SALIMBENI, Arcangelo
– Figlio di Leonardo di Giacomo e di madre ignota, nacque a Petroio, nei pressi di Pienza, verso la metà del quarto decennio del Cinquecento, probabilmente nel 1536 (Brogi, 1862-1865, 1897, p. 654). Dopo una prima formazione presso la bottega di Bartolomeo Neroni, detto il Riccio, si trasferì a Roma a seguito della fine della Repubblica senese per mano dei Medici. La prima testimonianza documentaria che lo riguarda indica la presenza, nel 1561, di un «maestro Arcangelo sanese» a Roma presso l’Accademia di S. Luca, alla quale egli pagava la quota per l’affiliazione nelle mani di «Tadeo [Zuccari] consolo» (Guerrini, 1982, p. 155). L’appellativo di maestro testimonia una già acquisita indipendenza familiare e professionale. Nella capitale pontificia Arcangelo dovette familiarizzare con i fratelli Zuccari, in special modo con il giovane Federico (Mancini, I, 1617-1621, 1956, p. 209); tuttavia si accostò a esempi artistici più vicini al suo bagaglio culturale quali Marco Pino e Giovanni de’ Vecchi.
Nel 1565, sicuramente rientrato in terra senese, ricevette un pagamento per alcuni lavori per la compagnia di S. Bernardino (Milanesi, III, 1854-1856, p. 225). Il 20 aprile 1567 si celebrò il suo matrimonio con Battista Focari, nipote del celebre orefice Giuliano Morselli, «amicissimo di Mecherino [Domenico Beccafumi] e del Vasari», e madre di Francesco Vanni, che allora aveva solo tre anni (Romagnoli, ante 1835, 1976, VII, pp. 335, 780); il 20 gennaio dell’anno seguente nacque il primogenito, Ventura (p. 780). Nel 1569 l’artista ricevette, insieme a Pietro di Achille Crogi, l’allogagione di un’Annunziata e un Angelo annunziante dalla Compagnia di S. Lucia (Milanesi, III, 1854-1856, pp. 224 s.), che sarebbero stati pagati il primo giugno (Archivio di Stato di Siena, Patrimonio resti, 978, c. 209).
Nonostante l’assenza di lavori documentati, al periodo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo dovrebbero risalire alcune opere caratterizzate da un’adesione ai modelli tradizionali e ancora di gusto un po’ acerbo, quali la Sacra famiglia con s. Caterina della chiesa dei Ss. Giusto e Clemente a Castelnuovo Berardenga e due tavole di soggetto analogo passate sul mercato (Christie’s, 2007, p. 15; Pandolfini casa d’aste, 2006, pp. 94-96). Contestualmente si dedicò alla realizzazione di copie di opere celebri dei maestri della prima metà del secolo. Commissionate per devozione privata e con la volontà di riallacciarsi a una felice stagione pittorica senese, esse rappresentarono una vera e propria ‘palestra’ per il pittore: si vedano per esempio l’Apparizione di s. Michele a papa Gregorio Magno (Pandolfini casa d’aste, 2006, pp. 94-96), e il Battesimo di Cristo e l’Adorazione dei Magi della Pinacoteca nazionale di Siena (La Pinacoteca nazionale di Siena, 1990, pp. 416 e 420). Ancora più emblematico è il caso della Madonna col Bambino che legge in Collezione Chigi Saracini, copia di un perduto frammento del cataletto della Compagnia di S. Lucia di Beccafumi (Bagnoli, 2006, pp. 14-17).
Salimbeni si rivolse all’arte di Mecherino eleggendola a faro e indirizzando il suo linguaggio verso una ripresa della maniera. In tal modo anticipò la tendenza verso la quale, nel principiare degli anni Settanta, Ippolito Agostini, mecenate senese, indirizzò una sorta di accademia di cui fecero parte lo scultore Prospero Antichi detto il Bresciano, Cristoforo Roncalli e il giovane Alessandro Casolani. È in questa ottica che vanno lette opere quali il Riposo nella fuga in Egitto di Chambéry o la Madonna del rosario di S. Michele Arcangelo a Ponte a Tressa presso Siena (Bartalini, 1996, pp. 29 s.).
