ARBITRAGGIO (fr. arbitrage; sp. arbitraje; ted. arbitrage; ing. arbitration)
Gli arbitraggi sono operazioni di speculazione che si compiono su divisa estera, su metalli preziosi, su merci.
Chi a Roma deve eseguire un pagamento a Londra, in sterline, può comprare sterline a Roma o vendere lire a Londra, oppure seguire una via indiretta, che consiste nel comprare a Roma un'altra divisa, rivendere questa su altra piazza, comprando ivi sterline. Anziché una, le piazze intermedie possono essere molteplici, e molteplici le divise, attraverso cui si passa. La scelta della via più conveniente per il pagamento è un'operazione di arbitraggio. È ugualmente un'operazione di arbitraggio quella di chi compra divisa estera, non già per eseguire un pagamento, ma nell'intento di ricuperare, attraverso una o più negoziazioni, la moneta iniziale, più un utile, derivante dalla differenza fra le quotazioni. E compie pure un arbitraggio chi, avendo in portafoglio carta commerciale estera a termine, scelga di realizzarla alla scadenza, anziché presentarla immediatamente all'incasso; oppure chi compra (o vende) titoli, metalli preziosi o merci, allo scopo di speculare sulla differenza dei corsi su altra piazza.
Non tutte le speculazioni sui prezzi sono peraltro operazioni di arbitraggio. Chi compra per rivendere o vende per ricomprare, non allo scopo di lucrare sulla differenza dei prezzi quali sono oggi, ma prevedendo e sperando in una divergenza fra i prezzi futuri e gli attuali, compie un'operazione, che non è di arbitraggio, ma è una speculazione commerciale, o un'operazione di borsa. Chi non solo agisce in base alla previsione o alla speranza di una divergenza fra prezzi presenti e futuri, ma opera, comprando e vendendo, con opportuni accorgimenti, in modo da creare il panico o la fiducia, nell'intento di provocare artificialmente - sia pure per un giorno o per un'ora - quella divergenza, compie un'operazione di aggiotaggio, una manovra di borsa. Chi compra non con lo scopo di rivendere a breve scadenza, ma con l'intento di ottenere un buon investimento di capitale, a tempo determinato o indeterminato, compie un'operazione d'investimento o un'operazione finanziaria. Speculazioni commerciali, speculazioni di borsa, manovre di borsa, operazioni d'investimento, operazioni finanziarie, interferiscono con gli arbitraggi, ma ne sono ben distinte.
Perché un'operazione di compra-vendita possa considerarsi operazione di arbitraggio, è pertanto necessario che si verifichino le due condizioni seguenti:
1. che essa sia basata unicamente sulle divergenze dei prezzi attuali, a vista o a termine, esclusa la previsione di prezzi futuri, e a fortiori esclusa ogni azione tendente a influire direttamente su quei prezzi;
2. che sia un'operazione a vista; o, pur essendo a termine, si chiuda a breve scadenza, nel giro di giorni o al più di mesi.
Supponiamo che in un certo momento la sterlina sia quotata a Roma 92,30, e la lira italiana a Londra 93,11. Secondo gli usi commerciali, che a Londra dànno il certo e a Roma l'incerto, ciò vuol dire che una sterlina costa a Roma lire 92,30, e compra a Londra lire 93,11. Ciò posto, se io a Roma debbo, per esempio, eseguire un pagamento dì 10.000 sterline a Londra, avrò anzitutto la scelta fra le due vie seguenti:
a) fare una rimessa in sterline a Londra; cioè inviare direttamente divisa inglese, comprata a Roma;
b) farmi trarre in lire a Roma; il che significa invitare il mio corrispondente a Londra a vendere ivi tante lire italiane, quante ne occorrono per eseguire il pagamento in sterline; e per l'ammontare della somma venduta spiccare una tratta su me, a Roma.
