ARCONATI VISCONTI, marchese Giuseppe
Nato a Milano il 9 aprile 1797 dal marchese Carlo, membro del Consiglio Generale di Milano, che l'anno precedente era stato deportato a Nizza dai Francesi, e da Teresa Trotti, pia e caritatevole gentildonna, di tendenze gianseniste. Nel gennaio 1818 sposò la graziosa cugina diciassettenne Costanza Trotti e subito iniziò quelle relazioni letterarie, politiche e filosofiche che in un biennio già avevano fatto del salotto degli Arconati uno dei centri del liberalismo europeo. Nell'inverno del 1821 il marchese Giuseppe, devotissimo al Confalonieri, collaborò attivamente con lui alla preparazione del movimento costituzionale, indarno vagheggiato, e fu uno dei prescelti a collegarlo coi correligionarî d'oltre Ticino, profittando delle ragioni d'interesse che richiamavano i coniugi nei territorî sardi, dove avevano estesi possedimenti. Il 19 marzo 1821, verosimilmente con la complicità del conte Strassoldo, l'Arconati fuggiva da Milano, per evitare l'arresto, ed era subito dopo raggiunto dalla moglie e dal bimbo Carletto, coi quali si recò nel Belgio. Uno zio del marchese Giuseppe, per qualche tempo sindaco di Bruxelles durante il dominio francese, gli aveva lasciato in eredità un palazzo in quella metropoli, oltre allo storico castello di Gaesbeckk. Già in Italia gli Arconati erano divenuti intrinseci di Victor Cousin; per mezzo di lui, del Fauriel e di altri letterati transalpini, essi seppero meritarsi una crescente famigliarità con gli uomini più rappresentativi della cultura francese, prediligendo, naturalmente, i compagni di fede, cioè i liberali. Nel Belgio appoggiarono con tutte le loro aderenze i patrioti riluttanti al predominio olandese, ad esempio il Van-de-Weyer, e si trovarono quindi in una situazione di favore dopo l'insurrezione vittoriosa del 1830. Mentre il marchese Arconati, spesso vittima di un temperamento nevrotico, si addentrò nei meandri delle dottrine filosofiche e poté essere considerato un generoso visionario, sua moglie seppe guadagnarsi la considerazione universale per l'equilibrio della mente e la fortezza dell'animo. Le voci, raccolte un poco a caso dai più recenti scrittori, di ipotetiche sue vicende sentimentali, non appaiono documentate, e tutto induce a credere che le relazioni da lei annodate quasi allo stesso tempo con esuli a lungo ospitati a Gaesbeck, quali il Berchet, Giovita Scalvini e il conte Giovanni Arrivabene, abbiano sempre avuto il carattere di un'amicizia intellettuale. Per l'educazione del figlio, e anche per il desiderio di portare la polemica antiaustriaca nella roccaforte del germanesimo, gli Arconati fecero lunghi soggiorni in Germania, affrontando imperterriti a Berlino una seria minaccia di espulsione dalla Prussia. La marchesa Costanza, alla quale non era vietato l'accesso sul territorio dell'impero austriaco, moltiplicò i tentativi per far evadere il conte Federico Confalonieri dallo Spielberg; accolse poi il grande patriota a Gaesbeck, quando, reduce dalla deportazione in America, era stato escluso dal territorio francese. Gli Arconati sorressero l'ingegnere Gaggia quando aperse in Bruxelles il suo ben noto collegio italiano, dove insegnò a lungo il Gioberti. Dopo l'avvento al trono di Ferdinando II, il marchese Giuseppe fu amnistiato e tornò in Lombardia, senza rinunciare peraltro ai viaggi nel Belgio. Ma poichè ciò era loro negato dal governo austriaco, gli Arconati si risolsero a chiedere un permesso d'emigrazione definitiva. Iniziandosi il periodo delle riforme, gli Arconati si stabilirono in Toscana, collaborando attivamente con quei liberali. Accorsi a Milano dopo le Cinque Giornate, si adoprarono energicamente per la fusione col Piemonte; nei rovesci dell'agosto il marchese Giuseppe, nonostante la malferma salute, partecipò con la guardia nazionale mobile agli ultimi fatti d'arme contro gli Austriaci, poi entrambi i coniugi ripararono in Piemonte, e di là tornarono in Toscana. Nel 1850 tornarono in Piemonte, che, con la ripresa di un'ordinata vita parlamentare, offerse loro quel campo di attività, al quale li avevano apparecchiati le lunghe esperienze transalpine. Il marchese Giuseppe sedette nella Camera dei deputati, sostenendo i ministeri di destra, e, dopo la liberazione della Lombardia, fu nominato senatore. I trascorsi e le susseguenti infermità del figlio Gian Martino funestarono gli ultimi anni degli Arconati. La marchesa morì a Vienna nel 1870; suo marito le sopravvisse fino all'11 marzo 1883.
Gli Arconati furono intrinseci di Alessandro Manzoni, che spesso ospitarono nella loro villa di Cassolo, in Lomellina.
Bibl.: Vedasi la biografia che di Giuseppe Arconati scrisse A. Mauri, in Scritti biografici, Firenze 1878 e, specialmente su donna Costanza, A. Luzio, Profili biografici e bozzetti storici, Milano 1906, e A. Malvezzi, Il risorgimento italiano in un carteggio di patrioti lombardi, Milano 1924.