ARCHELAOS (᾿Αρχέλαος)
Scultore greco, figlio di Apollonio, di Priene, probabilmente del II-I sec. a. C. La sua firma appare sul ben noto rilievo detto "dell'apoteosi di Omero". Si tratta di un rilievo rinvenuto nel XVII sec. sulla via Appia, a Boville (Frattocchie), nei pressi di Roma, ed ora al British Museum. Appartiene alla classe dei rilievi votivi, dedicato da un poeta dopo aver conseguito la vittoria in una gara di poesia.
La raffigurazione si svolge su vari piani, posti su sfondo architettonico o paesaggistico; vi è raffigurato il pendio di un monte (Elicona, Parnaso, Olimpo?) sulla cui cima siede Zeus che ha presso di sé Mnemosine stante (solo il Sauer la identifica con Hera). Seguono le nove Muse disposte su due piani; tra le due ultime appare Apollo accanto all'omphalos nell'interno di una grotta; all'estrema destra è raffigurata la statua di un poeta (forse Esiodo, o il poeta vincitore dell'agone) alle cui spalle è il tripode della vittoria. Sul piano inferiore appare l'apoteosi di Omero: sullo sfondo è accennato un ampio colonnato, probabilmente ad indicare l'interno di un santuario; da sinistra a destra si vedono: Oikumene e Chronos che incoronano Omero seduto su un ampio trono, ai lati del quale stanno le personificazioni dell'Iliade e dell'Odissea; sul rialzo del trono su cui poggiano i piedi del poeta, una rana e un topo stanno a simboleggiare la Batracomiomachia, attribuita a Omero. Verso destra segue una scena di sacrificio presso un'ara circolare: alla sinistra appare il Mito, raffigurato giovinetto, pronto per la libazione; alla destra la Storia sparge incenso; alle sue spalle è visibile una protome taurina. Seguono la Poesia (che regge alte due fiaccole), la Tragedia e la Commedia; all'estrema destra, il gruppo di un fanciullo (Natura) e di quattro figure femminili (Virtù, Memoria, Fede e Saggezza).
I personaggi allegorici di Oikumene e Chronos sono, secondo il Watzinger, il ritratto di due principi ellenistici, probabilmente di Tolomeo IV Filopatore e Arsinoe (o forse Alessandro I Balas e Cleopatra, o Attalo Il e la moglie?). La costruzione architettonica accennata nel piano inferiore si interpreta generalmente come il santuario costruito ad Omero in Alessandria da Tolomeo IV, nella seconda metà del III sec. a. C. Questo e la rappresentazione delle Muse forniscono un ternune post quem per la datazione del rilievo, piuttosto incerta e controversa. Il gruppo delle Muse si ispira infatti a quello dello scultore rodio Philiskos, datato alla fine del III sec., per il fatto che una Musa è stata ripresa da un copista a Pergamo all'inizio del Il sec. Il rilievo di A. viene datato con un'ampia oscillazione cronologica (Klein: principio del II sec. a. C.; Schede: metà IlI e inizio I sec. a. C., precisamente intorno al 125 a. C.), con preferenza però alla datazione più alta. La firma dello scultore appare al di sotto del trono in cui siede Zeus; anche le figure allegoriche del piano inferiore sono contrassegnate dai nomi, incisi al di sotto di esse. Il ductus delle iscrizioni pare confermare la datazione dell'opera alla fine del II sec; a. C. La Bieber ritiene che A., sebbene nativo di Priene, sia da considerarsi come un esponente della prima fioritura della scuola rodia.
Bibl: J. Overbeck, Die antken Schriftquellen, Lipsia 1868, 2285; H. Brunn, Geschichte d. griech. Künstl., I, Stoccarda 1889, 572 e 587; E. Loewy, I.G.B., 297; C. Robert, in Pauly-Wissowa, II, 1895, c. 454-5, s. v.; M. Collignon, Hist. de la sculpt. gr., Parigi 1897, II, p. 674 ss.; C. Watzinger, Reief d. Archelaos v. Priene, Berlino 1903; W. Amelung, in Thieme-Becker, Röm. Mitt., XXV, 1920, p. 69 (v. bibl. p. 69, nota i. Per la bibl. più antica v. anche: E. Preuner, in Hermes, LV, 1920, p. 419, nota 2); W. Klein, Vom antiken Rokoko, Vienna 1921, specialmente p. 119 e ss. e pp. 102, 144, 184 e nota 140; G. Lippold, Die Plastik, in Handb. d. Arch., Monaco 1950, 703; J. M. C. Toynbee, Some Notes on Artists in the Roman World, Bruxelles 1951, p. 26; C. R. Morey, Early Christian Art, Princeton 1953, p. 19, fig. 11; M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistic Age, New York 1955, p. 127.