Riferendoci alle quotazioni indicate, e supponendo - in prima approssimazione - nulle le spese accessorie (bolli, commissione, diritti, posta e telegrafo, ecc.) per la via a) il pagamento di 10.000 sterline costa 92.300 lire; per la via b) costa 93.100. Ne deriva che io, e con me tutti quanti debbono in quell'istante eseguire un pagamento a Londra, sceglieremo la via a). Su questa via si riversa allora la domanda collettiva, e ciò porta che il suo costo cresce, mentre diminuisce quello di b), in cui la domanda si rarefà. Il che significa che cresce la quotazione della sterlina a Roma, e diminuisce quella della lira a Londra; e quell'accrescimento e questa diminuzione persisteranno fino a che - sempre a prescindere dalle spese accessorie - le due quotazioni non siano divenute pari.
Il movimento è accelerato dalla speculazione. Chi invero dispone a Roma di 100.000 lire, potrà acquistare su piazza tante sterline, quante sono le unità del quoziente 100.000 : 92,30 = 1083,423. Se contemporaneamente dà ordini al suo corrispondente di Londra di impiegare il ricavato nell'acquisto di lire italiane, ricaverà da questa seconda operazione tante lire, quante sono le unità del prodotto di 1083,423 per 93,11, cioè 100.877, avendo supposto anche questa volta che siano nulle le spese accessorie. La speculazione pertanto si chiude con un utile pari a lire 877. E poiché si chiude con utile, vi sarà una folla di speculatori, che ripeteranno il gioco, tutti comprando sterline a Roma, per rivenderle a Londra; e ciò appunto accelera il moto verso il livellamento delle due quotazioni, quale sopra è stato prospettato.
Diciamo, in generale, coefficiente del cambio della piazza A in B, il prezzo in B dell'unità monetaria di A, espresso in termini dell'unità monetaria di B. Il livellamento delle quotazioni, quale è provocato dalle operazioni sopra descritte, si esprime dicendo che, se x è il coefficiente del cambio di A in B, ed y quello di B in A, il prodotto x y tende a divenire uguale all'unità.
Facciamo un passo avanti, considerando non più due, ma tre piazze: Roma, Parigi, Londra. Supponiamo che, attraverso le operazioni ora descritte, le quotazioni si siano livellate a due a due. E precisamente siano quali risultano dal seguente prospetto:
sono approssimativamente uguali a 1, il che appunto assicura che è avvenuto il livellamento fra le tre piazze, due a due.
Le operazioni di arbitraggio portano allora a un ulteriore livellamento dei corsi. Riprendiamo infatti a considerare il caso di chi da Roma deve eseguire un pagamento di 10.000 sterline a Londra. Dalle ipotesi fatte risulta che è indifferente la scelta fra le vie precedentemente indicate con a) e con b); e, cioè, costa lo stesso rimettere a Londra o farsi trarre, in lire, da Londra. Ma non è questa la sola alternativa che si presenta al debitore. Oltre alle vie a) e b) ve ne è una terza, che indichiamo con c), e consiste nell'eseguire l'operazione attraverso una via indiretta, per esempio attraverso la piazza di Parigi. Si comprano a Roma franchi; si ordina al proprio corrispondente a Parigi di impiegarne il ricavato nell'acquisto di sterline.
Le altre vie teoricamente possibili: comprare franchi a Roma e rivenderli a Londra comprando ivi sterline; vendere lire a Parigi, comprando franchi, e impiegare ivi il ricavato nell'acquisto di sterline, vendere lire a Parigi comprando franchi e rivenderli a Londra, acquistando ivi sterline, sono equivalenti (nel senso che presentano lo stesso costo) a quella indicata nel testo con c). E ciò in forza della ipotesi che i coefficienti del cambio siano già livellati fra le diverse piazze a due a due.
Riferendoci alle quotazioni indicate, vediamo che a Parigi 10.000 sterline si comprano con 1.272.200 franchi: questi alla loro volta si comprano a Roma con lire 0,722•1272,200 = 918.528. Questa cifra esprime il costo della rimessa, eseguita attraverso la via c). Ma per la via diretta a) o la equivalente b) si pagano, come è immediatamente evidente, 924.300. Vi è quindi vantaggio, nel caso considerato, a seguire la via indiretta c). Ne viene come conseguenza che questa via sarà, nelle ipotesi numeriche in cui ci siamo posti, la via battuta da chi deve eseguire pagamenti da Roma a Londra. Cresce la domanda di divisa relativa a essa crescono le quotazioni corrispondenti, e cioè quella del franco a Roma, della sterlina a Parigi: diminuisce quella relativa alla via a) della sterlina a Roma, in cui si rarefà la domanda.
L'incremento e la diminuzione non sono indefiniti, ma si protraggono fino a tanto che i costi non siano parificati; il che si ha solo quando il coefficiente del cambio di Parigi a Roma, moltiplicato pel coeificiente di Londra a Parigi risulta pari al coefficiente di Londra a Roma.
In generale, se indichiamo con:
il livellamento delle quotazioni delle tre piazze, due a due, porta, come sopra abbiamo indicato, alle relazioni
e il livellamento delle quotazioni fra la via diretta e l'indiretta (cioè quella che passa attraverso la terza piazza) porta a
e alle due, che ciclicamente ne derivano
e che sono conseguenza algebrica delle precedenti.
Le operazioni di arbitraggio fra le tre piazze portano automaticamente al risultato che i coefficienti del cambio tendono a verificare le equazioni (2) e (3); così, come quelle limitate a due piazze portano la tendenza a verificare le (1).
Se le piazze sono più di tre, entrano in concorrenza tutte le vie possibili, i banchieri acquistano con l'esercizio un occhio clinico, che li mette in grado di calcolare a vista, quale è la via più conveniente per i pagamenti: il risultato delle loro operazioni è il livellamento delle quotazioni di tutte le piazze, combinate in tutti i modi possibili. Tale livellamento si esprime, in generale, scrivendo che, se xrs è il coefficiente del cambio della piazza Ar in As, sussistono identicamente le relazioni
in cui r, s, t possono assumere tutti i valori interi compresi fra i ed n.
Se le piazze sono n, il numero dei coefficienti del cambio è n (n − 1). Tra essi le (4) ci dànno n (n − 1) equazioni algebricamente indipendenti. Se ne deduce che tutti gli n (n − 1) coefficienti possono esprimersi in funzione di n − 1 parametri indipendenti, per esempio in funzione delle quotazioni di una piazza rispetto a tutte le altre. Concludiamo: le operazioni di arbitraggio hanno per effetto di livellare i coefficienti del cambio tra diverse piazze, in modo che tutti possano esprimersi in funzione delle quotazioni di una piazza rispetto a tutte le altre. Il che significa in sostanza che, noto il listino dei cambî di una determinata piazza, è possibile ricostruire il listino di tutte le altre con le quali la prima è in relazione di affari. Se per esempio il listino deì cambî di Roma porta
e simili, è facile ricostruire, per esempio, il listino di New York. La quotazione di Roma (cioè di 100 lire in dollari) per esempio, sarà: 100 : 18,50, cioè 5,405; quella di Londra (della sterlina in dollari): 90 : 18,50 cioè 4,865; quella di Parigi (di 100 franchi in dollari): 72,50 : 18,50 cioè 3,919, e così via.
Le conclusioni cui siamo giunti, implicano peraltro due ipotesi fondamentali. Primo: che il commercio della divisa estera si svolga in condizioni di piena concorrenza. Secondo: che sieno nulle le spese accessorie delle singole operazioni.
È evidente la portata della prima ipotesi. Se il commercio dei cambî non è aperto a tutti, se vi sono proibizioni o comunque vincoli, le operazioni di arbitraggio non possono compiersi, se non entro i limiti consentiti da quelle e da questi; e conseguentemente, entro gli stessi limiti, si manifesterà la tendenza al livellamento delle quotazioni. Ma non basta, perché la tendenza si manifesti in pieno, che non vi sieno vincoli alla libertà di commercio. È necessario che la concorrenza sussista non solo in linea di diritto, ma in linea di fatto. E cioè che effettivamente la popolazione sia tanto intraprendente, da cercare effettivamente la via più conveniente per i pagamenti; da gettarsi su una speculazione, appena vi siano in essa margini di utile.