Nel 1573 Salimbeni firmò e datò la decorazione ad affresco della cappella di S. Liberato presso Villa Cinughi a Curina (Castelnuovo Berardenga): il ciclo, di fervente ispirazione controriformata, rappresenta uno dei punti più alti della sua carriera, soprattutto nella vivace narrazione dei piccoli episodi vetero e neotestamentari (Bonelli - Fattorini, 2000, pp. 161-163). Nell’ottobre dello stesso anno fu chiamato a stimare l’operato di Tiberio Billò e Lorenzo Brazzi detto il Rustico presso Villa Chigi a Vico (Milanesi, III, 1854-1856, p. 243). Risale al 1574 la decorazione del salone cinquecento con Storie di Pio II nel palazzo Piccolomini del Mandolo a Siena, oggi Chigi Saracini, in collaborazione con Tiberio Billò (successivamente alterate da ridipinture in Storie della famiglia Saracini; Bisogni, 1996, pp. 233-244). Dello stesso anno è l’Annunciazione del Museo d’arte sacra di Colle di Val d’Elsa, nella quale si riscontra un certo impaccio esecutivo, che accompagna tutte le opere di formato maggiore (Bagnoli, 1994, p. 6). Tra il 1574 e il 1575 Arcangelo realizzò le due tavolette di Biccherna raffiguranti la Madonna col Bambino tra s. Giovanni e s. Caterina venerata dal camarlengo e l’Annunciazione (Le Biccherne, 1984, pp. 270-272). Per la vicinanza con quest’ultima, è riferibile a tali anni anche la tavola di analogo soggetto del Museo statale di arte medievale e moderna di Arezzo (La donazione, 1963, pp. 13 s.).
Nel 1575, in occasione del giubileo, Salimbeni si recò nuovamente a Roma al seguito di un gonfalone da lui dipinto per la Compagnia di S. Bernardino (Sricchia Santoro, 1988, p. 173; Siena, Biblioteca comunale, E.V.16, c. 49r); il viaggio, pur breve, risultò estremamente utile per un aggiornamento sulle nuove tendenze della maniera romana (Giovanni de’ Vecchi e Marco Pino su tutti). L’assimilazione di nuovi spunti fu molto più partecipe e la visione dell’oratorio del Gonfalone e delle nuove opere in S. Maria in Aracoeli lasciò tracce sensibili, particolarmente nei lavori eseguiti nell’immediato ritorno: dello stesso anno è infatti il Cristo sulla via di Emmaus della Compagnia di S. Caterina della Misericordia di Serre di Rapolano (Sricchia Santoro, 1980, p. 49), di forte sapore controriformato. Dovrebbe risalire allo stesso periodo l’Annunciazione della Compagnia della Ss. Annunziata di S. Gusmè (Castelnuovo Berardenga; ritenuta opera giovanile di Pietro Sorri in Martini, 1983, p. 48), nella quale l’impostazione della scena denuncia apertamente l’adozione di moduli compositivi romani. Nel 1576 il Monte Pio (poi Monte dei Paschi di Siena) gli commissionò un Compianto su Cristo morto dal carattere apertamente patetico, che Salimbeni risolse meditando sul modello della Pietà di Marco Pino in Aracoeli (La sede storica del Monte dei Paschi di Siena..., 1988, pp. 362-364; Catoni, 2012, pp. 100-105).
L’11 settembre 1576 nacque Margherita, terza figlia (Romagnoli, ante 1835, 1976, VII, p. 787). A questi anni si riferiscono alcune opere di piccole dimensioni come la Sacra famiglia in collezione Weitzner a New York (Sricchia Santoro, 1988, p. 174), la Madonna incoronata dall’Eterno della Pinacoteca nazionale di Siena (La Pinacoteca nazionale di Siena..., 1990, p. 420), le due tavolette con Storie del Battista del Monte dei Paschi e l’Estasi di Santa Caterina della Collezione Chigi Saracini, modellata sull’affresco del Sodoma in S. Domenico (Sani, 1997, p. 400). A conferma di un privilegiato rapporto con il Riccio, alla morte di costui (1571) Salimbeni ne ereditò un paio di importanti commissioni incompiute: è il caso dell’Adorazione dei pastori di S. Niccolò al Carmine (in lavorazione nel 1573 ma non ancora in loco nel 1575, la cui predella rappresenta uno dei punti più alti del suo operato; Sani, 1997, p. 399) e dello Sposalizio mistico di s. Caterina (finito nel 1577-78 e facente parte della decorazione dell’oratorio della cucina di S. Caterina in Fontebranda; Sricchia Santoro, 1988, p. 174).
All’ultima fase della vita risalgono opere come la Giustizia e la Pace del Palazzo Pubblico (Bisogni, 1996, pp. 252 s.), un’Incoronazione della Vergine in collezione privata fiorentina (Santi, 2003, pp. 8-10), la Madonna del Rosario del Museo diocesano di Pienza (Martini, 1998, pp. 114 s.) e l’affresco con la Vergine con i ss. Bernardino e Caterina dell’Oratorio inferiore di S. Bernardino (Bagnoli, 1996, p. 93). Capolavoro finale, in probabile collaborazione con il giovane figliastro Francesco Vanni, è l’Uccisione di s. Pietro martire di S. Domenico, con caratteri già propri della generazione di fine secolo (Die Kirchen von Siena, 1992, pp. 630 s.).
