ARGENTINA
(IV, p. 184; App. I, p. 145; II, I, p. 242; III, I, p. 126; IV, I, p. 153)
Popolazione. − Secondo una stima del 1989 la popolazione sale a 31.903.275 ab. (11 ab. per km2). L'evoluzione demografica recente è caratterizzata da un tasso di incremento naturale annuo del 15‰ (1983-88), inferiore alla media mondiale (18‰), ma pur sempre sostenuto, al quale va prevalentemente ascritto l'aumento medio annuo di circa mezzo milione di abitanti registrato nel corso degli anni Ottanta. L'apporto del movimento migratorio, essendo ormai del tutto cessata l'immigrazione europea, consiste in un sensibile flusso dai paesi più poveri dell'America Latina, che ingrossa la massa dei diseredati dei suburbi di Buenos Aires (villas miserias). Altro dato significativo è l'elevato grado di concentrazione della popolazione nelle zone urbane industrializzate (nel 1985: popolazione urbana 85,3%; popolazione rurale 14,7%). L'area metropolitana della Grande Buenos Aires in un decennio ha attirato oltre un milione e mezzo di persone, con un aumento annuo di 150.000 ab., che ha aggravato le condizioni sociali, sanitarie e di tutti i servizi della metropoli. Meno grave è la situazione nelle altre città, nonostante gli incrementi percentuali maggiori, perché spesso legati all'accresciuta offerta di lavoro, come è avvenuto per esempio a Mar del Plata, grande città turistica balneare, a Bahía Blanca, sede di importanti industrie, e specialmente in Patagonia. Qui parecchie città hanno raddoppiato la popolazione in un decennio, come Neuquén, Río Gallegos e Viedma, a testimonianza del risveglio economico delle province più meridionali.
Non appare tuttavia opportuna la delibera governativa di trasformare Viedma in nuova capitale dello stato, data la sua posizione geografica marginale rispetto alla parte vitale del paese, ai grandi centri produttivi e alla rete delle comunicazioni terrestri. Tale decisione contrasta pure con l'esigenza di centralità delle funzioni politiche ed economiche, in previsione di un più ampio mercato economico gravitante sull'area platense.
Condizioni economiche. − L'economia argentina è in crisi per scelte politiche e produttive errate, per un modesto sviluppo tecnologico, per gli alti costi di produzione, che non rendono concorrenziali sui mercati internazionali i prodotti industriali, per le carenze dell'organizzazione mercantile e dei servizi. Eppure il paese era additato giustamente come uno dei più progrediti e ricchi del mondo, aveva contribuito a sfamare milioni di persone negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, vantava importanti aziende industriali avanzate e filiali di grandi imprese straniere, tra cui parecchie italiane (Fiat, Pirelli, Olivetti).
Negli anni Cinquanta è stato disperso un patrimonio di risorse straordinario con una politica economica autarchica e nazionalista, che ha migliorato certamente le condizioni della classe operaia, ma ha anche favorito un sistema assistenziale e clientelare. Le nazionalizzazioni hanno indebolito l'economia del paese, che si è dimostrato incapace di una corretta gestione aziendale e, d'altra parte, una politica economica in contrasto con quella liberistica del mondo occidentale ha emarginato sempre più il paese dalle democrazie capitalistiche europee e americane, sicché il divario tra queste e l'A., gravata da una crescente disorganizzazione interna e da spropositate spese militari, si è andato accentuando. Il ristabilimento del regime democratico e gli aiuti esterni potranno segnare una svolta nella vita del paese, ma occorreranno tempi lunghi e notevoli sacrifici per uscire dalla crisi, essendo risultati inefficaci i piani messi in atto dal governo per frenare l'incontrollabile inflazione e per ridurre il debito estero, del quale il paese non è in grado neppure di pagare gli interessi.
La produzione agraria e zootecnica, che dipendeva maggiormente da una attiva imprenditoria locale, ha registrato notevoli incrementi. Cereali, alberi da frutta e colture irrigue hanno registrato forti espansioni. La superficie coltivata a frumento è aumentata di circa un terzo in un decennio e la produzione di oltre il 30% (10 milioni di t nel 1989); il mais ha subito un uguale incremento, dovuto alla crescente produttività. Aumenti di produzione anche maggiori si sono registrati per girasole, arachidi, patate e altri prodotti. Stazionaria risulta, invece, la produzione agrumicola e viticola, destinata essenzialmente al consumo interno, mentre quella di frutta pomacea ha avuto una diffusione per migliaia di ettari in Patagonia (Río Negro, Neuquén), tanto che la produzione di mele (9,9 milioni di q), di pesche e di pere si è più che triplicata e alimenta finanche i mercati europei, per lo sfasamento stagionale della maturazione. Negli ultimi anni i margini di guadagno nell'attività agricola si sono andati assottigliando per i bassi prezzi dei prodotti agricoli e dei cereali in particolare, sicché le entrate per tali esportazioni si sono ridotte, appesantendo la situazione economica del paese.
L'A. conserva uno dei patrimoni zootecnici più ricchi del mondo, e i prodotti dell'allevamento (carne, pelli, lana) sono importanti voci del commercio internazionale, insieme con i cereali e i semi oleosi. L'industria è presente in maggiore o minore misura in tutti i rami, tra i quali assumono particolare rilievo quello alimentare (carne, pasta, frutta, ecc.) e quello tessile. Gli investimenti industriali si concentrano per l'80% nella prov. di Buenos Aires, dove l'industria manifatturiera ha i suoi capisaldi; altri nuclei d'industrializzazione sono sorti intorno alle città di Rosario (metallurgia, chimica), Córdoba (ind. automobilistica, cemento) e Mendoza. Vaste zone periferiche sono a tutt'oggi prive di moderne strutture industriali. Lo sviluppo economico del paese può contare su una larga disponibilità di materie prime e fonti di energia: in primo luogo il petrolio (23 milioni di t nel 1988) e il gas naturale (15 miliardi di m3). Nel 1987 sono stati prodotti 52,1 miliardi di kWh, di cui 22 di origine idrica, suscettibili di ulteriore incremento in Patagonia e con la realizzazione di grandi centrali sul Paraná e altrove.
A tale proposito è opportuno ricordare le imponenti opere idrauliche recentemente realizzate in varie parti del paese per scopi irrigui ed elettrici, col contributo determinante di imprese di costruzione e industrie italiane. L'impresa Panedile Argentina, filiale delle Condotte d'acqua italiane, che iniziò la sua attività nel 1949, da allora ha portato a termine una cinquantina di opere imponenti come canali di irrigazione e di scolo e acquedotti nelle province di San Juan, Córdoba e Buenos Aires, la diga del Río Hondo in quella di Santiago del Estero, la centrale idroelettrica di Ullun (San Juan), le dighe General Belgrano (Salta) e Los Nogales (Córdoba), il lago artificiale di Futaleufú (Chubut). Altre sono in esecuzione. All'Ansaldo si deve tra l'altro la centrale termoelettrica di Bahía Blanca e quella termonucleare di Atricha (Buenos Aires); la Ercole Marelli si è specializzata nella produzione di motori elettrici, alternatori, elettropompe, elettroventilatori; l'Impregilo sta portando a termine la più grande opera civile mondiale con l'impianto idroelettrico di Yaciretá, voluta dai governi argentino e paraguayano, iniziata nel 1983, che sarà portata a termine nel 1994. Una diga di 70 km creerà un bacino di oltre 1700 km2, lungo 200 e largo una ventina: la centrale idroelettrica avrà una potenza di 2700 MW. In precedenza l'Impregilo aveva realizzato gli impianti idroelettrici di El Chocon-Cerro Colorado e di Alicura in Patagonia, quello di Salto Grande al confine tra A. e Uruguay e quello di Casa de Piedra nella regione preandina, che utilizza le acque del Río Colorado. All'Italimpianti si devono la centrale nucleare di Río Tercero (Córdoba), la più grande dell'America Latina, che ha una potenza di 600 MW e l'impianto di demineralizzazione dell'acqua per l'industria petrolifera a Mendoza. Vedi tav. f.t.
