ARCADIA ('Αρκαδία; Arcadia)
Regione della Grecia, al centro del Peloponneso, confinante a Ν con l'Acaia, a S con la Laconia, a SE con il distretto della Cinuria (per lo più appartenuto, in epoca storica, alla Laconia e distinto dall'omonima area «etnica» dell'A. sud-occidentale), a E con l'Argolide, a NO con l'Elide e a SO con la Triphylia e la Messenia. Il nome è fatto derivare da àrkos, forma di àrktos, «orso», a indicare la «terra degli orsi»; il mitico eponimo Arkas sembra essere in connessione con la leggenda dei figli di Zeus e di Kallisto (Eumel., Fr. 14), mentre un'altra antica tradizione fa dell'A. la patria di Pelasgos (Hes., Fr. 70; Asius, Fr. 8).
Gli elementi principali del sistema montuoso dell'A. sono rappresentati dal monte Erymanthos (2220 m) a NO, dagli Aroania e dal Kyllene (2370 m) a NE, dal Parthenion a SE e dal Lykaion con le sue propaggini (oltre 1600 m) a SO. Gli avamposti di questi massicci costituiscono i confini naturali della regione, mentre un complesso sistema di passi e di valli e altipiani percorsi da fiumi o torrenti, talora a corso parzialmente sotterraneo (katavòthra), è determinante per le vie di comunicazione e in generale per l'insediamento nella regione, dove non mancano bacini lacustri. Principale direttrice del sistema è la valle dell'Alfeo, con i suoi maggiori affluenti, che ha un andamento SE-NO e si apre a S nella piana di Megalopoli determinando le vie di comunicazione verso O; pressoché contigua, sempre nell'A. meridionale è l'area dell'altopiano sud-orientale di Tegea, che si prolunga verso Ν nella piana di Mantinea, in comunicazione attraverso alcuni passi con la confinante Argolide e quindi con il Peloponneso settentrionale e l'Istmo di Corinto.
L'area di Kleitor a N, le valli di Pheneos e di Stymphalos a NE, quelle di Orchomenos e Kaphyai nell'area centrale e, per alcuni aspetti, anche la piana di Mantinea, sono stati definiti sistemi «chiusi» dal punto di vista geografico, talvolta caratterizzati da laghi e paludi. In generale la natura impervia, spesso boscosa (gli Arcadi sono detti da Erodoto, I, 66, «mangiatori di ghiande») di molte zone della regione ha facilitato nell'antichità la conservazione di una fauna ricca di specie selvatiche, come lupi, orsi, cinghiali.
L'A. viene a configurarsi, in generale, come una regione dove, con maggiore facilità che altrove, si manifesta - con l'eccezione di alcune zone del meridione - la tendenza verso il costituirsi di aree di insediamento a carattere «cantonale», all'origine di situazioni di isolamento, talora determinanti sul piano economico, politico e culturale. Anche la notevole quantità di gruppi di tipo tribale in cui era suddivisa la popolazione (cfr. Paus., VIII, 27, 2-5) è caratteristica di questo tipo di occupazione del territorio, con relative possibilità di comunicazione, in piccoli distretti a insediamento sparso, spesso privi di unità e di rilevante consistenza politica, con scarse possibilità economiche. Questa situazione favorisce altresì la fioritura e il mantenimento per lungo tempo di culti, con relativi santuari, il cui numero, certamente rilevante, corrisponde al quadro variegato delle piccole comunità, conservando fino a epoche avanzate, una serie di remote tradizioni locali, che, frammiste con il tempo anche ad apporti esterni, costituiscono il ricco patrimonio di miti e di culti riferito all'A. dalle fonti.
La sua natura fisica di spina dorsale del Peloponneso fa dunque per altri aspetti dell'A. un insieme di periferie, gravitanti, di situazione in situazione, verso le regioni limitrofe. Alcune aree dell'A. orientale hanno tuttavia costituito nell'antichità un vitale e nevralgico punto di transito delle vie di terra tra il Peloponneso meridionale e l'Istmo, tra lo stato di Sparta e il resto della Grecia, acquistando in determinati momenti una grande importanza strategica, ma solo in certi casi un effettivo peso politico ed economico.
Tutto ciò non infirma alcuni caratteri soprattutto, ma non solamente, quelli linguistici - che contraddistinguono nettamente le popolazioni dell'A., e conferiscono loro un'unità etnica. Gli Arcadi vantavano, infatti, rispetto ad altri Greci del Peloponneso (Dori, Achei, Elei ecc.), di essere gli originari abitanti della penisola: Erodoto (VIII, 73) li indica come autoctoni ed essi stessi, nell'iscrizione sulla base del donario delfico dedicato nel 369, si definiscono «popolo autoctono della sacra Arcadia». Secondo una tradizione gli Arcadi si sarebbero sostituiti ai Pelasgi nell'insediamento della regione e non ne sarebbero dunque i primi abitatori (ma Erodoto 1, 146, usa l'espressione, significativa, di Arkàdes Pelasgòi). Sta di fatto, comunque, che essi appartenevano alle popolazioni più antiche di lingua greca: ne è una prova il loro dialetto, che, come è noto, trova le maggiori affinità nel greco parlato nell'isola di Cipro.
Già da un periodo molto antico gli Arcadi erano suddivisi in numerose stirpi (èthne): gli Azanoi, i Parrhasioi, i Mainalioi, gli Eutresioi, gli Aigytes, i Kynourioi, che occupavano singole aree della regione in un ordinamento di tipo essenzialmente tribale. La trasformazione di questi organismi tribali verso un sistema di città-stato non era ancora ovunque del tutto realizzata nel IV sec. a.C., né avevano avuto pieno effetto, fino ad allora, i tentativi di unificare l'A. nella forma del sinecismo o della lega, unico organismo politico, questo, capace di assicurare una qualche unità a un quadro particolarmente variegato, con spinte centripete e centrifughe, spesso determinanti per la costituzione di centri urbani. Sul piano economico l'attività produttiva, oltre alla pastorizia e all'allevamento (ancora in epoca romana sono ricordati allevamenti di cavalli), era sostanzialmente agricola, e ristretta al fabbisogno locale, mentre per alcune attività, difettando la regione delle necessarie risorse, era obbligata l'importazione di materie prime. Non manca in A. buona pietra da costruzione adatta ad essere lavorata (marmo di Dolianà), ma anche questa risulta destinata a un uso locale.
Notevole interesse, sostenuto anche da una radicata topica di carattere letterario, ha suscitato questa regione nei viaggiatori e negli antiquari tra XVII e XVIII sec., e poi negli studiosi del secolo passato, che vi intrapresero numerosi scavi sistematici.
Il primo di questi in assoluto fu lo scavo del tempio di Tegea intrapreso dalla Scuola Francese (1880), seguito da quelli di Lykosoura (1889) e di Megalopoli (1890) e da molti altri. Dopo una stasi nei primi decenni di questo secolo, la ricerca è ripresa, soprattutto negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, e continua tuttora, orientandosi in parte su scavi sistematici, ma anche verso tematiche di carattere storico-topografico (identificazione di siti documentati dalle fonti; prospezioni a largo raggio, volte a definire, nei vari periodi, l'assetto del territorio, la densità abitativa, le risorse e i loro sistemi di sfruttamento). Tali ricerche sono al momento prevalentemente incentrate nella piana di Megalopoli e nella zona di Figalia, ma non mancano interessanti progetti in altre aree (Stymphalos).
Va inoltre segnalata la recentissima ripresa delle ricerche a Tegea (v.) da parte di una équipe internazionale coordinata dall'Istituto Norvegese di Atene. La complessa tematica relativa alle popolazioni di questa regione nell'antichità interessa sotto diversi profili ampi settori della ricerca: tra questi, oltre alle problematiche storiche relative all'insediamento e ai sinecismi, un posto non trascurabile ricopre quello religioso.
Preistoria. - In generale la preistoria dell'A. è meno nota di quella di altre regioni limitrofe; nelle rassegne dei siti preistorici in Grecia (Hope Simpson, Dickinson, 1972; Hope Simpson, 1981) sono segnalati trentacinque siti ma attualmente dovrebbero superare la quarantina - tra cui diverse città o località di epoca storica (Alea, Ptolis di Mantinea, Orchomenos, Pheneos, Stymphalos, Asea, ecc.) che sembrano aver avuto precedenti soprattutto nell'Età del Bronzo e prevalentemente in forma discontinua; ma i dati in nostro possesso sono ancora insufficienti per valutare la vera importanza dei siti stessi in epoca preistorica. L'area più ricca di insediamenti sembra essere quella sud-orientale.
Di una certa rilevanza, data la relativa rarità della documentazione per il Paleolitico nella Grecia meridionale, ma con incerti dati di provenienza sono gli utensili datati al Paleolitico Medio raccolti oltre un secolo fa nella zona di Megalopoli, e il grande deposito di ossa animali (grandi mammiferi, elefanti ecc.), con ogni probabilità animali cacciati, rinvenuto nella stessa zona: è possibile che l'abbondanza di selvaggina abbia qui attirato gruppi di cacciatori-raccoglitori. Resti paleolitici sono stati rinvenuti anche più a N, in loc. Tripotama, a E dell'Erymanthos (area dell'antica città di Psophis), sulla strada che da Vasilikì conduce verso l'Elide (N. e J. Cavaillon, 1964).
Non molto numerosi anche i dati relativi al periodo neolitico, dovuti probabilmente alla rarità di veri e propri scavi sistematici; tracciare un quadro generale è dunque, per il momento, prematuro. Tra i siti scavati è certamente importante Haghiorghitika, a E di Tripolis, lungo la strada Tripolis-Argo, che conserva resti di un insediamento del Tardo Neolitico; la vicinanza con l'area di Lerna giustifica il gravitare di questa zona dell'A. verso l'Argolide. A questo medesimo orizzonte dovrebbero appartenere le tracce di insediamento messe in luce, più a O, sull'acropoli di Asea (ν.) e i rinvenimenti di superficie a Nestane, a N, presso Mantinea; dubbia la presenza di materiali neolitici a Merkovounion (loc. Haghiolias). La sola presenza di schegge di ossidiana non è sufficiente a provare una frequentazione neolitica a Vlacherna (loc. Petra), più a N, nella zona di Orchomenos.
Rare indicazioni provengono da altre aree: tracce di frequentazione nel Neolitico sono state osservate a Dimitra (A. nord-occidentale), area gravitante verso l'Elide, e anche a Kamenitsa Gortynias. Verso N, presso i confini con l'Acaia, una grotta, 1 km a O del villaggio di Kastrià, tra Kleitor e Lousoi, ha restituito materiali neolitici e dell'Antico Elladico I; un'altra grotta si segnala a Kamenitsa. Un insieme di dati è stato esaminato (Sampson, 1986) per l'area di Kalabryta, che ha, ovviamente, rapporti con il Peloponneso settentrionale: principalmente in tre siti si sono rilevate installazioni rurali del Tardo Neolitico (altre anche del Medio Elladico e poi del Tardo Bronzo) con una economia mista, basata su agricoltura e allevamento.
