MISCHI, Archimede
MISCHI, Archimede. – Nacque a Forlì, il 26 marzo 1885, da Ulisse e Rosa Silvagni.
Allievo della Scuola militare di Modena dal novembre 1904, ne uscì sottotenente due anni dopo, e venne assegnato al 1° reggimento granatieri.
Nel 1908 ottenne una menzione onorevole per l’opera di soccorso prestata a Messina in occasione del terremoto.
Tenente dal luglio 1909, dal settembre 1912 fu in Libia con il battaglione granatieri, rimpatriando nel luglio 1913. Assegnato nel settembre dello stesso anno al 6° reggimento fanteria della brigata Aosta, il 28 dicembre sposò Michela Vitrano, da cui ebbe due figli. Destinato al 19° reggimento fanteria e promosso capitano nel dicembre 1914, nel gennaio successivo venne assegnato al 142° reggimento fanteria (brigata Catanzaro) con il quale entrò in guerra.
Nel corso del conflitto, ferito il 26 luglio a Castelnuovo del Carso, ottenne una medaglia d’argento; temporaneamente alla testa di un battaglione, meritò una seconda medaglia d’argento per i combattimenti svoltisi, tra il 21 ottobre e il 1° nov. 1915, a Bosco Cappuccio, dove rimase nuovamente ferito ed ebbe la promozione a maggiore per merito di guerra. Il 6 ag. 1916, sul San Michele, una terza ferita alla spalla sinistra gli meritò una terza medaglia d’argento e, a ottobre, per il suo comportamento complessivo nel corso della guerra e in particolare per la difesa del Monte Cengio, fu insignito della croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. Assegnato, il 26 genn. 1917, al 90° reggimento fanteria (brigata Salerno), ne guidò un battaglione rinforzato all’assalto delle trincee nemiche a Hudi Log, sul Carso, ottenendo un’altra medaglia d’argento e riportando una ferita al braccio sinistro che gli causò un’invalidità permanente. Ricoverato in un ospedale militare, ottenne poi, il 25 novembre, la promozione a tenente colonnello e venne destinato il 3 luglio 1917 al deposito fanteria di Genova. Le sue condizioni di salute lo obbligarono però successivamente a una lunga permanenza presso il centro fisioterapico del VII corpo di armata, protrattasi dal 14 ag. 1918 al 6 dic. 1919, con intervallo di tre mesi e mezzo, tra il 17 dic. 1918 e il 1° apr. 1919, durante il quale il M. fu destinato alla sottocommissione addetta all’interrogatorio degli ex prigionieri rimpatriati, a Firenze.
Assegnato, il 6 dic. 1919, al deposito dell’81° reggimento fanteria a Roma, a disposizione del ministero degli Interni, probabilmente per l’organizzazione della regia guardia di pubblica sicurezza, il M. fu temporaneamente trasferito al 226° reggimento fanteria il 19 ott. 1920 e, dieci giorni dopo, al 6° fanteria a Palermo, del cui tribunale militare speciale fu nominato giudice supplente il 7 luglio 1921 (incarico mantenuto fino al 4 maggio 1924). Il 22 ott. 1922 era stato trasferito alla locale scuola allievi ufficiali di complemento e sottufficiali dove rimase fino al 14 marzo 1926 quando, a domanda, venne posto in aspettativa per riduzione di quadri.
Il M. era stato probabilmente indotto ad avanzare questa domanda perché, pur avendo raggiunto il grado di tenente colonnello relativamente in giovane età, aveva davanti a sé prospettive di avanzamento abbastanza limitate sia per l’intasamento dei gradi superiori, legato alla Grande Guerra, sia perché non aveva potuto frequentare la Scuola di guerra alla quale ora, dati il grado rivestito e l’età, non era più possibile l’accesso. In ogni caso al M. non doveva essere sfuggito come diversi colleghi, in situazioni simili alla sua, avessero iniziato una nuova carriera nei ranghi della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN).
In effetti, il 26 apr. 1927, il M. si iscrisse alla MVSN e, dopo aver ottenuto, in ausiliaria, la promozione a colonnello con anzianità 2 febbr. 1927, ebbe subito il comando della 171° legione Vespri di Palermo, con il grado di console, equivalente, appunto, a quello di colonnello.
