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ARISTENETO

di Ugo Enrico Paoli - Enciclopedia Italiana (1929)
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ARISTENETO ('Αρισταίνετος, Aristaenĕtus)

Ugo Enrico Paoli

È con Luciano e con Alcifrone, sebbene assai più tardo, uno dei maggiori rappresentanti della prosa mimetica nella letteratura greca. Col suo nome, che del resto è tutt'altro che sicuro, ci è giunta una raccolta di lettere erotiche, conservateci in un unico codice viennese. Sono due libri di epistole: il primo ne contiene 28, il secondo 22; ma quest'ultimo è mutilo, interrotto a metà della proposizione e della parola; una nuova epistola, II, 23, che il greco Polizois Kontos pretese di aver ritrovata in un ms., risultò una contraffazione. L'epistola I, 26, diretta a una ballerina, la loda di saper abilmente imitare il mimo Caramallo. Ora, Caramallo è ricordato come un contemporaneo da Sidonio Apollinare, poeta latino del sec. V d. C.; quindi la composizione delle lettere non potrà risalire oltre quel secolo.

Epistole è il titolo della raccolta, ma i brevi componimenti di cui è formata, oltre a essere indipendenti l'uno dall'altro così da non costituire una serie organica, non hanno dell'epistola che l'indirizzo, sempre diverso quando non manca: per es.: Alcifrone a Luciano (I, 5).

Il contenuto, sebbene esclusivamente amoroso e spesso pornografico, è assai vario: accanto a descrizioni idilliache, un po' prolisse, della natura e della vita libera all'aperto, troviamo elogi di beltà femminili, dichiarazioni d'amore, scene di vita borghese, episodî intimi, confidenze. La lingua è artificiale, ma briosa e ricca, derivata da varie fonti, anche poetiche. Alcune lettere sono vere novelle di breve estensione, altre, quadretti di genere: nell'ep. I, 5 si racconta di una moglie, che, essendosi recata a un banchetto di giovinastri, riesce a calmare le furie gelose del marito dandogli ad intendere che non vi era stata lei, ma un'amica a cui aveva prestato il vestito, e il pover'uomo le chiede perdono; nell'ep. I, 7 una fanciulla, per punire l'amorosa intraprendenza di un pescatore, gli butta in mare il paniere dei pesci, per cui il disgraziato, raccontando la triste avventura, conclude: "Così io rimasi come un melenso, piangendo per ciò che avevo perduto, piangendo ancor più per ciò che non avevo preso". Gli argomenti non sono originali: A. riprende motivi di altre opere letterarie, commedie, elegie erotiche, romanzi; notevoli alcuni spunti plautini derivati o direttamente da Plauto o dai suoi modelli greci. Nel complesso si tratta di una garbata spigolatura letteraria, che interesserebbe soprattutto per la storia del costume, se non apparisse chiaro che l'autore ha attinto a fonti troppo diverse e cronologicamente disparate.

Manca una buona edizione recente; la migliore è dell'Hercher, Epistolographi Graeci, Parigi 1873, pp. 133-171, con testo latino a parte e note critiche a pp. xxi-xxix.

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