ARCHINTO
. Celebre casata del patriziato milanese, nota sin dal sec. XIII per Manfredo, che si trova ricordato in un'iscrizione del 1228, e distinta per la sua opulenza sin dagli anni della dominazione viscontea e durante il principato degli Sforza. Il maggior artefice della sua ricchezza fu Giuseppe, morto nel 1476, che radunò un grande patrimonio. Suo nipote Filippo (1500-1558), dotato di particolare attitudine ai pubblici affari, s'adoperò attivamente al servizio di Francesco II, duca di Milano, il quale lo elevò alla dignità senatoria. Mandato poi ambasciatore della rappresentanza civica milanese a Bologna per l'incoronazione di Carlo V, questi lo incaricò di risolvere le sue vertenze col marchese di Monferrato e l'inviò quale ambasciatore a papa Paolo III, che lo prese a stimare e lo elesse nel 1537 governatore di Roma, poi vescovo di S. Sepolcro, di Saluzzo, indi arcivescovo di Milano. Ma l'A. non poté mai occupare quest'ultimo ufficio, tenutone lontano da ragioni d'indole politica. Un altro Filippo, morto nel 1622, nipote del precedente, fu vescovo di Como ed ebbe a successore Aurelio, anch'egli degli Archinto, che morì nel 1632. Il fratello di Aurelio, Ottaviano, in signito del titolo di conte di Barate nel 1634, fu l'erudito fondatore della preziosa raccolta d'epigrafi, di statue, di quadri posta nel suo palazzo in Milano. Morì nel 1655 e il ramo della famiglia cui egli appartenne è estinto. Nel medesimo anno 1634, Carlo A. fu insignito del titolo di conte di Tainate. Feudatario di Erba e delle terre annesse, replicatamente impiegato in missioni di carattere diplomatico dalla corte di Spagna, elevato poi all'ufficio senatoriale, morì nel 1665. Il figlio di lui, Giuseppe (1651-1712), arcivescovo di Tessalonica, tenne la nunziatura di Firenze, quella di Venezia e quella presso la corte spagnola; fu poi arcivescovo di Milano e ottenne la porpora cardinalizia.
Dei suoi nipoti, Gerolamo (1672-1721), arcivescovo di Tarso, venne inviato quale nunzio alla corte di Toscana, in Germania e in Polonia, e Carlo (1670-1732), dei Dodici di Provvisione, cavaliere del Toson d'oro e grande di Spagna, dotto nelle scienze naturali e gran signore, aumentò con nuovi e numerosi acquisti la già ricca biblioteca domestica e fondò un'accademia, che dotò di costosa suppellettile scientifica, con l'intento d'emulare quella del Cimento. Egli è degno di ricordo anche come uno dei fondatori della Società Palatina, editrice, nel 1723, dei Rerum Italicarum Scriptores. Fu padre di Alberico, uomo di grande dottrina, arcivescovo di Nicea, nunzio in Toscana ed in Polonia, nel 1756 elevato da Benedetto XIV alla porpora cardinalizia, vice-cancelliere di Santa Chiesa e segretario di stato, morto nel 1758. Il nipote di lui, Giovanni (morto nel 1799), fu pure cardinale e vescovo di Sabina. Giuseppe (1783-1861) raccolse in sé l'ingente patrimonio della casata: fastosissimo signore, fu inviato quale ambasciatore imperiale nel Belgio per chiedere la mano della principessa Carlotta per l'arciduca Massimiliano, futuro imperatore del Messico. Gli Archinto sono tuttora fiorenti.
Arma: Di verde, a tre fasce d'argento controinnestate; lo stemma accollato all'aquila imperiale bicipite.
Bibl.: O. Archinto, Epilogati raccolti dell'antichità et nobiltà della famiglia Archinto et de' suoi privilegi, in Bibl. Script. Mediolanensium, Milano 1745, I, p. 63 segg.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano 1819 seg., VII.