Archiano
Ramo principale del corso d'acqua a carattere torrentizio della Toscana orientale; lungo circa 20 Km, nasce presso Badia Prataglia e rappresenta il più importante affluente casentinese dell'Arno, nel quale si getta presso Bibbiena. Il ramo settentrionale dell'A., meno importante per svolgimento di corso e per portata d'acqua, risponde attualmente al nome di ‛ Fosso di Camaldoli '; è questo l'A. di cui parla in Pg V 95 Bonconte da Montefeltro e di cui D. colloca le sorgenti sovra l'Ermo di San Romualdo. È probabile, come sostengono il Revelli (Italia 146) e il Bassermann (Orme 103) che l'idrografia superficiale sia mutata dai tempi di D., e che allora il Fosso rappresentasse veramente il ramo principale dell'A. e ne avesse quindi anche il nome. La divergenza geografica, comunque, riguarda soltanto le origini del corso d'acqua, perché ove Bonconte parla dello svolgimento del corso dell'A. e della sua confluenza nell'Arno è evidente la coincidenza dell'A. dantesco con l'attuale.
Dice Bonconte che l'A. a piè del Casentino / traversa (v. 95): tale verbo si può intendere secondo il Bassermann, con il significato dell'attraversamento della parte inferiore della sua valle che il corso d'acqua compie prima di giungere all'Arno, oppure, con il Mattalia, con il significato di direzione trasversale del corso inferiore dell'A. (nordest-sudovest) rispetto a quella dell'Arno in quel tratto (nordovest-sudest).
Bonconte giunge, forato ne la gola a Campaldino, alla confluenza dell'A. nell'Arno, Là 've 'l vocabol suo diventa vano (v. 97), e ivi muore. È logico che egli fuggisse proprio verso la valle dell'A. perché di qui poteva, attraverso il passo dei Mandrioli, riparare nel Montefeltro. È l'Archian rubesto (v. 125), impetuoso per la piena improvvisa (sul significato dell'aggettivo, cfr. If XXXI 106) che strazia il corpo di Bonconte e lo sospinge in Arno, con la forza accresciuta delle sue acque che, come quelle degli altri rivi grandi (v. 121), corrono veloci ver' lo fiume real (anche G. Villani così appella l'Arno: cfr. Cron. 143), così definito perché ‛ reali ' sono i fiumi che fanno capo in mare (v. ARNO).
Della pioggia violenta che arricchì d'acqua i rivi del Casentino D. può aver avuto visione diretta, come sostiene il Bassermann (Orme 102), il quale ipotizza che il poeta vide le acque dell'Arno trasportare i cadaveri dei caduti a Campaldino; è bene comunque sottolineare che D. Compagni (Cron. I 10) narra che il giorno di Campaldino " l'aria era piena di nuvoli ". Nel racconto di Bonconte le idrometeore sono di origine diabolica; quel d'inferno (v. 104) non le crea dal nulla ma dispone dei fenomeni atmosferici secondo un criterio scientifico che si ritrova in Cv IV XVIII 4.
Da notare infine che Pietro legge ‛ larchiano '; nell'ediz. Petrocchi sono in apparato riportate le varianti lerchiano, larcano, lerchano. Più volte D. parla del Casentino e dei Casentinesi; v. infatti CASENTINO.