Bibl.: G. Corna Pellegrini, L'America Latina, Torino 1987; J.A. Roccatagliata, La Argentina, geografía general, Buenos Aires 1988.
Politica economica e finanziaria. - Nel periodo 1979-90 l'economia argentina è stata caratterizzata da un elevato tasso d'inflazione, da ricorrenti difficoltà di bilancia dei pagamenti e da frequenti mutamenti nell'indirizzo delle politiche economiche.
A partire dalla fine del 1978 il governo, per abbassare l'inflazione attesa, ha iniziato ad annunciare quale sarebbe stato l'andamen to del tasso di cambio nei mesi successivi, imponendo un rallentamento alla velocità con la quale il cambio stesso veniva deprezza to. Questa manovra è stata accompagnata da una diminuzione nel tasso di espansione monetaria, ma non da politiche fiscali restrittive, favorendo così elevati tassi di interesse. Tra il 1978 e il 1980 l'inflazione è scesa dal 175 al 100%. Tuttavia questa diminuzione è risultata inferiore a quella preventivata dal governo e non è stata sufficiente a evitare un progressivo apprezzamento del cambio in termini reali. Si è pertanto avuto un deterioramento della bilancia delle partite correnti, il cui disavanzo è salito a quasi 5 miliardi di dol lari nel 1980. La situazione dei conti con l'estero è stata aggravata dal fatto che le crescenti aspettative di una svalutazione hanno causato ingenti fughe di capitali.
Nel 1981-82 l'A. ha attraversato un periodo di profonda crisi economica. Il PIL si è contratto in questo periodo complessivamente del 12% in termini reali. Nell'aprile del 1981 è stata abbandonata la politica di preannunciare l'andamento del tasso di cambio che è stato sensibilmente deprezzato; successivamente è stato creato un doppio mercato dei cambi per le transazioni commerciali e per quelle finanziarie. Hanno continuato tuttavia a verificarsi forti squilibri della bilancia dei pagamenti dovuti al permanere di elevati disavanzi correnti e di fughe di capitali. Questi squilibri sono stati finanziati tramite un massiccio ricorso all'indebitamento estero che, tra la fine del 1979 e quella del 1982, è salito da 20 a 44 miliardi di dollari.
Alla fine del 1981 è stato adottato un programma di austerità ed è sta to unificato il mercato dei cambi. Queste politiche sono state tuttavia interrotte a seguito dell'esperienza bellica nelle isole Falkland nella primavera del 1982. Il nuovo governo che si è insediato a giugno ha cercato di rilancia re l'economia tramite una politica salariale espansiva e l'abbassamento dei tassi di interesse. Alla fine del 1982 è stato adottato un programma di ri sanamento concordato con il Fondo monetario internazionale, che prevedeva politiche finanziarie e salariali restrittive e un sensibile deprezzamento del tasso di cambio. Gli sforzi di risanamento sono stati tuttavia rilassati nel corso del 1983 durante il quale si è verificato un forte aumento dell'inflazione che è salita al 350%.
Nei primi nove mesi del 1984 il governo ha cercato di ridurre il tasso di inflazione predeterminando, di mese in mese, l'andamento di alcune variabili chiave tra cui i prezzi di alcuni beni soggetti a controllo, il tasso di cambio e i tassi di interesse. L'inflazione ha continuato tuttavia a salire, oltrepassando il 600%, anche a causa di politiche finanziarie e salariali accomodanti. È stato pertanto raggiunto un nuovo accordo col FMI su un programma di risanamento che è stato tuttavia attuato solo per pochi mesi.
Nel 1985 fu adottato il Plan Austral con l'obiettivo di eliminare l'inflazione, giunta a oltre il 1000%. Il piano prevedeva la riduzione del disavanzo pubblico, politiche monetarie restrittive, il blocco di prezzi e salari. Il tasso di cambio venne ancorato al dollaro USA e fu introdotta una nuova unità monetaria, l'austral. L'inflazione diminuì e si ebbe una ripresa produttiva, ma nel 1986 sorsero nuove difficoltà di bilancia dei pagamenti per il calo dei prezzi di alcune esportazioni agricole e per la crescita delle importazioni dovuta all'aumento della domanda interna. L'inflazione si riacutizzò nel 1987 e la produzione diminuì; il peggioramento delle ragioni di scambio causò un aumento del disavanzo corrente (4,3 miliardi di dollari) e l'istituzione di un doppio mercato dei cambi.
Nel 1988 fu adottato un nuovo programma di risanamento, ma l'anno si chiuse con una marcata flessione del PIL e un'accelerazione dell'inflazione. L'A. decise di bloccare temporaneamente il rimborso del debito estero. Nel 1989 la crisi si approfondì ulteriormente: l'inflazione raggiunse livelli altissimi, mentre l'austral si deprezzava costantemente rispetto al dollaro. Il governo rispose con politiche di ristrutturazione del settore pubblico, aumenti dei prezzi di vari servizi pubblici, privatizzazioni e deregolamentazione, maggiore apertura agli investimenti esteri, incontrando però una forte opposizione. A seguito della crisi e dello scarso successo delle misure adottate, sia la Banca Mondiale che il FMI sospesero alcuni prestiti già accordati in precedenza.
Nel 1990, grazie a ulteriori misure restrittive, l'inflazione ha rallentato e l'austral si è stabilizzato. Sia il FMI che la Banca Mondiale hanno riaperto le loro linee di credito. All'inizio del 1990, l'A. ha anche raggiunto un accordo per la rinegoziazione del suo debito estero con vari paesi.
Storia. - Il governo peronista insediatosi nel 1973, a conclusione di una lunga dittatura militare iniziata nel 1966, non giunse alla fine del periodo costituzionalmente previsto e fu rovesciato da un colpo di stato militare. Segnato da una crisi profonda, il mandato di Isabel Perón (vedova del leader carismatico morto nel luglio 1974) non era infatti riuscito ad arginare quel processo di progressiva decomposizione delle istituzioni e della vita civile che caratterizzò il breve ritorno alla democrazia nei primi anni Settanta. Presieduta dal generale J.R. Videla, la giunta militare insediatasi nel marzo del 1976 si propose di dar vita al cosiddetto ''processo di riorganizzazione nazionale'', concepito come uno strumento di governo che, unitamente a una dura repressione, avrebbe dovuto trasformare radicalmente la morfologia sociale e politica di un paese segnato da un alto tasso di violenza. Centro di tale disegno fu il proposito di ridefinire i rapporti tra economia e politica, assegnando a un nuovo programma di politica economica una funzione ordinatrice di una società che i militari giudicavano un ''organismo malato''.
Con obiettivi assai più ambiziosi dei loro predecessori, i militari al potere si proponevano di alterare i tradizionali meccanismi di funzionamento dell'economia attraverso una serie di misure (diminuzione dei dazi, rivalutazione artificiale della moneta, liberalizzazione del mercato dei capitali) il cui fine ultimo era di ridurre il peso di quell'attore sociale − il movimento sindacale peronista − che aveva svolto un innegabile condizionamento politico negli ultimi quarant'anni. A una repressione senza precedenti, il regime di Videla affiancò il congelamento dell'attività dei partiti politici. I primi segni di impasse di tale strategia furono però evidenziati dalla sostituzione del capo della giunta militare col generale R. Viola, il cui breve mandato (marzodicembre 1981) aprì la strada alla seconda e ultima fase della dittatura (gennaio-ottobre 1983). Mentre la giunta presieduta dal generale L. Galtieri (succeduto a Viola) cercava di porre un argine alla crisi e al rinnovato protagonismo del movimento sindacale peronista con una più accentuata sottolineatura della politica liberista, alla fine del 1981 l'opposizione aveva dato vita a un fronte che comprendeva 5 partiti (radicali, peronisti, desarrollistas, radicali intransigenti e democristiani), uniti nel nome della riconciliazione nazionale e del ripristino della democrazia.
