ARISTIDE Marciano
Dell'Apologia di A. si aveva notizia indiretta attraverso testimonianze di antichi scrittori cristiani, ma la si riteneva perduta: quando, nel 1889, J. Rendel Harris ne trovò nel chiostro di S. Caterina sul Sinai una traduzione in siriaco, e, quasi contemporaneamente, J. Armitage Robinson scoprì il testo originale greco in mezzo al romanzo monacale Barlaam e Joasaph (v.). Dei due testi - più conciso il greco e più diffuso in molti punti il siriaco - è stato riguardato come più conforme alla lettera primitiva, da alcuni (Robinson, Harnack, Raabe) il primo, e da altri (Ehrhard, Seeberg, Hennecke) il secondo; invece J. Geffcken ha riconosciuto in entrambi i testi due recensioni diverse, delle quali or l'una or l'altra merita maggior fede.
La struttura dell'apologia è assai semplice. Dopo un breve proemio sull'esistenza e la natura di Dio (I), si dividono le religioni in tre classi (II): gl'idolatri (divisi alla loro volta in tre gruppi, i Babilonesi adoratori degli elementi, i Greci dei numi in forma umana, gli Egiziani degli animali e delle piante), dei quali si dimostra - con spesse ripetizioni e ricapitolazioni e con monotona uniformità di stile - l'irragionevolezza e l'insipienza (III-XIII); i giudei, che sono lodati per la loro fede nel Creatore e le opere caritatevoli verso i miseri, ma biasimati per il culto prestato agli angeli attraverso molte pratiche legali (XIV); i cristiani, dei quali si espongono brevemente le dottrine sul Cristo, quali sono contenute nel vangelo e furono predicate dagli apostoli, e si loda la pratica delle opere buone e la fuga dalle cattive (XV-XVI).
L'apologia fu indirizzata all'imperatore Antonino, secondo la migliore lezione del codice siriaco, e non ad Adriano, come vorrebbe un'altra lezione già conosciuta e seguita da Eusebio di Cesarea. Essa perciò è la prima tra le antiche apologie del cristianesimo; sebbene con ciò non si possa dire che possegga una vera originalità, essendo moltissimi i punti di contatto con altre opere, quali la "Predicazione di Pietro", gli "Oracoli Sibillini", e in genere con gli scritti di critica religiosa contemporanei o anteriori, di origine non solo cristiana, ma anche e soprattutto pagana e giudaica. Ma ciò non significa che essa dipenda, come qualcuno ha sostenuto, da qualche fonte particolare, come non si può dire che a sua volta abbia servito di fonte agli apologisti seguenti. Le idee di Aristide facevano parte del tesoro comune d'idee correnti a quel tempo, e la sua apologia rappresenta nella maniera più semplice - e qui sta la sua singolare importanza - il tipo comune di apologetica religiosa, dal quale posteriormente si elevarono ad una forma più personale e letteraria solo pochi scrittori cristiani, quali Atenagora e Tertulliano.
Bibl.: R. Harris, The Apolgogy of Aristides, Cambridge 1891; R. Raabe, Die Apologie des Aristides aus dem Syrischen übversetzt, Lipsia 1892; R. Seeberg, Der Apologet Aristides, Lipsia 1893 (in Forschungen zur Geschichte der neutest. Kanons del Zahn); A. v. Harnack, in Theol. Literaturzeitung, 1891, col. 301 segg.; J. Geffcken, Zwei griechische Apologeten, Lipsia 1907; O. Badernhewer, Geschichte der altkirchlichen Literatur, I, 2ª ed., Friburgo in B. 1913.