazione le arterie, dove queste sono superficiali, per esempio all'estremità inferiore dell'avambraccio, si può avvertire, palpando coi polpastrelli delle dita, l'espansione arteriosa: ciò costituisce il polso. Ci si accorge allora, con l'uno o con l'altro mezzo, che le contrazioni cardiache si susseguono, più o meno presto, a intervalli che, nel soggetto sano, sono uguali: si dice in tal caso che l'azione cardiaca, rispettivamente il polso, è ritmica; quando invece questi intervalli sono irregolari, si parla di aritmia. Per estensione si sono inclusi sotto questo nome anche i casi in cui il polso è eccessivamente lento o rapido (bradicardie o tachicardie).
Nell'animale è però possibile osservare il cuore allo scoperto; e lo stesso può accadere eccezionalmente nell'uomo, dalla prima osservazione di Harvey, che poteva veder pulsare il cuore del giovane conte di Montgomery, a cui un colpo di sciabola in un duello aveva aperto l'emitorace sinistro, ai casi, oggi non più tanto rari, in cui il chirurgo reseca le coste e audacemente afferra il cuore per suturarlo. Più semplicemente, rientra oggi nell'esame corrente l'analisi radioscopica del cuore, che ci permette di osservare questo organo in movimento a torace chiuso. In tutte queste circostanze è possibile un'osservazione più fine del moto del cuore, il quale allora risulta diviso in tre tempuscoli: contrazione delle orecchiette, contrazione dei ventricoli, riposo di tutto il cuore. Lo studio delle aritmie considera anche i rapporti reciproci di queste tre fasi.
Nozioni anatomiche e fisiologiche. - È memorabile un'esperienza fatta da Stannius: se nei Vertebrati inferiori, in cui il cuore si avvicina di più al cosiddetto tubo cardiaco primitivo dell'embrione, si passa una legatura fra il seno venoso (punto d'unione delle due cave) e l'orecchietta, questa e il ventricolo che le fa seguito cessano di battere, mentre il seno venoso continua indisturbato col suo ritmo; quindi, dopo una breve pausa, atrio e ventricolo riprendono a pulsare, ma con un ritmo diverso da quello del seno venoso. Lo stesso fenomeno si ripete, se si passa una legatura tra orecchietta e ventricolo, con la differenza che qui solo quest'ultimo prima si arresta e poi riprende a pulsare con un ritmo proprio. Tale esperienza dimostra che normalmente lo stimolo a contrarsi viene all'orecchietta dal seno venoso e al ventricolo dall'atrio soprastante. Questa affermazione è stata poi confermata da un numero così grande di prove, che costituisce una delle nostre più salde conquiste scientifiche. Ma essa ha anche la sua base anatomica e anatomopatologica. Dopo un primo studio fatto da Stanley Kent nel 1892, dobbiamo a His iunior (1893) la completa descrizione di uno speciale organo che, sotto forma di fascio, passa dalle orecchiette ai ventricoli; e a Tawara la scoperta di un addensamento di tessuto, che si differenzia dal resto del miocardio, e che, sotto il nome di nodo di Tawara, costituisce il punto di origine del fascio di His. Posteriore è invece la scoperta di un aggruppamento analogo che si trova nell'orecchietta destra: essa è dovuta a Keith e Flack (1907). Quest'aggruppamento - nodo di Keith e Flack - si trova al punto di unione della cava superiore con l'orecchietta destra e si estende per la lunghezza di 2 cm. circa; da esso non parte nessun fascio. Il nodo di Tawara si trova invece al bordo inferiore del tessuto auricolare sul setto interatriale (estremità posteriore destra); da questo si parte il fascio di His che cammina in senso postero-anteriore, lungo la parte membranacea del setto interventricolare, e, giunto alla parte anteriore di questa membrana, si divide in due branche, destra e sinistra, che si distribuiscono rispettivamente ai due ventricoli (figg. 1 e 2), entrando poi in rapporto col reticolo di Purkinje. Come si è detto, queste speciali formazioni hanno una struttura caratteristica che le fa distinguere dal resto del miocardio. L'esperimento ha potuto dimostrare che dal nodo di Keith e Flack (o nodo seno-auricolare) parte lo stimolo normale per le contrazioni cardiache: l'indagine elettrocardiografica ha fatto osservare che tutte le altre parti delle orecchiette (a maggior ragione quelle dei ventricoli) sono stimolate una frazione di tempo più tardi che il nodo seno-auricolare; la patologia sperimentale ha confermato che la distruzione di esso porta agli stessi effetti che la prima legatura di Stannius. Lo stesso si dica per il nodo di Tawara e per il fascio di His: l'interruzione di questo porta a una dissociazione di battiti fra orecchiette e ventricoli: le prime continuano a pulsare col ritmo che avevano prima e che loro viene dal seno (ritmo sinusale), i secondi assumono un ritmo loro proprio. Alla stessa dimostrazione ha portato l'anatomia patologica, che nei casi in cui si era potuto diagnosticare in vita, coi mezzi che vedremo appresso, una dissociazione tra orecchiette e ventricoli, ha fatto osservare l'esistenza di lesioni del nodo atrio-ventricolare e del fascio.
