Argentina
di Anna Bordoni
Stato dell’America Meridionale. La popolazione cresce a un ritmo ridotto (0,9% annuo) rispetto al passato e in modo minore rispetto alla media latinoamericana: 40.117.096 ab. al censimento 2010, 41.803.125 ab. secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) del 2014. Aumenta la speranza di vita alla nascita, soprattutto nelle classi sociali meno abbienti, e scende il numero dei giovani sotto i 15 anni, mentre si allarga quello compreso tra i 15 e i 24 anni, importante serbatoio di forza lavoro. Il tasso di urbanizzazione è tra i più elevati del mondo e attorno alla capitale Buenos Aires vive un terzo degli argentini. La popolazione, formata dai discendenti delle grandi migrazioni transoceaniche, è quasi intera mente di origine europea, in particolare spagnola e italiana. Fanno eccezione le minoranze autoctone concentrate nelle province settentrionali e il crescente numero di immigrati dai Paesi limitrofi economicamente più svantaggiati. Gli effetti dei bruschi mutamenti economici e le tensioni provocate nei centri urbani dal massiccio afflusso di immigrati hanno causato numerosi conflitti e favorito la criminalità, spesso legata al narcotraffico.
La crisi economico-finanziaria, che aveva investito l’A. a partire dal 2001, aveva avviato una pesante fase di recessione superata grazie alle politiche espansive del governo. Tuttavia, dopo quasi un decennio di trend positivo (con tassi di crescita superiori all’8-9%), l’andamento dell’economia ha subito un nuovo brusco rallentamento, registrando bassa crescita, scarsa competitività sui mercati internazionali, sopravvalutazione della moneta con conseguenti scompensi sulla bilancia commerciale. Inoltre nel febbraio del 2013 il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha censurato il Paese con l’accusa di alterare le statistiche su PIL e inflazione. Nello stesso 2013 il PIL ha conosciuto un incremento del 2,9% (mentre per il 2014 si è stimata una contrazione dell’1,7%), l’inflazione è rimasta stabile attorno al 25%, il consumo interno ha registrato un rialzo del 4% e la spesa pubblica del 7,4%. Questi progressi non compenserebbero comunque il deterioramento dei conti: le importazioni sono aumentate dell’1,6%, le esportazioni si sono contratte del 5,3%. Pesa inoltre il debito estero, che presenta un servizio annuale esorbitante (interessi e restituzione del debito in scadenza), mentre per alimentare l’industria e i consumi l’A. avrebbe necessità di capitali stranieri. A questo si aggiunge il fatto che alla fine di luglio del 2014 l’A. è incorsa in un nuovo default, fallimento tuttavia non paragonabile a quello del 2001 (v. oltre: Politica economica e finanziaria).
I settori produttivi più dinamici rimangono l’agricoltura (+10,6% nel 2013) e la pesca (+22,8%), seguiti da un diversificato settore industriale che alterna periodi positivi a periodi di crisi e da un settore energetico che subisce l’andamento della politica economica, soggetta a variazioni frequenti e imprevedibili. A questo proposito è emblematico l’avvicendarsi di privatizzazioni e nazionalizzazioni che ha coinvolto la compagnia petrolifera Repsol YPF, ‘rinazionalizzata’ nel maggio 2012. La recente scoperta di importanti giacimenti di shale gas e shale oil potrebbe spingere nuovi investimenti nel settore, utili anche a rilanciare l’economia nazionale.
di Giulia Nunziante
Dopo la grave crisi che ha colpito l’A. nei primi anni del 21° sec., i governi che si sono succeduti hanno realizzato una politica economica attiva volta a promuovere lo sviluppo economico nel rispetto dell’equità sociale. In particolare, le autorità argentine hanno perseguito l’avanzo di bilancio primario e la graduale riduzione del debito pubblico garantendo la sostenibilità finanziaria con lo sviluppo di una adeguata capacità di rimborso.