Caduta ogni possibilità di giustificare la permanenza al potere con la necessità di condurre la guerra interna contro la guerriglia e di fronte a una sempre più accentuata crisi delle forze armate, Galtieri giocò l'ultima carta che gli restava per prolungare la dittatura: la guerra contro il nemico esterno − la Gran Bretagna − attraverso l'occupazione (aprile 1982) delle isole Falkland-Malvine. La sconfitta subita dopo tre mesi di conflitto segnò la crisi irreversibile dell'apparato militare che da quel momento fu costretto a programmare in tempi brevi il proprio ritorno nelle caserme e a designare il generale R. Bignone quale capo di un governo (che godeva del solo appoggio dell'esercito) incaricato di guidare il ritorno alla democrazia dell'Argentina. Negli ultimi due anni di dittatura assunsero un ruolo di significativa importanza organizzazioni quali quella delle ''Madri di Plaza de Mayo'' e il ''Servizio Pace e Giustizia'' del premio Nobel A. Pérez Esquivel che posero al centro del dibattito la questione dei diritti umani. Intorno a esse sorse rapidamente un movimento d'opinione che reclamava l'accertamento della verità sulla sorte dei circa 20.000 desaparecidos nel corso del regime militare e che ottenne il consenso della maggior parte delle forze sociali e dei partiti politici.
Le elezioni presidenziali tenutesi nell'ottobre 1983 segnarono il ripristino del sistema democratico. Il dato politico più significativo (e inatteso) fu la vittoria di R. Alfonsín − candidato dell'Unión Cívica Radical- che superò, per la prima volta dal 1946, il tradizionale avversario peronista in consultazioni senza proscrizioni. Il significato delle cifre è ancora più evidente se paragonato alla quota dei suffragi ottenuti nelle elezioni di dieci anni prima (26% all'UCR e 65% al peronismo).
Il successo di Alfonsín si spiega con il fatto che egli pose decisamente al centro della propria campagna una tematica che i suoi avversari avevano considerato ininfluente per le sorti della consultazione: il ripristino dello stato di diritto. Il voto radicale ha in un certo senso riassunto la combinazione tra il desiderio di cambiamento e una richiesta di ordine, di innovazione e di pace da parte di una società travagliata da più di un decennio di violenza e di repressione. Per contro, la ragione della sconfitta del partito peronista è da attribuire al fatto che esso non è stato identificato come un rappresentante credibile di tale desiderio collettivo, anche perché l'elettorato ha in buo na parte individuato la ragione della crisi del paese nella gestione peroni sta di governo fra il 1973 e il 1976.
L'UCR ha dunque accolto le aspirazioni di un elettorato che identificava in motivi di ordine etico-politico le cause della ricorrente instabilità. A partire da ciò ha posto le premesse per la sua azione di governo: da un lato, la necessità di riaffermare la funzione insostituibile dello stato di diritto per superare la frammentazione corporativa della società e, dall'altro, la definizione di un sistema di regole istituzionali atte a regolare il conflitto politico. Un programma, quindi, di chiari contenuti democratico-liberali che definiva i propri obiettivi insieme ai propri strumenti. In tal senso, Alfonsín è risultato essere un portavoce del messaggio e dell'identità del suo partito assai più efficace del candidato peronista I. Luder. Mentre quest'ultimo aveva condotto la propria campagna sostenuto da un partito diviso, presentandosi spesso come un leader condizionato dal potente apparato sindacale e incapace di delineare una chiara prospettiva di sviluppo politico (se non nella forma di un ritorno al passato), Alfonsín ha fermamente condannato il regime militare ponendo l'accento sulla questione dei diritti umani quale cardine essenziale per il pieno ristabilimento della democrazia.
Può dunque dirsi che a partire dal 1984 l'UCR ha rappresentato l'unico partito ''garante'' della transizione democratica. Ma d'altra parte si è confermata la perdurante debolezza della struttura politico-istituzionale, in special modo per quanto attiene all'auspicato consolidamento di un sistema di partiti efficace ed effettivo. È comunque indubbio che almeno fino al 1986 il governo radicale ha ottenuto significativi successi in termini di stabilità e di rafforzamento dei valori democratici. A tale proposito va ricordato che i processi che hanno condannato i vertici delle forze armate per la repressione negli anni della dittatura hanno rappresentato un evento senza precedenti nella storia del paese. Inoltre, il tentativo di un settore dell'esercito di bloccare il processo democratico (crisi di Pasqua del 1987) si è scontrato con il quasi unanime appoggio al governo in carica da parte dell'opposizione, delle forze imprenditoriali e delle organizzazioni sindacali peroniste.
Sul piano della politica economica il governo ha segnato un significativo successo con l'abbandono di misure ''gradualiste'' per contenere l'inflazione e il varo del Plan Austral. Alla fine dell'anno successivo, il piano aveva però perso la sua efficacia sotto il peso di un'ondata di richieste salariali, della crescita dell'inflazione e della ripresa della speculazione sul mercato dei cambi. Privo di un ampio consenso che ne avrebbe permesso una maggiore durata, il limitato successo delle misure adottate − cui seguì una politica di austerità − fu dovuto anche al clima di permanente conflittualità sociale promosso dalla centrale sindacale peronista (Confederación General de Trabajo) che in questa fase condusse una dura opposizione al governo. Le successive difficoltà incontrate dall'amministrazione nel delineare un'articolata ed efficace strategia di sviluppo vennero anche determinate dall'incapacità di integrare sindacati e imprenditori in un regime politico democratico.
A tale proposito appare chiaro in che misura il governo avesse inizialmente optato per una strategia basata sul confronto e non per una politica di accordi fra lo stato e le parti sociali. Tale azione presentò comunque aspetti tortuosi e contraddittori: inauguratasi con il fallito tentativo di ristrutturazione del movimento sindacale, cui la CGT rispose con una serie di scioperi di chiaro segno politico, il governo optò successivamente (aprile 1987) per la strada di un patto congiunturale con il sindacalismo peroni sta affidando a un suo rappresentante il dicastero del lavoro. Un chiaro tentativo, questo, di ampliare le basi sociali del consenso attraverso conces sioni di natura corporativa, in cambio di un minor tasso di conflittualità. Soprattutto in forza del fatto che quel settore del movimento sindacale peronista che veniva associato alla sfera di governo rappresentava l'attività economica privata e un buon numero di industrie statali, cioè i settori che venivano identificati quale controparte necessaria per l'applicazione della seconda fase del Plan Austral.
Di fatto, dopo cinque anni i due principali partiti non giunsero a un accordo stabile sulle decisive questioni della transizione democratica (debito estero, politica economica, ruolo delle forze armate nello stato di diritto). L'oscillante scelta fra il confronto e l'accordo che segnò le relazioni tra radicali e peronismo si accompagnò inoltre a una sottovalutazione della funzione istituzionale del Parlamento, relegato a un ruolo di mera ratificazione di decisioni e accordi presi altrove.
Tale complesso di questioni assunse un significativo rilievo in occasione delle elezioni parziali del settembre 1987. Le consultazioni per il rinnovo della Camera e per l'elezione dei governatori provinciali segnarono infatti un'inversione di tendenza rispetto ai risultati del 1983 e del 1985. L'UCR perse la maggioranza alla Camera mentre il partito peronista ottenne il controllo di 17 province e dimostrò di possedere una notevole capacità di ripresa, presentandosi come un avversario in grado di competere con buone probabilità di successo alle elezioni presidenziali del 1989.