Registrazione grafica del ritmo cardiaco. - L'occhio che osserva allo schermo fluorescente, l'orecchio che ascolta, e la mano che palpa non riescono che molto imperfettamente a seguire e ad apprezzare i rapporti rispettivi delle successive pulsazioni del cuore, tanto meno delle singole parti di questo. A ciò soccorre la registrazione grafica, la quale fondamentalmente consiste nell'applicare una leva o un imbuto là dove un movimento del cuore, o da questo prodotto (arteria o vena), determina un sollevamento della cute, e quindi una sia pur minima, variazione di pressione sullo strumento ad essa applicato in modo ben aderente. O direttamente, o per mezzo di una trasmissione pneumatica a un'altra leva, che scrive su un tamburo girante, o su una carta che si svolge, è allora possibile scrivere sulla carta, sulla quale contemporaneamente un cronografo segna il tempo, le successive pulsazioni del cuore e delle arterie, e le successive ondulazioni che, per l'attività del cuore, si producono nelle vene. Quando un tale strumento è applicato alla punta del cuore, abbiamo un cardiogramma: esso c'indica essenzialmente, col suo massimo sollevamento, il tempuscolo in cui la punta cardiaca batte al torace (itto della punta) e corrisponde quindi alla sistole ventricolare. Quando lo strumento è applicato alle arterie superficiali (succlavia, carotide, omerale, radiale, femorale) esso registra uno sfigmogramma (fig. 3) il quale col suo innalzarsi in una cuspide, di varia forma, c'indicherà il momento in cui l'arteria si dilata, il che corrisponde pure alla sistole ventricolare, solo ritardata del tempuscolo necessario all'onda sanguigna per arrivare al vaso esplorato (quindi ritardo minimo alla carotide, massimo alla femorale). Se infine registriamo i movimenti della giugulare, abbiamo un flebogramma (fig. 3); e, poiché questa vena è assai vicina all'orecchietta destra e da essa non separata da alcuna valvola, avremo le variazioni di pressione che si producono nell'atrio. Perciò il flebogramma è più complicato, ma anche più ricco d'informazioni: in esso infatti è possibile riconoscere una prima ondulazione a, che corrisponde alla contrazione della orecchietta, e altre due ondulazioni, c e v, che corrispondono alle contrazioni ventricolari. Tale metodo quindi, la cui introduzione dobbiamo a J. Mackenzie, c'informa, a differenza del cardiogramma e dello sfigmogramma, sui movimenti di ambedue le cavità del cuore, e ci permette di riconoscere i rapporti rispettivi tra queste.
