Vedi Arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali dell'anno: 2014 - 2015 - 2016 - 2017
Arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali
Nel periodo in esame (ottobre 2014settembre 2015) si registra un’intensa attività arbitrale. Pochissimi lodi sono stati pubblicati in materia commerciale internazionale mentre, per quanto riguarda l’arbitrato in materia di investimenti, il sito dell’ICSID consente una migliore conoscibilità dei lodi resi in quell’ambito. Tra questi si focalizzerà l’attenzione su un lodo che pone fine ad un lungo e controverso arbitrato in tema di privatizzazione dell’acqua potabile.
Dal gennaio 2015 fino al 30 giugno 2015 i nuovi procedimenti arbitrali ICSID (inclusi quelli registrati in base alle Additional Facility Rules) sono stati 28, portando il numero totale dei casi a 525. Nel 61% dei casi le controversie sono state sottoposte ad arbitrato per il tramite di un accordo bilaterale sugli investimenti (cd. BIT). Oltre il 17% dei procedimenti arbitrali trae origine da un contratto tra Stati e privati stranieri, mentre il 7% dei casi si è fondata sull’Energy Charter Treaty; nei rimanenti casi la base giuridica è stata: una legge nazionale sugli investimenti o un accordo multilaterale sul commercio e gli investimenti.
Quanto alla distribuzione geografica degli Stati convenuti in tali procedimenti si ha, inter alia, che il 5% appartiene all’Europa occidentale; il 25%, invece, concerne gli Stati dell’Europa orientale e dell’Asia centrale; il 25% gli Stati del Sud America; il 16% gli Stati dell’Africa sub sahariana; il 10% gli Stati del Maghreb e del Medio oriente; il 4% interessa gli Stati del Nord America, incluso il Messico. I principali settori economici oggetto dei nuovi procedimenti riguardano: per il 26% l’oil, gas and mining, il 15% il settore dell’energia elettrica; il 6% l’acqua; il 7% il settore delle costruzioni.
Infine, va segnalato che il 21.5.2015 è stata conclusa la Carta internazionale dell’energia, uno strumento di soft law che compendia dei principi condivisi in materia di cooperazione energetica internazionale.
La controversia tra lo Stato argentino ed Aguas Argentinas S.A., ha dato vita a diversi contenziosi1 che ben hanno evidenziato il difficile rapporto tra la privatizzazione del servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile e l’accesso a quella risorsa vitale da parte dei meno abbienti.
A seguito delle politiche di privatizzazione, l’Argentina aveva concluso un contratto di concessione per la gestione dei servizi idrici e fognari per la municipalità di Buenos Aires con una società costituita da alcuni investitori stranieri. La controversia tra gli investitori stranieri ed il governo argentino era insorta nel contesto di una crisi finanziaria sempre più difficile, crisi in cui il governo di quello Stato aveva imposto alla società commerciale di congelare i prezzi dell’acqua al consumo. Il governo argentino interrompeva in seguito il rapporto di concessione, adducendo delle inadempienze da parte di Aguas Argentinas la quale, a sua volta, iniziava un procedimento arbitrale ICSID, lamentando che l’atto dell’Argentina violava le disposizioni in materia di protezione degli investimenti stranieri contenute nei BITs tra l’Argentina, da un lato, e gli Stati degli investitori, dall’altro, ovvero Francia, Spagna e Regno Unito. Nei due casi più noti – Suez, Suez, Sociedad General de Aguas de Barcelona S.A. and Interagua Servicios Integrales de Agua S.A. c. Argentina, e Suez, Sociedad General de Aguas de Barcelona S.A. e Vivendi Universal S.A c. Argentina – l’Argentina aveva sostenuto, inter alia, di aver adottato le misure controverse con lo scopo di tutelare il diritto all’acqua della popolazione. Data l’importanza per la vita e la salute della popolazione, l’Argentina affermava che l’acqua non poteva essere considerata un bene ordinario. Inoltre, l’Argentina sosteneva che nel giudicare la conformità delle misure governative con gli obblighi di carattere pattizio, il tribunale doveva garantire allo Stato un più ampio margine di discrezionalità rispetto a situazioni riguardanti altri beni e servizi. L’Argentina sosteneva, altresì, che il tribunale dovesse prendere in considerazione il contesto nel quale l’Argentina aveva agito e che il “diritto umano all’acqua” faceva parte di questo contesto. Inoltre, durante l’arbitrato, cinque ONG avevano chiesto di partecipare al procedimento a titolo di amici curiae a sostegno del diritto umano all’acqua2. Gli amici curiae sostenevano che il tribunale dovesse considerare il diritto internazionale dei diritti umani nell’interpretare ed applicare le disposizioni dei BITs in questione3. All’opposto, la società ricorrente sosteneva, inter alia, che la questione verteva unicamente sul “se” l’Argentina avesse violato gli obblighi derivanti dai BITs in vigore4.