Per temperamento ed esperienza portato all’azione, il M. avrebbe voluto essere trasferito in Libia, per partecipare con le unità della Milizia alle operazioni della riconquista e, quando per la prima volta a Roma nel 1928 incontrò B. Mussolini, gli espresse questo suo desiderio. Inizialmente Mussolini pensò di fargli organizzare e comandare il corpo dei metropolitani in corso di costituzione nella capitale, ma – dopo che il progetto presentato dal M. venne respinto per l’ostilità di A. Bocchini, allora capo della polizia – in ottobre lo incaricò del comando e del riordino dell’82ª legione della MVSN «Benito Mussolini» di Forlì. Incarico che il M., anche perché originario della città, riuscì a svolgere nonostante alcune resistenze dell’ambiente politico locale. Entrato a far parte del Direttorio federale, nel gennaio 1929, e nominato in settembre presidente della Federazione provinciale dei combattenti, nel marzo 1930 il M. fu ricevuto da Mussolini il quale gli espresse il proprio compiacimento per l’avvenuta ristrutturazione della legione e, invece di destinarlo in Libia, come di nuovo il M. aveva richiesto, gli assegnò il comando dell’82° legione «Alessandro Farnese» di Parma.
Soltanto nell’ottobre 1932 il M. vide esaudito il suo desiderio e, richiamato in servizio temporaneo dal R. Esercito per conto e a disposizione del ministero delle Colonie, fu inviato in Cirenaica al comando della 2ª legione libica della Milizia «Berenice». In Libia, però, le operazioni per la riconquista si erano ormai concluse e il M. dovette rassegnarsi a una tranquilla vita di guarnigione coloniale, che gli fruttò comunque, nel settembre 1934, la promozione a console generale (generale di brigata) della Milizia e, il 20 giugno 1935, quella a generale di brigata del R. Esercito per meriti eccezionali.
In vista della guerra con l’Etiopia, il 3 giugno 1935 il M. fu destinato alla divisione Camicie nere «XXI Aprile» (3ª), come vicecomandante sbarcò in Eritrea il 12 settembre. Durante la campagna, il 29 febbr. 1936, ad Acab Saat, per aver condotto personalmente all’assalto le proprie truppe ebbe modo di meritarsi un’ultima medaglia d’argento. Il M. rimase in Africa Orientale anche dopo la fine della guerra.
Con le truppe della divisione Camicie nere «Tevere» (6ª), delle cui funzioni di comando era stato incaricato il 25 sett. 1936, partecipò alle operazioni contro ras Destà. Promosso poi luogotenente generale della Milizia, il 21 giugno 1937, e generale di divisione dell’esercito a novembre, il M. fu nominato, a dicembre, ispettore delle Camicie nere in Africa Orientale reggendo al contempo il comando della 6ª brigata mista Camicie nere Tevere. Durante la sua permanenza oltremare il M. svolse anche mansioni politico-amministrative quale commissario, dapprima a Moggio e poi a Dessiè.
Rimpatriato il 1° sett. 1938, il M. nel maggio 1939 fu incaricato del comando della Milizia confinaria.
Nell’ambito della MVSN, la Milizia confinaria aveva come compito istituzionale la sorveglianza delle frontiere terrestri per impedire espatri e ingressi clandestini ed era organizzata con un comando a Torino e quattro legioni dislocate lungo l’arco alpino per complessivi 120 ufficiali e 2200 sottufficiali e militi.
Il M. resse il comando della Confinaria sino al 1943, tranne un periodo di alcuni mesi – tra il gennaio e l’ottobre 1941 – in cui venne distaccato come ufficiale di collegamento della Milizia presso l’11ª armata, sul fronte greco-albanese.
Durante la fase finale del periodo di comando del M. – che con decorrenza 1° genn. 1942 era stato promosso generale di corpo d’armata – la Confinaria fu impegnata in numerosi scontri con i partigiani jugoslavi nella Venezia Giulia e nelle zone annesse di Fiume e Lubiana, tanto che si rese necessario costituire e mobilitare uno specifico battaglione «M».