L'elettrocardiogramma. - Più completo ancora è l'elettrocardiogramma, il quale non solo ci rappresenta separatamente, e in modo di solito assai più sicuro che non il flebogramma, i movimenti auricolari e ventricolari, ma c'indica il modo come lo stimolo percorre le varie parti del cuore. In un elettrocardiogramma normale (fig. 4) distinguiamo un complesso auricolare e un complesso ventricolare. Il primo è per lo più costituito da un'onda unica, generalmente positiva, non molto alta, arrotondata, a cui, seguendo Einthoven, che è il fondatore del metodo elettrocardiografico (v. elettrocardiografia), si dà il nome di P; segue un breve intervallo costituito da una linea retta, e poi succede il complesso ventricolare, rappresentato da una serie d'inflessioni, alcune positive, negative le altre, a cui si sono dati i nomi di Q, R, S, T; all'ultima di queste, che indica la fine della sistole ventricolare, segue una lunga pausa, rappresentata pure sul tracciato da una linea retta (indizio che la corda dello strumento non è percorsa da alcuna corrente e quindi sta ferma) e che corrisponde alla diastole cardiaca. Ora, poiché sul tracciato viene contemporaneamente segnato il tempo (o da piccoli denti a una estremità, registrati da un cronografo a 1/5 di secondo, o da linee verticali che tagliano tutto il tracciato), è possibile avere dall'elettrocardiogramma due ordini di notizie: 1. i rapporti di tempo tra le successive contrazioni cardiache e quelli tra orecchiette e ventricoli; 2. il modo con cui lo stimolo si propaga nell'orecchietta e nel ventricolo, se cioè in via normale come nella figura 4, o in via abnorme come nelle figure 8 e 9.
Le contrazioni cardiache si susseguono dunque ritmicamente, perché ritmicamente nel nodo del seno si forma uno stimolo; si dice che il ritmo del cuore è autonomo. Esso però può essere influenzato dal sistema nervoso centrale, per opera di due nervi, di cui uno, il simpatico, porta degli stimoli acceleratori, l'altro, lo pneumogastrico, rallenta l'azione del cuore. L'azione di questi nervi extracardiaci entra in scena per svariate circostanze (per esempio, emozione, esercizio), e non si limita solo a essere acceleratrice e inibitrice del cuore in toto agendo sul seno, ma può essere molto più complessa: per esempio, il vago può agire sul nodo dl Tawara e determinare una dissociazione atrio-ventricolare.
Aritmie sinusali. - Sia per effetto di questi nervi, sia per una azione intrinseca del nodo sinusale, possiamo avere in certi soggetti normalmente una frequenza cardiaca accentuata (fino a 120 e 130 battiti al minuto) o rallentata (fino a 50 e 40): si parla in tal caso di tachicardie e bradicardie sinusali. Altre volte, pure in condizioni normali, si alternano successivamente periodi di accelerazione e rallentamento, che coincidono coi movimenti respiratorî, rispettivamente con l'inspirazione e con l'espirazione: è questa la cosiddetta aritmia respiratoria, che dipende anch'essa da modificazioni nell'attività del seno (v. fig. 5). Nel primo e nel secondo caso alle manifestazioni auricolari seguono regolarmente, dopo un intervallo normale, sia nel flebogramma che nell'elettrocardiogramma, le manifestazioni ventricolari. Sono queste le cosiddette aritmie sinusali, che dipendono da alterazioni nella formazione dello stimolo (disturbi della proprietà cronotropa del miocardio).
Disturbi di conduzione dello stimolo (blocco del cuore). - Ben diverso si presenta il caso quando lo stimolo che, come si è detto, discende dal seno alle orecchiette, trova qualche impedimento a progredire: si parla allora di disturbi di conduzione (della proprietà dromotropa del miocardio), o, più semplicemente, di blocco del cuore. Esistono molte varietà di tali disturbi, che possono riunirsi in tre categorie: 1. rispetto alla sede; 2. rispetto al grado; 3. rispetto alla natura della lesione che provoca il disturbo. Essendosi già descritto sopra, per quanto in modo sommario, il decorso normale dello stimolo dentro il cuore, si comprende che potranno aversi le seguenti varietà di conduzione:
1. Blocco seno-auricolare. - Si ha quando esiste un'impossibilità al passaggio dello stimolo tra il nodo del seno e l'orecchietta si ripetono allora le condizioni della prima legatura di Stannius e le orecchiette, e quindi i ventricoli, non ricevendo l'impulso, non si contraggono. Questo disturbo è assai raro nell'osservazione clinica, anche perché, mancandoci la possibilità di registrare i movimenti del seno, non ne abbiamo la documentazione grafica se non per via d' induzione, e solo quando è limitato a una sola pulsazione; si estrinseca allora con una pausa di tutto il cuore, che sarà, naturalmente, eguale alla somma di due intervalli normali.