È difficile stabilire se la vittoria peronista ha significato un semplice ritorno al passato o se è invece da intendersi come un passo avanti verso l'istituzionalizzazione di un sistema politico che non escluderebbe la possibilità dell'alternanza alla guida del paese. Le ragioni del suo successo vanno interpretate come la diretta conseguenza della protesta contro la politica economica del governo (a cui i peronisti hanno contrapposto nient'altro che un generico ritorno a formule di sviluppo autarchico) e contro le ambiguità manifestate con la promulgazione della cosiddetta legge dell'''obbedienza dovuta'' (che assolveva di fatto i quadri intermedi delle forze armate dalle loro pesanti responsabilità nella politica di repressione), giudicata dall'elettorato come una manifestazione dell'incapacità dell'amministrazione Alfonsín di subordinare i militari al potere civile. Inoltre, il governo è risultato in quest'occasione penalizzato dalla forte ascesa dell'inflazione.
Nel corso di quasi cinque anni, il governo agì fondamentalmente sul la base di due criteri: uno dettato dalla stessa logica della crisi economica (che esigeva misure precise) e l'altro incentrato sulla governabilità della transizione democratica (che lo ha indotto a dare risposte deboli e contraddittorie alla pressione dei gruppi di interesse). Il risultato è stato una cadu ta di credibilità di Alfonsín, di cui l'espressione più visibile è stata la sconfitta elettorale del 1987.
Per la prima volta dopo sessant'anni, gli Argentini sono stati chiamati a scegliere nel maggio 1989 il successore di un presidente liberamente eletto sei anni prima: venti milioni di elettori hanno sancito con la loro partecipazione lo svolgimento pacifico di elezioni presidenziali, che si sono tenute a metà del cammino tra tansizione e consolidamento del sistema democratico in vigore dopo la fine della dittatura militare del 1976-83. Anche in questa occasione, radicali e peronisti hanno ribadito il loro ruolo di partiti maggioritari nel sistema politico. Confermando la tendenza in atto dal 1987, la vittoria è andata al candidato peronista C.S. Ménem che ha ottenuto il 48% dei suffragi contro il 37% del radicale E. Angeloz, designato dal presidente Alfonsín nonostante le forti resistenze emerse nell'ambito del Partito radicale. Alla destra (Alianza de centro) sono andati quasi il 7% dei voti e a una coalizione delle sinistre appena il 2,5%.
Il continuo peggioramento della situazione economica e sociale (gravi incidenti, con numerose vittime, si verificavano alla fine di maggio, in seguito all'introduzione di severe misure di austerità da parte del governo) ha costretto Alfonsín, il cui mandato scadeva nel dicembre 1989, a lasciare in anticipo la presidenza a Ménem (luglio). L'amministrazione peronista, in contraddizione con il proprio programma elettorale, ha proseguito la politica di austerità e avviato la privatizzazione di importanti imprese pubbliche nei settori delle comunicazioni, dei trasporti e delle forniture idriche ed elettriche; ciò ha suscitato contrasti con i sindacati e nuove proteste popolari. Malgrado la situazione economica sia rimasta difficile, le elezioni parziali del settembre 1991 hanno confermato la maggioranza parlamentare peronista. Nei rapporti con le forze armate Ménem ha ulteriormente ampliato la politica di ''riconciliazione nazionale'', già avviata da Alfonsín, estendendo progressivamente l'amnistia fino ai vertici della dittatura militare, compresi i generali Videla e Viola scarcerati nel dicembre 1990.
Bibl.: G. O'Donnel, 1966-1973, El estado burocrático autoritario: triunfos derrotas y crisis, Buenos Aires 1982; Argentina hoy, a cura di A. Rouquié, Città di Messico 1982; El poder militar en la Argentina (1976-1981), a cura di P. Waldmman ed E. Garzon Valdés, Buenos Aires 1983; G. Di Tella, Argentina under Peron, 1973-1976: the nation's experience with a labour-based government, New York 1983; J. L. Romero, El drama de la democracia argentina, Buenos Aires 1983; A.Pla, G. Almeira, A. Spagnolo, La década tragica. Ocho ensayos sobre la crisis argentina 1973-1983, Città di Messico 1984; M.L. Acuña, De Frondizi a Alfonsín: la tradición política del radicalismo, Buenos Aires 1984; A. Fontana, Fuerzas Armadas, partidos políticos y transición a la democracia en la Argentina, ivi 1984; M. Cavarozzi, Los derechos humanos en la democracia, ivi 1985; A. Colombo, V. Palermo, Participación política y pluralismo en la Argentina contemporánea, ivi 1985; A. Abós, El posperonismo, ivi 1986; J. Godio, H. Palomino, El movimiento sindical argentino hoy, ivi 1987; E. Jelin, Movimientos sociales y democracia emergente, ivi 1987; From military rule to Liberal Democracy in Argentina, a cura di M. Peralta Ramos e C.H. Waisam, Boulder (Colorado) - Londra 1987; Ensayos sobre la transición democrática en la Argentina, a cura di J. Nun e J.C. Portantiero, Buenos Aires 1988; Ensayos sobre la crisis política argentina, a cura di J. Pinto, ivi 1988; La nueva democracia argentina (1983-1986), a cura di A. Spita, E. Garzón Valdés, M. Mols, ivi 1988.
Letteratura. - L'esame della produzione letteraria argentina degli ultimi dieci anni non può non tener conto di una data decisiva, quella del golpe militare del 1976, sia perché si è creata un'apparente frattura tra gli scrittori della diaspora e quelli che hanno vissuto il proprio esilio in patria, sia perché la drammatica esperienza degli anni della dittatura ha generato opere che sono al tempo stesso testi letterari d'invenzione e saggi di denuncia.
Un caso a parte rappresentano gli scrittori delle generazioni precedenti, soprattutto quelli le cui opere sono consacrate come appartenenti alla letteratura universale: J. L. Borges (1899-1986), M. Mujica Lainez (1910-1984), A. Bioy Casares (n. 1914), E. Sábato (n. 1911), che non hanno mai abbandonato il paese negli anni della repressione, e J. Cortázar (1914-1984), esiliato volontariamente molto prima dell'epoca della dittatura, la cui produzione è, tutto sommato, in quegli anni, abbastanza limitata.
Di alcuni degli autori qui citati ricordiamo brevemente le seguenti opere: Mujica Lainez pubblica nel 1974 El viaje de los demonios e El laberinto, mentre El gran teatro è del 1979. Di Bioy Casares, autore di grande rilievo del genere fantastico, che passa dagli accenti metafisici alla visione ironica della realtà, esce nel 1973 Dormir al sol. E. Sábato, oltre a pubblicare i saggi La cultura en la encrucijada nacional (1976) e Apología y rechazo (1979), coordina la stesura di Nunca más (1984), dossier di denuncia della dittatura, raccolto da una commissione da lui stesso presieduta.
Tra gli scrittori rimasti nel paese vanno ricordati H. Conti e R. Walsh, entrambi scomparsi negli anni più drammatici dell'epoca dei militari. H. Conti (1925-1976) è autore dei romanzi En vida (1971) e Mascaró, el cazador americano (1975; trad it., 1983) e delle raccolte di racconti Todos los veranos e Alrededor de la jaula, entrambe del 1974. R. Walsh (1927-1977) è famoso per i suoi reportages: Operación masacre (1957), El caso Satanowsky (1958), ¿Quién mato a Rosendo? (1969), e per le sue raccolte di racconti Los oficios terrestres (1966) e Un kilo de oro (1967). In tutte le sue opere i piani della realtà si fondono con quelli della finzione, e viceversa, fino a diventare profetici.
