Sharon, Ariel (nato Scheinerman)
Sharon, Ariel (nato Scheinerman). – Militare e politico israeliano (n. Kfar Malal 1928). Giovanissimo (1942) aderì all'Haganah, la principale organizzazione militare clandestina sionista attiva in Palestina durante gli anni del mandato britannico. Dopo aver partecipato alla guerra arabo-israeliana del 1948 e all'invasione del Sinai nel 1956, si distinse in numerose azioni di rappresaglia contro il terrorismo palestinese e nel 1967 partecipò alla guerra dei Sei giorni. Ritiratosi dall'esercito nel 1973, fu richiamato nell'ottobre dello stesso anno allo scoppio della guerra dello Yom Kippur. Dedicatosi alla politica, nel 1973 fu tra i fondatori del Likud. Eletto alla Knesset nel dicembre 1973, si dimise un anno dopo quando fu nominato consigliere di sicurezza del primo ministro laburista Y. Rabin. Nuovamente eletto nel 1977, divenne ministro dell'Agricoltura e avviò un piano estensivo di colonizzazione ebraica nella striscia di Gaza, nel deserto del Negev, sulle alture del Golan, ecc., tutte zone considerate strategicamente determinanti per la difesa militare di Israele. Ministro della Difesa (1981-83) durante la guerra in Libano, si dimise dopo essere stato giudicato indirettamente responsabile del massacro di palestinesi compiuto dai falangisti libanesi nei campi profughi di Ṣabrā e Šātīlā (sett. 1982), giudizio espresso da una commissione d'inchiesta promossa dal governo israeliano. Più volte ministro nel corso degli anni Novanta, nel 1999 divenne segretario del Likud. Il 28 settembre 2000 si rese protagonista di una discussa visita alla Spianata delle moschee di Gerusalemme, gesto considerato una provocazione dalla popolazione palestinese. Vincitore con oltre il 62% dei voti nelle elezioni speciali del febbraio 2001 per la carica di primo ministro, nel mese di marzo presentò il suo governo di unità nazionale alla Knesset mostrandosi deciso a rispondere con la forza al terrorismo palestinese (occupazione delle città della Cisgiordania; assedio al quartier generale di ‘Arafāt a Ramallah). Ancora vincitore con una schiacciante maggioranza nelle elezioni del gennaio 2003, S. si rifiutò di riprendere le trattative con i palestinesi lasciando cadere nel vuoto anche il piano di pace della road map (v.) concordato da Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite. Per proteggere il territorio israeliano dagli attentati palestinesi suicidi che colpivano drammaticamente la popolazione, tra il 2003 e il 2004 proseguirono incessantemente i lavori di costruzione della barriera difensiva di sicurezza, iniziati già nel corso del 2002, che recintarono tutta la Cisgiordania, da nord a sud, determinando un drastico peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi. Nel febbraio 2004 giunse a sorpresa la decisione di S., che divise il Paese e il suo stesso partito, di ritirare le truppe israeliane da Gaza e di smantellare tutti gli insediamenti ebraici presenti nella Striscia: l’evacuazione, effettuata nell’agosto 2005, incontrò le resistenze dei coloni e non favorì la ripresa del processo di pace con i palestinesi che anzi ravvisavano nell’iniziativa unilaterale di S. la volontà di non riaprire un tavolo negoziale. Alla fine del 2005 la coalizione di governo guidata da S., da tempo vacillannte, entrò definitivamente in crisi; S. convocò elezioni anticipate per il marzo 2006 e contestualmente abbandonò il Likud per fondare un nuovo partito di centro, Kadima, ma nel mese di gennaio 2006 un ictus segnò la fine della sua carriera politica, e le consegne passarono al suo vice Ehud Olmert, che lo sostituì anche alla guida di Kadima.