2. Blocco atrio-ventricolare. - Si ha quando il disturbo di conduzione avviene nel nodo di Tawara o nel fascio di His, cioè tra orecchiette e ventricoli, ripetendosi così le condizioni della seconda legatura di Stannius. In questo disturbo, che è il più comune e quindi il più studiato, possiamo avere tutte le varietà di grado e di natura della lesione. Per quanto riguarda il grado si conoscono: 1. un semplice allungamento dell'intervallo che corre tra la contrazione atriale e quella ventricolare (distanza P-R nell'elettrocardiogramma; 2. un allungamento progressivo di questa distanza fino all'interruzione completa (allungamento di P-R fino alla comparsa di una P non seguita da R-S- T nell'elettrocardiogramma; v. fig. 6), con l'insorgenza al polso, che è la manifestazione della contrazione ventricolare, di una pausa di tanto in tanto, per poi riprendersi la successione dei fenomeni; 3. la mancanza di una contrazione ventricolare ogni due o tre contrazioni auricolari, blocco (2:1), (3:2), e simili (presenza di due P e una R-S-T, o rispettivamente di tre e due nell'elettrocardiogramma, ecc.), col risultato di un polso dimezzato (bradisfigmia) o di un polso doppio seguito da una pausa: i casi finora trattati costituiscono il cosiddetto blocco parziale o incompleto; 4. l'incapacità completa dello stimolo a passare: l'orecchietta continua allora a battere col suo ritmo normale a 70-80, mentre il ventricolo segue un ritmo suo proprio, molto più lento, anch'esso regolare: è questo il blocco totale, o completo, o dissociazione atrio-ventricolare; in esso all'elettrocardiogramma si vedono delle onde P che si seguono a intervalli regolari e delle onde R-S-T pure a intervalli regolari, ma affatto indipendenti dalle orecchiette e molto più rari (fig. 7); clinicamente si ascolta il cuore e si palpa il polso, molto più lento del normale: ciò costituisce la bradicardia (30-40 al minuto).
Ma oltre queste varietà di grado possiamo avere nel blocco atrio-ventricolare delle varietà di natura, in quanto esiste un blocco aiatomico e un bloccp funzionale; il quale ultimo non è dovuto a una lesione organica del tessuto di conduzione, ma per lo più a un'azione del vago; infatti, con la cosiddetta prova dell'atropina, che paralizza il vago, si può farlo scomparire; e inoltre si tratta di un disturbo transitorio.
Se a causa del difetto di conduzione tra orecchiette e ventricoli, questi, come può avvenire, non rispondono che a ogni 6°-7° battito delle orecchiette, ne segue una bradicardia eccezionale, e di conseguenza una forte anemia cerebrale; tale fenomeno, che si verifica per lo più ad accessi di brevissima durata, si estrinseca con fatti convulsivi, somiglianti all'epilessia, e con deliquî: essi costituiscono la caratteristica essenziale del cosiddetto morbo di Adams-Stokes; il quale è, all'infuori degli accessi, caratterizzato da una spiccata bradicardia; sotto questa forma era già stato notato da Morgagni, onde alcuni autori, anche stranieri, lo qualificano come morbo di Morgagni-Adams-Stokes.
3. Blocco di branca. - Da ultimo esiste la possibilità che la lesione abbia luogo in una delle due branche del fascio di His; questa forma, chiamata blocco di branca, è diagnosticabile solo per mezzo dell'elettrocardiogramma, il quale ci fa vedere il percorso abnorme seguito dallo stimolo nel diffondersi ai ventricoli, cioè passando solo da una branca del fascio e trasmettendosi poi all'altra per la via del setto interventricolare. È possibile diagnosticare col tracciato elettrico, che ci dà un'immagine caratteristica, quale delle due branche sia lesa. Tale quadro elettrocardiografico ha avuto la conferma sperimentale.
ll blocco cardiaco, specialmente nella sua forma più completa, è una malattia grave, che può anche mettere in pericolo la vita del paziente. Dipende per lo più da sifilide o da arteriosclerosi.