La politica fiscale è stata caratterizzata da un incremento della pressione fiscale, accompagnato da un’azione più efficace di contrasto all’evasione e all’elusione, e dall’adozione di un sistema più equo di prelievo. Riduzioni delle aliquote fiscali sono state garantite alle imprese al fine di favorire l’occupazione e l’emersione del lavoro non regolarizzato, e altri incentivi fiscali hanno promosso gli investimenti in beni capitali. Per sostenere l’inclusione sociale tutelando il potere di acquisto dei consumatori, il governo ha appoggiato l’aumento del salario minimo e delle pensioni, calmierato i prezzi dei beni primari di consumo ed erogato sussidi al trasporto pubblico e al consumo energetico delle famiglie.
In materia di politica commerciale, le autorità hanno introdotto restrizioni agli scambi con l’estero imponendo severi controlli e barriere non tariffarie alle importazioni, al fine di tutelare i settori strategici nazionali, mentre gli esportatori hanno potuto fruire di finanziamenti e sussidi. Sul mercato dei cambi il governo ha posto un freno al ricorso da parte dei residenti alle riserve in valuta estera limitandone l’uso nelle transazioni commerciali nazionali. Nel corso del 2012 sono state adottate importanti riforme strutturali per contenere gli effetti della crisi finanziaria globale e sostenere il mercato interno, tra cui la nazionalizzazione della società petrolifera Repsol YPF. La riforma della Banca centrale ha permesso di ampliare gli strumenti disponibili per garantire la stabilità finanziaria, l’occupazione e lo sviluppo economico. Misure addizionali sono state adottate al fine di stimolare l’inclusione finanziaria e facilitare l’accesso al credito bancario. In questo periodo è stata condotta una politica monetaria espansiva volta principalmente ad acquistare valuta estera per aumentare le riserve necessarie a gestire la volatilità del peso, e in parte finanziare il settore pubblico, alimentando in tal modo la spirale inflazionistica. Nel gennaio del 2014, per far fronte alla caduta delle riserve estere e alle persistenti tensioni sul mercato dei cambi, il peso argentino è stato svalutato, e il governo ha avviato un ventaglio di nuove azioni di politica economica: è stata inasprita la politica monetaria con l’aumento del tasso di interesse ed è stato reso più agile l’accesso dei risparmiatori argentini al mercato dei cambi. Per contenere gravose ricadute inflazionistiche, il controllo sui prezzi è stato esteso, determinando dinamiche distorte sui mercati interni, mentre nuove pressioni sul debito pubblico argentino sono emerse dal luglio 2014.
di Paola Salvatori
Dopo essersi ripresa dalla crisi di inizio 21° sec. e aver vissuto una fase di stabilità interna e crescita economica, l’A. si trovò di nuovo a fronteggiare una gravissima crisi finanziaria che mise a dura prova la tenuta del governo, espressione del peronista Partido justicialista. Cristina Fernández de Kirchner, eletta nel 2007 e riconfermata nel 2011 (moglie del presidente uscente Néstor Kirchner), non riuscì infatti ad attuare riforme strutturali in grado di trasformare il boom economico, legato in gran parte all’aumento dei prezzi delle materie prime esportate, in una crescita di lungo periodo. Influì negativamente anche la contrapposizione con gli organismi finanziari internazionali, primo