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ARCONATI LAMBERTI, Giovanni Gerolamo

di Elvira Gencarelli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)
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ARCONATI LAMBERTI, Giovanni Gerolamo

Elvira Gencarelli

Nulla si sa di sicuro intorno alla sua nascita: molto probabilmente l'A. era figlio illegittimo d'un Arconati e, forse, d'una Lamberti, "nato nella Parrocchia di S. Bartolomeo di Porta Nuova" a Milano, secondo la sua diretta testimonianza.

Secondo quanto risulta dalla sua Vita di Bartolomeo Arese, l'A. frequentò gli studi al collegio di Brera trasferendosi poi a Venezia e successivamente a Roma, dove probabilmente partecipò all'attentato contro monsignor Iacopo Altoviti, patriarca di Alessandria (1672). In seguito all'imputazione di questo e forse anche di altri due omicidi, l'A. decise di recarsi a Ginevra, dove giunse nella primavera del 1673. Ritenuta sospetta la sua presenza dal Consiglio dei Venticinque, fu ripetutamente invitato ad uscire dalla città; ma l'A. riuscì a superare le intimidazioni del Consiglio presentando al Concistoro un'abiura dal cattolicesimo e ottenendo (forse a Basilea) l'ammissione al calvinismo; a Ginevra l'A. sposerà Jeanne Jercellat, appartenente a cospicua famiglia borghese.

Trasferitosi a Basilea intorno al 1677, dopo un'ennesima ingiunzione di lasciare Ginevra, e un breve periodo di prigionia, l'A. non solo ebbe intrighi e corrispondenze, ai danni della Francia, con il conte Sansone di Broglio, che era stato incaricato dall'imperatore di una missione segreta nella Svizzera settentrionale, ma, divenuto agente segreto della Spagna, favorì i tentativi degli ugonotti fuggiaschi dopo la revoca dell'editto di Nantes. Il che non impedì d'altro canto all'A. di vendere all'ambasciatore francese tutte le notizie di cui poteva venire a conoscenza.

Nel 1678 l'A. era di nuovo a Ginevra, quando la pubblicazione di un libello infamante contro il cardinal Portocarrero (Gli amori del cardinale Portocarrero colla Principessa di Scialè) provocò la sua condanna da parte del tribunale dell'Inquisizione di Chambéry. Arrestato in territorio sabaudo, nel giugno 1679, l'A. riuscì ad evadere in settembre, rifugiandosi di nuova Ginevra, dove rimase tranquillamente fino al 1684.

Durante il soggiorno ginevrino l'A. scrisse e pubblicò alcune opere che la tradizione critica dal Poggiali al Marchand, fino alla moderna Bibliographie des ouvrages relatifs à l'amour, ha concordemente attribuito a G. Leti, ma che, proprio a un esame dell'epistolario del Leti, rivelano la paternità dell'A. (v. soprattutto le lettere al Magliabechi del 17 marzo e 3 luglio 1679).

Si tratta del Governo del Duca d'Ossuna (apparsa nel 1678 con la falsa indicazione di Colonia, appresso Battista della Croce, ristampata da M. Fabi nel 1854 ancora come opera del Leti); del Divortio Celeste,o meglio delle due parti aggiunte nel 1679 alla ristampa del pallavicinesco Divortio celeste cagionato dalle dissolutezze della sposa romana, Villafranca 1643, che l'A. integrò con la pubblicazione di un quarto tomo: Il testamento di Ferrante Pallavicino detto il Flagello de' Barberini; de L'Inquisitione processata, opera storica e curiosa, apparsa nel 1681 colla falsa indicazione di Colonia, appresso Paolo della Tenaglia; e infine della Vita di Bartolomeo Arese presidente del Senato di Milano,1682, anch'essa con l'indicazione di Colonia, appresso Francesco della Torre.

Fra queste opere, scarsamente originali sono L'Inquisitione processata, che può accostarsi alla Doppia impiccata e al Sindicato di Alessandro VII del Leti, e il Divortio Celeste, continuato sulla traccia aridamente didascalica e aspramente polemica che aveva fornito il Pallavicino (o chi per lui) nella prima parte. Maggior interesse storico e letterario riservano le altre due opere, nelle quali, senza troppo indugiare sui "riflessi politici", il racconto delle prepotenze del duca d'Ossuna ovvero la "contezza delle azioni, della vigilanza, del credito, della carità... dell'Arese" si articola agilmente sullo sfondo di una rappresentazione viva e sconcertante della corrotta vita italiana del sec. XVII.