Di maggior rilievo l'occupazione del territorio nell'Antico Elladico, in particolare nella II fase, con una concentrazione di siti ancora nell'area sud-orientale, in diretto contatto, tramite vie di fondovalle, con l'Argolide occidentale che con Lerna appare in questo momento una delle zone più fiorenti e culturalmente evolute del Peloponneso. Alcuni di questi siti presentavano, peraltro, già indizi di frequentazione nel Neolitico. Oltre ai bòthroi di Haghiorghitika, contenenti materiali dell'Antico Elladico, un altro centro importante è stato da tempo localizzato ad Asea (v.), dove i resti di abitato mostrano segni di distruzione per incendio alla fine dell'Antico Elladico II. Nelle immediate vicinanze di Haghiorghitika, il recente rinvenimento a Stenò Tripoleos di impianti interpretati come forni metallurgici dell'Antico Elladico costituisce un'importante indicazione per la valutazione dell'entità culturale di questo territorio dell'A. nella prima Età del Bronzo e un'ulteriore conferma delle grandi potenzialità tecnologiche ed economiche della civiltà dell'Antico Elladico II. Altri siti esplorati in superficie offrono indizi per un'occupazione nell'Antico Elladico nell'A. sudorientale (Stringon, Kamarion, Garea, Psilì Vrysi, Manthyrea, Thanas, loc. Tourkodendrì; Stadion, a E di Tegea; Zevgolateion, Haghiolias; a Gortsouli, oggi sicuramente identificabile con la antica Ptolis di Mantinea, un singolo frammento Antico Elladico recuperato in un deposito del periodo geometrico) e in quella centro-orientale (area di Orchomenos), a contatto meno diretto con l'Argolide, ma con possibilità di comunicazione con le piane di Mantinea e Tegea (Steno Orchomenoù, loc. Kouropa, abitato preistorico, in prevalenza Antico Elladico; Levidion; Vlacherna, loc. Petra), ma in diversi siti la presenza di frammenti dell'Antico Elladico è incerta (Kandila, a NE di Orchomenos; Vlacherna, loc. Plessa; Chotoussa); procedendo verso Ν i dati risultano più inconsistenti (frammento dell'Antico Elladico a Dimitsena, nella valle del fiume Lousios). In connessione con i territori della valle dell'Alfeo, un importante insediamento con pianta organica è stato messo recentemente in luce in loc. Sphakovouni (presso i villaggi di Kamenitsa Gortynias e Karvouni), sito abitato fin dal Neolitico e identificato con l'omerica Eurispe. I muri, conservati in alcuni punti per un'altezza di 2 m e spessi oltre 1 m, appartengono a strutture databili, per la fase principale, nell'Antico Elladico II. In particolare sono state evidenziate una casa absidata e un grande edificio di più ambienti in uno dei quali sono state rinvenute numerose figurine fittili antropomorfe e zoomorfe. Potrebbe trattarsi di un centro amministrativo (o cultuale?) distrutto e abbandonato alla fine di questa fase (le rovine furono poi occupate da una necropoli di tombe a fossa o in pìthos del Tardo Elladico III). Avanzi di ambienti forse destinati a laboratorio e rioccupati nel Medio Elladico sono stati messi in luce a E di queste strutture. Il rinvenimento è rilevante perché indica un'estensione della cultura dell'Antico Elladico II in aree più interne, anche se poste sulla importante linea di comunicazione costituita dalla valle dell'Alfeo. Sempre nella valle dell'Alfeo è il sito della città classica di Heraia, da dove è detta provenire una «salsiera» d'oro (ora nel Museo del Louvre), la cui origine resta tuttavia dubbia.
Solo in alcuni siti si osserva una continuità di insediamento o una rioccupazione nel Medio Elladico (Stadion, Haghiolias, Sphakovouni); in molti altri casi dovrebbe trattarsi di nuovi impianti, che a parte rare eccezioni (Nestane, Asea, Dimitra) non sembrano avere diretta continuazione nelle fasi iniziali del Tardo Elladico (Vounon, Loukas, Thanas, Haghiolias, Orchomenos, Kandila, Dimitsana ecc.), presentando tuttavia tracce di occupazione o riuso nel Tardo Elladico III Α-C. E possibile che tale discontinuità sia una caratteristica dell'insediamento della regione in questo periodo, ma la scarsa documentazione non consente conclusioni definitive.
Un quadro generale dell'A. in età micenea non può prescindere dal fatto che la regione è in massima parte tagliata fuori dalle grandi correnti di traffici, soprattutto marittimi, che interessano la Grecia continentale in diretto rapporto con il mondo egeo tra il XV e il XIII sec. a.C. Le principali città di età storica si svilupparono su colline ben difendibili, in prossimità di zone pianeggianti, ma la loro formazione come veri e propri centri urbani non sembra essere di data molto antica; in qualche caso è dato osservare lo spostamento dell'impianto urbano di età storica rispetto all'insediamento preistorico (Orchomenos, ecc.). Tegea, Orchomenos e Mantinea sono presenti nel «Catalogo delle Navi», e a queste si aggiungono Pheneos e Stymphalos, Stratia, o Stratos (più tardi kòme di Thelpousa), i siti di Rhype e Eurispe e le terre dei Parrhasioi (Hom., II., II, 603 ss.): tutti sono condotti a Troia da Agapenore di Tegea sulle navi di Agamennone. La colonizzazione di Paphos a opera dello stesso Agapenore troverebbe, peraltro, riscontri linguistici ed è riferibile, forse, alla diaspora delle popolazioni micenee del Peloponneso nell'area egea dopo le catastrofi del XIII sec. a.C. Non va dimenticata, inoltre, la tradizione che ricorda la presenza di Arcadi a Creta. Non possediamo indicazioni circa la data del sinecismo di queste città, che tuttavia non dovrebbe essere anteriore al tardo arcaismo e, in diversi casi, alla prima età classica. Inizialmente Tegea sembra essersi formata dal sinecismo di nove borgate (Strab., VIII, 337). Può avere qualche significato il fatto che «città» arcadiche siano presenti nel «Catalogo delle navi», ma bisogna chiedersi se si tratti piuttosto di insediamenti sparsi identificati con un unico toponimo (distretti), insediamenti che, stante la discontinuità, potrebbero poi aver avuto un ruolo nei più antichi sinecismi. A parte alcuni resti di abitati (Mytikàs Orchomenoù, Alea Mantineias, forse Asea), muri di terrazzamento verosimilmente connessi a opere di drenaggio (Steno Orchomenoù), muri di fortificazione (Analypsis, Kionia-Stymphalos, Nestane-Paniyiristra, Palaiokastro), e probabili impianti (dighe) per un migliore sfruttamento di risorse idriche (area di Mantinea, Stymphalos), la documentazione è per lo più ristretta a tombe o a rinvenimenti ceramici di superficie, che ci danno un quadro limitato della situazione. Solo in rari casi è stato possibile individuare insediamenti organizzati: l'abitato di Mytikàs, su una collina presso la strada diretta a Paliopyrgo, è costituito da un gruppo di costruzioni quadrangolari, a mègaron o a pianta più complessa, articolata in ambienti di soggiorno e magazzini per derrate, in un impianto strutturato su ripide stradine che si inerpicano con andamento rettilineo sul pendio della collina dove sorge l'insediamento. Il periodo di occupazione è databile al Tardo Elladico IIIA e Β, ma alcuni trovamenti sono ritenuti più antichi (Tardo Elladico II). Dovrebbe trattarsi della Orchomenos micenea: nel sito mancano tracce di abitato posteriori, e ciò fa pensare a un suo abbandono con lo spostamento del centro nelle epoche successive. Nell'ambito dei materiali votivi di un santuario di epoca storica rinvenuto nella stessa zona è significativa la presenza di figurine micenee (TE III B-C).
Presso il fiume Sarandapotamos nel sito di Palaiochori (Alea Mantineias), oltre a trovamenti di superficie datati Tardo Elladico II-III B, è stata scavata una delle tombe a thòlos qui identificate, con vasi per lo più di lavorazione locale e uno solo databile al Tardo Elladico III A. Ad Analypsis, nell'A. sud-orientale, ai confini con la Laconia, è un'altra rara testimonianza della presenza di tombe a thòlos: potrebbe essere indicativo il fatto che in entrambi i casi si tratta di zone di confine o abbastanza vicine a regioni dove l'uso di questo tipo architettonico risulta ben più frequente. Nell' A. settentrionale, ai confini con l'Acaia, si segnala qualche traccia di abitato.
Unico sito rilevante del Tardo Elladico III C è Palaiokastro nella regione di Gortys, dove alcuni collocano la città classica di Bouphagion; potrebbe trattarsi di una località utilizzata come rifugio da popolazioni della Laconia o della Messenia, in un momento critico per la civiltà micenea. È qui documentata una necropoli di tombe a camera (loc. Palaiopyrgos), talune ampie e ben tagliate nella roccia. Una di queste (tomba 6), imitante l'architettura della thòlos, conteneva pregevoli ceramiche e armi (di particolare interesse una spada tipo Naue II). La ceramica è esclusivamente del Tardo Elladico III C e comprende esempi di Close Style. Scavi più recenti hanno messo in luce resti di un edificio a thòlos, datato dagli scavatori in età micenea, provvisto verso l'alto di un opàion che si apriva verso l'interno su un particolare dispositivo, di forma del tutto inconsueta: una piccola piattaforma delimitata lateralmente da due muretti affiancati ciascuno da un betilo. Questo apparato è ipoteticamente ritenuto una sorta di Nekyomantèion: sarebbe il primo edificio del genere finora attribuito ad età micenea.
In generale le produzioni artigianali dell'A. preistorica sembrerebbero alquanto modeste e in buona misura costituite da manufatti ceramici di uso corrente, con qualche oggetto di importazione, in un quadro che non consente, anche per la quantità limitata dei materiali, una più precisa definizione.
