ARCOS, Rodrigo Ponce de León, duca d' (e marchese di Zahara, conte di Bialen e signore della casa e villa di Marqueña)
Nel governo di Valenza s'era dimostrato tanto zelante nel real servizio, quanto energico nel farsi obbedire e privo di scrupoli. Quando, pertanto, al principio del 1646, il mite ammiraglio di Castiglia, viceré di Napoli, rinunziò al potere per non aggiungere nuove gravezze al regno, si ritenne opportuno dargli per successore il duca d'Arcos.
Come viceré di Napoli, egli salì in grande fama per i tumulti scoppiati l'anno appresso in questa città. Occasione ad essi fu una gabella imposta, con altre, sulle frutta dalle Piazze della città, per raccogliere un milione chiesto dalla corte al regno in "donativo". Il viceré, recandosi al Carmine per la solita messa del mercoledì (26 dicembre 1646), fu aggredito da una folla minacciosa di quel quartiere, reclamante l'abolizione dell'odiosa imposta. E promise di abolirla. Ma indugiata l'esecuzione della promessa, le minacce ruppero in tumulto (7 luglio 1647). Il viceré, assalito nella reggia, riparò prima nel prossimo convento di S. Luigi, poi su Castel S. Elmo e nella notte in Castelnuovo, dove si fortificò. Ma di là, crescendo i tumulti, dové con bando dichiarare abolite con quella delle frutta tutte le gabelle imposte dopo Carlo V (8 luglio). E, ritornato a palazzo, vi accolse onorevolmente Masaniello, fatto capo degl'insorti e generalissimo del popolo; approvò la capitolazione da questo presentatagli, e solennemente nella cattedrale ne giurò l'osservanza (13 luglio).
Da allora, perduta ogni forza di resistenza, cedette a tutte le pretese sempre più crescenti del popolo sfrenato e tumultuante in armi. Ma, quando davanti alla città apparve la flotta spagnola comandata da don Giovanni d'Austria, s'illuse di poter sfogare il proprio livore per le umiliazioni subite. E indusse il principe, tendente a clemenza, a trarre la più feroce vendetta degli oltraggi a lui inflitti (1° ottobre). Con ciò provocò una delle più gagliarde, più sanguinose e più durature reazioni da parte del popolo e pose in serio pericolo la signoria degli Spagnoli nel regno. Sicché, da tutti riconosciuto il duca d'A. autore principale di quella rovina, i poteri locali - Consiglio collaterale e baronaggio - gli tolsero il governo del regno, affidandolo provvisoriamente a don Giovanni (24 gennaio 1648). Il viceré, spodestato, partì da Napoli due giorni dopo, tra lo sparo dei cannoni dei castelli che vollero rendergli quell'ultimo onore, e le bestemmie del popolo, non sazio di maledirlo. Il re Filippo IV sanzionò quanto in Napoli s'era compiuto, nominando nuovo viceré il conte d'Ognatte. Reduce in patria e trascurato a corte, il duca d'A. passò nell'ombra gli ultimi suoi anni e non diede più alla storia motivo d'occuparsi di lui.
Bibl.: D. A. Parrino, Teatro... de' viceré del regno di Napoli, II, Napoli 1730; Una lettera del duca d'Arcos al duca di Parma sulla morte di Masaniello, in Arch. Stor. Napoletano, XXXII (1907), p. 841; M. Schipa, Masaniello, Bari 1925.