Il collegio arbitrale, nel lodo del 2010, aveva notato che “la protezione e la promozione degli investimenti stranieri” non era l’unico scopo dei BITs rilevanti ai fini del procedimento. Piuttosto, «attraverso questi trattati, le parti contraenti perseguono più ampi obiettivi di cooperazione economica tra gli Stati parte dei trattati con l’obiettivo di raggiungere una migliore prosperità economica o sviluppo»5. Gli arbitri avevano altresì riconosciuto che «la fornitura di acqua e del servizio di fognatura ... era certamente vitale per la salute e il benessere della [popolazione] e costituiva perciò un interesse essenziale dello Stato argentino». Tuttavia, gli stessi arbitri non accoglievano l’argomentazione dell’Argentina secondo la quale «l’unico modo attraverso il quale l’Argentina poteva soddisfare quell’interesse essenziale fosse l’adozione di misure che avrebbero poi portato alla violazione del diritto ad un trattamento giusto ed equo degli investimenti dei ricorrenti, diritti previsti da trattati internazionali»6. Conseguentemente, gli arbitri respinsero le argomentazioni dell’Argentina e, a latere, degli amici curiae, i quali «sugger[ivano] che gli obblighi derivanti dal diritto internazionale dei diritti umani in capo all’Argentina di assicurare alla propria popolazione il diritto all’acqua in qualche modo “prevalessero” sugli obblighi derivanti dai BITs e che l’esistenza del diritto umano all’acqua implicitamente desse all’Argentina l’autorità di intraprendere delle azioni ignorando gli obblighi su di essa incombenti in virtù dei BITs»7. Per gli arbitri ICSID, l’Argentina restava «soggetta ad entrambi gli obblighi internazionali, ovvero i diritti umani e gli obblighi di diritto pattizio, e che [dovesse] rispettarli entrambi allo stesso modo. Tenuto conto delle circostanze della controversia, gli obblighi dell’Argentina in materia di diritti umani e gli obblighi derivanti dai trattati sugli investimenti non erano incompatibili e neppure si escludevano a vicenda»8. Tuttavia, gli arbitri non si sono pronunciati sui rapporti tra la protezione degli investimenti ed il diritto umano all’acqua respingendo perciò la tesi secondo cui gli obblighi in materia di diritti umani dell’Argentina prevalevano sugli obblighi in materia di protezione degli investimenti.
In seguito alla pronuncia sul merito di cui si è detto, il 9.4.2015, il collegio tribunale ha pronunciato all’unanimità un lodo arbitrale con cui l’Argentina è stata condannata al pagamento dei danni – 405 milioni di dollari USA – in favore di GDF Suez, Vivendi, Aguas de Barcelona e AWG. Il quantum indicato nel lodo, sia pure al termine di una lunghissima controversia sul contratto di concessione per la fornitura di acqua e servizi fognari, è il più alto che sia mai stato deciso fino ad oggi da un collegio arbitrale ICSID contro il governo argentino.
1 Suez, Sociedad General de Aguas de Barcelona S.A. and Interagua Servicios Integrales de Agua S.A. c. Argentine Republic, ICSID Case No. ARB/03/17, Decision on Liability, 30.7.2010; Suez, Sociedad General de Aguas de Barcelona S.A. and Vivendi Universal S.A v. Argentine Republic ICSID Case No. ARB/03/19, Decision on Liability, 30.7.2010. In arg. v. Marrella, F., On the Changing Structure of International Investment Law: The Human Right to Water and ICSID Arbitration, in International Community Law Review, 2010, pp.335359.
2 Si è trattato del primo arbitrato ICSID in cui gli arbitri hanno accettato la partecipazione di amici curiae. Al tempo di quella controversia non esistevano regole sugli amici curiae ma, successivamente, l’ICSID ha modificato il proprio regolamento d’arbitrato per consentirne la partecipazione (art.37).
3 Suez (ARB/03/19), supra, punto n. 256.
4 Suez (ARB/03/19), supra, punto n. 255.
5 Suez (ARB/03/19), supra, punto n. 218 (traduzione).
6 Suez (ARB/03/19), supra, punto 260.
7 Suez (ARB/03/19), supra, punto n. 262.
8 Suez (ARB/03/19), supra note 74 at para. 262.