Più lungo discorso richiede la considerazione delle spese accessorie, per bolli, diritti, assicurazione, posta, telegrafo, telefono, ecc. Queste spese invero sono, in linea normale, piccole rispetto ai singoli valori negoziati, ma non rigorosamente nulle. Il che significa che la teoria ora costruita rispecchia ciò che avviene in un caso limite; e pertanto le formule scritte sono non rigorosamente, ma solo approssimativamente esatte. Quando, per esempio, dal listino di Roma ricostruiamo quello di New York, il risultato del calcolo non ci dà rigorosamente le quotazioni a New York, ma solo dei valori approssimati di esse. L'esperienza dimostra tuttavia che, normalmente, l'errore - cioè la differenza tra la quotazione effettiva, e quella che si calcola in base al listino di un'altra piazza in relazioni commerciali con la prima - è in generale assai piccola; normalmente non giunge a un mezzo per cento della quotazione stessa, e spesso è assai inferiore a questa cifra.
Teoricamente, un limite superiore della differenza è dato dall'ammontare totale delle spese, che s'incontrerebbero per una speculazione di compra-vendita sulla divisa: e ciò perché la speculazione agisce appunto fino a che la differenza fra le due quotazioni è superiore a questo limite. Non è possibile peraltro esprimere siffatta differenza in termini della quotazione unitaria in quanto essa dipende da elementi, di cui alcuni sono costanti rispetto al valore delle partite negoziate (per es.: le spese di posta, telegrafo e telefono), altri (bolli, diritti di commissione, ecc.) variano ora proporzionalmente a quel valore, ora progressivamente, ora regressivamente: gli uni e gli altri cambiano poi nel tempo, col mutare della legislazione e degli usi commerciali e bancarî, nei diversi paesi.
Un secondo limite superiore della differenza stessa si ha per quelle divise, che sono stilate in monete, che sono convertiblli in oro alla pari, quando non vi sono divieti o comunque ostacoli per il trasporto materiale dell'oro dall'uno all'altro mercato. In questo caso gli arbitraggi sui cambî si esplicano non solo sulle divise, ma altresì sulle specie metalliche (oro monetato, oro in verghe), e hanno l'effetto di portare i coefficienti del cambio a livellarsì secondo i rapporti delle parità monetarie, nei limiti di approssimazione dell'effettivo costo di trasporto materiale del metallo.
Precisamente se A1, A2,... Am sono divise, per cui si verificano le ipotesi suddette, e π1, π2, ... πm sono i pesi d'oro contenuti nelle singole unità monetarie, la tendenza di cui diciamo è espressa da
in cui xrs esprime, al solito, il coefficiente del cambio di Ar in As ed εrs indica il costo, valutato in oro, del trasporto di un grammo d'oro da A, ad Aw, il termine essendo inteso nel senso di costo totale, comprensivo di nolo, assicurazione, diritti, ecc.
È facile intendere come le operazioni di arbitraggio sull'oro portino naturalmente alla (5).
Invero chi, per esempio, in Italia vuole acquistare un grammo d'oro, deve comperarlo direttamente o farlo venire per esempio da New York. Nel primo caso paga tante lire quante sono le unità del rapporto 1 : 0,07919, se poniamo che la parità della lira sia in quel momento appunto grammi d'oro 0,07919. Nel secondo caso paga in dollari (i + ε) : 1,50461 : quest'ultima cifra esprimendo la parità del dollaro, ed ε esprimendo, in oro, il costo del trasporto di un grammo d'oro da New York a Roma. Pagherà quindi in lire x (i + ε) : 1,50461, se x è il cambio del dollaro a Roma. I banchieri si rivolgono verso quella di queste due vie, che è più conveniente, e l'accrescimento della domanda in essa ne fa crescere il costo, mentre lo fa diminuire nell'altra, in cui la domanda si rarefà. L'accrescimento e la diminuzione persistono fino a che permane la convenienza del trasporto materiale dell'oro da New York a Roma, e cioè fino a che non si abbia
e in generale:
da cui, trascurando perché piccolissime le potenze di εrs, superiori alla prima, ne discende
disuguaglianza, che è appunto una di quelle espresse dalla lormula (5). E analogamente si dimostra l'altra.
La quantità εrs dicesi il punto dell'oro da Ar ed As e la (5) si esprime, dicendo che allorquando le monete sono convertibili in oro alla pari, i cambî oscillano intorno alla parità monetaria, le oscillazioni essendo contenute nei limiti dei punti dell'oro.
