Aragona
. Regione iberica confinante a nord-ovest con la Navarra, a sud e a ovest con la Castiglia, a est con la Catalogna, che costituiva solo una parte della confederazione catalano-aragonese (o Corona d'A.), sorta nel 1137 dall'unione della contea di Barcellona e del regno propriamente detto di Aragona. A questa formazione politica basso-medievale, che con minore esattezza si suole designare reame aragonese, D. si riferisce nella perifrasi onor... d'Aragona (Pg III 116), alludendo al suo re Giacomo II (1291-1327), e in Pg VII 112-120, menzionandone i sovrani Pietro III (1276-1285), Quel che par sì membruto, e i suoi due figli: un non ben identificabile giovanetto - forse Alfonso III (1285-1291) - e ancora Giacomo II. Allo stesso regno rimanda una delle due corone (Pd XIX 138: l'altra è quella di Maiorca) coperte di vergogna dagli attuali regnanti. Parrebbe anche che negli Yspani che parlavano e poetavano in lingua d'oc (VE I VIII 6, II XII 3), D. abbia voluto indicare gli abitanti di un'area linguistica tale da comprendere non soltanto la Catalogna ma l'intera confederazione (Marigo).
L'estrema genericità dei dati non consente tuttavia di fissare con precisione i confini di ciò che D. intendeva per Spagna occitanica (v. SPAGNA). È vero che non manca nei suoi giudizi linguistici una certa qual influenza delle divisioni politiche, ma nel nostro caso essa è del tutto opinabile. Può darsi che nell'accenno dantesco abbia giocato un'impropria estensione all'intero regno di quanto era pertinente alla Catalogna: si sa che tra la fine del secolo XIII e i primi decenni del XIV l'espansione economico-politica della Corona e gran parte della sua civiltà si riassumono nel nome della Catalogna (v.). Ma è da tener presente che il volgare catalano era parlato nelle Baleari, dove il regno di Maiorca si era costituito a indipendenza, alleandosi addirittura con Filippo III l'Ardito contro l'Aragona (v. MAIORCA). E la stessa varietà di lingua provenzale era diffusa nel Rossiglione, al di qua dei Pirenei, in una zona di grosse contestazioni con la Francia.
Può anche darsi che abbia ragione il Marigo, sostenendo che in D. " geografia ed etnografia continuano a conservare in buona parte il carattere di un'ampia visione generale, nella quale il territorio linguistico sembra identificarsi con quello letterario ". La corte aragonese, infatti, fu sempre larga di ospitalità - dalla metà circa del secolo XII all'epoca di Giacomo II - " a poeti catalani, provenzali e agli ultimi versificatori in lingua limosina ".
Le incertezze di questo quadro si aggravano con la difficile identificazione del limite occidentale della lingua d'oil, che D. pone ai montibus Aragoniae (VE I VIII 9).
È parso di vedere in essi i Pirenei tout-court, così come si è additata nella descrizione premessa da Orosio alle Historiae adversus paganos (I II) la fonte geografica dantesca, fosse per lettura diretta o indirettamente attraverso la cartografia medievale che ad essa si rifaceva (Casella). In effetti, presso cartografi e scrittori medievali (ma anche in Ep VI 12 Pirenen) la catena dei Pirenei non appare sostituita con altra denominazione, e il Marigo giustamente rilevò che solo una parte dei Pirenei divide l'A. dal territorio francese, e per di più da due paesi (Guascogna e Tolosano) che non possono ascriversi all'area linguistica d'oil ma a quella occitanica. Di qui, la conclusione che con montibus Aragoniae D. avrebbe indicato la sezione occidentale della catena montuosa, escludendo la Guascogna dall'Occitania gallica e accennando al versante spagnolo, dove vivevano i ‛ loquentes oc ' inclusi nel regno di A., che finiva per rappresentare nel suo complesso l'Occitania iberica.
Di sicuro, insomma, rimane il criterio assai approssimativo di orientamento geografico dantesco che, secondo il Vinay, non offre elementi idonei a stabilire la fonte cartografica. Sorge il dubbio, anzi, che l'assunzione dei Pirenei a limite tra ‛ oc ' e ‛ oil ' non implichi necessariamente che D. abbia pensato a un loro rigoroso orientamento nord-sud. Egli può avere indicato la parte finale del confine linguistico nella direzione sud, che andrebbe invece spostato a est, e non essersi preoccupato di mantenere la continuità terrestre con il confine marittimo del volgare oil a nord, fissato con il canale della Manica e il golfo di Biscaglia.
Del principatus... regis Aragonum D. fa esplicito cenno in Mn I XI 12, ponendolo in stretta correlazione con quello del re di Castiglia (v.). Si tratta di un inciso a esemplificazione degli argomenti teorici, con i quali egli dimostra che i reggitori di regni contermini non possono essere soggetti genuini di giustizia. La cupidigia li spinge a non contentarsi dei limiti territoriali della propria giurisdizione, ed è questa loro volontà di potenza a ostacolare la giustizia. Ciò non accade al monarca universale, poiché in lui volontà perfetta e massimo grado di potere coincidono, dal momento che la sua giurisdizione tocca i margini stessi del mondo, né alcuna cosa egli desidera se non la pace e l'ordine di ciascuna parte nell'ordine del tutto.
