ARCATA
Prende questo nome l'elemento singolo di una successione di archi tutti uguali fra loro e quindi aventi un comportamento statico identico, senza riguardo alla forma del piedritto, sia esso pilastro o colonna, e senza far conto altresì se gli archi stessi siano ciechi, e quindi aggettanti su una parete piena, oppure isolati come negli acquedotti o collegati ad altre strutture come nei portici che possono circondare un edificio. In tale sistema costruttivo le spinte laterali esercitate dagli archi si elidono per essere controbilanciate da quelle opposte e contrarie dell'elemento vicino, per cui sul piedritto si esercita solo la spinta verticale del peso. Di qui la grande utilità costruttiva del sistema ed il largo impiego anche nei confronti dei complessi analoghi architravati.
L'applicazione più vasta delle a. si ebbe a Roma negli acquedotti (v.).
Formalmente affini agli acquedotti per l'uso delle a. sono i ponti. Le a. ebbero largo impiego anche nel Tabularium, nelle basiliche Giulia ed Emilia, nel teatro di Marcello e nell'anfiteatro Flavio, qui in piena rispondenza formale con il sistema dei corridoi radiali; un porticato ad a. di mille piedi circondava la Domus Aurea (v.) eretta da Severus (v.) e Celer (v.); per le porte di città si può ricordare quella di Adriano ad Adalia; ma forse il massimo sviluppo si ebbe in età severiana (i porticati di Leptis Magna). La via principale della città fiancheggiata da a. è un motivo dell'urbanistica di alcuni centri asiatici come Palmira, Gerasa, ecc. A. cieche, e quindi con funzione decorativa, si trovano nel vestibolo della piazza d'Oro a villa Adriana (Tivoli), nella villa di Fontana Piscaro, nel Palazzo di Diocleziano a Spalato.
Circa le dimensioni delle a., le proporzioni sono in genere assai variabili, ma il rapporto fra l'altezza e la larghezza del vano oscilla intorno a 2 con valori minimi che si aggirano su 1,5.
Le a. sono elemento essenziale della basilica paleocristiana, dove, salvo pochi casi di sostegni architravati, esse dividono la navata centrale dalle laterali e sottolineano l'asse prospettico diretto verso l'altare. A. cieche furono poi largamente usate a scopo decorativo negli edifici ravennati. Largo impiego di a. cieche è stato fatto pure nell'architettura iranica, ad esempio nei palazzi di Firuzabad e di Sarvistan (sec. IV o V d. C.) e in quello di Taq-i Kisra a Ctesifonte (Cosroe I, 531-579 d. C.).
Bibl: Diction. Antiq., 1871, s. v. Arcade; A. Choisy, L'art de bâtir chez les Romains, Parigi 1872; G. Perrot-Ch. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité. Chaldée et Assyrie, Parigi 1890.
(F. Grana - G. Matthiae)