Poco dopo la caduta del fascismo, il 9 ag. 1943, il M. cessò dal comando della Confinaria e passò a disposizione del comando generale della Milizia. A fine settembre, dopo l’armistizio, il M. si presentò, a Roma, al maresciallo R. Graziani che gli offrì il comando dell’arma dei carabinieri. Accettato l’incarico il 3 ottobre e assunto il comando il giorno successivo, il M. lasciò Roma sia per conferire con Mussolini, che al momento si trovava alla Rocca delle Caminate, sia per sistemare, a Forlì, i suoi affari di famiglia. Era quindi assente da Roma quando, il 6 ottobre, il comando tedesco impose alle locali autorità militari della Repubblica sociale italiana (RSI) il disarmo e l’internamento in Germania dei carabinieri presenti nella capitale. La notizia dell’accaduto, diffusa in tutta Italia, rese quanto mai difficili i susseguenti tentativi del M. di inserire l’Arma, tendenzialmente legata alla monarchia, nella nuova realtà politica. Tanto più quando, nonostante i contatti del M. con Mussolini e con K.F.O. Wolff, l’8 dic. 1943 fu decisa l’istituzione della guardia nazionale repubblicana nella quale dovevano confluire Milizia, carabinieri e polizia dell’Africa Italiana. Nei mesi successivi il M. rimase in una posizione defilata all’Ufficio stralcio dei carabinieri cui si aggiunse, dal 2 genn. 1944, la presidenza della commissione incaricata della revisione dei quadri degli ufficiali del R. Esercito che volevano transitare in quello della RSI. Il 14 maggio, però, ammalatosi il capo di stato maggiore, generale G. Gambara, il M. fu destinato a sostituirlo.
Anche se il M., non avendo frequentato la Scuola di guerra né alcun altro corso sostitutivo, si sentiva impreparato a tale compito, la posizione subalterna delle forze armate della RSI rispetto ai comandi tedeschi svuotava di fatto quasi completamente delle sue funzioni lo stato maggiore «repubblichino», specie per quanto atteneva ai piani operativi e all’impiego delle truppe al fronte contro gli Alleati, cosicché gli sforzi del M. si orientarono principalmente contro l’attività partigiana. A fine luglio – pur conservando la carica di capo di stato maggiore – il M. ricevette da Graziani l’ordine di «normalizzare» il Piemonte utilizzando una divisione che sarebbe stata costituita a tale scopo. E fu comunque in questa regione che il M. esercitò prevalentemente la sua azione, anche se continuò a tenere una serie di rapporti con i comandanti delle altre zone militari cercando di mantenere in qualche modo un’unità di indirizzo dei diversi reparti, attraverso una serie di ispezioni, l’ultima delle quali, a fine marzo 1945, si svolse presso le truppe, sotto il comando tedesco, dislocate lungo il litorale adriatico.
Ripiegato da Milano a Lecco, il 25 apr. 1945, tentò il suicidio, tagliandosi le vene. Ricoverato in ospedale in stato di coma, fu successivamente consegnato dagli Alleati alle autorità italiane. Rinviato a giudizio davanti alla Corte di assise speciale di Torino per una serie di reati legati alla sua attività nella RSI e al suo operato in Piemonte, il M. ottenne, il 3 giugno 1947, che la Corte di cassazione spostasse il suo processo, per legittima suspicione, presso la corte di assise – sezione speciale – di Roma.
Il dibattito si svolse tra il 13 novembre e il 3 dic. 1947 e si concluse con la richiesta della pena di morte da parte del pubblico ministero. La sentenza, che proscioglieva il M. da alcuni capi di imputazione, lo condannò a diciotto anni di reclusione, di cui sei condonati, oltre alle pene accessorie; un successivo ricorso in Cassazione venne respinto il 27 apr. 1949.
Con l’abbuono di sei anni di pena, nel gennaio 1950 il M. fu scarcerato.
Proseguendo nell’iter giudiziario dei ricorsi, il M. ottenne, il 3 giugno 1952, la riabilitazione dalla corte di appello di Roma; il 18 ott. 1955 la Corte di cassazione annullò la sentenza del 1947 «per non aver commesso il fatto».
Il M. visse gli ultimi anni della sua vita a Forlì, dove si iscrisse alla locale sezione del Movimento sociale italiano, e dove morì il 15 ag. 1970.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Corte di assise di Roma, Sez. speciale, ff. 1588-1589; Roma, Archivio dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, Fondo Repubblica sociale italiana, bb. 1, 2; F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino 1963, ad ind.; R. De Felice, Mussolini. L’alleato, II, La guerra civile, Torino 1997, ad ind.; Personaggi della vita pubblica di Forlì e del circondario. Dizionario biografico, a cura di L. Tedeschi - D. Mengozzi, Urbino 1996, ad vocem.