ARCONATI VISCONTI, Giuseppe Antonio
Di nobile famiglia, imparentata con le più illustri casate lombarde, nacque a Milano nel 1698. Niente di preciso si sa della sua formazione culturale, ma è probabile che coltivasse, oltre gli studi giuridici, anche studi letterari. come dimostrano i suoi interessi degli anni successivi.
Iscrittosi alla milizia urbana, nel 1720 fu maestro di campo nel Terzo di Porta Vercellina. Nel 1727 divenne membro del Consiglio dei Sessanta decurioni di Milano. Come avveniva per gli appartenenti alla nobiltà e ai gradi più alti dell'amministrazione, svolse missioni e ambasciate per conto della città e del governo austriaco: nel 1726 fu ambasciatore straordinario a Parma; nel 1728 partecipò al congresso di Soissons con i plenipotenziari imperiali; essendo ancora a Parma curò gli interessi dell'Impero sino alla morte dell'ultimo duca Farnese.
Durante la temporanea occupazione di Milano da parte di Carlo Emanuele III di Savoia e dei Francesi, nel corso della guerra di successione polacca, l'A. fu inviato dalla città a Parigi per chiedere un alleggerimento dei tributi imposti dalle truppe d'occupazione: ma la missione, condotta nell'agosto del 1733 col marchese Giovanni Olevano, ebbe esito negativo, tanto che i delegati milanesi non furono neanche ricevuti a corte.
Già gentiluomo di camera dell'imperatore, l'A. venne nominato l'11 apr. 1739 consigliere d'onore del Supremo Consiglio d'Italia, con la provvisione annua di 4.000 fiorini. Nel 1744 e nel 1745, durante la guerra di successione austriaca, fece parte della giunta temporanea di governo nominata dal conte Pallavicini, comandante generale della Lombardia. Nel 1745 fu anche auditore di sanità a Milano e soprintendente agli alloggi. Nel 1748, non senza pressanti richieste e raccomandazioni, fu nominato da Maria Teresa consigliere intimo attuale di stato.
Creata nel corso della riforma amministrativa della Lombardia, decretata il 30 apr. 1749, una magistratura dei confini dello Stato di Milano, l'A. venne nominato commissario generale dei confini. Ma questo ufficio, per la mancanza di strumenti che ne consentissero l'attività e di norme che lo regolassero, come anche per le frequenti controversie col Senato per ragioni di competenza, non funzionò quasi; mentre l'A. - come nel 1751 e nel 1754 - continuava a rimettere memoriali di protesta per far presenti le difficoltà incontrate, un decreto del 1753 sottoponeva l'ufficio al Senato e ne sollecitava l'attività, come ripeteva altro dispaccio del 20 apr. 1761.
L'A. tenne il commissariato dei confini fino alla morte, avvenuta nel 1763. Già da tempo era stato nominato anche luogotenente "perpetuo" dell'Ospedale maggiore di Milano. Era signore di Arconate e conte di Lomazzo, Rovellasca, Cerimido, Fenegrò e Guenzate.
Oltre all'attività politico-amministrativa, il nome dell'A. è legato alla cultura e alla società milanese del Settecento. Appassionato di teatro, ne favorì lo sviluppo ottenendo facilitazioni per le compagnie. Nel 1748 a Mantova conobbe il Medebach, che in quegli anni metteva in scena il Goldoni, incoraggiandolo nella sua riforma teatrale. Nel giugno del 1750 ospitò nella sua villa di Castellazzo il Goldoni stesso, di cui fu a Milano il più entusiasta ammiratore e protettore. Il Goldoni, che rimase poi con lui in corrispondenza fino al 1758, gli dedicò, nella stampa fatta a Venezia nel 1751, la Putta onorata, rappresentata la prima volta due anni innanzi.
Amante dell'arte, fece della sua meravigliosa villa di Castellazzo, un sontuoso edificio barocco fatto costruire dal nonno Galeazzo ai primi del Settecento e chiamato allora la "piccola Versailles", il centro di ritrovo della società milanese. Il Goldoni, nella dedica della Putta onorata, ne descrive il fastoso scenario e ricorda lo splendido mecenatismo dell'Arconati (Tutte le opere, II, p. 418).
Tuttavia il mondo culturale dell'A. è più splendore esteriore che sostanza; né in lui, né nell'ambiente di cui è centro, v'è qualcosa del contemporaneo movimento rinnovatore che anima tanta parte della società e della cultura milanese del Settecento.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Araldica, p.a. cart. 25; Uffici e trib. regi, p. a. cart. 46; Le Delizie della villa di Castellazzo descritte in verso dall'ab. Domenico Felice Leonardi, Lucchese, fra gli Arcadi Ildosio Foloetico, Milano 1743; Lettere di Carlo Goldoni e di Girolamo Medebach al conte G. A. A.-V., a cura di A. e A. Spinelli, Milano 1882; Fogli sparsi del Goldoni, raccolti da A. Spinelli, Milano 1885; C. Goldoni, Tutte le opere,a cura di G. Ortolani, Milano 1956, II, 417-419; XIV, pp. 173 ss.; F. Cusani, Storia di Milano, II, Milano 1863, p. 237; III, ibid. 1864, p. 51; G. De Castro, Carlo Emanuele III e il Milanese (1733-1738), in Arch. stor. lombardo, X, 3 (1883), p. 503 ss.; G. De Castro, Milano nel Settecento, Milano 1887, pp. 125 ss.; V. Adami, La magistratura dei confini nello stato di Milano, in Arch. stor. lombardo, XL(1913), pp. 126-157; A. Annoni, Gli inizi della dominazione austriaca, in Storia di Milano, XII, Milano 1957, p. 183, 217; G. C. Bascapè, Araldica Milanese, ibid., p.637.