Periodi protogeometrico e geometrico. Ben poco è possibile dire anche in merito al periodo dei c.d. secoli bui: qualche frammento classificato come sub-miceneo si segnala a Palaiokastro, mentre il quadro del passaggio dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro è scarsamente documentato. Un frammento (e forse altri due) dal Tempio di Atena Alea a Tegea, una lèkythos, verosimilmente proveniente dalla thòlos di Alea Mantineias, sono tra le poche testimonianze di questo periodo, apparentemente concentrate nell'A. orientale. Più abbondanti le testimonianze del Geometrico, che permettono di definirne i caratteri soprattutto nelle fasi più tarde, come risulta da ceramica, terrecotte e bronzetti provenienti dagli scavi di Orchomenos, Mantinea, Tegea, Analypsis, Lousoi, Gortys, Asea ecc. Fra i dati più recenti si segnala lo scavo di una necropoli del Tardo Geometrico a Haghiolias (Mantinea) e il rinvenimento di una statuetta di leone da Vlachia. A Priolithos, nell'A. settentrionale, ai confini con l'Acaia, una sepoltura in pìthos presenta vasi che si avvicinano alle produzioni achee. La ceramica geometrica dell' Α., pur non essendo stata inquadrata in maniera sistematica, rivela alcuni caratteri che ne consentono una definizione: la maggior parte dei trovamenti proviene da santuari, a ulteriore conferma dell'alta antichità dei culti: il deposito più abbondante è quello dal santuario di Atena Alea a Tegea, che comprende anche bronzi. I motivi figurati e ornamentali sono attinti largamente dal repertorio del Tardo Geometrico argivo (cavalli, fregi di uccelli ecc.); tra le produzioni di minor pregio artistico è una serie di vasetti miniaturistici eseguiti a mano. Intorno al 700 a.C. è stata osservata una maggiore affinità con modelli laconici nella produzione di grandi oinochòai con ansa nastriforme decorata a serpenti dipinti o a rilievo, ma l'influenza argiva si fa sentire ancora negli anni successivi. Anche la produzione di piccoli bronzi di destinazione votiva non sembrerebbe del tutto trascurabile: oltre che da Tegea provengono da altri siti, nella Tegeatide (Mavriki, santuario di Artemide) e nell'A. centrale (Petrovouni-Methydrion) e settentrionale (Lousoi, santuario di Artemide). Si tratta di figurine di animali (mammiferi, uccelli, pesci) e di esseri umani, talora con più precise allusioni di tipo cultuale (gruppi di danzatori, figure femminili nude a cavallo), eseguite in uno stile locale dai caratteri discontinui, con un orientamento talvolta chiaro verso le produzioni argive. Per qualche bronzetto tardo geometrico dal santuario di Olimpia è stata riconosciuta un'origine arcadica. Di manifattura locale sono forse alcune fibule subgeometriche (Tegea, Lousoi) con piastrina decorata a incisione (uccelli, pesci). A incisione è decorato anche un disco bronzeo da Tegea, con figura femminile su un cavallo, probabile immagine di divinità da riferirsi a una tradizione risalente al mondo miceneo.
Dall'età arcaica alla dominazione romana. Il 371 a.C. segna per l'A. l'inizio di una nuova epoca: con la sconfitta degli Spartani a Leuttra, la fondazione di Megalopoli e la costituzione di un più organico koinòn degli Arcadi, la regione riceve un nuovo assetto politico, destinato in verità a essere di breve durata, ma che lascerà la sua impronta per i secoli successivi fino alla conquista romana. È quasi superfluo ribadire che è soprattutto a partire dagli inizî del V e poi principalmente nel IV sec. che molti abitati si organizzano in strutture propriamente urbane, o vengono trasformati con criteri innovativi, disponendosi spesso in punti strategici con adeguati sistemi difensivi, in una rete piuttosto articolata che, almeno in parte, si collega alle principali arterie del sistema viario e risponde a esigenze militari. Quale fosse la situazione prima di quest'epoca non è cosa semplice da definire: le fonti forniscono alcune notizie sulle più importanti città dell'A. in questa fase storica (Tegea, Mantinea, Orchomenos ecc.) ma al momento scarseggia, per il periodo arcaico e per il V sec., una documentazione archeologica a livello di centri urbani, mentre alcuni dati sono reperibili, ancora una volta, piuttosto nell'ambito di santuari, talora inseriti in contesti abitativi (santuario con hekatòmpedon di Orchomenos; Atena Aléa a Tegea; Atena ad Alipheira; santuario di Ptolis-Mantinea), che in diversi casi vanno considerati come il fulcro della vita non solo religiosa, ma anche politico-sociale, delle singole comunità, ancora, forse, distribuite, per una buona parte, in insediamenti sparsi, benché costituite in una struttura che può considerarsi statale. Santuari come quelli di Posidone Hìppios a Mantinea e del monte Lykaion, assumono un'importanza che esce da una ristretta sfera locale (monetazione arkadikòn).
Il controllo politico da parte di Sparta, dalla metà circa del VI sec., di settori dell'A. meridionale e orientale, con l'adesione di molte comunità alla Lega Peloponnesiaca, non favorì certamente processi di urbanizzazione, né forme più organizzate di vita civile. Al contrario - e ciò è una prova evidente di questa politica ancora agli inizî del IV sec. - non paga della vittoria del 418 a.C., alla scadenza della pace trentennale Sparta distrusse Mantinea e procedette al forzato diecismo dei cittadini in abitati sparsi che vennero assoggettati.
La documentazione relativa a manufatti di uso e a opere di artigianato artistico è, per quel che riguarda l'età arcaica, relativamente limitata: si tratta per lo più di terrecotte architettoniche o votive e di bronzetti, in prevalenza provenienti da santuari. In particolare nella serie di bronzetti votivi, datati per la maggior parte nel VI e nel V sec., raffiguranti talora divinità, più spesso pastori o contadini che indossano un pesante mantello, si ravvisa una maniera locale, frequentemente attardata, quasi sempre lontana dalle creazioni dei grandi centri propulsori dell'arte. Anche la scultura monumentale in pietra di età arcaica non è largamente documentata e si riconnette a luoghi di culto: possibili ascendenze argive presenta una testa femminile da Mantinea, nella quale si sono osservate somiglianze con le figure di Kleobis e Biton e quindi ascendenze argive; di sapore provinciale è invece il noto torso di kouros da Figalia, al Museo di Olimpia, da taluni identificato (ma siamo lontani dalla certezza) con una dedica ad Arrhachion, tre volte vincitore olimpico nel Pancrazio (tra il 572 e il 564 a.C.), descritta da Pausania (VIII, 40, 1) nell'agorà della città. Caratteri di attardamento, ancora di impostazione dedalica, mostra, nel secondo terzo del VI sec., la statua femminile seduta da Haghiorghitika al Museo Nazionale di Atene. Datata al primo venticinquennio del VI sec., un'altra statua femminile seduta (Asemo) da Asea, al Museo Nazionale di Atene, presenta problemi per alcuni aspetti paleografici dell'iscrizione, che sembrerebbe più tarda. L'acroterio con gorgone del Tempio di Artemide Knakeàtis (Mavriki), assegnato a circa il 530-520, appare ad altri da porsi ancora nella prima metà del secolo. Alla categoria dei rilievi con banchetto del defunto eroizzato appartiene un frammento da Vigla (Asea) al Museo Nazionale di Atene, questo con caratteri apparentemente assai arcaici, frutto però del costante conservativismo che caratterizza tutte le produzioni arcadiche in un generale attardamento, ancora alla fine del VI sec., in forme primitive, espresse in un linguaggio non esaltante né originale. In età tardo arcaica e nella prima età classica hanno, comunque, un carattere eccezionale alcune presenze, come quella della statua in avorio di Atena Alèa, nel tempio di Tegea, opera di Endoios (v.) (poi asportata per essere collocata nel Foro di Augusto: Paus., VIII, 46, 1), e la singolare statua bronzea di Demetra Mèlaina in aspetto teriomorfo a Figalia, opera di Onatas di Egina (Paus., VIII, 42).
Gli sviluppi politico-economici assumono forme diverse in ambito regionale. Mentre l'A. orientale sperimenta a partire dal V sec. il sistema della città stato (Tegea, Mantinea), nella zona settentrionale territori alquanto ampi sono organizzati con un centro principale e una serie di villaggi o agglomerati minori; viceversa l'A. sud-occidentale fino alla fondazione di Megalopoli ha un ordinamento su base tribale, che tuttavia non impedisce la costituzione di entità politiche capaci di una certa autonomia. In questa situazione così diversificata, più antiche testimonianze di impianti urbani si datano agli inizî o nel corso del V sec. (Mantinea, Tegea, Orchomenos, probabilmente Heraia), mentre una più diffusa e capillare urbanizzazione inizia a partire dal IV sec. e prosegue in età ellenistica; viceversa si ha più di una testimonianza di architettura templare che, al pari delle espressioni di arte figurativa, mostra caratteri di notevole conservativismo, con l'uso, che sembra abbastanza diffuso, di murature in mattoni crudi e di colonne lignee su zoccoli e tamburi in pietra. Templi completamente in pietra sono il secondo di Tegea di età tardo-arcaica, e quelli di Alipheira (c.a 500) e di Pallantion (inizi V sec.), tutti del tipo a pianta fortemente allungata, sulla scia di una tradizione locale, notevolmente attardata rispetto ad altre aree della Grecia; l'orientamento a Ν di alcuni di questi templi è pure una caratteristica peculiare, determinata probabilmente da fattori cultuali, che ha qualche irradiamento anche in aree contigue (Trifilia).
La fioritura dell'A. nella seconda metà del V secolo e poi - con la crisi di Sparta - tra il IV sec. e il primo ellenismo, si manifesta soprattutto nelle realizzazioni urbanistiche, non solo nelle città più importanti (impianto di Megalopoli e ricostruzione di Mantinea), ma anche in centri minori (p.es. Stymphalos), che vengono dotati di sistemi difensivi. Uno studio delle fortificazioni può offrire interessanti indicazioni sullo sviluppo dell'architettura militare greca, in merito all'impiego di macchine belliche (Winter, 1989). Nella matura età classica, opere architettoniche con ricchi ornamenti come il tempio di Bassae e il rinnovato tempio di Tegea, si trovano finalmente al passo con le tendenze più innovative, comportando la presenza di botteghe di scultori, non necessariamente tutti di provenienza esterna, ma probabilmente anche di estrazione locale. D'altro canto conosciamo dagli autori antichi e da testimonianze epigrafiche almeno i nomi di alcuni scultori originari dell'A. attivi proprio tra il V sec. e l'ellenismo: Athenodoros e Dameas di Kleitor, Nikodamos Mainalos, Samólas, Aristoteles di Kleitor, e altri ancora. L'intervento in prima persona di artisti celebri in tutto il mondo greco (Prassitele a Mantinea; Skopas a Tegea e a Gortys) è un'altra significativa conferma di questo momento di particolare fioritura. L'organizzazione dei centri minori sul territorio risponde a esigenze diverse: nella Megalopolitide sembrerebbero prevalere scelte strategiche con l'impianto di un sistema difensivo in località lontane dalla capitale, mentre altrove (aree di Tegea e Mantinea) è più evidente un rapporto con lo sfruttamento agricolo.
In età ellenistica il territorio dell'A. si presenta suddiviso tra un consistente numero di città-stato, con un centro urbano principale fortificato, la chòra e piccoli abitati secondari, talora antiche kòmai precedenti i sinecismi e ancora abitate, talaltra - fatto significativo - antiche città indipendenti recedute al rango di kòme (ma il loro statuto è a volte fluttuante), e fattorie sparse; non sono infrequenti torri di avvistamento e apprestamenti di carattere difensivo, non classificabili come veri e propri abitati. Sono le città-stato che, più o meno attivamente, prendono parte alle tormentate vicende storiche di questo periodo, dall'egemonia macedone all'adesione alla Lega Achea, fino alla conquista romana, che segna in larga misura il declino dell'intera regione. L'attività di diversi artisti sia locali sia di altre regioni della Grecia è documentata in A. anche durante l'ellenismo, dalle fonti, dalle testimonianze epigrafiche, dai monumenti: oltre al ben noto complesso di Lykosoura, opera di Damophon di Messene (v.), la cui datazione in età ellenistica trova oggi convincenti conferme, o alla stele detta di Polibio da Kleitor (v.), si segnala più di recente il rinvenimento presso Pheneos (v.) dei resti di due aeroliti colossali, opera di Attalos di Atene (II sec. a.C.). Una produzione tipicamente arcadica è inoltre rappresentata dalle erme semianiconiche con raffigurazioni di divinità.