fra tutti il Fondo monetario internazionale, generata dal rifiuto del governo di adottare misure di contenimento del debito attraverso tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni. Sulla scia del suo predecessore la Kirchner continuò infatti a promuovere un deciso intervento dello Stato nell’economia. Nel corso del 2008 l’esecutivo varò un pacchetto di riforme volte a fronteggiare la crisi finanziaria internazionale che prevedevano, tra l’altro, un piano di rientro dei capitali esteri, vantaggi fiscali per le piccole e medie imprese, investimenti nelle opere pubbliche e la creazione di un ministero della Produzione. Sempre nello stesso anno venne approvata la nazionalizzazione dei fondi pensione e decretato un aumento delle tasse sulle esportazioni agricole con l’obiettivo di ridurre i prezzi interni. Nel 2009 venne inoltre varata una nuova normativa per eliminare i monopoli nei mezzi d’informazione. Salutati con entusiasmo dall’ala più giovane e radicale del partito, questi provvedimenti (ai quali nel 2010 si aggiunse la legalizzazione delle nozze gay) generarono forti resistenze interne, non solo in merito ai contenuti delle decisioni prese, ma anche riguardo al metodo che riproponeva taluni tratti tipici della cultura politica peronista, insofferente verso i limiti imposti dalle procedure istituzionali. Di fatto la popolarità della presidente andò diminuendo e ciò si tradusse, nelle elezioni di medio termine del 2009, nella perdita della maggioranza assoluta in entrambe le camere. Nell’ottobre 2010, Néstor Kirchner morì. L’evento generò una forte commozione in tutto il Paese e, secondo molti analisti, contribuì in maniera determinante all’indiscusso successo della Kirchner nelle presidenziali del 2011, vinte con una percentuale di voti (54%) tra le più alte della storia elettorale argentina. Forte di questo risultato la presidente proseguì sulla strada intrapresa. Nel 2012, tra le dure critiche delle opposizioni, fu nazionalizzata la compagnia petrolifera spagnola Repsol YPF, e vennero imposte restrizioni alle importazioni per tutelare il mercato interno. Agli inizi del novembre 2012, inoltre, fu approvata una legge che abbassava dai 18 ai 16 anni l’età per il voto. Le elezioni legislative di medio termine (ott. 2013) confermarono le difficoltà del partito di governo che, pur mantenendo il controllo di entrambe le Camere, subiva un pesante ridimensionamento a fronte dell’affermazione del Frente renovador e di Propuesta republicana. A pesare sul risultato il peggioramento della situazione economica interna segnata dal rallentamento della crescita del PIL e da un aumento incontrollato dell’inflazione. Di nuovo in aperto contrasto con il FMI e assediata dai creditori internazionali, in particolare statunitensi, l’A. subiva nell’estate del 2014 un nuovo default che costituiva una pesante eredità per la nuova amministrazione che sarebbe stata eletta nel 2015. Sul piano internazionale l’A. rafforzò in questi anni le relazioni con gli altri Paesi dell’America Latina e con l’UE, mentre rimasero conflittuali le relazioni con la Gran Bretagna a causa della controversa questione delle Isole Falkland.
H.E. Schamis, Argentina’s democratic decay, «Current history», 2013, 112, 751, pp. 70-74; B. Susani, Le péronisme de Peró̀n a Kirchner: une passion argentine, Paris 2014.
