ARANDA, Pedro Paulo Abaraca de Bolea, conte di
Nacque nel castello di Sietamo, contea dell'antichissima sua casata, presso Huesca in Aragona, il 1° agosto 1719; sposò, nel 1749, Anna figliuola del duca di Hijar; morì a Epila il 9 gennaio 1798. L'orgoglio della nobilissima prosapia; la coscienza, che mai l'abbandonò, d'essere un ricohombre aragonese; l'educazione avuta in Italia; i viaggi all'estero; il temperamento ostinatissimo e mordacissimo; le sue tendenze un po' scettiche e libere nelle cose di religione; l'istruzione vasta, ma disordinata, facevano di lui un singolarissimo gentiluomo, che, secondo le idee del tempo, passava per "filosofo". Educato prima a Bologna e passato poi alla scuola militare di Parma, partecipò alla guerra di successione d'Austria, combattendo in Italia. Si diede poi a studiare e a viaggiare all'estero, divenendo entusiasta dell'addestramento militare prussiano che poi tentò di introdurre nell'esercito spagnolo. Fu ambasciatore per breve tempo, durante la guerra dei sette anni, alla corte polacca; ma la sua natura arrogante lo pose in disaccordo col governo; e rimpatriò. Ebbe l'ufficio di direttore generale dell'artiglieria; e anche questo egli abbandonò. Finì col cadere in disgrazia di Ferdinando VI, e fu confinato nei suoi possessi; ma riapparve quando ascese al trono Carlo III (1759-1788). L'A. ebbe prima il comando dell'esercito spagnolo, durante la campagna ispano-portoghese, nel 1762 e 1763; poi, conchiusa la pace di Parigi (febbraio 1763), fu nominato governatore di Valenza (1764). Quando scoppiò il tremendo tumulto del popolo madrileno, (el motín de las capas y sombreros negli ultimi giorni del marzo 1766), Carlo III chiamò a Madrid l'A., e lo nominò presidente del consiglio di Castiglia, al posto dello Squillace, contro il quale si era accanita l'ira popolare. L'A. da allora, al 1773, fu il ministro dirigente della Spagna, e contribuì all'opera riformatrice e innovatrice di Carlo III con estrema energia. Anzitutto ristabilì l'ordine pubblico; e dopo s'accinse a combattere, seguendo le sue tendenze illuministiche, i privilegi del clero. Altri uomini avevano già tentato di persuadere Carlo III a cacciare i gesuiti; ma solo l'A. riuscì nell'intento, sia perché la morte della regina madre Isabella (1766) aveva tolto di mezzo un potentissimo ausiliare della Compagnia, sia perché i tumulti del marzo 1766 avevano irritato e sdegnato Carlo III contro i gesuiti, ritenuti occulta causa della sommossa, nonché autori di scritti diffamatorî contro la persona del re. L'espulsione dei gesuiti (1767) e l'opera attiva ch'egli diede alla soppressione dell'ordine (1773) diedero grande rinomanza, come statista, all'Aranda. Ma egli invano si adoperò ad abolire l'Inquisizione, così radicata nella tradizione spagnola: poté solo imbrigliarla. Ottenne tuttavia che la pubblicazione di bolle, brevi e altri decreti pontifici fosse subordinata al regio exequatur, e promosse con tutti i mezzi l'emancipazione dell'insegnamento dallo spirito ecclesiastico. Inoltre, fatti raccogliere materiali statistici sulla popolazione, sulle coltivazioni, sui raccolti, ecc., l'A. volle attuare un vasto disegno di ripopolamento e di miglioramento agricolo, anche per mezzo di stranieri immigrati: e cominciò con l'assegnare terre a 6000 cattolici, tedeschi e olandesi. Ma questi progetti gli attirarono l'odio delle popolazioni campagnole e rinfocolarono le ire del clero; e porsero il modo al ministro marchese Grimaldi di scalzarlo dal favore di Carlo III. L'A., per la sua mordacità, la sua libertà di parola e la sua cocciutaggine, s'urtava con tutti, perfino col partito della golilla, che pure condivideva le sue idee, e riusciva spesso molesto al sovrano. Divenuta insostenibile la sua condizione, si dimise; e fu mandato ambasciatore a Parigi in luogo del conte di Fuentes (1773). Anche colà si dimostrò attivissimo, e contribuì a far concludere la pace di Parigi del 1783, in modo inatteso e felice, come pure a risolvere altre questioni che interessavano la Spagna. Ma anche si fece notare per le stranezze e per i continui alterchi su questioni di etichetta. Richiamato nel i787, si mise a intrigare contro il ministro dirigente Floridablanca. Salito al trono Carlo IV (1788-1808), con cui egli era già in buone relazioni, l'A., fu nominato, d'improvviso, segretario di stato (28 febbraio 1792), in luogo del Floridablanca. Per differenziarsi da lui, fece buon viso alla Francia rivoluzionaria; ma gli avvenimenti succedutisi a Parigi dal giugno all'agosto l'indussero a mettersi apertamente contro la Rivoluzione e a preparare la guerra. Stava modificando questo atteggiamento, per gli eventi successivi e anche per non nuocere a Luigi XVI, quando, d'improvviso, fu licenziato, pur conservando onori e stipendio (15 novembre t792). Egli cadde principalmente perché la regina veniva preparando l'innalzamento del giovanissimo Emanuele Godoy, nominato effettivamente segretario di stato al posto dell'A. Gli ultimi anni dello statista furono tristi: dopo una violenta discussione con il Godoy nel Consiglio di stato, sul problema della continuazione o no della guerra contro la Francia (14 marzo 1794), il re lo relegò a Jaén, ordinando il sequestro delle sue carte, un processo e l'incarceramento nell'Ahambra di Granata. L'anno dopo gli fu permesso di soggiornare fino alla morte in Epila, uno dei suoi feudi aragonesi.
Bibl.: B. Sánchez Alonso, Fuentes de la historia española e hispanoamericana, 2ª ed., Madrid 1927, nn. 7875, 8375 segg., 8434 segg., 8459, 8476, 8591. V. specialmente: S. Moret y Prendergast, El conde de Aranda, in Revista de España, LXI (1878); J. de la Pezuela, El Conde de Aranda, ibid., XXV (1872); M. Morel Fatio, Études sur l'Espagne, s. 2ª, Parigi 1890.