Le testimonianze di Strabone e di Pausania, confortate attualmente anche da ricognizioni su alcune aree campione del territorio (Megalopoli), indicano, già per i primi secoli dell'Impero, l'abbandono di numerosi centri abitati, la decadenza e il generale spopolamento, con il concentrarsi delle attività solo in alcune città (p.es. Tegea), che mantengono un relativo grado di benessere, e costituiscono un punto di riferimento anche per la diffusione del Cristianesimo. Una possibile ripresa, limitatamente ad alcune zone, sembra possibile per la tarda antichità.
Singoli centri dell' A. settentrionale. La zona montuosa ai confini con l'Acaia è caratterizzata dalla presenza delle comunità dell'èthnos degli Anzanoi, ritenuto tra i più antichi della regione (Strab., VIII, 8, 1), col tempo costituitesi in piccole città-stato, alcune delle quali già documentate in età arcaica. Il centro principale doveva essere Kleitor, il cui eponimo era figlio di Azanos, uno dei figli di Arkas (Paus., VIII, 4, 5).
Kynaitha (Κύναιθα, Cynaethae). - La città è da alcuni localizzata nei pressi della moderna Kalabryta alle propaggini del monte Chelmos: la vicina sorgente Lyssovrysis è forse identificabile con la fonte Alyssos menzionata da Pausania (VIII, 19, 2) a distanza di 2 stadi dalla città. Sopravvissuta alla distruzione da parte degli Etoli nella guerra sociale del 220-217 a.C., in età romana la città ancora coniava moneta. Nell'agorà Pausania menziona altari agli dèi e un'immagine di Zeus Olimpio. Pochi resti antichi sono da tempo segnalati nella zona, e di recente è stata proposta una diversa collocazione (che meglio si accorderebbe con la distanza di 40 stadi da Lousoi indicata da Pausania), nell'area di Priolithos (Petropoulos, 1985), dove sono segnalati resti micenei, geometrici e bizantini, ma risultano del tutto assenti tracce di occupazione in età classica, ellenistica e romana. A Kalabryta, invece, scavi alle pendici della collina dove sorge il castello franco di Tremola hanno restituito frammenti preistorici e classici e resti di antiche case, oltre ai ruderi medievali. Antiche tombe furono trovate a Kioupia, c.a 1 km più a E. In una sepoltura entro pìthos di età arcaica si rinvennero armi, tra cui un elmo di tipo illirico.
Lousoi: v. LOUSOI.
Psophis (Ψωφίς). - Presso Tripotama, a SO della moderna cittadina di Psophis, si identificano i resti del centro antico, situato alle pendici orientali del monte Olonos, su un importante nodo stradale, alla confluenza dell'Erymanthos con due affluenti. Nel sito, sulla sponda destra del fiume, naturalmente ben difeso, si conservano resti di fortificazioni, con l'acropoli sulla sommità di uno dei due costoni rocciosi che delimitano l'area, dove ora sono i ruderi di una torre medievale; la cinta muraria comprendeva diverse torri rotonde e una quadrangolare; in un piccolo saggio, inedito, è stata messa in luce la porta occidentale della città davanti al ponte sul fiume Erymanthos. Le fortificazioni erano tali da conferire alla città un ruolo di una certa importanza nella guerra sociale del 220 a.C. Polibio (IV,706) ne dà una descrizione parlando della sua conquista da parte di Filippo V. I resti di gradinate di un teatro furono notati all'interno delle mura, nel settore O. La presenza di altri edifici nei settori SO e S dell'area (in part. presso il convento della Dormizione della Vergine) è testimoniata da vari resti che non consentono precise identificazioni. Tra i rinvenimenti sporadici è l'ansa di un'idria bronzea, ora al Museo di Patrasso. Pausania menziona diversi monumenti (VIII, 24, 3-7) tra cui la tomba di Alcmeone, figlio di Amfiarao, e un tempio di Erimanto con una statua in marmo della divinità fluviale, in passato identificato con alcune fondazioni presso il fiume.
Nella città, Pausania (VIII, 24, 6) ricorda un importante santuario di Afrodite Eryktne, nella regione forse il principale di questa divinità: con questo si è identificato il complesso cultuale recentemente scavato per iniziativa della Società Archeologica Greca alla sommità di un passo nel massiccio montuoso dell'Aphrodision ai confini tra Psophis e Thelpousa (Kardara, 1988). Ma forse l'identificazione non è esatta: il santuario è chiaramente definito da Pausania έν τη πόλει. La figura divina, come suppone la Kardara sulla base dei rinvenimenti effettuati e di uno studio d'insieme degli elementi cultuali, sarebbe in stretta relazione con un'antica divinità celeste creatrice, elemento principale di una triade che comprendeva una dea vergine guerriera, patrona della natura selvaggia, e un giovane dio. La principale festività di questa Afrodite dalle connotazioni locali (Afrodite nord-occidentale) era celebrata durante il solstizio d'estate, anche se dovevano esservi feste minori. Durante le feste si tenevano pasti sacri comuni. Le offerte alla dea erano costituite, tra l'altro, da capelli delle fedeli e da indumenti. Il santuario occupa una sella tra le pendici di due monti (Zakarsi e Neraidorrachi) e in origine, già verso la fine del II millennio, si presentava come un'area ospitante un culto a cielo aperto. È incerto se esistessero edifici prima dell'età tardo arcaica, per la quale sono sicuramente documentate strutture coperte. Il culto ipetrale aveva il suo fulcro in un altare di ceneri, proprio al centro della sella, presso la cappella di Haghios Petros, che era affiancato da un omphalòs e un pilastro sacro su un lato e da una quercia e una sorgente dall'altra. Nel VII sec. a.C. la via sacra proveniente da Psophis venne lastricata nel suo tratto terminale, in direzione dell'altare. Questo venne dotato di un podio, mentre lo stadio ricevette dei seggi per i giudici di gara. All'inizio del VI sec. a.C., attorno all'omphalòs e al pilastro venne costruito un basso recinto rettangolare. Un telestèrion a pianta quadrangolare bipartita venne eretto nello stesso periodo a O dell'altare; al suo interno si rinvennero la base di un tripode e tracce di un focolare. All'incirca nello stesso periodo, presso la quercia sacra sull'altro lato della sella, sotto la sorgente, fu costruito un altro edificio. Verso il 500 a.C. il santuario è dotato di un tempio, che accoglie l'omphalòs, mentre all'òikos presso la quercia succede un complesso tripartito più articolato, la cui ala meridionale aveva una sorta di scantinato, corrispondente esternamente a un podio. L'acqua della sorgente era inoltre portata in questo edificio tramite un condotto sotterraneo, e poi, in due canali aperti, a una vasca lustrale ora totalmente distrutta. In età ellenistica l'acqua della sorgente era probabilmente utilizzata a scopi oracolari. In varie occasioni il complesso fu sottoposto a opere di restauro e a parziali trasformazioni, particolarmente estese durante il periodo ellenistico. Tra i rinvenimenti sono presenti materiali votivi dall'età arcaica all'età romana, assai frammentari e in precario stato di conservazione. Si possono menzionare figurine fittili, frammenti di scultura, vasi a melograno in bronzo e in terracotta, punte di frecce, aryballoi e strigili bronzei, oggetti di ornamento, in particolare ornamenti delle capigliature femminili. Nell'area del tempio si sono rinvenuti frammenti probabilmente pertinenti a un frontone fittile figurato ed elementi architettonici fittili (tegole, antefisse, fregio dorico, sima ecc.) databili a un rifacimento del IV sec. a.C. La vita del santuario continuò fino alla piena età imperiale, soprattutto per le sue funzioni oracolari, e decadde nel IV sec. d.C., con la cristianizzazione della regione.
Thelpousa (Θέλπουσα). Il sito della città antica è stato individuato in loc. Vanaina, presso il villaggio di Vitziki, su una collina situata sulla sponda sinistra del fiume Ladon, affluente dell'Alfeo. Alcuni sondaggi condotti nell'agorà hanno messo in luce i resti di un'area assai ampia (m 130 x 120 c.a) in una buona posizione a mezza costa, dominante la valle del Ladon. L'area era circondata da strutture, verosimilmente portici, databili forse al IV sec. a.C., mentre al centro, probabilmente in epoca romana, era stato costruito un edificio in forma di tempio. All'angolo SE era un edificio di natura incerta dinanzi al quale si allineavano fondazioni di basi per statue. Più a monte su uno sperone isolato sono segnalate tracce di una struttura circolare; altri ruderi ed elementi architettonici adespoti, talvolta reimpiegati, sono stati individuati nell'area.
Altri siti nel territorio di Thelpousa, che dovrebbe comprendere l'alta valle del Ladon, sono stati oggetto di ricerche già tra la fine del secolo scorso e gli inizî di questo secolo. A Bertsia (8 km a S di Thelpousa), il rinvenimento di un torso di statua, probabilmente un Asclepio, databile in età ellenistica, ha costituito un indizio per supporre l'esistenza nella zona di un santuario dedicato al dio, ma non pare probabile l'identificazione a Bertsia (Meyer, 1957) del santuario di Asclepio Pàis. Assieme ad altri resti indica tuttavia la presenza di un insediamento.
Nell'area del moderno villaggio di Dimitra sono stati esplorati diversi siti. Circa 2 km a SE vennero scoperte, in loc. Paliopoli, le fondazioni di un tempio arcaico, forse prostilo, con pianta allungata (16,80 x 5,80 m); nella cella si conservava un frammento della base della statua di culto. Fra i numerosi trovamenti, un cratere di bronzo con l'iscrizione kopai, sarebbe indizio di una possibile attribuzione del tempio a Demetra, in relazione a uno dei due santuari ricordati da Pausania (VIII, 25, 3-7) nella zona, ma l'identificazione permane incerta.
A NO di Dimitra, la loc. Klivoka, a S del villaggio di Kondovazaina, era già segnalata per la presenza di resti antichi; più di recente tra Voutsi e Klivoka (loc. Haghioi Theodoroi) è stato scoperto un tratto delle fondazioni di un edificio in grandi blocchi squadrati di calcare locale, presso un riempimento di tegole e resti carbonizzati. Si tratterebbe (Kardara, 1965) di un tempio, con orientamento N-S, al quale apparterrebbe una statua frontonale detta provenire dalla zona, ma gli elementi per una certezza in tal senso sono scarsi.
A Ν di Thelpousa nel sito del villaggio di Voutsi si rinvennero le fondazioni di un piccolo edificio, forse un tempio; altri sondaggi sotto la cappella di Haghia Marina portarono alla scoperta di un edificio di buona costruzione (tre assise di blocchi e ortostate dell'angolo NE, forse il tempio di Asclepio ricordato da Pausania, VIII, 25, 1) nella kòme, all'epoca in rovina, di Kaous. Tale identificazione non pare certa, e si propone, in alternativa, quella con la «omerica» Stratie, o Stratos, kòme anche questa di Thelpousa, dove andrebbero localizzati anche i «Trofei» menzionati da Pausania (VIII, 25, 1), probabilmente un monumento eretto a celebrazione dei caduti per l'indipendenza della città dagli Elei. Kaous è a sua volta localizzata presso il villaggio di Kato Spathari, tra questo e il Ladon, dove pure sono resti di abitato antico.