di Patrizio Emilio Giordano
Lo scenario urbano argentino seguito alla crisi del 2001 è significativamente mutato. In città frammentate, privatizzate e insicure, fra concentrazione, esclusione ed esilio suburbano, i cambiamenti diffusi (costruzione di torri e quartieri chiusi, trasformazione o sostituzione tipologica in distretti a bassa densità, riconversione di strutture dismesse) sono stati accompagnati dalla progressiva reintroduzione della committenza pubblica. Gli interventi promossi dalle amministrazioni, affidati spesso a professionisti emergenti, sono stati occasione per innovare le strategie progettuali, come a Córdoba nel Museo Emilio Caraffa (2008) e nel Centro cívico del bicentenario (2012) di Lucio Morini (insieme allo studio GGMPU), a Buenos Aires nel Museo dell’ex Aduana de Taylor (2009) dello studio B4FS o a Mar del Plata nel Museo de arte contemporáneo (2013) dello studio Monoblock. Negli interventi di media e piccola scala in ambito residenziale, a Buenos Aires si segnala l’opera di Tristán Dieguez e Axel Fridman (Edificio Clay Ayres, 2007; Casa en esquina, 2012), di Julián Berdichevsky (edifici Le Bretón I e II, 2010 e 2014) e la calibrata serie di interventi su edifici – Arribeños (2007), Conesa (2008), 11 de Septiembre (2011), 33 Orientales (2012) – e abitazioni – Chalú (2007), Nuñez (2009), Venturini e Martos (entrambe del 2012) – di Sebastián Adamo e Marcelo Faiden. Peraltro, la scarsità di materiali e strumenti in cui si è trovata la capitale dopo la crisi, registrata tramite ricognizioni organizzate (gruppi di ricerca Rally conurbano e Vacíos urbanos), reti di professionisti (Supersudaka), forum di discussione (Charlas de gasolinería) e pubblicazioni (rivista «UR-Arquitectura»), ha indotto alla costruzione di manufatti di piccole dimensioni. Questa particolare situazione è stata anche un’occasione per delineare specifiche modalità di intervento e rigenerazione urbana come nei progetti dello studio a77 di Gustavo Diéguez e Lucas Gilardi (Cabina para niños, 2006, e Atelier Quiero, 2012, rispettivamente a Boulogne sur Mer e a Olivos, Buenos Aires), di Ariel Jacubovich (Ciudad Roca negra, 2009-12, a Monte Chingolo, Buenos Aires), di Max Zowlker (Edificio Iberá, 2007; Min House, 2008, a Buenos Aires), di Irene Joselevich e Ana Rascovsky (Edificio Vilela, 2007-08, a Buenos Aires), di Javier Esteban, Ligia Gaffuri e Martín Torrado insieme allo studio Tannenbaum (Instituto Modelo del Sur, 2010, ad Avellaneda, Buenos Aires).
Una risposta più mediata alla crisi, basata sulla ricerca di continuità con le radici di una modernità dalla specifica identità (che include l’opera di Amancio Williams, Eduardo Sacriste, Vicente Krause e Jorge Scrimaglio), è stata arricchita dal crescente interscambio di esperienze all’interno dei circuiti culturali subcontinentali; in tale contesto si colloca l’attività professionale di Rafael Iglesia, limitata quanto influente, e l’opera di Gerardo Caballero e Maite Fernández (Showroom di bicicletas Rodas, 2009; Escuela de ingeniería civil, 2013, entrambi a Rosario), di Ricardo Sargiotti (casa in lamiera nera, 2010, a Carlos Paz, Córdoba), di Mariano Clusellas e Cristián O’Connor (casa PL, 2012, a Olivos, Buenos Aires), dello studio AFRa di Pablo Ferreiro, Saturnino Armendares e Claudio Rey (casa H, 2009, a Martínez, Buenos Aires; Uffici Panamericana 50, 2010, a Pilar, Buenos Aires), dello studio BAK di María Victoria Besonías, Guillermo de Almeida, Luciano Kruk con la serie di case stagionali di Mar Azul. Per altro verso, proprio in questi anni sono scomparse alcune figure chiave del panorama architettonico come José Ignacio Díaz (1927-2009), Claudio Caveri (1928-2011), Mario RobertoÁlvarez (1913-2011) e Clorindo Testa (1923-2013).
«Block», 2006, 7, nr. monografico: Argentina01+; hEX. Arquitectura argentina contemporánea, a cura di F. Rodríguez, Buenos Aires 2007; F. Diez, Crisis de autenticidad. Cambios en los modos de producción de la arquitectura argentina, Buenos Aires 2008; «a+u», 2009, 464, nr. monografico: Architecture in Argentina; «AAA. Archivos de Arquitectura Antillana»,2010, 36, nr. monografico: Arquitectura contemporánea argentina; «Revista de arquitectura», 2010, 239, nr. monografico: Obra reciente argentina; B. González Montaner, Nueva arquitectura argentina, Buenos Aires 2011; «Zona de proyecto», 2012, 20, nr.monografico: Arquitectura sin orillas. La raíz rioplatense. 20 estudios de arquitectura, Buenos Aires 2014.