Da (5) segue, con semplici operazioni algebriche, trascurando i terminì dell'ordine di grandezza dei quadrati delle quantità εrs, εet, ...
e in particolare supposte tutte le εrs uguali fra loro, detto ε il valore comune
La (6) e - nel caso particolare che siano gli stessi fra le diverse piazze i costi di trasporto dell'oro - la (7) indicano i limiti di approssimazione, in cui è verificata la (7) nell'ipotesi che tutte e tre le monete Ar, As, At siano convertibili in oro alla pari.
Le operazioni finora descritte sono a vista, e hanno per oggetto di speculare sulle differenze di corso delle divise tra piazza e piazza nello stesso istante. Ma sotto lo stesso nome di arbitraggi si sogliono comprendere anche altre operazioni, che si compiono sulle divise, non a vista, ma a termine; entro un periodo di tempo, che può essere solo di giorni, ma può anche raggiungere due, tre, sei mesi e più, in una stessa piazza o tra piazze diverse, e hanno per oggetto la speculazione sulle divergenze fra i corsi e fra i saggi d'interesse nelle diverse piazze.
La differenza fra le nuove operazioni e quelle finora considerate è più formale che sostanziale, in quanto sta tutta nel fatto che la divisa che forma l'oggetto della negoziazione a termine, produce (o paga) un interesse, e vi è quindi un nuovo elemento del quale bisogna tener conto nelle contrattazioni. Gli usi commerciali portano che il computo degl'interessi si faccia secondo la formula degl'interessi semplici, il che equivale, in sostanza, a convenire che gl'interessi prodotti non siano suscettibili di produrre nuovi interessi. Ragione di questa convenzione è che si tratta di operazioni a breve scadenza, e quindi gl'interessi sono in generale una piccola frazione del valore negoziato. Gl'interessi degl'interessi sarebbero pertanto, nella maggior parte dei casi, quantità assolutamente insignificanti, tali da non giustificare, in nessun modo, la notevole complicazione che la loro considerazione porterebbe nei calcoli.
Alcuni esempî chiariranno, meglio di qualsiasi ragionamento, come si tiene conto del nuovo elemento.
I. Roma quota Berlino 4,51 vista, sconto 41/2%; qual'è la quotazione a due mesi?
La formula da applicare è, come abbiamo detto, quella dell'interesse semplice: quindi
in cui x è la quotazione incognita, a il corso del cambio a vista, i il saggio d'interesse, t il tempo contato in anni verso il futuro.
2. Berlino quota 100 lire italiane, 22,35 a 2 mesi, sconto 5%. Quale è la quotazione corrispondente a 100 giorni?
La formula da applicare è ancora la (8), in cui al posto di t deve porsi la differenza, in termini di anno, fra le due scadenze; quindi
Segue, per la quotazione incognita
da cui per i = o,06 si raccoglie x = 22,50.
3. Valutare, in lire, al 23 settembre un effetto di 2000 dollari, che scade il 5 dicembre, nell'ipotesi che il dollaro sia quotato a Roma 19,05, a vista, sconto 7%.
La formula da applicare è sempre la (8), in cui si deve porre
72 essendo i giorni che decorrono dal 25 settembre al 5 dicembre. Il valore incognito x è pertanto
che per i = 0,07 ci dà x = 37566,60.
4. Un banchiere di Roma deve eseguire un pagamento a Berlino di 3000 marchi, a 60 giorni. Roma quota il marco 4,50 vista, sconto 6%, mentre 100 lire italiane sono quotate a Berlino 22,10 a 3 mesi, sconto 5%. Conviene rimettere o farsi trarre?
La via della rimessa costa lire
Viceversa la tratta (di 3000 marchi a 60 giorni) costa in lire
in cui è sempre
mentre è j = o,05 ed u è il cambio a vista della lira a Berlino.
Il cambio a tre mesi essendo o,221, sconto 5%, ne segue (v. esempio 1°)
e quindi sostituendo y = 13287.
La rimessa costa quindi 13365, la tratta 13287: conviene e, pertanto, farsi trarre.
La scelta fra le due vie, in cui sono paragonati corsi e saggi dì interesse, esprime appunto un arbitraggio a termine; cioè una operazione che tende a produrre il livellamento fra corsi e saggi di interesse.