A O del villaggio di Kalliani, a S di Thelpousa, sono stati segnalati resti di una villa romana e di una necropoli, nella cui area erano anche vari avanzi di epoca tardoclassica e ellenistica, forse pertinenti a un abitato. Nelle vicinanze (loc. Podimata) oltre a tratti di muri e resti di necropoli, si sono rinvenute parti di un acroterio fittile tardo-arcaico e di tegole, da alcuni ritenute indizi della presenza nella zona di un edificio templare. In entrambi i siti è stato proposto di identificare l'antico centro di Onkeion, ma con scarsa attendibilità. A una possibile identificazione si addicono meglio gli avanzi segnalati nell'area di Phanaraki o, meglio ancora, di Melidoni.
Thaliades (Θαλιάδες). - In loc. Arti, presso Vaklia, ai confini con Thelpousa, su una collina dominante una strettoia della valle del Ladon, si localizza la città di Thaliades, poi kòme di Kleitor e parte del suo sistema difensivo nel IV sec. a.C., che aveva vissuto un certo periodo di floridezza nel secolo precedente, quando è documentata una sua monetazione di cui non vi è più traccia in seguito.
Uno scavo del Leonardos alla fine del secolo scorso aveva messo in luce resti di mura poligonali e di un tempio di m 8,70 x 5,90, orientato a N, con prònaos e cella che presentava sul fondo la base per una statua di culto. Tali resti non sono più riconoscibili tra le numerose strutture visibili sul sito.
Di recente è stato messo in luce un santuario che potrebbe essere, secondo lo scavatore, dedicato a Zeus Herkèios. L'edificio templare è databile in età classica, ma il culto dovrebbe risalire a un'epoca anteriore alla sua costruzione.
Halous (Άλους). Non molto distante da Vaklia, su una collina in loc. Paliokastro, presso il villaggio di Mouria, sulla riva destra del Ladon, è un altro sito con resti di fortificazioni del IV sec. a.C., identificato, in forma dubitativa, con Halous. Le fortificazioni, meglio conservate sul lato E, mostrano avanzi di torri quadrangolari. Alla sommità della collina era probabilmente un altro complesso difensivo. L'abitato si estendeva all'esterno delle fortificazioni verso il fiume, come indicano i resti individuati in occasione dell'apertura di una strada.
Kleitor (v. vol. IV, p. 694, s.v. Lousoi). - Non si segnalano rilevanti scoperte nell'area, già ben nota, dove si identifica l'antica città, che pure ha costituito l'argomento per alcuni studi di carattere storico e antiquario. Scavi recenti hanno messo in evidenza un tratto di fortificazione di epoca ellenistica, con torri rettangolari, una torre semicircolare e una porta a corte interna; queste strutture sembrano in rapporto con il settore SO della cinta urbana, in collegamento alla strada che muoveva da Kleitor in direzione di Psophis e Lousoi.
Paos (Παιον, Παος). - Piccola città lungo la strada tra Kleitor e Psophis, che all'epoca di Pausania (VIII, 23, 9) faceva parte del territorio di Kleitor ed era ormai in rovina. In età più antica era stata, al contrario, una comunità autonoma e florida (cfr. Herodot., VI, 127, che la indica come pòlis). Il nome ricorre nella lista dei thearodòkoi delfici del II sec. a.C. e si ha motivo di ritenere che allora fosse ancora indipendente. In ogni caso la sua funzione principale come luogo fortificato fu quella di controllare l'accesso al territorio di Kleitor. Oggetto in passato (Papandreou, 1920) di un'esplorazione sistematica di superficie, l'abitato antico è localizzato sulla collina fortificata di Skoupitsi: si conservano avanzi di una piccola cinta muraria in opera poligonale che circonda la città alta; al suo interno è una cisterna alimentata, tramite un condotto in terracotta, da una vicina sorgente. Il complesso è databile tra la tarda età classica e gli inizî dell'ellenismo. Fondazioni di edifici e muri di terrazzamento si trovano all'interno della cinta. In una recente ispezione sul versante meridionale dell'acropoli è stata rinvenuta un'ascia neolitica, che testimonierebbe dell'antichità di occupazione del sito.
Pheneos (Φενεός). Città ai margini di un altopiano a Ν dell'omonimo lago, ora prosciugato, con un territorio chiuso in una cerchia di montagne accessibile attraverso pochi passaggi. Nominata da Omero (Il., II, 605), raramente ebbe parte nella storia greca, benché posta su un percorso strategicamente importante. Membro della Lega Achea, fu conquistata da Cleomene nel 225 (Polyb., II, 52, 2). Dell'impianto urbano, localizzato, come confermano anche rinvenimenti monetali, su una collinetta a SE del moderno abitato di Kalyvia, si conserva qualche tratto di cinta muraria. Più a valle, sulle pendici sud-orientali della collina, verosimilmente nella città bassa, è stato parzialmente scavato un santuario di Asclepio. Del complesso, che resta da chiarire nella sua struttura generale, facevano parte due edifici contigui, forse aperti su un cortile interno, in uno dei quali (quello più a S, di m 10 x 6,10) si è rinvenuta la base rettangolare (m 4,81 x 2,95; alt. m. 1) iscritta di un gruppo cultuale, probabilmente di Asclepio e Igea, firmato da Attalos figlio di Lachares, scultore ateniese attivo nel II sec. a.C. (v. s 1970, p. 99), periodo nel quale si data anche questo santuario. Nell'ambiente si rinvennero, assieme a una testa femminile colossale ben conservata, cava nella parte posteriore e con inseriti occhi di vetro e agata e ciglia ritagliate nel bronzo, frammenti di piedi e di dita, pertinenti alle due statue aerolite del dio e della sua paredra, rispettivamente tre e due volte maggiori del naturale; vi erano, inoltre, frammenti di statue più piccole (fanciullo che tiene un pomo; figura maschile con himàtion). Il vano è pavimentato a mosaico con motivi geometrici ornamentali e presenta al livello inferiore una cisterna, accessibile attraverso sei pozzetti allineati a lato del mosaico. Al centro era un altare e all'esterno si trovavano diverse basi per dediche votive. Nell'ambiente adiacente a N, di proporzioni pressoché analoghe, erano un'altra base per statue e una tràpeza marmorea. Nell'angolo SE si rinvennero tracce di una struttura più antica (frammenti ceramici del Medio e del Tardo Elladico). Fra i trovamenti, alcuni strumenti chirurgici in bronzo confermano l'identificazione del santuario come un Asklepièion.
Al santuario di Demetra Thesmìa, ricordato da Pausania nel territorio di Pheneos, sotto il monte Kyllene, è stata attribuita una legge sacra, incisa su lastrina bronzea proveniente dal mercato antiquario, datata verso il 500 a.C. (Guarducci, 1959-60).
Degli altri luoghi di culto menzionati da Pausania (VIII, 15, 4 ss.) non esistono testimonianze archeologiche sicure, neppure per il santuario di Hermes sul monte Kyllene, che doveva essere il più importante, come mostra l'immagine del dio frequente sulle monetazioni di Pheneos.
Nonakris (Νώνακρις). - Piccolo centro dell'Azania, nell'alta valle del Krathis (a S di Kynaitha e non distante dal santuario di Lousoi) sorto presso il corso del fiume Styx. Gravitava probabilmente nell'area di Pheneos. Di incerta identificazione, si localizza ora sulla collina di H. Thanasis, presso il villaggio di Solos, alla congiunzione del Krathis e dello Styx di fronte al villaggio di Peristeria. Ne restano scarsi avanzi (oltre a poche tracce preistoriche, elementi risalenti ai periodi arcaico, classico, ellenistico).
Stymphalos (v. vol. VII, p. 535). - Recenti prospezioni di un gruppo di ricercatori canadesi hanno preso in esame l'area urbana e il territorio circostante. Principale risultato dell'indagine è l'individuazione di una pianificazione urbanistica di tipo ortogonale organizzata in insulae di forma allungata (30 X 103 m) nel settore SO della città, oblique di 300 a O rispetto al N, entro il poligono irregolare di una fortificazione. L'acropoli doveva occupare un costone roccioso lungo 500 m e soprelevato di 50 m rispetto alla piana circostante, dove si estendono aree coltivate.
L'impiego di moderni sistemi di prospezione geofisica ha permesso di individuare una rete di strade, muri e corti a peristilio, che si dispongono all'interno delle mura secondo una pianta regolare organizzata su una strada principale larga 8 m e su strade secondarie di 6 m; su una delle insulae si è riconosciuta una stoà o una struttura affine. L'intervallo ricorrente è di 36 m tra le linee dei muri N-S (= 110 piedi dorici di 0,327 m). È molto probabile che questa sistemazione urbanistica sia dovuta a un sinecismo da porsi, come quello di Megalopoli, entro il primo terzo del IV sec. a.C., dopo la battaglia di Leuttra (371). A quest'epoca dovrebbe risalire anche la cinta difensiva, che presenta alcuni elementi in comune con quella di Mantinea (porte a muri sovrapposti). Sono state individuate in superficie tracce di frequentazione in epoca romana (monete e ceramica). L'indagine si è estesa al territorio circostante rintracciando il percorso di un doppio acquedotto (con uno speco sotterraneo e uno soprelevato su archi), realizzato da Adriano per l'approvvigionamento idrico di Corinto. Nell'area a Ν della città, nella chiesa del monastero di Zaraka si sono osservati molti materiali di reimpiego, tra cui elementi architettonici (parti di fregio dorico), forse riferibili a resti di strutture già visti dal Dodwell, ma difficilmente interpretabili come avanzi del tempio di Artemide Brauronìa, attestato epigraficamente (cfr. Paus, VIII, 46,3). Verso O un piccolo recinto extramuraneo presentava tagli nella roccia per stele (area funeraria o santuario?). A c.a 2 km più a O della tomba a pianta circolare (heròon) da tempo nota, è stata individuata una struttura rettangolare con mura poligonali ben conservate, forse una fattoria. Incerto il luogo della città più antica, che doveva trovarsi in una posizione diversa (cfr. Paus., VIII, 22, 1-2) ed è stato localizzato (Howell, 1970) presso Karteri. Altri resti sparsi nel territorio sono in parte attribuibili a un sistema di torri di avvistamento.