Sempre tra gli scrittori rimasti in patria ha acquisito fama nazionale S. Poletti (n. 1919), autrice di romanzi e racconti in cui affronta i problemi della transculturazione, e che si è imposta al pubblico con il romanzo autobiografico Gente conmigo (1962); tra i suoi ultimi titoli si ricordano Extraño oficio e Taller de imaginería, entrambi del 1977. Di non minore importanza è B. Kordon (n. 1915), profondo conoscitore di Buenos Aires, che rappresenta in Bairestop (1975) le miserevoli condizioni degli emarginati con una denuncia realizzata attraverso le forme di uno pseudo romanzo storico. Un cenno particolare meritano M. Denevi (n. 1922), conosciuto anche fuori dai confini nazionali con Rosaura a las diez (1955), divertente romanzo sui problemi dell'identità, e che ha pubblicato Hierba del cielo nel 1972; J. Ardiles Gray (n. 1922), nella cui scrittura si fondono tre ingredienti: il Nord-Ovest argentino, Buenos Aires e la cultura francese; tra le sue ultime opere si ricordano Ruth Mary: prostituta (1972) e la raccolta di racconti La noche de cristal (1987); B. Guido (n. 1925), che tratta gli ineludibili drammi individuali come il sesso e il potere, e gli altrettanto ineludibili drammi della storia nazionale, come accade, per es., in Escándalos y soledades (1978), e ne La invitación (1979); A. Di Benedetto (1922-1985) che con Zama (1956; trad. it., 1977) realizza un singolare romanzo storico, per poi passare alle forme del fantastico; M. Lynch (n. 1934), la cui opera si è sempre caratterizzata per la forte carica realistica a proposito dei problemi socio-politici del paese.
Tra le generazioni più giovani degli scrittori rimasti in patria va ricordato R. Piglia (n. 1945), la cui fama è legata alla pubblicazione del romanzo Respiración artificial (1980; trad. it., 1990), profonda riflessione sulla scrittura e, insieme, sulla situazione del paese in un tentativo di tenere uniti e separati al tempo stesso la realtà del testo e quella extratestuale. Nello stesso anno J. Asís pubblica Flores robadas en los jardines de quilmes, e M. Mercader Juanamanuela mucha mujer. In tutti e tre i casi oggetto della finzione letteraria è la realtà storica del paese di quegli anni affrontata con ottiche, tecniche e linguaggi diversi che appaiono però complementari. Inoltre non possiamo non citare I. Blaistein, E. Gudiño Kieffer, L. Eker.
Tra i numerosi scrittori che hanno invece pubblicato molte delle loro opere in esilio, ricordiamo H. Tizón (n. 1929), la cui ricca produzione comincia negli anni Sessanta con A un costado de los rieles.
Come spesso accade con gli scrittori cosiddetti regionalisti, costanti della sua produzione sono la rappresentazione del paesaggio, dei miti e delle leggende della zona natale, Yala (Jujuy), nel Nord-Ovest argentino; ciononostante l'autore non incorre mai nel folklorismo. Maggiore maturità di mestiere dimostra Tizón in Fuego en Casabindo (1969) e Cantar del profeta y el bandido (1972), ma il suo romanzo più conosciuto è Sota de bastos, caballo de espadas (1975). Nella sua ultima opera, La casa y el viento, Tizón crea una macrometafora del pre-esilio, riproducendo l'itinerario di un viaggiatore verso la terra dell'infanzia.
D. Moyano (n. 1928), che come Tizón vive nella provincia argentina (Córdoba), nella ricreazione del mondo mitico rifiuta tanto il realismo quanto il regionalismo. Nella raccolta di racconti El estuche de cocodrilo (1974) dà del mito della colonizzazione spirituale una versione sarcastica.
Esilio, violenza, repressione e nostalgia diventano dunque i Leitmotive di molta della narrativa di questo decennio. La violenza prende il sopravvento in opere di scrittori appartenenti alle generazioni precedenti, come in Cuerpo a cuerpo (1979) di D. Viñas (n. 1929); mentre H. Costantini (n. 1924) rielabora con distacco e in forme grottesche l'esperienza della dittatura in De dioses, hombrecitos y policías (1979). Accomunati dall'interesse per un peculiare rapporto con il cinema, oltre che dalle tematiche già citate, si possono ricordare inoltre M. Puig (n. 1933) e O. Soriano (n. 1944), nelle cui opere il tessuto narrativo è spesso articolato secondo codici dell'espressione cinematografica.
P. de Orgambide (n. 1929) ed E. Molina (n. 1937) attingono invece a una storia più lontana rispettivamente in El arrabal del mundo (1983) e Una sombra donde sueña Camila O'Gorman. Più attento al problema dell'autorappresentazione della scrittura è J. J. Saer (n. 1937), che dal 1968 vive a Parigi e con il penultimo romanzo El entenado ha confermato i valori della propria prosa, annunciati già in Limonero real. Il ritorno alla democrazia ha favorito la fioritura di numerosi scrittori che si sono già imposti all'interesse della critica, tra i quali spiccano N. Ulla, C. Aira, R. Fogwill, N. Peyceré, E. Gandolfo, N. Tirri, M. Caparroz, E. Gorodischer, J. Sasturain, M. Szchiman, H. Uhart.
Tra i numerosi poeti, oltre naturalmente a Borges (v. in questa Appendice), va menzionato J. Gelman (n. 1930), che si era già affermato tra il 1956 e il 1959, date di pubblicazione rispettivamente di Violín y otras cuestiones e El juego en que andamos. Nelle ultime liriche la sua poesia, inizialmente centrata sulla semplicità del quotidiano, si fa più impegnata, senza per questo perdere d'intensità. Alla stessa generazione di Gelman appartiene F. Urondo (1930-1976), raffinato manipolatore della parola, poeta e prosatore, che unisce la ricerca del significante ad accenti di forte contenuto ideologico del significato; tra le sue raccolte ricordiamo Todos los poemas (1972). Intorno agli anni Settanta si è formato un gruppo di cui hanno fatto parte tra i molti altri E. Romano (n. 1938) e A. Spunzberg (n. 1940).
Il teatro argentino, dopo il processo di modernizzazione nella seconda metà degli anni Sessanta, si allontana dalle tematiche dell'assurdo, che avevano avuto in G. Gámbaro la maggiore esponente. La Gámbaro (n. 1928), dopo un'esperienza iniziale avanguardista, si sposta verso il realismo con El campo (1968). Nel 1974 pubblica Sucede lo que pasa. In un'analoga espressione di maggior realismo s'inserisce la produzione di R. Cossa (n. 1934); tra le sue opere, oltre a Nuestro fin de semana (1964), ricordiamo Gris de ausencia, commedia breve in cui l'autore riesuma forme popolari del teatro.
Bibl.: G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985; O. Pellettieri, El teatro argentino actual, in Cuadernos hispanoamericanos, 458 (1988), pp. 157-66; H. Solari Yrigoyen, Represión y reconstrucción de una cultura: el caso argentino, Buenos Aires 1988.
Arte . - Una posizione geografica isolata, la poca rilevanza sia del passato remoto sia dell'epoca coloniale, una configurazione umana in alta percentuale di discendenti di un'immigrazione recente, lo sviluppo di un'ampia classe media, la grande prosperità e poi l'inflazione incontenibile, tutto ciò ha conferito all'arte argentina caratteristiche differenziate dalla matrice latino-americana, della quale tut tavia è partecipe; la sua vicenda si è però spesso intrecciata con quella del vicino Uruguay.
L'aspirazione a partecipare a una vita extra-continentale è probabilmente una delle cause della formazione, frequente in A., di gruppi artistici (alcuni di notevole portata o molto audaci), che, tuttavia, non hanno generato movimenti continentali latinoamericani. Negli artisti argentini il trasferirsi all'estero è stato psicologicamente facilitato dalla loro condizione di immigrati recenti, o comunque coinvolti in questa situazione, cosicché l'innata vocazione cosmopolita non ha prodotto in loro la conflittualità di tradire un proprio retroterra culturale, presente in nazioni dove è molto sentita la necessità di ricollegarsi con il mondo precolombiano e con quello ibero-indio. I motivi d'ispirazione più autoctoni sono stati la pampa, i montoneros, il gaucho, il quartiere, la vita popolare, la luce e il paesaggio. Forse è stata l'assenza di un passato prestigioso che ha costretto all'adozione della razionalità concreta, in A. realizzata prima e più che in altre parti del continente.
