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ARCIPRETI DELLA PENNA, Girolamo

di Gaspare De Caro - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)
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ARCIPRETI DELLA PENNA, Girolamo

Gaspare De Caro

Nato a Perugia da Giacomo intomo al i 470, fu tra i protagonisti delle feroci contese che insanguinarono Perugia e l'Umbria tra il sec. XV e il XVI. Sin dal 1488 fu sostenitore della fazione dei Baglioni contro i fuorusciti perugini raggruppati intorno alla famiglia Oddi, in aspro contrasto con il fratello Agamennone, che militava nella parte opposta.

La notte del 6 giugno 1491 si distinse insieme con Simonetto Baglioni nel respingere il tentativo degli Oddi di rientrare di sorpresa in Perugia e successivamente prese parte a vari scontri contro i fuorusciti nel territorio di Perugia e in quelli limitrofi. Nella primavera dei 1495 capeggiava le fanterie perugine che con la cavalleria comandata da Astorre Baglioni strapparono ai fuorusciti il castello di Passignano. Nei due anni successivi l'A. si pose al servizio della Repubblica di Venezia e conibatté in Toscana nella guerra di Pisa contro i Fiorentini. Ma intanto, momentaneamente sopraffatti gli Oddi e i loro sostenitori, nuove divisioni si profilavano nella fazione rimasta padrona di Perugia, nuovi disordini, inimicizi e risse sanguinose turbavano la città e l'A. ne era tra i maggiori responsabili.

La sua ambizione lo spingeva ad assumere atteggiamenti di emulo nei confronti dei Baglioni; d'altra parte, la sua forza era reale, ché aveva con sé tutto il borgo di S. Angelo, ostile a quello di S. Pietro fedele ai Baglioni. Questi furono costretti a tenerne conto e a dividere con l'A. il governo della città: nel 1497 egli fu, infatti, prescelto tra i sei Riformatori della giustizia, incaricati di porre termine ai disordini cittadini.

In questa rivalità si inserì però il signore di Camerino Giulio Varano, che, deciso a fare dell'A. uno strumento dei suoi progetti contro i Baglioni, sollecitò l'ambizione di lui offrendogli la sua protezione. L'alleanza tra l'A. e il Varano venne sancita con un matrimonio: l'A. ne sposò nel 1498 una nipote, sorella di Carlo Baglioni. Nell'estate dello stesso anno i rapporti dell'A. con i Baglioni si ruppero definitivamente quando l'A., per incarico del Varano, si fece mandante dell'assassinio di un amico di Gismondo Baglioni, Angelo Piccinini.

Il timore della vendetta di Gismondo spinse ancor più l'A. nel campo dei nemici dei Baglioni: nell'autunno 1498 egli accettò il comando delle truppe inviate dal duca Guidubaldo d'Urbino a recuperare la torre detta del Bigazzino, al confine tra i territori perugino e urbinate, occupata di sorpresa dai Baglioni. Già l'A. era giunto a Sigillo con il suo piccolo esercito, quando il cardinale Giovanni Borgia, inviato a Perugia da Alessandro VI, pose fine pacificamente alla contesa, obbligando i Baglioni a restituire a Guidubaldo la torre. Lo stesso cardinale ottenne poi la pacificazione tra Giulio Varano e i Baglioni, pacificazione che permise il rientro dell'A. in Perugia; ma subito l'A., scontento per l'atteggiamento del legato pontifìcio, che gli sembrava favorire le pretese di assoluto dominio dei Baglioni, riprese ad agitare il borgo S. Angelo contro i signori di Perugia. Un significato d'aperto favore ai Baglioni egli attribuì al provvedimento dei legato del maggio iSoo volto ad abolire la magistratura dei Dieci della Guerra. Invano i Baglioni cercarono di acquietare le sue proteste chiamandolo nuovamente a far parte dei Riformatori.