Il passo di Mn I XI 12 riprende nelle sue linee Cv IV IV 3-4; in particolare, il generico passaggio di commento in Cv IV IV 3 sì come per esperienza vedemo, riferito all'assunto che l'animo umano in terminata possessione di terra non si queti, ma sempre desideri gloria d'acquistare, e discordie e guerre conviene surgere intra regno e regno, è reso in Mn I XI 12 con il significativo esempio dei principati iberici. A tener conto che la composizione del più antico disegno dottrinale viene collocata tra il 1304 e il 1307 e quella della Monarchia a dopo il 1307, ma senza possibilità di accertare l'anno (P.G. Ricci, Monarchia, in D. minore, Firenze 1965, 75), è lecito chiedersi se in Mn I XI 12 D. abbia intenzionalmente modificato il testo dietro sollecitazione di un preciso avvenimento.
Contrasti tra A. e Castiglia non mancarono mai: i malcerti diritti di successione alla corona e i rapporti di parentela delle due case regnanti fornivano spesso pretesti per intervenire negli affari interni dell'altro stato e per coprire i piani di espansione continentale. Nel 1296 Giacomo II aveva invaso la Murcia, che era stata annessa alla Castiglia nel 1266 proprio con l'appoggio dell'A. e, approfittando dei torbidi scoppiati per la successione del minore Ferdinando IV, riuscì a sottrarre (lodo arbitrale di Torrella del 1304) parte di quella regione che venne aggregata al Valenzano. Tuttavia una certa attenuazione dei conflitti era in atto, come dimostra la partecipazione di una flotta aragonese alla presa di Gibilterra - nell'ambito dell'alleanza con la Castiglia contro il regno di Granada - e l'assedio posto da truppe di Giacomo II ad Almeria nel 1309. Soprattutto, si verificava un mutamento di indirizzi politici. " Dal 1297 sino al momento della effettiva occupazione, l'attenzione aragonese è polarizzata sulla preparazione della conquista del regno sardo. Tutti gli altri problemi rimangono in secondo piano " (F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, II, Palermo 1959, 88). Riavvicinamento al papato (trattato di Anagni del 1295 e bolla bonifaciana Redemptor mundi del 20 genn. 1297) e nuova posizione del re d'A. quale "feudatarius pro regno Sardiniae" del papa (Finke, Acta Aragon., I 124) influenzarono anche l'avvio per rapporti più pacifici con la Castiglia.
Non ci sembra di scorgere pertanto in Mn I XI 12 rispetto a Cv IV IV 3 l'eco di un fatto particolarmente clamoroso o nuovo. Se nel Convivio D. si è rifatto " all'opinione generica universalmente diffusa ", come per altri casi (M. Barbi, Nuovi problemi della critica dantesca, in " Studi d. " XXIII [1938] 53-54), nella Monarchia egli poteva ben adattare con un esempio concreto il " pensiero comune alle esigenze della propria tesi ", senza che vi fosse una più recente e circostanziata spinta occasionale. Forse ripugnava alla sua coscienza morale il contrasto tra il prevalente realismo politico dei due regni e la subordinazione - o il venir meno - di quelle motivazioni ideologiche e spirituali, che pure avevano informato la natura della ‛ reconquista ' e avrebbero dovuto servire a stabilire la pace nel nome di Cristo. Il " negocium Dei " che fu la ‛ crociata ' contro Granada poteva certo convalidare il suo pensiero, ma proprio per l'occasione A. e Castiglia erano alleate !
Bibl. - Per i punti del De vulg. Eloq. discussi: M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 75-76; D. A., De vulg. Eloq., a c. di A. Marigo, Firenze 19573, con appendice di aggiornamento a c. di P. G. Ricci, XCIII-XCVI, 54 n. 27, 58 n. 38; G. Vinay, Ricerche sul De vulg. Eloq., III, " Apenini devexione claudatur ", in " Giorn. stor. " CXXXVI (1959) 372-373, 382. Su impero e stati particolari: B. Nardi, Note alla ‛ Monarchia ', in " Studi d. " XXVI (1942) 114-118; F. Battaglia, Impero, Chiesa e Stati particolari nel pensiero di D., Bologna 1944, 13-16, 66-74, 91-95; D. A., Monarchia, a c. di G. Vinay, Firenze 1950, VI-VII, 66-67; A. De Angelis, Il concetto di ‛ imperium ' e la comunità sovranazionale in D., Milano 1965, 99-102. Sulla politica aragonese: H. Finke, Acta Aragonensia, I-II, Berlino-Lipsia 1908, III, 1922; A. Giménez Soler, La politica española de Jaime II, in Abhandlungen aus dem Gebiete der mittleren und neueren Geschichte... Festgabe H. Finke, Monaco 1925, 168-186; L. N. D'Olwer, L'expansió de Catalunya en la Mediterrànea oriental, Barcellona 1926; P.E. Schramm, Der König von Aragon. Seine Stellung im Staatsrecht, in " Historische Jahrbuch " LXXIV (1955) 99-123; E. Martinez Ferrando, Jame II o el seny català, Barcellona 1956; V. Salavert y Roca, Cerdeña y la expansión mediterrànea de la Corona de Aragón, I-II, Madrid 1956; id., El problema estratégico del Mediterraneo occidental y la politica aragonesa (siglos XIV y XV), in IV Congres de Hist. de la Corona de Aragón, Actas y Comunic., Palma de Maiorca 1959, 201 ss.; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, Palermo 1959; M. Del Treppo, L'espansione catalano-aragonese nel Mediterraneo, in Nuove questioni di storia medioevale, Milano 1964, 259-275, e bibl. cit. 291-300. Per la bibliografia sui personaggi citati, si rimanda alle rispettive voci; v. inoltre la voce CATALOGNA.