ARCHELAO di Priene
Scultore, figlio di Apollonio, noto per avere firmato un rilievo assai famoso, conosciuto con il nome di "Apoteosi di Omero", rinvenuto nel sec. XVII a Boville, presso Albano, ed ora al Museo Britannico a Londra. Con fine senso pittorico, proprio delle scuole asiatiche dell'arte ellenistica, in varî ordini, simulanti le pendici di un monte, sono rappresentati Zeus, il coro delle Muse e, dentro un antro, presso l'omphalos, Apollo Citaredo. Nell'ordine inferiore è la figurazione che ha dato il nome al rilievo. A sinistra in trono è Omero, incoronato da Oikuméne e da Chronos: la terra abitata, lo spazio, e il tempo; due figure simboliche ai lati del trono, e un topo e una rana presso lo sgabello sotto i piedi del poeta, indicano le opere di lui: l'Iliade, l'Odissea e la Batracomiomachia. Dinanzi al poeta è un altare su cui sacrificano insieme le personificazioni della Storia, del Mito, della Poesia, con due fiaccole in mano, della Tragedia e della Commedia; chiudono la scena a destra altre figure simboliche, la Natura (Φύσις), la Virtù ('Αρετή), la Memoria (Μνήμη), la Fede (Πίστις) e la Sapienza (Σοϕία); la loro aggiunta dovette essere consigliata all'artista dalle idee letterarie e filosofiche in voga nell'ambiente in cui egli lavorava, o anche dal committente stesso, per conto del quale egli scolpì il marmo. Non v'ha dubbio infatti che la figura di poeta che si vede presso la grotta di Apollo, è certamente colui che, in occasione della vittoria riportata in un agone poetico (il premio fu il tripode che è rappresentato dietro di lui), volle porre il rilievo come ricordo del suo trionfo e fors'anche insieme come attestato della sua devozione al grande poeta ellenico.
Varie sono le opinioni degli storici dell'arte circa l'età cui il rilievo deve essere attribuito: è concordemente scartata l'idea che esso sia contemporaneo dell'edificio tra le cui rovine fu rinvenuto, il tempio della gente Giulia costruito da Tiberio; e contemporaneo perciò della tavola iliaca capitolina, trovata nello stesso luogo, e alla quale per analogia di soggetto verrebbe naturale di avvicinarlo. L'Amelung porterebbe l'artista a vivere fra il sec. III e il II a. C.; il Collignon scende di un secolo, alla fine del secondo o al principio del primo. Il luogo d'origine dello scultore e le figure delle Muse, che sembrano ripetere i tipi del famoso gruppo di Filisco di Rodia, oltre ad altri elementi ancora, riportano l'opera alla cerchia delle scuole ellenistiche asiatiche.
Bibl.: C. Robert, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, Stoccarda 1896, s. v.; W. Amelung, in Thieme-Becker, Künstlerlexikon, II, Lipsia 1908, s. v.; Watzinger, Relief des Archelaos, in Berlin. Winckelmanns Programm, n. 63; M. Collignon, Hist. de la sculpt. grecque, II, Parigi 1897, p. 674 segg., ecc.