ARCHETTO Arcatella, Archeggiatura
Termini derivati dalla parola arco, indicano sue forme specialissime e funzioni architettoniche del tutto diverse. L'arco è elemento costruttivo per eccellenza; archetti, arcatelle, archeggiature sono, invece, elementi soprattutto decorativi. Specialmente nell'arte romanica, sull'alto delle facciate delle chiese, lungo i pioventi e i fianchi attorno alle absidi, ricorrono teorie di piccoli archi ciechi pensili (archetti) il cui complesso, se ripetuto in forme svariate, anche ad intrecci, può esser chiamato, in senso generale, archeggiatura. I primi esempî di archeggiature semplici van ricercati nella tarda architettura imperiale romana (p. es. la Porta Aurea del palazzo di Diocleziano a Spalato) e nella ravennate (p. es. Battistero degli Ortodossi, S. Apollinare in Classe, il Sicreston di Ravenna, rispettivamente dei sec. V, VI e VIII).
Archeggiature più ampie, e che hanno perfino la pretesa di un partito abilmente costruttivo, presentano alcuni monumenti del periodo cosiddetto arabo-normanno, siculo e campano. I chiostri di Palermo e di Amalfi raggiungono, con intrecci ingegnosi e complicati di archi apparenti, la maggiore armonia e la più squisita eleganza. Perfino gli esterni delle absidi di queste chiese siciliane han come una veste di archeggiature cieche intrecciate, a più piani, che costituiscono un'ornamentazione di carattere essenziale e di sorprendente fantasia, quasi sempre avvivata dalla policromia dei materiali adoperati.
Quando il ritmo dei piccoli archi assume altro valore ed importanza, trasformandosi anche in gallerie su colonnine, cieche o aperte all'innanzi e praticabili, il motivo si può chiamare ad arcatelle. Esempî caratteristici e peculiari riscontriamo ancora nell'architettura basilicale romanica, lombarda e toscana, sarda e pugliese. Allora le facciate, i tiburî, i fianchi sono rivestiti e persino costituiti da file sovrapposte di tali arcatelle or cieche or traforate; e queste ultime, vere e proprie gallerie, neppur però corrispondono all'organismo interno dell'edificio, né obbediscono ad una sua necessità statica; spesso anzi son di pregiudizio alla sua stabilità.
Gli architetti del Trecento e del primo Quattrocento, che seguirono i modi anteriori, ripresero i partiti delle arcatelle, degli archetti e delle archeggiature, inserendoli, invece, con straordinaria abilità e felicissima fantasia, nel vivo della loro fabbrica, soprattutto utilizzandoli come elementi squisitamente costruttivi. Basti pensare al miracolo di Venezia, ove intere pareti son formate appunto dal sovrapporsi e dal ripetersi di traforate archeggiature e di arcatelle (loggette) d'una varietà e d'una ricchezza inesauribili.