La facilità di spostamento e l'aggressione delle innovazioni internazionali hanno permesso, a partire dagli anni Sessanta, una ricezione immediata delle mode artistiche: l'adeguamento al proprio suolo, quando si produce, avviene tramite una sensibilità contenuta, manifestata nell'impegno formale.
A partire dal 1960, l'Istituto Torquato Di Tella (operante per alcuni anni) funge da catalizzatore alle sperimentazioni, anche le più audaci: nuove astrazioni e figurazioni, strutture primarie, environments, stravaganti happenings, ecc. vi trovano il loro spazio. Dal 1970 la passione avanguardista è tenuta viva, sempre con sede a Buenos Aires, dal Centro de Arte Y Comunicacion (CAYC), che sotto l'etichetta Arte de Sistemas promuove esperienze nelle quali è la processualità, più che l'oggetto, a racchiudere il significato; vi sono appoggiati diversi indirizzi, ma sempre di marchio sperimentale o comunque man mano in linea con posizioni di ultima ora: arte concettuale, povera, cibernetica, ecologica, fino al neoespressionismo, in A. denominato Nueva imagen (nel 1983 ne viene allestita una mostra). Il CAYC ha voluto anche raggruppare artisti del continente sotto un impegno politico. Anche se diverso, è da ricordare che nel 1959 il gruppo Espartaco, costituito da un nucleo di sei artisti argentini, tra i quali R. Carpani (n. 1930) che dipinge figure come fossero costruite in blocchi di pietra, alla M. Gromaire, aveva stilato un manifesto, Per un arte revolucionario latinoamericano, con l'intento di coinvolgere il continente in un'azione politica ideale. Dal vacuo di molte sperimentazioni si sottraggono gli interventi sulla natura di L. F. Benedit (n. 1937), presente alla Biennale di Venezia del 1970 con uno sciame di api sistemate in un contenitore trasparente, e quelli di L. Porter (n. 1941) sul trompe l'oeil visivo e mentale: l'oggetto vero e la sua rappresentazione e addirittura la rappresentazione della rappresentazione.
A indicare il ritorno alla pittura, così come avveniva a livello internazionale, nel 1972 la Fondación Lorenzutti allestisce al Museo de Arte Moderno di Buenos Aires la mostra Panorama de la Pintura Argentina Joven, in cui sono presenti artisti al di sotto dei trent'anni, pressocché sconosciuti.
Per la costruzione dell'immagine la nuova pittura argentina può utilizzare ecletticamente acquisizioni precedenti di pop, nuova fi gurazione, surrealismo, metafisica, e introdurre icasticità iperrea lista (per citare solo movimenti vicini). Per quanto riguarda i modi di dipingere può adoperare, in commistione, precedenti innovazio ni di stesure uniformi, di enfasi materica, di libertà gestuali o di meticolosità ossessive.
L'onirico ha una particolare fioritura che viene dal passato recente, e la mostra Lautréamont 100 años del 1970 riunisce un gruppo di cultori; tra gli invitati, R. Aizenberg (n. 1928), nella cui opera risaltano i quadri di immaginari edifici geometrici immersi in spazialità metafisiche.
Sulle ricerche più avanzate nel campo dell'arte concreta, che ha avuto importanti esponenti in A., è la mostra Proyección y Dinámica (1972) al Museo de Arte Moderno di Buenos Aires. Vi prendono parte M.A. Vidal (n. 1928) ed E. Mac Entyre (n. 1929), creatori del Arte generativo, termine inventato dal critico, pittore e collezionista I. Pirovano (1909-1980). Quest'arte si riferisce agli spostamenti nello spazio di una linea, di un punto, che generano sequenze, poi arricchite cromaticamente. C. Silva (n. 1930) e A. Brizzi (n. 1930) sono gli altri due partecipanti alla mostra. Il razionalismo matematico e la ripetizione seriale sono la base progettuale di questi quattro artisti.
La crisi creativa che affligge il mondo è affrontata dagli artisti argentini con il volgersi verso il patrimonio artistico nazionale: l'accumulazione di esperienze artistiche durante questo secolo e nell'Ottocento è servita ad acquisire consapevolezza per poter rimeditare sul proprio bagaglio culturale oltre che per allargarsi: infatti l'americanismo si sente nelle pitture astratto-geometriche di A. Puente (n. 1933), che ricordano i tessuti della cultura Paracas del Perù e la luce e la pennellata del messicano R. Tamayo, e ancora nell'opera di F. Martino (n. 1930) e di P. Celis (n. 1939).
Nel campo della scultura, continua l'opera concreta di M. J. Heras Velasco (n. 1924), che a volte propone piani opachi e trasparenti, come già alcuni costruttivisti russi avevano indicato in pittura. Un'astrazione non priva di richiami metafisici è quella di M. Bonevardi (n. 1929), con raffinati e sottili rilievi che sono anche pittura. J. Gamarra (n. 1939) lavora forme astratte in legno lasciato a vista.
Nell'ambito figurativo, imparentate con la drammaticità dell'inglese F. Bacon sono le ricerche di J. C. Distéfano (n. 1933), con rilievi policromi in resina poliestere, e quelle di G. Argelés (n. 1940), con figure in legno. Vedi tav. f.t.
Bibl.: T. Alva Negri, Arte argentino y crítica europea, Buenos Aires 1975; R. Squirru, Pintura, pintura, ivi 1975; J. B. Rivera, Madí y vanguardia argentina, ivi 1976; A. Haber, L. Buccellato, L. Feldhamer, F. Fevre, La pintura argentina, ivi 1977-85; C. Córdova Iturburu, 80 ãnos de pintura argentina, del pre-impresionismo a la novísima figuración, ivi 1978; J. Glusberg, 12 escultores en la Argentina (opuscolo della mostra), ivi 1979; R. Chavarri, Del objeto al sistema. Una introducción a la historia del arte argentino, Barcellona 1980; J. Glusberg, Del informalismo a la post-figuración. La pintura en la Argentina de 1960 a 1980, Buenos Aires 1980; C. Arean, La pintura en Buenos Aires, ivi 1981; R. Squirru, Arte argentino hoy, ivi 1983; Arte argentina dalla Indipendenza ad oggi, 1810-1987 (catalogo della mostra), Roma 1987.
Architettura. - Con l'avvento degli anni Settanta si assiste da un lato al consolidamento delle precedenti esperienze, nel lavoro di architetti come M.R. Alvarez, esponente della tendenza nazionale e autore di notevoli progetti durante gli ultimi 30 anni, C. Testa e altri; dall'altro a una maggiore disponibilità a nuovi approcci nell'opera dei protagonisti delle generazioni più giovani. L'opinione dominante riflette l'abbandono di ogni dogmatismo e l'adozione di posizioni aperte che quasi sempre sfociano nell'eclettismo.
Si muovono numerose obiezioni alla dipendenza culturale che incoraggia l'adozione di modelli e poetiche in qualche modo internazionali. Tutto ciò vive già in alcune impostazioni di gruppi operanti negli anni Cinquanta (movimento delle ''case bianche'') e sancite più tardi dall'attività del CEPA (Centro de Estudios y Proyectation del Ambiente), fondato da R. Pesci a La Plata nel 1974, e del CAYC (Centro de Arte Y Comunicacion) diretto da J. Glusberg. Nonostante queste opposizioni prevale nella cultura architettonica argentina il riferimento ai modelli internazionali riproponendone la prassi, i modi e le tendenze formali.