Singoli centri dell'A. orientale. Kaphyai (Kαφύαι, Caphya). - Città situata nel settore NO della valle di Kandyla; fu sempre fortemente subordinata a Orchomenos e non ebbe mai un ruolo importante. Era costruita su una collina (loc. Haghiannis), a SE del villaggio di Chotoussa, dove restano avanzi di una cinta muraria con torri circolari, fondazioni varie e ammassi di frammenti architettonici (anche rocchi di colonne) in marmo e calcare assieme a tegole e frammenti ceramici. Una vicina sorgente è identificata con la Menelais di Pausania (VIII, 23, 4). Altri ritengono di localizzare la città più a SO, dove invece è probabile si trovasse Kondylea, con il Santuario di Artemide Kondyleàtis. In loc. Haghios Gheorghios, circa 500 m a SE di Haghiannis è stata identificata (Howell, 1963) un'area di frammenti ceramici preistorici classici ed ellenistici. E' possibile che questo sito sia il predecessore della città fortificata di epoca ellenistica. In loc. Prinakos è stata di recente messa in luce una basilica paleocristiana che occupa il sito di un tempio antico; quest'ultimo era un edificio di ordine dorico con krepìs di tre gradini databile in età ellenistica (III-II sec. a.C.), molti elementi del quale (fregio, colonne ecc.) sono stati reimpiegati nella basilica.
Tra il materiale di reimpiego in una struttura paleocristiana è anche la base di una statua onoraria di età ellenistica con le firme di due scultori tegeati, Demetrios e suo figlio Diognetes. Nell'area sono state scavate numerose tombe con copertura di tegole alla cappuccina o a cista di età protobizantina; al limite Ν dell'area esplorata sono stati individuati i resti di un edificio di età classica a pianta rettangolare.
Orchomenos (v. vol. V, p. 710). - Nel sito dove probabilmente si trovava l'insediamento miceneo di Orchomenos, a E della città di epoca storica, è stato scoperto un santuario che si aggiunge agli altri già messi in luce nell'area urbana (Artemide Mesopolìtis all'interno delle mura e il santuario della città bassa). La durata del complesso si estende dall'inizio dell'età arcaica all'età imperiale romana, ma non mancano indizi di frequentazioni più antiche (figurine micenee). Su una terrazza sostenuta da un muro di anàlemma era il tempio, di cui rimangono le fondazioni in blocchi di pietra calcarea; a E del tempio si è rinvenuto l'altare, mentre l'accesso al recinto sacro era sul lato O, dove è stato individuato un pròpylon. Fra i trovamenti più significativi sono i resti di una decorazione architettonica fittile di età ellenistica (sima), e numerose offerte votive: figurine itifalliche dell'inizio dell'età arcaica, ceramica corinzia del VI sec. a.C., monete ellenistiche e romane.
Nel territorio di Orchomenos sono stati messi in luce ad Haghiannis Levidiou resti di un'importante basilica paleocristiana a tre absidi, verosimilmente eretta nell'area di un tempio antico. Altri indizî della presenza di un santuario sono stati individuati nel settore NO della piana di Orchomenos, a SE del villaggio abbandonato di Bizika, dove taluni identificano il sito antico di Euaimon. Nella piana di Kandila, a Ν di Orchomenos, è stato evidenziato un grande tumulo circondato da krepìs.
Studi di carattere storico e nuove letture di documenti epigrafici hanno contribuito ad approfondire la situazione e il ruolo di Orchomenos nella storia dell'A.: posizione e ruolo di primo piano soprattutto in età arcaica, con una possibile espansione territoriale verso SO, largamente ridimensionata più tardi con la creazione dello stato di Megalopoli. Le strutture attualmente visibili (resti di cinta muraria, agorà, teatro, santuario di Artemide) presentano caratteristiche tali da rendere plausibile una loro realizzazione unitaria entro un breve arco di tempo, dopo lo spostamento dell'abitato, che si trovava in origine più a valle (Winter, 1989).
Alea ('Αλέα). Piccola città ben fortificata a S di Stymphalos e ai confini con l'Argolide, su un colle dominante una stretta valle alle pendici meridionali del monte Apelauron. La sua popolazione prese parte al sinecismo di Megalopoli (Paus, VIII, 27, 3), ma la vita della città non subì interruzioni. Di data antica doveva essere il culto di Atena Alèa, precocemente trapiantato a Tegea. All'epoca di Pausania apparteneva a Stymphalos ed entrambe rientravano nei territori dell»Apyoλiκὸv συνέδριον. La fortificazione di età ellenistica si fa risalire all'epoca della dominazione macedone. Ne rimane un ampio tratto, lungo 485 m (spess. c.a 3 m; alt. conservata 3-4 m), con torri rettangolari a intervalli in media di c.a 30 m, racchiudente un'area approssimativamente triangolare, lungo un pendio sovrastato, all'estremità N, dall'acropoli, che occupa un piccolo pianoro e presenta sul lato Ν un possente bastione in opera isodoma di blocchi di calcare.
Un tratto di muro interno con porta e torri costituisce un'ulteriore difesa dell'acropoli. La città bassa, di cui non sono visibili resti evidenti, doveva estendersi lungo il pendio, verso S. In quest'area, dove non è più possibile seguire l'andamento delle fortificazioni, un piccolo saggio ha rivelato la presenza di una cisterna di età romana e, a breve distanza da questa, di un lungo muro di terrazzamento.
Nel territorio si possono ricordare i notevoli resti, sul colle di Anemomylo, di blocchi squadrati antichi, per la maggior parte sparsi sul terreno, forse pertinenti a un edificio templare.
Mantinea (v. vol. IV, p. 818). Una notevole ripresa di interesse per Mantinea e il suo territorio (valli di Mantinea, Louka e Nestane) ha caratterizzato in questi ultimi anni le ricerche sull'A. antica. Interessanti scavi hanno rivelato nuovi dati sulle vicende più antiche dell'area in un periodo anteriore al primo sinecismo, la cui data resta incerta, ma si colloca probabilmente negli anni 470-460 a.C., come risultato di diversi fattori politici (presenza di Temistocle in Α., difficoltà di Sparta, sinecismo di Elide) e come confermano alcuni documenti epigrafici. Della prima città sono stati infatti riesaminati i pochi elementi certi al di sotto delle strutture dell'impianto urbano del IV sec. a.C.; alcuni sondaggi in profondità hanno rivelato in vari punti strutture e resti del V sec. Non sono mancate, inoltre, interessanti prospezioni geofisiche. Qualche nuova proposta riguarda l'identificazione di alcuni edifici dell'agorà, in alternativa alle conclusioni del Fougères. Vari scavi hanno interessato anche resti di epoca romana, come un grande impianto termale di periodo medio imperiale. Reimpiegato in un muro delle terme, era un'importante documento epigrafico del tardo V sec. a.C. (trattato tra Mantinea e Helisson). Scavi in una delle necropoli cittadine a Ν dell'area urbana, hanno rilevato la presenza di tombe di età classica e ellenistica, con bei corredi, disgraziatamente danneggiate da lavori agricoli. Al di sotto del livello delle tombe sono stati scoperti i resti di una fornace. A SE della città è stata scavata un'altra necropoli (loc. Melia), con monumenti e recinti funerari di epoca romana tarda, forse sovrapposti a un'area funeraria più antica.
Un'indagine sul territorio, volta a definire i modelli di insediamento in età classica (S. e H. Hodkinson, 1981), ha messo in evidenza, sulla base di testimonianze storiche e di dati geologici, geografici e climatologici i caratteri politico-sociali e ambientali dello stato di Mantinea.
Lo scavo di maggior interesse nella chòra di Mantinea è senza dubbio quello della collinetta di Gourtsouli, che si identifica oggi, senza più dubbi, con la antica kòme di Mantinea detta Ptolis, menzionata da Pausania (VIII, 12, 5) nel settore Ν della pianura, nelle immediate vicinanze della città di età classica. Ptolis, oggetto in passato di non poche polemiche relative alla sua identificazione, doveva essere stato il centro della comunità prima del sinecismo, nonché il luogo di culto più importante della zona. La collina ha una forma troncoconica e domina la pianura da un'altezza di c.a 100 m. Nella spianata che si trova alla sua sommità alcuni saggi hanno restituito materiali ceramici tra il periodo geometrico e il VI secolo. Su un lato la collina è circondata da un muro ciclopico di una certa estensione; a parte qualche frammento preistorico, i resti più antichi, compreso il recinto più piccolo, sono di epoca geometrica. Un ricco deposito di materiali votivi comprendeva, oltre a ceramica di varia epoca fino alla prima età classica, circa duecento statuette femminili in terracotta che provano l'esistenza di un culto di divinità femminile della fertilità, una figurina, sempre femminile in bronzo datata al 460-450 a.C. e numerosi oggetti metallici. Nessun elemento prova una possibile interruzione del culto dagli inizî dell'età classica al IV sec., fino all'età ellenistica (tegole con iscrizione IEPOI, databili alla seconda metà del III sec. a.C.); resta incerta la data della ristrutturazione del santuario con la creazione del recinto più ampio. Incerta è anche l'identificazione della divinità venerata: si è proposto anche il nome di Penelope.
Lo scavo di un altro interessante santuario rurale è stato condotto in loc. Trypitì; si tratta di un complesso di età arcaica comprendente un semplice ambiente rettangolare a E del quale si trova una struttura simile a un altare; a NO di questo era un'altra costruzione a pianta rettangolare. Più a O gli avanzi di un'altra struttura erano associati a materiale, probabilmente votivo, degli inizî dell'età arcaica.
Un sostegno al sistema difensivo del territorio, con il controllo degli accessi da e verso l'Argolide è da tempo indicato nelle fortificazioni abbastanza ben conservate (con due torri semicircolari e porta protetta da una torre rettangolare) sulla collina della Paniguristra, che si identificano con la kòme di Nestane e che dovrebbero datarsi, come impianto originario, dopo il secondo sinecismo di Mantinea, tra la tarda età classica e il primo ellenismo; all'interno della cinta era forse anche un santuario. Un insediamento, attestato da frammenti ceramici che non risalgono oltre la metà del IV sec. a.C., si trovava probabilmente a E della cittadella. Nei pressi di questa era anche un santuario di Demetra. Circa 1 km a SO di Nestane sono stati messi in luce grandi pìthoi funerari non databili a causa della totale assenza di corredo. Torri di avvistamento erano su una propaggine del Mytika (Skopì) e su una collina presso Loukas. Nella valle di Loukas, a NO della conca principale, vi sono indizi di abitato sparso. Resta incerta la localizzazione della kòme di Maira, abbandonata, come Nestane, al tempo di Pausania.
Una necropoli del Tardo Geometrico con tombe a cista e sepolture in pìthos è venuta alla luce ad Haghiolias a Ν di Mantinea. Resti di impianti probabilmente agricoli di epoca ellenistica (III-II sec. a.C.) sono segnalati in due siti all'angolo NE della piana. Una necropoli di tarda età imperiale è stata scavata a breve distanza da Mantinea in loc. Milia: in recinti funerari, talvolta disturbati da interventi più recenti, erano riunite sepolture con copertura di lastre fittili, e corredi costituiti da ceramiche di modesto valore, con qualche eccezione che ha permesso una datazione al V sec. d.C.
Tegea: v. TEGEA.
Pallantion: v. PALLANTION.
Megalopolitide. - La fondazione della città di Megalopoli dopo la battaglia di Leuttra comportò la creazione di un nuovo stato, con una sua entità territoriale, concordata dai membri della Lega arcadica. L'estensione della chòra di Megalopoli risulta di gran lunga la maggiore rispetto a quella degli altri stati dell'A., essendo state incluse in essa entità territoriali in precedenza autonome o dipendenti da altre città. Grande parte nel sinecismo di Megalopoli ebbero, inoltre, i territori della piana dove scorre il tratto più alto dell'Alfeo e dei sistemi montuosi connessi, occupati dagli èthne dei Mainalioi e dei Parrhasioi.