di Edoardo Balletta
Per cogliere gli sviluppi della letteratura argentina del nuovo secolo è fondamentale prendere in considerazione il contesto storico-culturale degli ultimi trent’anni del Novecento, vale a dire il periodo di nascita degli autori che hanno iniziato a pubblicare dopo il 2000: in quegli anni il Paese viveva l’orrore della dittatura militare, il lento ritorno alla democrazia e una serie di crisi economiche culminate con il default del 2001. In questo clima, i giovani scrittori, che non sentono più la necessità di ‘uccidere i padri’ (in primis, Jorge Luis Borges e Julio Cortázar) né i fratelli maggiori (Tomás Eloy Martínez, Ricardo Piglia, Alan Pauls, Marcelo Cohen) riscoprono il realismo rileggendolo (fino anche a stravolgerlo) con occhi nuovi. Il tono generale è disincantato, distante, ironico rispetto a quello della generazione degli anni Settanta e i nuovi media influenzano la letteratura tanto in rapporto alla diffusione dei testi, come alla sua produzione; i toni sono spesso quelli del realismo sporco (Washington Cucurto, Fabián Casas, Juan Diego Incardona, Juan Terranova), ma non mancano incursioni nel fantastico (Samanta Schweblin, Alejandra López) e autori che si concentrano su un’iperesposizione del corpo (Fernanda García Lao, Fernanda García Curten) soprattutto in chiave femminile e queer. Negli ultimi anni (probabilmente grazie alla riflessione obbligata promossa dal trentennale dell’inizio della dittatura del 1976), si è assistito inoltre al rifiorire del genere della testimonianza, ma, anche in questo caso, riletto dai figli di desaparecidos e militanti con una nuova sensibilità e nuovi strumenti, come nelle opere di Patricio Pron, Félix Bruzzone o Mariana Eva Pérez, che offre la sua testimonianza a partire da un blog successivamente trasformatosi in romanzo.
In poesia, dopo le atmosfere pop postadolescenziali che avevano dominato la scena durante gli anni Novanta con il gruppo Belleza y Felicidad (Fernanda Laguna, Cecilia Pavón, Gabriela Bejerman, tra le altre), insieme a voci poetiche più solitarie e in parte già affermate (i già citati Casas e Cucurto, Sergio Raimondi, Martín Gambarotta, Silvio Mattoni, Marina Mariasch, Romina Freschi, Santiago Llach, Jimena Néspolo), spiccano nella generazione del Duemila figure come quelle di Gabriel Cortiñas (premio Casa de las Américas, 2013), Martín Rodríguez, Paula Peyseré, Mariano Blatt, Francisco Garamona, Emiliano Bustos, Charly Gradin, Diego Vdovichenko.
La joven guardia. Nueva narrativa argentina, a cura di M. Tomás, Buenos Aires 2005 (ed. aggiornata 2009); E.Drucaroff, Relatos de los que no se la creen, https://humanobsas.wordpress.com/2007/08/31/ relatos-de-los-que-no-se-lacreen-por-elsa-drucaroff/ (13 febbraio 2015); Buenos Aires/Escala 1:1. Los barrios por sus escritores, a cura di J. Terranova, Buenos Aires 2007; Movimiento y nominación. Notas sobre la poesía argentina contemporánea, a cura di S. Delgado, J. Premat, Paris 2007(Cahiers de LI.RI.CO); Antología de la nueva poesía argentina, a cura di G. López, Santa Monica 2009; Un grito de corazón. Los mejores narradores de la nueva generación escriben sobre el Peronismo, a cura di D. Ríos, M. Blatt, Buenos Aires 2009; Uno a uno: los mejores narradores de la nueva generación escriben sobre los ’90, a cura di D. Grillo Trubba, Buenos Aires 2009; Si Hamlet duda le daremos muerte. Antología de poesía salvaje, City Bell 2010; E.Drucaroff, Los prisioneros de la torre. Política, relatos y jóvenes en la postdictadura, Buenos Aires 2011.