Come giustamente nota lo Spini, l'A. rientra solo in maniera marginale ed episodica nella storia del libertinismo italiano: ché nelle sue opere, confuse nella numerosa produzione pseudo-pallavicinesca, invano si ricerca il tono clamorosamente irreligioso o sottilmente beffardo del Piacentino. Caratterizzano l'attività libellistica dell'A. un più limitato orizzonte culturale e politico e una più affrettata esperienza letteraria: elementi che si risolvono nella polemica a sfondo meramente scandalistico, intessuta di ispide e monotone argomentazioni politiche.

Dal 1685 la biografia dell'A. è ricostruita in forma congetturale dal Fassò. In quest'anno l'A. si sarebbe trovato ad Amsterdam, dove, divenuto nel 1691 segretario di lord Bentinck, conte di Portland, sembra che avesse raggiunto un tale grado di dignita e di nobiltà da far dimenticare i suoi burrascosi trascorsi.

Nel 1702 diresse per qualche mese la rivista politica Nouvelles des cours où l'on voit tout ce qui s'y passe de plus remarquable sur la politique et l'interêt des Princes, continuazione de L'Esprit des cours, sospesa dal governo per i suoi attacchi alla Francia, mentre venivano pubblicati, sotto la sigla Mr. L. B. T., i Mémoires de la dernière Revolution d'Angleterre (attribuiti all'A. dal Bayle, dal Barbier e dal Didot): modesta esposizione degli avvenimenti dal 1685 al 1689, per esaltare la rivoluzione inglese dal punto di vista riformato.

Abbandonata ogni attiva partecipazione alle vicende politico-diplomatiche, nel 1718 l'A. si ritirò a Nyon, nel cantone di Vaud, dove trascorse l'ultimo periodo della sua vita e dove attese probabilmente alla pubblicazione in dodici volumi dei Mémoires pour servir à l'Histoire du XVIIIe siècle contenant les negociations, traitéz, resolutions, et autres documents autentiques concernant les affaires d'état  (Amsterdam 1724-343 1735-40, 1757).

Nel 1723 l'A. ottenne non solo il titolo di barone di Santo Stefano, ma anche la carica di residente del langravio di Assia-Cassel e del re di Svezia presso le repubbliche di Berna e di Ginevra; ufficio che ricoprì fino alla morte, avvenuta l'11 gennaio 1733.

Bibl.: L. Fassò, Avventurieri della penna del Seicento, Firenze 1923, pp. 273-315 (fondamentale; con bibl.); G. Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle relig. nel Seicento ital., Roma 1950, pp. 191, 272-278; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1952, p. 503.

Vedi anche
letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... Berna (ted. Bern; fr. Berne) Città capitale della Svizzera (122.422 ab. nel 2007), capoluogo del cantone omonimo. Situata a 545 m s.l.m. è bagnata dall’Aare; sulla riva sinistra si trovano i quartieri vecchi, sulla destra i quartieri più nuovi; il fiume è attraversato da numerosi ponti. A S della città sorge ... Amsterdam Città dei Paesi Bassi (747.584 ab. nel 2008; 1.028.603 ab., considerando l’intera agglomerazione urbana), nella provincia dell’Olanda Settentrionale, situata sull’estremo tronco del fiume Amstel canalizzato. È capitale dei Paesi Bassi (l’Aia è la sede del governo e dei sovrani).  ● Parte integrante della ... Ginevra (fr. Genève; ted. Genf) Città svizzera (179.971 ab. nel 2008), la maggiore della Svizzera francofona, capitale dell’omonimo cantone. Sorge a 378 m s.l.m., all’estremità sud-occidentale del lago omonimo e sulle rive del Rodano, che alla periferia della città riceve da sinistra l’Arve. Dominata, da S, ...
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lambire
lambire (poet. làmbere) v. tr. [dal lat. lambĕre] (io lambisco, tu lambisci, ecc.; poet. io lambo, ecc.). – 1. letter. Sfiorare con la lingua, leccare lievemente: il gatto lambiva una ciotola di latte; l’agnellino mi lambiva la mano. 2....
lambiménto
lambimento lambiménto s. m. [der. di lambire], raro. – L’atto, il fatto di lambire.
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