ARIKAMEDU
Stazione di commercio indo-romana, presso la costa orientale dell'India, due miglia a S dell'odierna Pondichery, sulle sponde di una laguna formata dal fiume Varahanady. La città è molto rovinata per le periodiche piene del fiume e per altre cause, quali i furti di mattoni e l'estendersi delle piantagioni. Il primo interesse archeologico verso il luogo cominciò nel 1937, quando venne trovata una gemma incisa con una testa di Augusto, che fece subito sospettare che il luogo fosse una base commerciale romana, forse una delle più lontane dall'Italia, di cui parla Tolomeo, e verso la quale i mercanti si dirigevano sfruttando il monsone che, soffiando regolarmente d'inverno verso S-O e d'estate verso N-E, consentiva di attraversare con una certa sicurezza l'Oceano Indiano. La rotta avvistava la parte meridionale del continente indiano sulla costa del Malabar, la regione del pepe, ove si trovavano alcune delle maggiori stazioni commerciali (ἐμπόριανόμιμα di Tolomeo). Ad A. fu scoperto un complesso di edifici (magazzini ed officine) connessi con il commercio romano e, probabilmente, da identificare con la Ποδουκή di Tolomeo. Vennero trovati molti frammenti di ceramica aretina, di anfore dall'Italia e da altri luoghi del Mediterraneo. Poiché dagli scavi appare che l'occupazione romana fu continua, dal periodo in cui i vasi raggiunsero la località al periodo in cui l'importazione cessò, è ragionevole considerare la sparizione della ceramica come dovuta ad una sosta alla fonte di origine, piuttosto che a locali impossibilità di recezione. Le importazioni aretine appartengono all'ultima fase dell'industria e precisamente al periodo 20-50 d. C. Gli scavi suggeriscono che un considerevole regolare commercio con l'Occidente fu mantenuto sostanzialmente dall'inizio dell'occupazione, ma che la ceramica aretina non comparve subito sulla scena perché, negli strati archeologici più bassi, sono stati trovati frammenti di anfore provenienti dal Mediterraneo. Poiché le indicazioni storiche ci dicono che il consolidarsi del commercio romano con l'Oriente ebbe un grande sviluppo sotto Augusto, dobbiamo supporre che, precedentemente, il commercio con l'India non fosse regolare. È significativo peraltro che a Pompei sono stati trovati avorî di provenienza indiana. La ceramica è rappresentata da prodotti locali databili in base al materiale importato, da ceramiche del periodo megalitico dell'India, simili alla ceramica di Mysore, e da ceramiche di importazione cinese, ma molto tarde (c. 1000 d. C.), provenienti dalla provincia di Chechiang; ma la ceramica che per noi ha la maggiore importanza è rappresentata da tazze, piatti e coppe non decorati, appartenenti alla più alta categoria di quella prodotta ad Arezzo. Sulle ceramiche aretine di A. sono stati trovati varî sigilli: vibii (probabilmente vibie; ci sono due famiglie di ceramisti aretini che firmano vibii e vibieni a cui può alludere il sigillo), camuri, itta. Sembra che nessuna ceramica aretina raggiungesse l'India dopo il 50 d. C.
In ogni strato della città furono inoltre trovate anfore di tipo mediterraneo. Le costruzioni scavate ad A. sono magazzini, pozzi circolari e cisterne, tutti destinati alla lavorazione della mussolina, stoffa per la quale l'india era famosa.
Bibl.: R. E. M. Wheeler, A. Ghosh, Krishna Deva: A.: an Indo-Roman Trading-station on the East Coast of India, in Ancient India, II, 1946, luglio, pp. 17-124; J. Filliozat, Les échanges de l'Inde et de l'Empire Romain aux premiers siècles de l'ère chrétienne, in Revue Historique, CCI, 1949, p. 1629; J. M. Casal, Les fouilles de Virapatnam-Arikamedu, in Comptes-rendus de l'Académie des Inscrip. et Belles Lettres, Parigi 1949, pp. 142-147; L. Petech, Tolomeo ed i risultati di alcuni scavi archeologici sulle coste dell'Asia meridionale, in Riv. di Filologia ed Istruzione Classica, XXVIII, 1950, pp. 50-62; R. E. M. Wheeler, Roman Contct with India, Pakistan and Afganistan, in Aspects of Archeology in Britain and Beyond, Londra 1951, p. 345.