ARGENTOMAGUS
Antico oppidum della popolazione celtica dei Bituriges Cubi, in corrispondenza del quale (ma in posizione non completamente combaciarne) sorse una città romana nell'Aquitania settentrionale. Detta anche Argantomagus, è all'origine del nome dell'attuale, non lontana Argenton-sur-Creuse (dipartimento dell'Indre): sul preciso sito dell'antica A. è sorto invece il villaggio di Saint-Marcel, che ne occupa tuttavia soltanto una parte (quella nord-occidentale), il che costituisce una situazione archeologicamente privilegiata.
A. è nell'altopiano dei Mersans, nel punto in cui si incrociavano due importanti strade antiche, quelle che portavano (in senso N-S) da Cenabum (Orléans) a Augustoritum (Limoges) e (in senso O-E) da Limonum (Poitiers) ad Avaricum (Bourges). Il sito era frequentato - sia pure sporadicamente - fin dal Neolitico.
Nella fase della civiltà di La Tène, l'insediamento celtico, sulla riva destra del fiume Creuse, era difeso da un terrapieno (vallum). Sembra che l'insediamento fosse andato stabilizzandosi non prima del II sec. a.C.: scavi condotti regolarmente a partire dagli anni '60 hanno consentito di individuare resti di fondazioni di capanne, talvolta pavimentate, che evidentemente dovevano essere costruite in materiali leggeri. Frammenti di crogiuoli e scorie metalliche rivelano che qui si lavoravano il ferro e l'oro; sono state inoltre rinvenute numerosissime monete, non solo dei Biturigi ma anche di altre popolazioni (Pidones, Lemovici, Carnutes, Arvernì), nonché semi-oboli di Marsiglia e denari repubblicani romani: testimonianza di un'attività commerciale assai vivace. L'aspetto dell'insediamento non dovette mutare di molto dopo la conquista romana: anzi, all'inizio del I sec. d.C. venivano ancora costruiti templi di tipo schiettamente celtico. Di questi, tuttavia, conosciamo soltanto le fondazioni: a essi si sovrapporranno più tardi nuovi edifici di culto in età flavia. Abbondanti sembrano comunque le importazioni: terra sigillata da Arezzo o da Lione, lucerne e anche - in uno strato augusteo - un amuleto che reca fra l'altro un finissimo bustino di faraone. Resti di equipaggiamento militare romano (caliga, impugnatura di spada) sembrano testimoniare la presenza di truppe, forse all'epoca della rivolta dei Turones (21 d.C.). In questa fase la città non si era ancora estesa oltre l'originaria cinta cèltica: a Ν di quest'ultima, infatti, è una piccola necropoli. All'esterno delle mura, inoltre, fu creato in età augustea un teatro, di forma molto semplice, sul pendio meridionale di una collina sovrastante il fiume.
A partire dalla metà del I sec. d.C., vengono introdotte in A. modifiche abbastanza notevoli. Nell'area dei santuari indigeni, vengono eretti due nuovi templi a pianta quadrata (fana): l'area sacra è delimitata da un recinto rettangolare e divisa in due diversi settori da una galleria centrale (ognuno dei templi occupa uno di tali settori). Non lontano (200 m c.a a E), sovrapponendosi a una serie di pozzi rituali databili alla prima metà del I sec. a.C., viene creata una fontana monumentale, consistente in un grande bacino, provvisto a Ν e a S di ampie gradinate. Sembra che tale monumento sia stato in funzione fino al III sec. d.C. Il ritrovamento di alcuni notevoli frammenti architettonici (p.es. di colonne con capitello tuscanico) rivela che il complesso doveva essere di importanza non trascurabile. È stata anche rinvenuta nel bacino una dedica Numini Augustorum et Minervae, di cui si ignora però la collocazione originaria.
Non mancano indizi, comunque, circa l'identità delle divinità alle quali il complesso è dedicato. Alcune iscrizioni e certi frammenti di sculture rivelano la consistenza del culto di Mercurio; figurine in bronzo e in calcare di ispirazione greco-romana, e terrecotte di rude sapore locale attestano ima combinazione di tipi romani e di tipi indigeni. Sono venerati dunque Giove, Apollo, Minerva, ma anche le Dee Madri con gli attributi di Fortuna o di Rosmerta, e forse Cernunnos. L'area sacra è caratterizzata dalla mancanza di altari, ma dalla presenza di numerosi pozzi. Abbondanti e varî sono gli oggetti e i frammenti rinvenuti (compresi i resti di ossa), anche se non sempre è facile distinguere i depositi rituali dai pezzi sporadici.
Importante è anche, dopo la metà del I sec. d.C., la ricostruzione del teatro: la cavea, divisa in quattro maeniana, è in parte costruita in muratura, in parte addossata al pendio naturale; monete rinvenute sotto il terzo maenianum sono databili alla fine del principato neroniano, e consentono dunque di collocare anche questo intervento nello stesso periodo di ristrutturazione dei fana. Si aggiungeranno poi ulteriori interventi: non, però (come avviene invece in altri edifici per spettacolo in Gallia) la trasformazione in teatro-anfiteatro, dato che, pressoché contemporaneamente al «secondo» teatro, viene costruito un anfiteatro (ancora abbastanza ben conservato) all'estremità NE dell'insediamento.
A partire dalla fine del I-inizio del II sec. d.C., la città si allarga oltre la cinta gallica. Proprio a cavallo del terrapieno, che viene per l'occasione colmato (il che costituisce una vivace testimonianza di questa fase di espansione edilizia), viene costruito un complesso in parte abitativo, in parte artigianale: si sono rinvenuti fra l'altro resti di una fullonica e di un'officina per la lavorazione del metallo; ma soprattutto, in una nicchia che recava una decorazione parietale dipinta, sono state rinvenute due statue in calcare, accompagnate da una piccola mensa, anch'essa in calcare. Le due sculture, che recano alcune tracce di colore, sono di dimensioni alquanto ridotte: la più grande (m 0,49) raffigura un personaggio assiso su un cuscino, con un serpente sulle ginocchia, l'altra raffigura un uomo in posizione ieratica su una poltrona. Si tratta probabilmente di una testimonianza di culto domestico, una piccola cappella dove era celebrato il culto familiare. Il ritrovamento è avvenuto durante i lavori per la costruzione di un nuovo museo: la nicchia con le sculture è destinata a essere esposta nel museo stesso.
Un altro importante edificio era a S: distrutto alla fine dell'Ottocento, durante i lavori per la costruzione della stazione di Argenton (nel sito detto St Etienne), è però noto da disegni. Sembra dovesse trattarsi di un complesso termale.
Notevoli, infine, sono le necropoli. Quella a N, lungo la strada, che indica più precisamente i limiti settentrionali dell'espansione della città (in loc. Champ de l'Image), è piuttosto estesa, e sembra esser stata in uso soprattutto nel II sec. d.C.-inizî del III. Vi si è rinvenuta fra l'altro un'urna cineraria (che apparentemente imita modelli noti a Lezoux), su cui erano sei statuette: tre di Venere, due di cavalli, una di una dea madre.
Alla fine del III sec. fu costruita una nuova fortificazione, che fu poi inglobata nel Castello di Argenton, successivamente distrutto da Luigi XIII.
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