La reazione antirazionalistica, iniziata negli anni Cinquanta, si concentra negli anni Settanta in vari formalismi: un formalismo simbolico geometrizzante come nel Teatro Argentina a La Plata di E. Barés, Germani, C. Ucar, A. Sbarra, T. Garcia, in cui è evidente la materializzazione della trama ortogonale-diagonale del tracciato urbano, in modo che il motivo guida del progetto sia un presupposto rapporto con la città, nelle sue relazioni interno-esterno; o un formalismo in qualche modo ludico e spregiudicato, di cui si trova esempio nelle Gelaterie Soppelsa a Cordoba, progettate nel 1977 da Gramatica, Guerrero, Morini, Rampulla, Urtubey: un edificio inteso come percorso, destinato alla vendita dei gelati e a un drive-in, dove possono convivere passanti e automobili.
La tendenza più estremista è proposta da M. Gandelsonas, che tende a scoprire la logica delle forme e delle loro interrelazioni nell'opera. È una logica fortemente razionale che si risolve in un'astrazione sia dalla funzione strumentale che da quella simbolica.
In questa tendenza si possono citare, oltre alle opere dello stesso Gandelsonas, quelle di H. Korn e I. Lopatin (Avenida de Mayo, 1981; via S. Pedrito, 1980); quelle dello studio STAFF; il progetto del Teatro di Salta di F. Casiraghi, R. Cassina, R. Frangella, del 1981; il villaggio minerario a Rio Zurbio, 1976; il Country Club SHA, 1979; inoltre l'attività dello studio M.A.P. Baudizzone, A. Diaz, J.R. Erbin, J.H. Lestard, A.J. Varas, nelle cui opere è evidente la matrice geometrica di partenza basata su chiari principi: volume unico, facciata semplice, simmetria (progetto per l'Auditorium della città di Buenos Aires; casa Altman e Diaz, del 1975-76; complesso residenziale di Santa Fé, 1978-79, dove si propongono i cortili interni tipici delle tradizionali case popolari di Buenos Aires: i conventillos).
Questa impostazione è seguita, a volte, da studi di architetti della generazione di mezzo, alternandola a versioni meno pure, impregnate cioè di motivi come la continuità storica, culturale o tipologica. Questo è il caso dello studio F. Manteola, J. Sánchez Gómez, J. Santos, J.J. Solsona, R. Viñoly, che deve la sua fama internazionale a una serie di otto banche progettate per la BCBA (Banca Città di Buenos Aires), tra il 1967 e il 1972, realizzate in mattoni di vetro. All'avanguardia della progettazione urbana e di abitazioni d'interesse sociale, progettano insediamenti come quelli di San Isidoro, di Ranelagh, i quartieri di Luis Puedrabuena, di Aluar (1974-78), nei quali portano avanti l'idea di creare dei quartieri minori all'interno del complesso principale, riscattando lo spazio pubblico contenuto, dove si verificano quelle condizioni minime di scambio che vanno a definire uno spazio sociale. Importante realizzazione dello studio è il complesso ATC (Argentina Televisora Color), del 1977, a Buenos Aires, che qualifica il tessuto urbano circostante, lo caratterizza con la sua qualità di piazza pubblica, di piattaforma diagonale a piano inclinato in un paesaggio eminentemente orizzontale.
Il problema del rapporto con il passato, dello studio della storia e della sua rivalutazione come ''strumento di progetto'', viene affrontato fin dal 1959, con la nascita dell'IDEHA (Istituto de Estudios de Historia de l'Arquitectura). Nel 1978 nasceva l'Istituto argentino de investigaciones en historia de la arquitectura, fondato da R. Gutierrez, A. de Paula, F. Ortiz, G. Viñulez, M. Waisman e altri, per lo studio e la conservazione del patrimonio architettonico ispano-americano, svolgendo un intenso lavoro di studio, restauro, tutela e propaganda dello stesso.
In quest'ambito si possono citare due importanti opere degli ultimi anni: il Centro Culturale di Buenos Aires di J. Bedel, L.F. Benedit, C. Testa, e l'intervento di M.A. Roca nel centro di Cordoba. Ma si deve sottolineare che queste opere non sono in linea con la cultura più aggiornata del restauro: tutti gli interventi sono ben lontani dalla conservazione del preminente interesse storico e/o artistico. Il Centro Culturale di Buenos Aires propone un nuovo complesso contrapponendosi all'edificio settecentesco preesistente, senza tener conto del valore del tessuto edilizio antico. Si evidenziano le strutture originarie, arretrando le facciate e i volumi aggiunti. A Cordoba l'operazione è estesa a tutto il centro, dove Roca articola nuovi luoghi ed edifici presupponendo di ottenere un insieme urbano integrato; interviene con l'obiettivo di estendere le aree pedonali, scarsamente presenti, arricchendone l'immagine e l'uso.
Questo è il caso di Plaza de Armas, di fronte alla Cattedrale e al Carbildo, dove crea una spaziosa piazza, proiettando a terra i contorni e i caratteri essenziali dei monumenti per ricordarne l'esistenza, e unifica l'irregolare successione delle facciate con alberi, pergole e panchine. Roca è intervenuto anche in periferia con il disegno di tre piazze, con una serie di centri culturali e con la ristrutturazione delle rive del fiume Suquia che attraversa la città. Opera nell'ambito del ridisegno urbano con interventi di trasformazione, come nei centri culturali o polifunzionali in ex-mercati, facendo coincidere tipologie tradizionali e nuove. Nel mercato di San Vicente lascia intatto l'involucro, articolando gli interni con strutture leggere e molto colorate; in quello di General Paz interviene sulla struttura in ferro del 19° sec. solo con una ripulitura, lasciando intatte la facciata e la spazialità interna: attorno sinuose quinte a specchio riflettono e moltiplicano l'immagine dello spazio flessibile che ne risulta. Operazioni, tutte queste, che nulla hanno a che vedere con la tutela dei centri storici. In ogni caso, nella sperimentazione antirazionalista, prevale il formalismo piuttosto che il confronto con la storia. Vedi tav. f.t.
Bibl.: M.A. Correa, Arquitectura en la Argentina, Buenos Aires 1981; K. Frampton, Architetti argentini, in Casabella, 468 (1981), pp. 9-25; J. Glusberg, Quelques notes sur l'architecture en Amerique latine, in Techniques et Architecture, 334 (1981); Id., Building in Argentina, in Domus, 616 (1981), pp. 9-15; M. Waisman, Cordoba: Building in town, ibid., 627 (1982), pp. 10-17; Summa, 180 (1982); J. Glusberg, Buenos Aires urban plazas, ibid., 647 (1984), pp. 16-21; R. Pesci, Tendenze dell'architettura, in Spazio e Società, 33 (1986), 84-132; Parametro, 157-58 (1987).
Musica. - Intorno agli anni Trenta si verificò la prima importante reazione nei confronti della tradizione nazionalistica. J.C. Paz (Buenos Aires 1901-1972), con la fondazione del Grupo Renovación (1929) e poi dell'Agrupación Nueva Música (1944), si fece sostenitore delle tecniche dodecafoniche e seriali per un rinnovamento della musica classica argentina. La sua esperienza artistica ha costituito un esempio positivo e stimolante per le nuove generazioni. Negli anni Quaranta, R. García Morillo (n. Buenos Aires 1911), insegnante di composizione, orchestrazione e storia della musica al Conservatorio di Buenos Aires già dal 1929, compose le 3 Pinturas de Paul Klee (1944), in piena autonomia rispetto all'orientamento nazionalista ancora dominante. Su questa linea di rinnovamento si muovevano allora altri della stessa generazione, come R. Caamaño (n. Buenos Aires 1923) e R. Arizaga (n. Buenos Aires 1926).
Caamaño, già attivo come pianista di successo nelle maggiori città del l'America Latina e degli Stati Uniti, aderì dapprima a uno stile neoclas sico (2 Quartetti, 1945 e 1946), e fece più tardi uso di tecniche seriali. Ha composto musica strumentale (Variazioni americane, 1954) e musica sacra (Magnificat, per coro e orchestra, 1954). Arizaga risente nelle sue composizioni della formazione parigina (1954), avendo studiato con O. Messiaen, N. Boulanger e G. Martenot.