Salimbeni morì entro il 20 agosto 1580, quando venne redatto l’inventario postumo dei suoi beni (Milanesi, 1854-1856, pp. 225 s.), lasciando una vedova e cinque figli (Ventura, Salimbene, Francesca, Margherita e Arcangelo; Romagnoli ante 1835, 1976, VII, p. 802).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Patrimonio resti, 978, c. 209; Siena, Biblioteca comunale, E.V.16, c. 49r; G. Mancini, Considerazioni sulla pittura (1617-1621), a cura di A. Marucchi, I, Roma 1956, p. 209; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi, Siena ante 1835, VII, Firenze 1976, pp. 335, 767-822; G. Milanesi, Documenti per la storia dell’arte senese, Siena 1854-1856, pp. 224 s., 243; F. Brogi, Inventario generale degli oggetti d’arte della provincia di Siena (1862-1865), Siena 1897, p. 654; N. Mengozzi, Il Monte dei Paschi. Lavori artistici, Siena 1905, pp. 56-62; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, 5, La pittura del Cinquecento, 1932, pp. 523-525; La donazione Salmi nel Museo di Arezzo (catal., Arezzo), a cura di U. Procacci, Firenze 1963, pp. 13 s.; M. Salmi, Il Palazzo e la Collezione Chigi Saracini, Milano 1967, pp. 106 s., 120, 196-201; W.C. Kirwin, The Oratory of the Sanctuary of Saint-Catherine in Siena, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVI (1972), 2, pp. 199-220; F. Sricchia Santoro, A. S., in L’arte a Siena sotto i Medici, 1555-1609 (catal., Siena), a cura di F. Sricchia Santoro, Roma 1980, pp. 48-51; F. Bisogni, Le opere di Domenico Beccafumi nella collezione di Galgano Saracini, in Prospettiva, 1981, n. 26, pp. 25-47; R. Guerrini, Il “creato” di Baldassarre Peruzzi. Testimonianze su Francesco da Siena ed altri artisti senesi del Cinquecento, in Bullettino senese di storia patria, LXXXIX (1982), pp. 155-195; L. Martini, Itinerario di Pietro Sorri (1556-1622), Genova 1983, p. 48; Le Biccherne. Tavole dipinte delle magistrature senesi, a cura di L. Borgia et al., Roma 1984, pp. 270-272; F. Sricchia Santoro, A. S., in Da Sodoma a Marco Pino: pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento (catal.), a cura di F. Sricchia Santoro, Siena 1988, pp. 173-177; La sede storica del Monte dei Paschi di Siena: vicende costruttive e opere d’arte, a cura di F. Gurrieri, Siena 1988, pp. 362-364; La Pinacoteca nazionale di Siena, a cura di P. Torriti, Genova 1990, pp. 419-420; Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, II, 1, 1, München 1992, pp. 630 s.; A. Bagnoli, Invito al museo. Acquisizioni, recuperi e restauri per il Museo civico e d’arte sacra di Colle di Val d’Elsa (catal.), Colle di Val d’Elsa 1994, p. 6; Id., Gli inizi di Francesco Vanni, in Prospettiva, 1996, n. 82, pp. 84-94; R. Bartalini, Le occasioni del Sodoma. Dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma 1996, pp. 29 s.; F. Bisogni, La nobiltà allo specchio, in I libri dei Leoni. La nobiltà di Siena in età medicea (1557-1737), a cura di M. Ascheri, Cinisello Balsamo 1996, pp. 201-284; Christie’s, Important old master paintings, New York 2007, p. 15; B. Sani, Il Cinquecento e il Seicento, in G. Chelazzi Dini - A. Angelini - B. Sani, Pittura senese, Milano 1997, pp. 323-460; L. Martini, in Museo diocesano di Pienza, a cura di L. Martini, Siena 1998, pp. 114 s.; L. Bonelli - G. Fattorini, Per pascere gli occhi e l’anima: le predilezioni estetiche dei proprietari di ville in età moderna, in Vita in Villa nel Senese. Dimore, giardini e fattorie, a cura di L. Bonelli Conenna - E. Pacini, Pisa 2000, pp. 131-188; B. Santi, A. S.(1535?-1580?). Incoronazione della Vergine, in Casa d’arte Bruschi di Anita Almehagen, Firenze 2003, pp. 8-10; A. Bagnoli, Il San Giorgio vittorioso di Sebastiano Conca. Un restauro e tre acquisizioni per la collezione della Banca Monte dei Paschi di Siena, Siena 2006, pp. 14-17; Pandolfini casa d’aste, Arredi e dipinti antichi provenienti da una collezione toscana, 2006, pp. 94-96; G. Catoni, I secoli del Monte 1472-1929, Siena 2012, pp. 100-105.