• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

Archimoro

di Guido Martellotti - Enciclopedia Dantesca (1970)
  • Condividi

Archimoro

Guido Martellotti

È il nome (esattamente Archemoro) con cui fu chiamato Ofelte, figlio di Licurgo re di Nemea nell'Argolide, in quanto i Sette della spedizione contro Tebe videro nella sua morte un triste presagio (greco Ἀρχέμορος propriamente " che precede nel destino "); secondo una tradizione i Sette stessi istituirono in suo onore le feste Nemee.

Ancora infante egli era stato affidato dal padre a Ipsipile (Isifile per D.), divenuta da regina di Lemno sua schiava. Essa lo abbandona momentaneamente sull'erba di un prato per condurre i Sette, riarsi dalla sete, alla fonte Langia, e indugia alquanto a raccontare al loro capo, Adrasto, la sua storia. Nel frattempo il bimbo è ucciso da un serpente. Le parole con cui, secondo Stazio, Ipsipile piange la sorte di A. e sua, sono tradotte da D. in Cv III XI 16 sì come dice Stazio nel quinto del Thebaidos, quando Isifile dice ad Archimoro: " O consolazione de le cose e de la patria perduta, o onore del mio servigio " (cfr. Stazio Theb. V 609-610 " ... O rerum et patriae solamen ademptae / servitiique decus... "). La citazione di Stazio segue quella di un passo di Virgilio (Aen. II 281) e serve, anch'essa, a provare come per alcuno fervore d'animo, talvolta l'uno e l'altro termine de li atti e de le passioni si chiamano e per lo vocabulo de l'atto medesimo e de la passione. Nel caso particolare A. è chiamato consolazione e onore, mentre egli è il termine donde consolazione e onore provengono. Per illustrare una figura retorica, D. si è riferito qui al punto cruciale di una vicenda che, attraverso il racconto di Stazio, egli ha seguito in tutte le fasi del suo svolgimento (v. ISIFILE).

  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali