ARCA (fr. arche; sp. arca; ted. Arche; ingl. ark)
Le arche sepolcrali. - Col nome di arca si può intendere una specie di sarcofago, ma più grande e monumentale. Arche vengono anche dette le sepolture delle catacombe, che non siano loculi. Le arche dei cimiteri sotterranei erano o marmoree o ricavate nel tufo. Per chiuderle s'impiegava una grande lastra di marmo disposta orizzontalmente sopra di esse, che si chiamava mensa. Alcune volte sopra questa mensa si apriva l'arco, che unitamente al nome di solium con cui si indicava l'arca formava il composto arcosolium (v. arcosolio). Nel cimitero di Pretestato, in quello di Callisto, nell'ipogeo di Lucina i più antichi sepolcri a mensa non avevano sopra di sé l'arco, ma una nicchia quadrilunga. Le mense poi non sempre erano fisse, costruite cioè o incassate sull'arca, ma potevano esser messe in modo da potersi facilmente rimuovere. Alcune erano soltanto appoggiate sull'apertura della tomba, altre si potevano muovere per mezzo di anelli di bronzo infissi su di esse. Una di queste mense si trovò nel cimitero di Pretestato.
Le arche più che nei cimiteri sotterranei furono impiegate in quelli all'aperto, come naturalmente più adatte alla custodia di salme in questo genere di cimiteri. In quello di Iulia Concordia furono ritrovate grandi arche lapidee chiuse da coperchi a tetto e anche in altri cimiteri fuori di Roma si rinvennero arche rozze, ricavate in pietre fornite dalle cave locali. Nei cimiteri romani però sono più frequenti le arche di marmo, più comunemente dette sarcofagi.
Nei cimiteri all'aperto cielo i sepolcri erano disposti attorno a una basilica come a Maurisana, al nord di Salona, in quelli di Syrmium (Pannonia), in quello, già ricordato, di Iulia Concordia, ecc. Le arche erano protette da tetti, teglata, o da ciborî; transenne marmoree chiudevano lo spazio riservato alla tomba. Questi cancelli, quando presentavano piccoli cippi che sostenevano busti, si dicevano anche hermulae. Una sepoltura di tale specie può vedersi simulata in un arcosolio del cimitero di Ciriaco, dove in una pittura in basso sono rappresentate le transennae e le hermulae e, a dare maggiormente l'illusione di un sepolcro isolato, due pecore che pascolano davanti a quelle. Da questa forma di sepolcri può esser derivato il tipo di tomba ricoperta da un padiglione marmoreo, comune nel '300 italiano e per la prima volta usato da Arnolfo di Cambio nel monumento ad Adriano V in San Francesco di Viterbo nel sec. XIII. Note sono le arche di Ravenna (nel Mausoleo di Galla Placidia, in S. Apollinare in Classe, ecc.), alcune delle quali pare che in origine fossero interrate.
Prima del sec. VII le salme, se collocate in luoghi sacri, dovevano essere calate sotterra. A Roma la prima arca di papa tolta dal vestibolo di S. Pietro e portata nell'interno della chiesa fu quella di Leone Magno nel 688. Poco dopo anche in Ravenna furono trasportate nell'interno le arche che erano di fuori, ed estratte molte salme da sotterra insieme con le arche o collocate in altre preesistenti o espressamente costruite, posteriori, forse, anche di due o tre secoli alla data della morte o della prima inumazione.
Ricordiamo anche le arche disposte in continuazione della facciata e lungo il fianco di S. M. Novella (avelli), le arche di Iacopo di Ubertino da Carrara nella Chiesa degli Eremitani a Padova; di Rainerio degli Arsendi nel chiostro del Santo a Padova; le arche degli Scaligeri presso la chiesa di S. Maria Antica in Verona, tra cui la tomba di Martino II, coperta da un alto baldacchino; le arche dei glossatori a Bologna, l'arca di S. Domenico a Bologna, opera di fra Guglielmo, che più tardi abbellirono Niccolò dell'Arca e Michelangelo.
Le arche non sepolcrali. - Ma il nome di arca, nell'uso medievale indicò anche genericamente qualsiasi cassa o cofano, a coperchio convesso o piatto, quale ne fosse l'uso. Arca fu detta l'urna d'argento o d'altro metallo destinata a contenere corpi di martiri o reliquie (v. reliquiario). Diffusissima fu l'arca nel Medioevo, nell'uso domestico: per molti secoli fu il solo mobile usato per contenere vesti, libri, denaro e solo lentamente cedette di fronte all'uso degli armadî, scrigni ed altri mobili. conservando però parte della sua importanza nella casa rustica. Normalmente si faceva di noce o di pino; ma anche di cipresso perché meglio si conservassero gli oggetti. Fu sovente ornata soltanto dai ferri di rinforzo ai fianchi e al coperchio, più di frequente da intagli e da colori. L'arte rustica vi mantiene ancora, come nelle arche di Sardegna, una primitiva semplicità di tecnica, a graffito e a incavo, e di ornati. L'arte più colta vi applicò ogni vario procedimento: l'intaglio, come nell'arca già del duomo di Terracina, forse lavoro meridionale del sec. XI; gli ornati piani, a graffiti e a incavo riempiti di stucco, come nelle tante arche dei secoli XV e XVI, di legno di cipresso, da attribuire all'Italia settentrionale; la pittura, non altrimenti che nei cassoni e forzieri (v. cassone). Se il coperchio era piano, l'arca serviva anche come sedile e si combinò perciò assai presto col banco (arcabanco, archibanco). Archetti si dissero già nel Medioevo certe cassette o piccoli scrigni destinati a contenere profumi, gioie, carte (v. forziere; scrigno).
Per i cristiani, l'arca era anche il recipiente dove essi conservavano le sacre specie. Da principio dopo la messa non si conservavano le sacre specie eucaristiche; ma poi, non potendo tutti assistere alla messa, o per infermità, o perché chiusi nelle prigioni a causa delle persecuzioni, si cominciò a conservarle per poterle inviare agli assenti; e per questo si adoperarono urnette o scatole, già usate specialmente per profumi, che dal bosso, di cui erano fatte, furon dette pure pissidi (gr. πυξίς). La devozione e pietà dei fedeli scelse per sì augusto uso recipienti sempre più preziosi, e per materia e per lavoro, che si tenevano avvolti in drappi di lino ornati di ricami e d'oro. Più tardi si usarono altre arcae per inviare, in segno di comunione di fede, l'Eucaristia da un vescovo all'altro e dal vescovo ai preti lontani, e avevano la forma di piccolo sarcofago. Arca o capsa fu pure detta l'urna con le sacre specie che si portava in processione davanti al papa, prima della messa solenne nelle basiliche romane. (V. tavv. I e II)
Bibl.: G. B. De Rossi, La Roma sotterranea cristiana, Roma 1864-1877; A. Venturi, Storia dell'arte ital., Milano 1906; C. Ricci, Il sepolcro di Galla Placidia a Ravenna, in Boll. d'arte VII (1913), pp. 389-418; P. Toesca, Storia dell'arte ital., I, Il Medioevo, Torino 1927.