architettura
Un riferimento teorico all'a. nella Monarchia (III IV 1), nella polemica contro coloro i quali sostengono che l'Impero dipende dalla Chiesa velut artifex inferior dependet ab architecto. Questa dipendenza degli artefici inferiori dall'architetto si fonda sull'appartenenza dell'architettura al novero delle scienze, e non delle arti meccaniche, che era stata teorizzata da Alberto Magno; e non riguarda soltanto i muratori, carpentieri, fabbri, cioè tutte le maestranze operanti in un cantiere, ma anche gli scultori e i pittori. Secondo la tradizione medievale, scultori e pittori erano infatti artefici meccanici, a differenza degli architetti (i quali, aveva scritto Alberto Magno, sanno più che non gli artefici manuali) in quanto scultura e pittura erano organicamente legate all'architettura, principalmente negli edifici destinati al culto, e pittori e scultori lavoravano nei cantieri alle dipendenze degli architetti, cui spettava l'ideazione delle sculture e dei dipinti murali che dell'edificio erano parte integrante. E di questo legame organico di architettura, pittura e scultura (che nel secolo XII era stato attestato negli scritti autoapologetici dell'abate Suger, committente della basilica di Saint-Denis e fondatore dell'architettura gotica) possiamo trovare una testimonianza in Pg X, dove gli intagli di antiche immagini hanno la stessa funzione, non solo decorativa, ma ammaestrativa per i riguardanti, che le sculture hanno all'esterno delle chiese romaniche e gotiche (negli interni, questa funzione è assolta principalmente, ma non esclusivamente, dalle pitture murali). Nello stesso canto, il famosissimo paragone Come per sostentar solaio o tetto, / per mensola talvolta una figura / si vede giugner le ginocchia al petto (vv. 130-132) riferisce uno tra i più tipici esempi di dipendenza, anche strutturale, della figurazione plastica dalla funzione architettonica. Di questa rispondenza tra l'immagine usata da D. nella sua similitudine e l'impiego funzionale delle statue nell'architettura, che a D. risultava dall'osservazione di monumenti romanici e gotici (ma che doveva prolungarsi fino al Rinascimento e oltre) si accorse già l'abate Cesari, il quale, nel Dialogo IV sul Purgatorio del suo libro sulle Bellee della Divina Commedia di Dante Alighieri (1824-26), fa dire da uno degli interlocutori principali, il cavalier Agostino Zeviani: " Oh, oh! mi par vedere i due gobbi della pietra a S. Anastasia nostra, che appunto così rannicchiati, portano sullo scrigno quinci e quindi le due pile dell'acqua santa ".
I due ‛ gobbi ' di S. Anastasia in Verona sono opere assai posteriori alla morte di D.: ma l'impiego delle mensole e cariatidi era assai diffuso nelle costruzioni romaniche e gotiche, a cui necessariamente rinvia ogni riferimento contenuto nella Commedia all'architettura, e ai suoi rapporti con la pittura e la scultura. E l'analogia tra la Commedia e le cattedrali gotiche non doveva tardare a essere sottolineata dalla critica del Romanticismo, che accomunò in una sola rivendicazione così quanto nell'architettura gotica era spiaciuto alla critica illuminista, come quella ‛ costruzione ' della Commedia che i letterati dell'Illuminismo avevano condannata, con argomenti non dissimili da quelli con cui gli storici d'arte a loro più vicini avevano giudicato negativamente l'architettura da loro definita ‛ gotica ', e che comprendeva anche quella che oggi è conosciuta come ‛ romanica '.
Tra i primi, se non il primo, a rivendicare, come uno dei pregi della Commedia, la sua analogia con le cattedrali gotiche, fu lo storico francese Antonio Federico Ozanam, nel volume Dante et la philosophie catholique au XIII° siècle (1839-1845); ma dopo di allora il paragone doveva diventare un luogo comune, fino a perdere quel significato critico che ad esso può venire dal fondarsi sopra una lettura che si propone di intendere il poema secondo la concezione professata dal suo autore e dalla cultura di cui egli partecipava. È noto il severo giudizio formulato a questo riguardo dal Croce; il quale propose di leggere la Commedia avendo presente, se mai, non l'arte gotica nel suo fiorire, quando l'architettura subordinava a sé pittura e scultura, ma nell'ultima sua fase: quando pittura e scultura cominciavano a emanciparsi dall'architettura, e a diventare artistiche " per sé " (La poesia di Dante, Bari 1922, 69). Nella seconda metà del nostro secolo, peraltro, anche sotto l'influenza di movimenti artistici più o meno direttamente influenzati dal pensiero di Ruskin e di Morris, che mirano a riportare l'architettura in posizione egemonica rispetto alla pittura e alla scultura (e di conseguenza a rivalutare esteticamente la composizione e la costruzione; nonché la dipendenza delle immagini dalla composizione e dalla costruzione, tipica dell'architettura medievale e della Commedia nel suo aspetto architettonico), anche il rapporto tra immagine e architettura, che la critica crociana era portata a considerare nel senso di un'autonomia poetica delle immagini, ricomincia a essere valutato positivamente, sia pure con intendimento diverso da quello della critica ottocentesca. Un esempio recente di questo modo di leggere D. è quello di Hugo Friedrich: il quale ha scritto non doversi " attraversare la Divina Commedia come se fosse un museo di quadri e di statue portate via dal luogo a cui erano originariamente destinate, e collocati o appesi alle pareti in funzione di una considerazione isolata ", perché tutte le singolarità episodiche presenti nella Commedia " Si fanno comprensibili nel loro più pieno significato solo partendo dal tutto " (Dante, Wiesbaden 1956, 11-12).
La proposta di lettura formulata dal Friedrich va peraltro messa in relazione con le più recenti intepretazioni dell'architettura medievale e della sua significatività rappresentativa, soprattutto con riferimento all'architettura ecclesiastica: queste interpretazioni divergenti e spesso contrastanti sul piano propriamente storico-artistico, concordano nel riconoscimento, fondato soprattutto sul richiamo ai testi dello pseudo-Dionigi Areopagita, di una significatività dell'architettura medievale, in base alla quale la cattedrale gotica rappresentava figuralmente il Paradiso, e il suo interno era costruito in base a quella stessa metafisica della luce, di origine neoplatonica, sulla quale dichiaratamente si fonda la poetica della terza cantica. Ove si tengano presenti i risultati a cui hanno condotto le ricerche interdisciplinari degli storici recenti dell'architettura medievale, l'analogia con le cattedrali potrà essere riportata a maggior rigore scientifico, autorizzando, sia pure con le dovute cautele, una lettura della Commedia come interpretazione critica della cattedrale romanica (Inferno) e della cattedrale gotica, nel suo esterno (Purgatorio) e nel suo interno (Paradiso).
Bibl. - Oltre alle opere citate nel testo, e a quelle ricordate sotto ESTETICA, POETICA, Si vedano, tra gli studi più recenti sull'architettura medievale: G. Bandmann, Mittelalterliche Architektur als Bedeutungsträger, Berlino 1951; E. Panofsky, Architecture and Scholasticism, New York 1957; H. Sedlmayr, Die Entstehung der Kathedrale, Zurigo 1950; O. Von Simson, The Gothic Cathedral, Londra 1956. Per il legame tra D. e l'architettura gotica nel pensiero e nella critica dell'Ottocento, fondamentali le considerazioni sparse nell'opera di John Ruskin, e principalmente in Mornings in Florence (1875-77; trad. ital. di O.H. Giglioli, Firenze 1925).