di Daniele Dottorini
Per il cinema argentino il primo decennio del 21° sec. è stato un periodo di normalizzazione e stabilizzazione delle tendenze emerse nel decennio precedente, in particolare della più importante, legata a una nuova generazione di registi, internazionalmente nota sotto il nome di Nuovo cinema argentino. Dopo la crisi del 2001, la ripresa dell’economia argentina è passata anche attraverso la riconfigurazione e la crescita dell’industria audiovisiva e cinematografica, che si è rivelata una delle industrie più fiorenti del Paese. Se il cinema degli anni Novanta si era caratterizzato per uno stile espressivo minimalista e un’attenzione particolare a personaggi marginali della società, capaci però di farsi catalizzatori del senso di perdita di equilibrio e di incertezza esistenziale che caratterizzava gran parte della società argentina, la produzione della seconda metà degli anni Duemila rivela una cinematografia più articolata e differenziata, grazie anche a una politica di incentivazione statale alla produzione di film nazionali operata dai governi dell’ultimo decennio attraverso l’Istituto nazionale del cinema e dell’audiovisivo argentino (INCAA).
Alcuni degli autori emersi nel decennio precedente hanno continuato la loro personale ricerca espressiva legata alle mutazioni del rapporto tra individuo e mondo, come Pablo Trapero, che ha proseguito la sua indagine su corpi e personaggi che si ritrovano a ripensare la loro esistenza una volta posti in situazioni limite – Nacido y criado (2006), Leonera (2008), Carancho (2010), Elefante blanco (2012) –; o come Lucrecia Martel, che avvolge le sue narrazioni di una atmosfera metafisica, in cui emergono le domande radicali sul senso dell’esistenza e delle scelte degli individui – La niña santa (2004), La mujer sin cabeza (2010; La donna senza testa). Uno dei più radicali cineasti argentini nati filmicamente nel nuovo millennio rimane Lisandro Alonso che, in film come Los muertos (2004), Fantasma (2006), Liverpool (2008) e Jauja (2014), ha elaborato un percorso personale fondato su un linguaggio austero e rigoroso, capace di costruire storie e personaggi estremi e contemporanei. Insieme a queste proposte autoriali si è sviluppato un cinema capace di intercettare i gusti di un pubblico più vasto e di rinnovare alcuni dei generi cinematografici di maggiore successo, come il thriller politico (El secreto de sus ojos, 2009, Il segreto dei suoi occhi, di Juan José Campanella; Wakolda, 2013, noto con il titolo The German doctor - Wakolda, di Lucía Puenzo) o la commedia, sia nella sua linea malinconica di cui è specialista Daniel Burman (El abrazo partido, 2004, El abrazo partido - L’abbraccio perduto; Derecho de familia, 2006; El misterio de la felicidad, 2014), sia nella forma della commedia grottesca, come in Relatos salvajes (2014; Storie pazzesche) di Damián Szifrón. Un impulso particolare ha avuto il documentario, che ha saputo sviluppare nuove modalità espressive ed è riuscito a raccontare attraverso sguardi molteplici le trasformazioni della società contemporanea e la storia, a volte nascosta, del Paese – come nel cinema personale di Andrés Di Tella (El país del diablo, 2008; Hachazos, 2011) o nel cinema sperimentale e visionario di Martín Sola (El Mensajero, 2011; Hamdan, 2013). In questa prospettiva ampia e articolata, il cinema argentino continua a essere (anche come modello produttivo) uno dei punti di riferimento della cinematografia latino americana.
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