Da allora l'A., probabilmente fiducioso nell'aiuto del Varano o addirittura per iniziativa di questo, prese a vagheggiare il progetto di un colpo di mano che eliminasse in una sola volta Guido, Gismondo, Astorre, Giampaolo e Simonetto Baglioni. L'A. seppe guadagnare alla congiura dapprima il cognato Carlo Baglioni, appartenente a un ramo della famiglia di assai minor prestigio e autorità e disposto a qualunque eccesso per sopraffare i più fortunati congiunti, poi Grifonetto Baglioni, esasperato per una presunta relazione della moglie col cugino Giampaolo. La notte tra il 14 e il 15 luglio i congiurati entrarono di sorpresa, con alcuni borghigiani di S. Angelo, nelle case dei Baglioni e l'A. uccise di propria mano Gismondo, di cui non aveva cessato di temere la vendetta. Il mattino successivo l'A. prese il comando delle milizie cittadine e tentò di organizzare la difesa di Perugia contro il prevedibile ritorno di Giampaolo, sfuggito alla strage; ma quando Giampaolo si presentò davanti alla città con le truppe di Vitellozzo Vitelli, l'A., forse preoccupato di una possibile reazione cittadina contro la sua efferata iniziativa, preferì abbandonare Perugia insieme con Carlo Baglioni, mentre le milizie di Giampaolo, entrate in città, trucidavano Grifonetto.

L'A. e il Baglioni si rifugiarono dapprima a Bettona, sotto la protezione di Matteo Crispolti; catturato questo da Giampaolo, raggiunsero Urbino, dove riuscirono a radunare alcune decine di fuorusciti perugini, con i quali nel gennaio 1501 si diressero verso Foligno, tradizionalmente ostile ai signori di Perugia. Affrontati e sconfitti lungo la strada da Giampaolo, si posero ancora in salvo e nel mese successivo, con fanti e cavalli radunati tra i fuorusciti di Viterbo, Todi e Ascoli, iniziarono una feroce guerriglia nei territori di Nocera e Fossato. Conquistate le due località, dopo uno spaventoso saccheggio, ne fecero le proprie basi per scorrerie nel territorio perugino.

Resasi insostenibile la loro posizione dopo la sconfitta dei fuorusciti che facevano capo agli Oddi, avvenuta a Cortona ad opera di Adriano e Giampaolo Baglioni, accettarono l'invito di Muzio Colonna a recarsi nel Regno di Napoli per combattere con Federico III d'Aragona contro gli invasori francesi. L'A. si distinse nella difesa dell'Aquila; ma nel gennaio del 1503, quando il duca Valentino ingiunse al senato di Perugia di espellere i Baglioni e Giampaolo fu costretto a uscire dalla città, l'A. poté farvi ritorno riottenendo da Alessandro VI il possesso dei beni. Dopo la morte del pontefice cercò, d'accordo con Carlo Baglioni, di impedire a Giampaolo il ritorno a Perugia, soprattutto fidando nell'aiuto di Muzio Colonna; ma questi fu sconfitto dal Baglioni prima che l'A. potesse raggiungerlo: ai primi di settembre dei 1503 l'A. dovette ancora una volta abbandonare Perugia. Dopo questa data, non si hanno più sue notizie, ma era ancora vivo nel settembre 1506, quando Giulio II entrò in Perugia e indusse Giampaolo Baglioni alla pace con i fuorusciti: dal condono furono esclusi Carlo Baglioni e l'A., giudicati alla stregua non di avversari politici, ma di efferati assassini.

Fonti e Bibl.: Cronaca della città di Perugia dal 1492 al 1503 di Francesco Matarazzo detto Maturanzio a cura di A. Fabretti, in Arch. stor.ital., XVI, 2 (1851). pp. 1-243, passim; A. Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, III. Montepulciano 1844, passim; Le nozze di Astorre I Baglioni celebrate in Perugia nel 1500. Narrazione tratta dalle cronache inedite di Francesco Maturanzio, a cura di G. B. Vermiglioli Peragia 1844; L. Bonazzi, Storia di Perugia..., II, Perugia 1879, pp. 17, 20, 22, 25, 28, 30, 34 44, 54; L. de Baglion, Pérouse et les Baglioni, Paris 1909, passim.

Vedi anche
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