Precisamente se la quotazione di B in A è x, vista, saggio i; e quella di A in B è y, vista, saggio j, le operazioni di arbitraggio tendono a parificare il costo della rimessa e quello della tratta, il che porta, riferendoci ad una operazione che si compie entro il tempo T
da cui segue, con semplici operazioni algebriche, trascurando le potenze di i superiori alla prima
Questa formula esprime quali sono i limiti, entro cui si compie il livellamento dei corsi e dei saggì di interessi fra due piazze. Formule analoghe, alquanto più complicate, si hanno per il livellamento 'fra corsi e saggi di interesse per un gruppo di tre o più piazze.
Vi è da osservare:
1. che nella formula (9) accanto ai coefficienti del cambio e ai saggi di interesse, tra cui avviene il livellamento, figura il tempo T, che rappresenta la durata dell'operazione. A rigore quindi ad ogni durata, cioè ad ogni valore di T, dovrebbe corrispondere una determinata quotazione. Ciò non avviene praticamente per la complicazione che ne risulterebbe nelle negoziazioni. Generalmente il mercato distingue solamente due quotazioni. una per la carta a breve scadenza (carta breve), fino a tre mesi; e una per la carta a scadenza più lontana (carta lunga). Le quotazioni relative corrispondono a un valore di T, che è una media pro tempore, delle durate delle divise, domandate ed offerte. Per questo verso, il livellamento delle quotazioni ai saggi di interesse non può essere che approssimato.
2. che, trattandosi di operazioni che si compiono a termine, non può eliminarsi un elemento soggettivo, che è espresso dalle previsioni circa il livello dei cambî quale sarà entro l'intervallo di tempo, in cui l'operazione si compie. Le operazioni di arbitraggio ora descritte presuppongono in sostanza l'ipotesi che chi deve fare un pagamento in valuta estera, a una certa scadenza, abbia deciso di coprirsi subito, acquistando oggi la relativa divisa. L'arbitraggio esprime appunto la scelta fra le diverse vie che si presentano possibili oggi, ma non può eliminare il fatto che il debitore decide o non decide di coprirsi subito, secondo la sua previsione circa il livello dei cambî nel futuro prossimo. Siffatta previsione influisce pertanto direttamente sulle quotazioni, in quanto la domanda e l'offerta di divisa estera variano appunto in relazione ad essa, e i suoi effetti interferiscono con quelli delle operazioni di arbitraggio a termine. Interferiscono vittoriosamente, soprattutto in regime di carta moneta deprezzata rispetto all'oro, in quanto lo scarto fra le quotazioni, che ha la sua radice nella divergenza fra la realtà attuale e le previsioni, può essere notevolmente superiore a quello che deriva dalle operazioni di arbitraggio.
In senso lato (più lato di quello prospettato all'inizio di questo articolo) anche la speculazione sui cambî è considerata talora come un arbitraggio fra la quotazione presente e la futura, quale è prevista al presente, ed è connessa, come nei veri e proprî arbitraggi a termine, alla differenza dei saggi di interesse fra i due mercati.
Indichiamo con x il cambio della piazza A in B al tempo t; con z l'analoga quantità al tempo t + 1, quale è prevista al tempo t; con i il saggio di interesse in A, convenuto al tempo t, per tutto l'intervallo da t a t +1; con j l'analogo saggio di interesse in B.
Supponiamo che non vi siano ostacoli al commercio delle divise e trascuriamo le spese accessorie.
Ciò posto, osserviamo che l'unità monetaria di A disponibile al tempo t + 1 è considerata equivalente, al tempo t, ad una somma z, che, computata in unità monetaria di B, è pari a z : (1 + j), e quindi, in unità monetaria di A, pari a z : (1 + j) x.
Ma l'unità monetaria di A disponibile al tempo t +1, vale, al tempo t, la somma 1 : (i + i), onde dovrà aversi
formula la quale esprime appunto il legame, sopra annunziato, fra i saggi d'interesse sui due mercati, col cambio quale oggi è e quale è previsto al termine dell'unità di tempo.
La proposizione contenuta in (10) si esprime d'ordinario sotto forma precettiva, secondo un enunciato che è dovuto a Goschen e che afferma che per migliorare i cambî bisogna elevare il saggio d'interesse. Ciò significa, se vogliamo parlare il linguaggio degli affari, che i banchieri stranieri sono tanto più indotti a trattenere nel loro portafoglio la nostra divisa, quanto maggiore è lo scarto fra il saggio dello sconto, che dovrebbero pagare a noi (presentando subito gli effetti all'incasso), ed il saggio d'interesse, che potrebbero realizzare (investendo nel loro paese il netto ricavo delle divise scontate).
Insomma, ogni paese ha in un certo istante una massa di crediti sull'estero e una massa di debiti verso l'estero. I suoi cambi migliorano, pro tempore, quanto più esso riesce a realizzare oggi nella massa dei crediti, e a ritardare il pagamento nella massa dei debiti. Elevare il saggio dello sconto ha appunto l'effetto d'invogliare i banchieri a pagare ciò che essi devono in valuta nazionale e a trattenere ciò che ad essi è dovuto.
Il già detto degli arbitraggi sulla divisa può così riassumersi:
1. Gli arbitraggi sulla divisa sono operazioni a vista e a termine, che si producono nei limiti entro cui è consentito il commercio della divisa estera, e possono avere:
a) origine commerciale, per le necessità dei pagamenti internazionali;
b) origine speculativa, per l'intento di lucrare sulle differenze dei corsi tra le diverse piazze.
2. Nel caso di cui al comma b) l'arbitraggio si eseguisce attraverso operazioni di compra-vendita di una o più divise su diverse piazze.
3. Nel caso di cui al comma a) l'arbitraggio consiste nella scelta della via più conveniente per il pagamento. Sono in concorrenza in generale la via diretta della rimessa, quella pure diretta della tratta, od una qualsiasi via indiretta.
4. Le vie indirette, in materia di pagamenti internazionali, portano ad operazioni che possono scomporsi in un'operazione di rimessa o di tratta, ed una o più operazioni speculative, nel senso di cui alla proposizione 2.
5. La scelta, di cui alla proposizione 3, avviene in base alla differenza dei corsi tra le diverse piazze, sicché questa differenza costituisce il punto di partenza di ogni operazione di arbitraggio.
6. Le differenze dei corsi si riferiscono semplicemente alle quotazioni, se si tratta di operazioni a vista; alle quotazioni e ai saggi di interesse, se si tratta di operazioni a termine.
7. Effetto delle operazioni d'arbitraggio è quello di tendere al livellamento dei corsi.
Il livellamento è teoricamente perfetto, quando le diverse vie, che si presentano per un pagamento, risultano tutte dello stesso costo. Quando questo è, viene a mancare ogni possibilità di lucro nei riguardi delle operazioni speculative.
8. In pratica il livellamento dei corsi non è mai perfetto. Esso avviene nei limiti delle spese accessorie (per diritti, bolli, posta, telegrafo, assicurazione, ecc.).
9. Quando si tratta di monete convertibili in oro alla pari. il livellamento avviene altresì nei limiti dei punti dell'oro, cioè delle spese di trasporto e di assicurazione dell'oro, ecc.
10. Nei riguardi delle operazioni a termine, il livellamento delle quotazioni e dei saggi di interessi si riferisce a certe scadenze intermedie, che corrispondono a quelle che più frequentemente si osservano sul mercato. Esso involge altresì un elemento soggettivo, inerente alla previsione dei cambî futuri.
11. Per questo verso gli arbitraggi su divisa a termine vengono ad interferire con le varie e proprie speculazioni sui cambî.
Gli arbitraggi su metalli preziosi, su titoli, su merci sono operazioni che nel loro spirito non differiscono dagli arbitraggi sulla divisa. Accenneremo a quello che vi è di caratteristico in esse.
Gli arbitraggi sui metalli preziosi possono avere origine tanto commerciale, quanto speculativa.
Abbiamo già visto come il trasporto diretto dell'oro entri in concorrenza col commercio delle divise, per determinare la via più conveniente per i pagamenti internazionali. Anzi uno dei due limiti, entro cui avviene il livellamento dei corsi, è dato appunto dalle spese di trasporto e di assicurazione dell'oro (punto dell'oro). L'oro può essere inviato in verghe o in moneta. Se, per eseguire un pagamento, è inviato oro in verghe, bisogna tener conto delle spese di monetazione fissate dalla zecca del paese in cui l'oro viene importato. Se l'oro è monetato, le quotazioni delle diverse monete che non hanno corso legale nel paese d'importazione (per esempio il napoleone d'oro in Inghilterra) tengono conto del calo, che deriva dall'uso delle monete. Il punto dell'oro comprende solamente le spese di trasporto e di assicurazione, se s'invia moneta metallica, che ha corso legale nel paese d'importazione (per esempio sterline in Inghilterra): negli altri casi comprende in più le spese della coniazione, se si tratta di oro in verghe; e di calo, se si tratta di oro monetato.
Oro (od argento) possono essere inviati da un paese all'altro non per eseguire un pagamento, ma unicamente per lucrare sulla differenza dei corsi, ammesso che, computate tutte le spese, il lucro ci sia. Il caso più importante, teoricamente e praticamente, si presenta nei riguardi di due paesi, in uno dei quali viga un sistema monetario monometallico, per esempio monometallismo oro, e nell'altro un sistema bimetallico, per esempio bimetallismo oro-argento. Appunto per la possibilità di speculazioni, che avvengono a danno del paese che lo adotta - quando l'adozione non è universale - il bimetallismo non ha avuto successo in pratica.
Gli arbitraggi sui titoli hanno di solito origine speculativa; possono peraltro avere anche origine commerciale. Si compra consolidato italiano, per esempio a Londra, e si rivende a Parigi, per guadagnare qualche punto sull'eventuale differenza dei corsi. Ma si vende consolidato italiano a Parigi, anche quando - date le reciproche quotazioni dei corsi e dei cambî - la vendita è il mezzo più economico per pagare un debito in lire italiane. Effetto di siffatti arbitraggi è di livellare il corso del titolo a quello del cambio in tutte le piazze, in cui il titolo è commerciato.
Le più importanti delle operazioni di compra-vendita, che si compiono sui titoli sono peraltro quelle a termine, che hanno alla loro base non già la divergenza dei corsi attuali fra piazza e piazza, ma la divergenza fra corsi attuali e corsi futuri, quali sono oggi previsti dallo speculatore. Ma con siffatta previsione si entra nel campo delle operazioni di borsa.
Anche per le operazioni sulle merci occorre distinguere quelle che si fondano sulla divergenza dei corsi fra piazza e piazza nello stesso istante, e quelle che si basano invece sullo scarto fra corsi attuali e futuri, quali sono oggi previsti. Quando manca ogni considerazione dei prezzi futuri, e l'operazione si fonda sulle differenze di prezzo attuali fra i diversi mercati, si hanno gli arbitraggi sulle merci. Essi hanno per lo più origine commerciale. Ogni commerciante che sceglie le piazze, dove più convenientemente può comprare e vendere una merce, compie un arbitraggio. Possono avere origine puramente speculativa e in tal caso nascono dalla composizione di una compra a vista con una vendita a termine. Sia q il corso del caffè a Rio de Janeiro, consegna a vista; sia p Genova, consegna a 1 mese. Se in un mese la merce può essere importata con un costo totale (noli, interessi passivi, assicurazioni, diritti portuali, dogana, provvigioni, ecc.) inferiore a p − q, conviene comprare a vista a Rio, e vendere a Genova ad un mese.
Gli arbitraggi sulle merci portano al livellamento dei consumi fra i diversi mercati, attraverso al livellamento dei prezzi attuali sugli stessi mercati. Il livellamento avviene fra i prezzi a vista nei mercati d'origine e i prezzi a termine nei mercati di consumo; ovvero fra prezzi a termine nei primi e prezzi ugualmente a termine nei secondi, ma a scadenza più lontana. Avviene entro i limiti del costo totale del trasporto nel senso generale più sopra indicato. Ciò significa che per effetto delle operazioni di arbitraggio il prezzo del caffè a Rio non può essere inferiore a quello dello stesso caffè a Genova, più il costo totale del trasporto; consegna a scadenza più lontana, di tanto quanto è il tempo necessario per il trasporto. La libertà del commercio interno ed internazionale è condizione necessaria perché siffatte operazioni possano compiersi, e quindi perché quel livellamento si produca.
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