Prendendo occasione dai casi non rarissimi di malattia di Morgagni-Adams-Stokes in cui all'autopsia è mancato il reperto di una lesione del fascio, è stata avanzata da Géraudel la teoria dei cardionettori, che investe tutto il meccanismo del ritmo cardiaco. Questa teoria ammette che la contrazione del ventricolo è sempre indipendente dalla contrazione dell'orecchietta; le due cavità sono rispettivamente comandate da regioni specializzate, che l'autore paragona a gigantesche placche motrici, e a cui ha dato il nome di cardionettori; quello auricolare, o atrionettore, è il nodo sinusale di Keith e Flack, quello ventricolare, o ventricolo-nettore, è l'insieme del nodo di Tawara, fascio di His, rete di Purkinje. I cardionettori non funzionano che a condizione di essere normalmente irrigati, e di fatto ognuno ha un'arteria propria, terminale: quando la quantità di sangue portata da questa arteria è normale, anche il ritmo è normale; quando invece l'afflusso e diminuito o aumentato, il ritmo si rallenta o si accelera.
La sindrome di Adams-Stokes sarebbe dovuta alla difficoltà con cui il sangue affluisce al ventricolo-nettore, e quindi a un conseguente rallentamento delle contrazioni ventricolari.
Le extrasistoli. - Un altro tipo di disturbi, che, venendo ad alterare il ritmo cardiaco, rientrano nello studio delle aritmie, è costituito dalle extrasistoli. Sono queste delle contrazioni abnormi per due caratteri: per il momento del loro prodursi, che avviene prima di una contrazione regolare, che per lo più viene annullata (onde più esattamente potrebbero chiamarsi contrazioni premature), e per il punto abnorme, ectopico, da cui, per esse, si origina lo stimolo. In base a quest'ultima circostanza si fa distinzione fra extrasistoli auricolari, extrasistoli ventricolari, extrasistoli atrioventricolari o nodali, e forse anche extrasistoli sinusali. Poiché, come si è detto, la contrazione normale che dovrebbe seguire immediatamente è annullata, alla extrasistole segue una pausa; quindi al cuore e al polso si avverte un battito che segue più presto del solito al battito precedente, ed è seguito da un intervallo più lungo. Le extrasistoli sono uno dei disturbi più frequenti, e di solito impressionano il soggetto che ne soffre sia per la pausa, che per lo più è avvertita come un arresto del cuore, sia per il battito successivo alla pausa, che generalmente è più forte degli altri battiti. Tuttavia esse sono quasi sempre trascurabili, perché non implicano conseguenze dannose e tanto meno un pericolo per chi soffre, e ad esse non corrisponde una lesione anatomica. Dipendono spesso da intossicazione, spesso da abuso di tabacco. Per spiegare la loro origine si contrappongono due teorie, quella dell'onda rientrante e quella della parasistole.
Tachicardia parossistica. - Le extrasistoli, di cui si è parlato sin qui, possono comparire isolate e senza alcuna regola, ovvero presentarsi regolarmente, per esempio dopo ogni battito normale (ne risulta un ritmo doppio, bigemino: due pulsazioni seguite da una pausa; v. fig. 8), o dopo due battiti normali, ecc.: si hanno in questi casi le cosiddette alloritmie. Altre volte si presentano in piccoli gruppi di tre, quattro, dieci extrasistoli. Se il gruppo si prolunga per un periodo di tempo abbastanza lungo, si ha una tachicardia parossistica. Questa è una malattia descritta la prima volta clinicamente da Bouveret (malattia di Bouveret), e consiste in attacchi che insorgono e terminano bruscamente, e durante i quali il cuore pulsa regolarmente con una frequenza intorno a 200. Naturalmente il soggetto avverte questo enorme acceleramento del cuore; per lo più l'attacco dura pochi minuti, e allora non eccede dal carattere delle comuni palpitazioni, ma può durare ore e giorni (anche più di una settimana), e allora naturalmente ha conseguenze più o meno gravi sullo stato del paziente. L'elettrocardiografo ha confermato che l'attacco parossistico è costituito da una sommazione di extrasistoli; e, come per queste, se ne possono distinguere diverse varietà a seconda del punto d'origine dello stimolo abnorme, e, precisamente, una forma auricolare, una forma atrio-ventricolare, o nodale, e una forma ventricolare (fig. 9). La tachicardia parossistica può esser pericolosa ed è sempre fastidiosissima, in ragione diretta della sua durata. Nulla si può dire di preciso sulla sua causa.