I territori del meridione, aree ancora non interessate da fenomeni di urbanizzazione, con insediamenti sparsi, erano peraltro a lungo rimasti oggetto degli interessi di Sparta (sintomatico il fenomeno del culto di Oreste e il toponimo Oresthasion: cfr. Pikoulas, 1988). Di questa complessa operazione di sinecismo abbiamo notizia da Diodoro (XV, 72, 4) e da Pausania (VIII, 27, 1-8): il primo parla di venti kòmai dei Mainalioi e dei Parrhasioi, che fornirono la popolazione per Megalopoli nel 368/7; il secondo di trentanove pòleis delle regioni centro meridionali dell'A. (Mainalia, Eutresia, Aigytide, Parrhasia, ecc.) spopolate a favore della nuova città. Methydrion, Thisoa e Teuthis, la prima su un passo ai piedi del monte Menale, proprio al centro dell'A., le altre due nell'alta valle del fiume Gortynios (attuale Lousios), erano in origine subordinate o comunque controllate da Orchomenos, così come Helisson era in origine una kòme di Mantinea. Assieme ai raggruppamenti etnici meridionali entrarono tutti a far parte del grande stato arcade. In parte, tuttavia, nel corso delle successive vicende storiche acquistarono o riacquistarono temporaneamente lo statuto di pòlis.
Methydrion (Μεθύδριον). - Cittadina dominante un passo montano a O del monte Menale, punto di incrocio della strada che da Argo portava verso Olimpia e dell'arteria che collegava Megalopoli con l'A. settentrionale e l'Acaia. Ricordata da Tucidide (v, 58) nella guerra tra Argo e Sparta, vantava qualche vincitore in gare olimpiche, ma era di importanza secondaria. Il sito, a NO dell'omonimo villaggio moderno, risulta abbastanza facilmente identificabile in base ai resti antichi e alle indicazioni di Pausania (VIII, 36, 1-3); il nome stesso ne indica la posizione alla confluenza di due corsi d'acqua. In un'area alquanto scoscesa, meglio agibile sul lato SE, fondazioni di mura e di torri e di edifici vari sono visibili sul terreno, assieme a frammenti fittili. Presso una chiesetta della Panaghia rimangono gli avanzi di un tempio. Nella vallata, all'esterno della zona fortificata, un altro tempio era identificato dal Leake come quello di Posidone Hìppios, che però è menzionato da Pausania entro le mura. L'edificio che aveva, forse, una facciata con due colonne in antis, risaliva probabilmente alla prima età classica e andò distrutto, per incendio, in epoca ellenistica.
Nel territorio di Methydrion si trova il santuario di Petrovouni, che ha restituito materiali di età arcaica e resti di un tempio.
Più a N, verso la valle del Ladon, è stato localizzato, presso il villaggio di Glanitsa (ora ribattezzato Amygdalià), il sito di un altro antico santuario. Occupava una terrazza, su cui sorgeva la cappella di Haghia Paraskevì, costruita con materiali di reimpiego, ed era di entità piuttosto modesta, come risulta anche dagli oggetti votivi. Era costituito da un témenos e da un altare risalenti al periodo arcaico (tardo Vll-inizî VI sec. a.C.).
Dopo un apparente abbandono, probabilmente nel IV sec. la terrazza venne ampliata con la realizzazione di un nuovo muro di anàlemma e l'altare ricostruito. Tra i rinvenimenti, oltre alla ceramica corinzia, si annoverano la base di una statua di bronzo con iscrizione, una testina di bronzo tardo arcaica, due testine di marmo assai danneggiate, oggetti votivi vari tra cui punte di frecce e una figurina ritagliata in lamina bronzea raffigurante un uomo in corsa con un cane o un lupo, della categoria attestata in altri complessi votivi arcaici della regione.
Torthyneion (Τορθύνειον; Tortuni). - Centro noto da fonti epigrafiche tra il V sec. a.C. e l'età augustea. Sia Polibio, sia Pausania non ne fanno menzione. Il nome è presente nella lista, riportata da Plinio (Nat. hist., IV, 22), delle località della Provincia Achaia. Indicativi per una sua localizzazione dovrebbero essere una lista dei thearodòkoi delfici del tardo V sec. a.C. (tra Kaphyai e Psophis) e un trattato di confine del 369 a.C. tra Orchomenos e Methydrion. Secondo il Meyer, Torthyneion si dovrebbe trovare in generale a Ν di Methydrion e a NO di Orchomenos: indicativamente era suggerita, presso il villaggio di Karvouni, la località di Kalivia tis Lastas. Presso Sakovouni (Kamenitsa), sulla collina di Haghiasoteira, al limite orientale della valle di Gortys, è stato individuato e in parte scavato da Th. Spyropoulos un abitato ellenistico, con grandi ambienti, databili, in base ai materiali ceramici, fra III e II sec. a.C. Secondo lo scavatore il sito antico è verosimilmente identificabile con questa località.
Thisoa (θεισόα ή πρὸς Ὀρχομενῷ). Presso il villaggio di Karkalou, in loc. Palaiokatina si identifica la più settentrionale delle due città dell'A. con lo stesso nome, situata non lontano dal corso del fiume Gortynios. L'acropoli della città, che non dovette avere probabilmente sorte diversa da Methydrion e Teuthis, conserva scarse vestigia di fortificazioni e avanzi di edifici romani. Più a valle, limitati scavi hanno messo in luce resti di un santuario di un mègas theòs, come risulta da un decreto inciso su lamina bronzea rinvenuto sul posto (datato al II sec. a.C.), il cui impianto (recinto e fondazioni di due edifici presso il santuario) viene assegnato dallo scavatore al III sec. a.C. Fra i trovamenti, all'incirca coeva, una statuetta bronzea di uomo barbato con elmo e forse arco nella sinistra; nell'iscrizione incisa su un'altra lastrina bronzea rinvenuta nel santuario compare il nome di Thisoa, a conferma dell'identificazione.
Teuthis (Τευθις). Nei resti antichi conservati nel moderno abitato di Dimitsana si identifica comunemente la cittadina di Teuthis, il cui nome è noto da Pausania e da alcuni conî monetali di età ellenistica, quando questa faceva parte della Lega Achea. Situata su un colle lungo la sponda sinistra del fiume Gortynios, controlla la via di fondovalle da una posizione strategica che si è conservata valida nel tempo, dal momento che si tratta di uno dei pochi casi in A. di abitato moderno sovrapposto a uno antico.
Non fu mai un centro autonomo, ma dipese politicamente da una città più potente: certamente faceva parte dei territori di Megalopoli, ma i suoi abitanti restarono nell'antica sede. È probabile che le fortificazioni, di cui sono stati individuati diversi tratti nell'abitato moderno, siano state apprestate in età ellenistica.
Una delle necropoli è stata localizzata a NE delle mura, un'altra doveva trovarsi a SE. Dall'area provengono diversi materiali epigrafici, e ceramici, ma se ne ignora per lo più l'esatta provenienza. In ricognizioni di superficie si è osservata la presenza di frammenti di tutte le epoche, dalla preistoria alla tarda antichità, fino a epoca moderna. Tra le sculture un certo interesse riveste un leone funerario di età arcaica; da segnalare anche il rinvenimento di un bronzetto raffigurante un cavaliere, ora al Museo di Sparta.
In loc. Paliochori abbondanti frammenti ceramici di epoca romana, provengono forse da una villa che doveva trovarsi nella zona.
Gortys (v. vol. III, p. 993). - Una ricerca topografica sull'intera regione di Gortys è rivolta soprattutto a monumenti medievali, ma non mancano ragguagli su siti antichi. A S di Gortys è da tempo segnalata una piccola fortezza probabilmente di età arcaica in loc. Hellinikò; un'altro sito fortificato, datato al IV-III sec. a.C., è stato localizzato a O della città (ad Haghios Nikolaos, presso il villaggio di Vlachorraphti): si ritiene possibile un'identificazione con il sito di Maratha menzionato da Pausania (VIII, 28, 1).
Thisoa (Θεισόα). - Sulla collina di Lavda, sopra al moderno villaggio di Thisoa, c.a 15 km a E di Andritsaina, un gruppo di ricercatori olandesi ha intrapreso, a partire dal 1978, un lavoro di prospezione e dal 1985 lo scavo di una cittadella fortificata che si hanno buoni motivi per identificare con l'antica Thisoa, città diversa da quella omonima, più vicina a Orchomenos, lungo la valle del fiume Gortynios.
Le prospezioni hanno permesso un rilievo di dettaglio dei resti emergenti o sparsi (anche frammenti architettonici), in primo luogo di una struttura difensiva di forma poligonale irregolare costituita da una cinta esterna e da una interna. Quella esterna è munita di bastioni quadrangolari e di una torre semicircolare, tre posterule e, a S, una porta con bastione avamposto e si collega a quella interna sul lato N. Questa presenta a S due bastioni angolari e una porta a ridosso di uno di questi. I frammenti architettonici rilevati costituiscono un indizio della presenza all'interno della cinta di edifici monumentali di ordine dorico e di varie strutture, nonché di frammenti di sculture databili in età ellenistica. Un saggio nel bastione NO ha permesso una datazione della costruzione della cinta in età ellenistica.
Un altro sondaggio a O dell'acropoli ha messo in luce una struttura rettangolare con numerosi vani disposti attorno a una corte interna con ingresso a O. Lo zoccolo in pietra che costituisce la base per l'alzato in mattoni crudi recava spesso un intonaco bianco o colorato (rosso, blu). Incerta rimane la destinazione dell'edificio, che presenta, tuttavia, un livello qualitativo superiore a quello delle comuni abitazioni. Fra i trovamenti (i più antichi del IV sec. a.C.) ceramiche a rilievo e monete. Una rioccupazione del sito nel Medioevo è attestata da ceramiche invetriate.
Megalopoli (v. vol. IV, p. 963). Molto intensa in questi ultimi anni è stata l'attività di ricerca sulla piana di M., soprattutto in seguito all'impegnativa ricognizione sul terreno di alcune aree campione (Università di Sheffield e Swansea), volta a chiarire la densità e la qualità degli insediamenti nei vari periodi storici. Studi di insieme (Petronitis, 1973; Pikoulas, 1988) hanno preso in considerazione la globalità degli aspetti ambientali, dei dati archeologici e della tradizione mitica e storiografica, per offrire un quadro esauriente della città e della piana circostante nell'antichità. Scavi di emergenza hanno inoltre comportato interventi sia nell'area urbana di M., sia in zone limitrofe.
La piana di Megalopoli comprendeva, oltre al bacino principale, anche aree adiacenti con bacini minori e valli per una superficie aggirantesi attorno ai 1500 km2. Al momento della fondazione della città (370-367 a.C.), diversamente da quanto si può constatare altrove, quest'area era priva di un centro importante e presentava una serie di insediamenti sparsi, che parteciparono al sinecismo. Pausania (VIII, 27) menziona 39 località, i cui abitanti andarono a costituire la popolazione della nuova città, in apparente contrasto con Diodoro (XV, 72, 4) che ne indica il numero in venti.
Il risultato di ricognizioni in aree campione della zona di Megalopoli ha portato a constatare alcuni dati di fatto relativi all'insediamento: i materiali raccolti in superficie in duecentotrentadue punti di ritrovamento consentono un primo bilancio che vede una scarsa frequentazione nei vari periodi della preistoria, mentre dei rinvenimenti di età storica poco appartiene al periodo arcaico e poco al tardo ellenismo, concentrandosi soprattutto nell'età classica e nel primo ellenismo; rari materiali, e di qualità scadente, possono assegnarsi alla prima età imperiale.
Una maggiore importanza presenterebbe un sito su una collina ben difendibile e rifornita di acqua, che guarda verso la piana; in prevalenza il materiale risulta di età classica, ma l'estensione ha dimensioni uniche su un'area-campione di circa 60 km: dovrebbe trattarsi di una kòme di qualche rilievo, mentre gli altri siti possono attribuirsi piuttosto a casolari o fattorie a conduzione famigliare. Dal IV sec. a.C. in poi si assiste a una diminuzione di queste fattorie, anche se non è possibile fissare una data sicura per tale fenomeno e quindi attribuirlo al sinecismo di Megalopoli come effetto immediato. La campagna non venne spopolata dalla fondazione della città, ma il modello di insediamento venne a trasformarsi a lungo termine: nel I sec. a.C. il numero dei siti rurali era molto inferiore e assai basso nei primi secoli dell'impero. Concentrazioni di materiali ellenistico-romani sembrano essere associati con aree discretamente estese, ma inferiori a quella che si ritiene potesse essere una kòme precedente o contemporanea al sinecismo.
In età romana al modello insediativo di piccole fattorie piuttosto fitte sul territorio si sarebbe sostituito un sistema che prevedeva impianti più grandi, ma meno frequenti. Nella zona delle miniere di lignite sono stati individuati alcuni pozzi con rivestimento di pietra, senza apparenti connessioni con eventuali abitati. Il materiale rinvenuto al loro interno risulta abbondante e appartiene a un lungo arco di tempo, dall'arcaismo all'età imperiale: si tratta spesso di vasi utilizzati per attingere l'acqua e di altri vasetti in ceramica. Tra gli oggetti in bronzo sono compresi una bella hydrìa e un ampio calderone, nonché un elmo macedone. Interessanti anche alcuni recipienti lignei ben conservati.
In un altro sito della Megalopolitide, c.a 20 km a Ν di Megalopoli, alla sommità della collina di Prophitis Ilias presso il villaggio moderno di Lykochia, si è condotto lo scavo di un santuario di Pan, come indica una base con dedica, che sosteneva una statua di giovinetto, attualmente mutila, datata alla prima età ellenistica, ispirata a moduli lisippei. Il complesso conserva anche una stoà e altre strutture, in una delle quali è stato rinvenuto un vaso lustrale. La maggioranza dei materiali ceramici si data agli inizî dell'età ellenistica, ma non mancano figurine votive che risalgono fino al V sec. a.C. Sempre a Ν di Megalopoli, più vicino alla città, in loc. Nea Ekklisoula, sono venute in luce le fondazioni di un tempio arcaico con numerosi oggetti votivi databili tra il VII e il VI sec. a.C., tra cui armi. A Kyparissia, c.a 15 km a NO di Megalopoli, scavi condotti nel secolo scorso alla ricerca dei siti di Bathos e Basilis (Paus., VIII, 29) portarono al rinvenimento di una stipe votiva (Vaty Revma, cappella di Haghios Gheorghios) con terrecotte, bronzi, vasi, lucerne databili fino al IV sec. a.C. probabilmente pertinente a un santuario della Grande Dea ricordato da Pausania. Un sacello, scavato anni dopo, restituì porcellini votivi e una statuetta bronzea forse della Grande Dea. A E del villaggio una strada, lungo la quale erano basi di statue, era da porsi in relazione a strutture urbane (Basilis?).
Ricerche di superficie a S di Megalopoli hanno ribadito la localizzazione di Ampheia, piccolo centro fortificato, sulla collina del castello di Gardiki e propongono per la dibattuta identificazione della cittadina di Oresthasion un sito in loc. Palianomodouros. A Ν della città sono state messe in luce anche due grandi costruzioni tardoantiche. La struttura di maggior rilievo è rappresentata da un edificio con sala centrale (m 11 x 7) pavimentata con un mosaico ripartito in due settori dei quali il più piccolo presenta una decorazione geometrica, mentre il campo maggiore, recante al centro un emblema con le tre Grazie, risulta per il resto suddiviso in pannelli ottagonali e esagonali occupati da putti, quadrupedi, uccelli, pesci; lo stile è attribuibile a epoca giustinianea, come appare confermato, del resto, da rinvenimenti monetali.
Asea: v. asea.
Thoknia (Θωκνία). - Il sito, abbandonato all'epoca di Pausania, si trova probabilmente in prossimità dell'omonimo villaggio moderno, alla confluenza dell'Helisson con l'Alfeo, ma si è individuata in passato solo un'area di frammenti ceramici.
Lykosoura (v. vol. IV, p. 749). - Alcuni sondaggi presso la cella del mègaron di Despoina (1966) hanno rimesso in discussione la datazione di Damophon (v.); la proposta di una cronologia in età adrianea non ha però trovato molti consensi. Tra il 1969 e il 1972, un nuovo esame dei frammenti delle sculture ha fornito indicazioni per una più corretta ricostruzione del gruppo. Non sono mancati studi di carattere più propriamente storico-religioso, legati alla interpretazione del culto e ad aspetti del sacerdozio nel santuario. Frammenti di iscrizione con testo di una legge sacra, recuperati nei muri di una cappella, sono stati da poco pubblicati. Una ricognizione dell'area di Lykosoura è stata effettuata recentemente.
Lykaion (Λυκαιον). - Montagna dell'A. occidentale dove avevano luogo i giochi Licei. Era considerato un luogo sacro da tempi antichissimi per la nascita di Zeus e come casa di Pan (Paus., VIII, 38, 2-6). Come fondatore del santuario è indicato Lykaon (Schol. Eurip., Or., 1647), mitico progenitore degli Arcadi. Il santuario di Zeus fu certamente uno dei più importanti centri cultuali dell'A., polo importante, in origine, per l'etnia dei Parrhasioi. Fu probabilmente al centro di una specie di amfizionia che nel V sec. promosse l'emissione delle monete con la figura di Zeus Lykaios e la legenda arkadikòn.
A una quota di c.a 1200 m. in una sella tra le due vette del massiccio montuoso, si trovano i resti di un ippodromo ellenistico o romano, uno stadio, una stoà e altre strutture di servizio. In questo settore più basso va cercato il santuario di Pan, uno hieròn entro un boschetto, di cui non si hanno chiari indizi. Il Santuario di Zeus Lykaios, dove era il recinto del dio in cui nessun uomo poteva entrare, con due colonne sostenenti aquile d'oro, si è localizzato sulla vetta meridionale, che è anche la più elevata. Si tratterebbe secondo un'interpretazione (Mylonas, 1943) della trasformazione di un santuario preistorico, di tradizione micenea, dedicato successivamente a Zeus, ma manca la documentazione archeologica relativa a questo periodo più antico. Da quest'area provengono infatti alcuni oggetti votivi, principalmente statuine in bronzo, diverse delle quali raffigurano Zeus ed Hermes, che si distribuiscono tra il VII e il IV sec. a.C. Mancano testimonianze più antiche. L'altare di ceneri, su cui si praticavano sacrifici umani ancora in epoca classica (Plat., Min., 315c), occupa per intero la vetta. Pausania menziona anche un santuario di Apollo Parrhàsios, individuato sul versante E della montagna.
Singoli centri dell'A. sud-occidentale. Comprendiamo in questo settore alcuni centri nella media valle dell'Alfeo e della Neda, in più diretto contatto con la vicina Pisatide e con la Trifilia.
Hernia ('Ηραία). - Presso il villaggio di Haghios Yoannis, sulla sponda destra dell'Alfeo, a E della confluenza con il Ladon, non lontano dal confine con la Pisatide, si localizza l'antica città di Heraia, in un luogo di notevole importanza strategica lungo il percorso che collegava l'Elide con l'A. e l'Argolide. Nel sito, ben noto ai viaggiatori del secolo scorso che segnalavano varî resti antichi, uno scavo degli anni '30 ha messo in luce varie strutture. Tra queste erano le fondazioni di un edificio quadrato (m 4,20 di lato) con porte a E, a Ν e a S, all'interno del quale si rinvenne un capitello dorico di tipo classico.
Un'altra piccola fondazione, c.a 60 m più a O, ha uno schema simile. Entrambe restano di destinazione sconosciuta e di epoca incerta, benché lo scavatore abbia classificato la prima come un tempio. Altri ambienti, tra cui impianti termali con ipocausto e mosaici, appartengono invece a un complesso di epoca romana (villa). In quella stessa campagna vennero individuati un tratto di acquedotto e una necropoli; in località Vamvaka si rinvennero le fondazioni di un impianto identificabile come una fontana o un ninfeo.
Diversi siti con resti antichi sono stati segnalati nel territorio di Heraia, soprattutto a SO (Hellinikò, Kakouraika-Kokkora); in questa zona va forse collocato il demo di Melaineai.
Paliokastro (Bouphàgion?). - Sulla collina che sovrasta l'attuale villaggio di Paliokastro a SO di Heraia lungo il corso dell'Alfeo, in prossimità della confluenza del Bouphagos, sono visibili in superficie tratti di una duplice cinta muraria della prima età ellenistica; un circuito interno con tre torri quadrangolari e una semicircolare, presso la quale era una porta, racchiudeva l'acropoli; più ampia (perimetro c.a 200 m) era la fortificazione esterna, posta più a valle, anche questa munita di torri semicircolari e con resti di una porta. Non è chiaro se le due cinte fossero in qualche modo collegate, poiché la parte settentrionale di entrambe è assai lacunosa. Resti di muri e una cisterna sono stati osservati all'interno della cinta bassa.
È possibile che questa fortificazione, al pari di altre in diversi siti dell'A. sia da collegarsi al programma difensivo realizzato nel periodo dell'egemonia macedone. L'identificazione con Bouphàgion, sostenuta in passato, non concorda con il dato topografico riferito da Pausania (VIII, 26, 8), che pone questo sito alle sorgenti del fiume Bouphagos, e non alla sua confluenza con l'Alfeo. Esso è forse da cercarsi presso il villaggio di Kryonero, alla frontiera con la Megalopolitide (Jost, 1974).
Alipheira (v. S 1970, p. 33). - Pochi elementi nuovi sono stati pubblicati dopo l'edizione definitiva degli scavi: si tratta di alcune considerazioni storico-topografiche, in particolare sul periodo di occupazione di Alipheira da parte degli Elei e sulla sua resa a Filippo V nel 219/18 a.C., narrata in un noto passo di Polibio (IV, 78), per il quale si suggerisce una nuova interpretazione di un dato topografico relativo alle strutture difensive della città.
Phigalia: v. figalia.
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