In A. E. Ginastera (v. App. IV, 11, p. 174) è possibile cogliere una ricca e significativa evoluzione stilistica, che procede da un orientamento nazionalista negli anni Trenta-Quaranta (il balletto Penanbí, del 1937; le Danzas Argentinas, del 1937; soprattutto il balletto Estancia, del 1941, rappresentato a Buenos Aires nel 1952) a una fase di neo-espressionismo, nella quale ha fatto ampio uso di tecniche dodecafoniche e di procedimenti micro e politonali, non seriali e atonali. Con la composizione delle opere teatrali degli anni Sessanta si è riportato particolarmente ai motivi del surrealismo.
Negli anni Settanta si è affermata l'avanguardia argentina grazie a una nuova generazione di compositori peraltro non facilmente assimilabili tra loro, come A. Tauriello (n. Buenos Aires 1931), A. Lanza (n. Rosario, Santa Fe, 1929) e A. Krieger (n. Buenos Aires 1940), allievi di Ginastera, e G. Gandini (n. Buenos Aires 1936).
Tauriello ha adottato diverse delle tecniche più avanzate, dai mezzi elettronici ai procedimenti aleatori (Musica III, per pianoforte e orchestra, 1966). Lanza, insegnante per diversi anni presso il Centro di Musica elettronica della Columbia University di New York e dal 1971 professore di Musica elettronica presso la McGill University di Montreal, ha composto musica per orchestra e da camera, oltre a una buona produzione per musica elettronica. Gandini ha fatto un uso particolare del microtonalismo e delle forme aleatorie (Fantasie Impromptu, per pianoforte e orchestra, 1971). Krieger, già affermato come pianista e direttore d'orchestra, si esprime in uno stile seriale e con tecniche aleatorie. È stato tra i fondatori del Gruppo Musica Viva.
Per quanto riguarda gli anni Settanta e Ottanta, va infine ricordata l'attività di due giovani compositori, come O. Bazan (Parca) ed E. Bertola (Trópicos), la cui opera dev'essere inscritta nel più generale quadro di rinnovamento, e di effettiva rottura dell'antico rapporto di dipendenza coloniale, che la musica latinoamericana nel suo insieme è venuta compiendo in questi ultimi anni.
Bibl.: H. Dianda, Música en la Argentina de hoy, Buenos Aires 1966; L. Flury, Historia de la Música argentina, Santa Fe 1967; R. Arizaga. Enciclopedía de la música argentina, Buenos Aires 1971; G. Béhague, Music in Latin America: an introduction, Englewood Cliffs 1979; G. Aharonián, Die Situation des Komponisten in Lateinamerika, in Österreichische Musikzeitschrift (1982), pp. 93-96.
Cinema. - Una modesta attività documentaria si sviluppa in seguito alle prime proiezioni del Cinematografo Lumière, avvenute a Buenos Aires nel luglio 1896. Nel 1908 esce il primo film a soggetto, El fusilamiento de Dorrego dell'italiano M. Gallo, che apre la strada alla serie delle ricostruzioni storiche. Con Nobleza gaucha (1915), grande successo degli anni Dieci, una parte della produzione si orienta verso temi, aspetti e personaggi della vita popolare argentina. Dal 1915 è attivo J.A. Ferreyra, la personalità più rilevante del periodo muto.
L'avvento del sonoro, nel 1931, porta alla diffusione di un genere tipicamente argentino, il film sul tango. Durante gli anni Trenta la produzione si organizza su basi industriali conquistando il mercato latinoamericano con opere che imitano i modelli hollywoodiani, lo star system e le forme del cinema di evasione. In questo panorama si distinguono due registi, M. Soffici e L. Torres Rios, per l'originalità di una poetica ispirata al realismo e alle radici profonde della cultura nazionale.
Nell'immediato dopoguerra la scarsità di pellicola acuisce la crisi, già dilagante, e la produzione marcia a livelli minimi perdendo i mercati latino-americani. Le misure protezionistiche adottate dal governo Peron a partire dal 1944 riequilibrano la precaria situazio ne economica, senza darle nuovo impulso. Contemporaneamente il livello qualitativo dei film si abbassa e la fine del peronismo, nel 1955, lascia il cinema argentino in pieno declino, costringendo molti registi e tecnici a emigrare.
Tuttavia in questo periodo operano tre importanti autori come L. Torre Nilsson, F. Birri, F. Ayala, e comincia a farsi avanti una nuova generazione di cineasti che si è formata in seno ai cineclub, alle riviste specializzate e al documentarismo. A metà degli anni Cinquanta nascono associazioni di cinema sperimentale e viene fondato l'Instituto de Cinematografia di Santa Fe, sotto la direzione di F. Birri. Nel 1958-59 l'Instituto produce Tire-Dié, un documentario sociale che viene considerato come l'atto di nascita del nuovo cinema argentino. Si è ormai imposta una diversa coscienza cinematografica, radicata nella realtà sociale, culturale e politica della nazione.
Il governo Frondizi sembra incoraggiare questa produzione indipendente promulgando una legge sul cinema e creando nel 1957 l'Instituto Nacional de Cinematografia. Per tutti i primissimi anni Sessanta procede così l'opera di rinnovamento, in sintonia con le nouvelles vagues europee e sudamericane, ma ben presto il movimento si trova a fare i conti con le chiusure dell'industria e del mercato. Quando avviene il colpo di stato di Ogania, nel 1966, la produzione è già tornata sui vecchi moduli del cinema di evasione e l'unica voce di rilievo nel circuito commerciale è rappresentata dal regista L. Favio.
La dittatura militare provoca l'insorgere di un cinema clandestino, schierato con la resistenza. In questo contesto O. Getino e F.E. Solanas realizzano, nel 1968, La hora de los hornos, un film di propaganda rivoluzionaria che potrà essere distribuito solo dopo il ritorno del peronismo al potere. Al breve periodo di liberalizzazione politica aperto da Perón corrisponde un momento di rilancio industriale, oltre che culturale, della cinematografia nazionale, ora protetta da nuove leggi. Nel 1973 esce la Patagonia rebelde, racconto di uno sciopero contadino negli anni Venti, girato da H. Olivera. Nel 1974 S. Renán realizza il primo film argentino che riceve la nomination per l'Oscar, La Tregua, storia dell'incontro tra un prete e una giovane donna. Nel 1975 J.J. Jusid dirige Los guachos Judios, che ha per soggetto l'immigrazione ebrea in A. alla fine del secolo scorso. Il colpo di stato del 1976 pone fine a questa rinascita costringendo all'esilio molti registi argentini. Tra quelli che rimangono a lottare contro la censura e le persecuzioni, A. Aristarain rappresenta la personalità di maggior spicco.
Il ritorno alla democrazia nel 1983 coincide con l'apertura di un nuovo corso espansivo, ripetendo una dinamica ormai familiare nella storia del cinema argentino. Un importante regista come M. Antin assume la direzione dell'Instituto Nacional de Cinematografia e riesce in tre anni a triplicare la produzione, favorendo innanzitutto i giovani autori. Il cinema argentino vive ora una nuova stagione di gloria raccogliendo premi e riconoscimenti internazionali con opere quali No habrá más penas ni olvido, una satira politica di H. Olivera sugli ultimi mesi della dittatura peronista; La historia oficial, di L. Penzo, che affronta la tragedia dei desaparecidos; Camila e Miss Mary, due ritratti di donna firmati da M.L. Bemberg; Tangos di F.E. Solanas, sugli esuli argentini a Parigi; La película del rey di C. Sorín, sulle grottesche vicende di un regista alle prese con il suo film; Hombre mirando al sudeste, una pellicola di fantascienza diretta da E. Subiela.
Bibl.: G. Hennebelle, Gomucio-Dagron, Les Cinémas de l'Amerique latine, Parigi 1981; America latina: lo schermo conteso, Venezia 1981; Argentine Cinema, a cura di T. Barnard, Toronto 1986.