Flutter auricolare. - Un altro disturbo in cui per lo più si ha una grande frequenza delle pulsazioni cardiache, minore però che nella tachicardia parossistica, è il flutter auricolare. In questo l'orecchietta pulsa molto più presto del normale, a 350-400; le contrazioni auricolari si seguono a intervalli regolarissimi l'una dall'altra, e si manifestano sull'elettrocardiogramma (fig. 10) con una serie ininterrotta e regolare di elevazioni P. Naturalmente non ogni pulsazione auricolare è seguita a una pulsazione ventricolare, perché né il fascio A-V è in grado di trasmettere così frequentemente lo stimolo, né il ventricolo di riceverlo; è noto che il miocardio, dopo essersi contratto, entra in una fase refrattaria, durante la quale, qualunque stimolo lo raggiunga, non è più capace di provocare una contrazione; è possibile, coi mezzi moderni d'indagine, misurare la durata di questa fase refrattaria, che è di frazioni di minuto secondo. Accade quindi nel flutter un blocco atrio-ventricolare incompleto: la contrazione ventricolare segue ad ogni seconda o ad ogni terza o ad ogni quarta contrazione auricolare, sicché le contrazioni del ventricolo saranno o della metà o di un terzo o di un quarto (o simili) più rare di quelle ventricolari. Per lo più questo blocco è sempre dello stesso grado: ne segue che il polso sarà regolare, e a una frequenza maggiore o minore, a seconda che il blocco sarà meno o più accentuato, (2:1) o (3:1), ecc. Altre volte, più raramente, questi blocchi si alternano, ovvero a una serie di blocco (2:1) s'intercala, per uno o due battiti ventricolari, un blocco (3:1) o (4:1); ne segue una pausa più lunga del polso, e apparentemente un'aritmia; ma misurando, anche su un semplice sfigmogramma, si osserva che gl'intervalli tra le singole pulsazioni, anche se non uguali, stanno tra loro in rapporti aritmetici.
Fibrillazione auricolare. - L'ultimo e più importante fra i disturbi del ritmo è quello conosciuto da tempo sotto il nome di aritmia completa. In esso le contrazioni ventricolari, e quindi i battiti del polso, si seguono disordinatamente a intervalli irregolarissimi, e sono di forza disuguale l'una dall'altra; non si riesce a individuare in questo disturbo alcun ritmo dominante: è il vero e proprio delirium cordis. La frequenza del cuore è per lo più aumentata fino a 130-140 al minuto, ma può anche esser normale o inferiore al normale. Tale aritmia è fra tutte la più interessante per una triplice ragione: perché è la più frequente; perché da essa dipende circa nel 50% dei casi lo scompenso cardiaco, perché costituisce uno dei più interessanti capitoli della cardiopatologia, per gli studî che su di essa sono stati fatti e i risultati che ne sono conseguiti. Essa consiste essenzialmente nei seguenti fatti: il nodo del seno ha perduto il suo controllo; le orecchiette non eseguono più la loro contrazione normale espulsiva, ma sono dilatate e virtualmente paralizzate, perché animate solo da minuti movimenti fibrillari della loro muscolatura; gli stimoli che dall'atrio sono diretti al ventricolo sono numerosissimi, ma, a causa di un'incapacità del fascio di His di una conduzione così frequente, solo in piccola parte e disordinatamente raggiungono il ventricolo; il quale quindi si contrae a intervalli irregolari, e, a seconda che è più o meno ripieno di sangue, manda in circolo un'onda più o meno ampia. Ne segue nell'elettrocardiogramma (fig. 11) la scomparsa della manifestazione auricolare normale P, l'ineguaglianza degli intervalli tra le manifestazioni ventricolari (R-R), la differente ampiezza dei complessi ventricolari, la comparsa nel tratto abitualmente occupato da uno stato isoelettrico, e corrispondente alla diastole cardiaca, di ondulazioni di forma irregolare più o meno visibili, a cui si è dato il nome di f. Nello sfigmogramma si ha (fig. 12) una serie di elevazioni differenti per ampiezza e per intervalli tra loro; l'ascoltazione del cuore e la palpazione del polso confermano l'aritmia completa; ne segue un disturbo circolatorio che, specialmente quando la frequenza è alta, porta spesso allo scompenso cardiaco.
Teoria dell'onda circolare. - È oggi da tutti ammesso che flutter e fibrillazione auricolare sono disturbi affini, e di fatto l'uno può passare nell'altro; per spiegarli si ammette, dalla maggior parte degli autori, la cosiddetta teoria dell'onda circolare di Lewis. Questi infatti, partendo da precedenti osservazioni, specialmente di Mines e Garrey, ha potuto dimostrare che nell'uno e nell'altro disturbo lo stimolo non parte più dal seno, ma si svolge ininterrottamente seguendo un andamento circolare, che, grosso modo, gira intorno all'imboccatura delle due cave nell'orecchietta destra; questo percorso è piuttosto regolare nel flutter, è invece sinuoso e irregolare nella fibrillazione; e dipende essenzialmente dal fatto che, a mano a mano che quest'onda procede, lascia dietro a sé, dopo una fase refrattaria, del muscolo che è di nuovo eccitabile, e quindi, quando lo stimolo ritorna al punto di partenza, può di nuovo procedere. Per qual ragione questo singolare meccanismo riesca a insediarsi nell'orecchietta ancora non sappiamo, ma che esso esista è stato dimostrato da abili, pazienti e lunghe ricerche sia nell'animale, dove sperimentalmente il flutter e la fibrillazione possono essere provocate, sia nell'uomo.
Note di terapia. - Per ovviare agl'inconvenienti prodotti dalla fibrillazione abbiamo a disposizione un potente rimedio, la digitale, la quale fondamentalmente agisce con un'azione di blocco tra atrio e ventricolo, riducendo notevolmente gl'impulsi che passano al ventricolo, e conseguentemente le pulsazioni ventricolari; i ventricoli quindi, riuscendo a riempirsi meglio e più riposati, compiono molto più efficacemente la loro funzione meccanica di attivare la circolazione. Ma oltre a questo rimedio, già conosciuto da molto tempo nella sua efficacia (e precisamente da Whitering, sulla cui tomba giustamente i posteri hanno scolpito una foglia di digitale), ne è stato recentemente introdotto un altro, per opera anzitutto di von Frey, e precisamente la chinidina. È meraviglioso assistere alla trasformazione, per mezzo di questo alcaloide, del polso completamente aritmico in un polso a ritmo e frequenza normale, con i conseguenti benefici effetti, sempre che il disturbo circolatorio dipenda esclusivamente o quasi dal ritmo. Si spiega anche quale sia il suo meccanismo d'azione, quando si ammetta la teoria dell'onda circolare sopra accennata: esso, cioè, agisce prolungando il periodo refrattario che segue alla contrazione; si comprende allora che l'onda, che dovrebbe progredire lungo un circolo senza fine, trovando dinanzi a sé del muscolo in stato refrattario, si estingue, e subito il nodo del seno, il segnapassi (pace-maker) del cuore, riprende il suo compito, e il ritmo ritorna al normale. Disgraziatamente la chinidina si dimostra efficace solo nel 50-60 per cento dei casi.
I mezzi moderni di ricerca e l'osservazione sperimentale ci hanno dunque permesso d'interpretare un capitolo così importante della cardiologia: lo studio delle aritmie è una delle più interessanti acquisizioni della scienza medica dell'ultimo cinquantennio, in rapporto allo sviluppo di delicati mezzi d'indagine quali l'elettrocardiografia e la radioscopia del cuore.
Bibl.: Fondamentale per l'argomento: J. Mackenzie, Diseases of the heart, Londra 1913. Nei seguenti trattati tra i più recenti, lo studioso troverà completamente aggiornati tutti i problemi e la più completa letteratura: H. Vaquez, maladies du coeur, Parigi 1921; T. Lewis, The mechanism and graphic registration onf the heart beat, Londra 1925; K. F. Wenckebach e H. Winterberg, Die unregelmässige Herztätigkeit, Lipsia 1927. - Chi desidera nozioni brevi e chiare può consultare utilmente: A. Sebastiani, I disturbi del ritmo cardiaco, Roma 1924.