APRILE (Aprili), Giuseppe, detto Scirolino o Sciroletto
Nacque a Martina Franca (Taranto), il 28 ott. 1732, da Fortunato e da Anna Vita Cervellera, e non nel 1746 a Bisceglie, secondo il Villarosa e il Volpicella, o nel 1738, secondo il Fétis. Ricevette la sua prima educazione musicale dal padre notaio, che era anche appassionato cultore di musica e cantore nella Collegiata di Martina. Il padre stesso, sembra, poiché l'A. era dotato di bella voce, non esitò poi a farlo evirare all'età di undici anni. Da un atto notarile, venuto recentemente alla luce, risulta che l'A. fu mandato a diciannove anni a Napoli e il 28 apr. 1751 fii ammesso alla scuola privata di Gregorio Scirolì, rinomato maestro di cappefia, onde l'A. fu detto "Scirolino" o "Sciroletto". (Erra, dunque, il Villarosa, seguito dal Florimo e da altri, che lo dice allievo del conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli). Il 23 sett. 1752, per la morte di Francesco Guardia, l'A. fu assunto come soprano nella Cappella Regia di Napoli con stipendio mensile di 20 carlini, e per la prima volta cantò come "ultima parte" al teatro S. Carlo nella stagione 1753-54 nell'opera Ifigenia in Aulide di N. Jommelli. Il 25 apr. 1754 l'A. ebbe il permesso di recarsi a Roma per cantare in un oratorio sacro; tornato a Napoli l'11 agosto, alla fine dell'anno si recò di nuovo a Roma per eseguire nella stagione di carnevale al teatro Aliberto delle Dame il Pompeo Magno in Armenia di F. S. Garzia. La sua fama era già affermata se, partito il 25 nov. 1755 per interpretare nel Teatro ducale di Parma Catone in Utica di F. Poncini, Issipile di B. Galuppi e La buona figliuola di R. E. Duni (carnevale 1755-1756), anziché tornare a Napoli, come era d'obbligo, l'A. preferì dimettersi dalla Regia Cappella, per poter continuare una carriera molto più attiva e brillante sui maggiori teatri italiani e stranieri.
Secondo il Sittard, infatti, l'A. sarebbe apparso alla corte di Stoccarda verso il 1760 come uno dei cantanti più celebri. A conferma della sua fama è anche la notizia, riferita dal Cotarelo y Mori, del pagamento per l'interpretazione dell'A. dei ruolo di Leucippo nell'opera La Forza del genio o sia il Pastor guerriero di N. Conforto, eseguita il 30 maggio 1758 al teatro di Aranjuez in Spagna: scritturato con 600 doppioni d'oro di salario, più di 100 per il viaggio, l'A. aveva ricevuto anche 9035 reali di gratifica. "Non partì male - commenta il Cotarelo y Mori - per aver cantato una sola opera".
Vivi successi riscosse ancora l'A. nel carnevale 1759-60 al teatro S. Benedetto di Venezia nelle opere La clemenza di Tito di G. Scarlatti e Gianguir di V. Ciampi, e da una lettera del conte Giuseppe Finocchietti (Venezia, 29 dic. 1759) Si rileva come PA. fosse stimato uno dei primi cantanti di allora e "il suo modo di cantare" gradito "universalmente da tutti". Nel 1760 l'A., che era andato a Stoccarda, informava che i suoi impegni artistici lo avrebbero tenuto assai occupato all'estero e nell'Italia settentrionale fino al 1762. A Stoccarda nel 1763 l'A. cantò la parte di Enea nella Didane abbandonata e quella di Sisimo ne La bergère illustre, ambedue opere dello Jommelli. Testimonianza della sua ascesa nell'arte in questo periodo fu data dal maestro Giovanni Marco (o Giovanni M. Placido) Rutini che descriveva, in una sua lettera al padre G. B. Martini da Livorno il 22 marzo 1764, l'A. non soltanto come perfetto cantante, ma anche come ottimo attore. Molto desiderato a Napoli, l'A. vi ritornò, scritturato al teatro S. Carlo, nella stagione 1765-66 per cantare, a fianco della prima donna A. M. Girelli Aguilar, nel Re Pastore di N. Piccinni (30 maggio), nel Creso di A. Sacchini (4 novembre), Romolo ed Ersilia di J. A. Hasse (25 dicembre) e infine nell' Arianna e Teseo di P. Cafaro (20 genn. 1766). Nel novembre 1767, dopo essere stato a Palermo, l'A. si recò di nuovo alla corte di Stoccarda con una scrittura di 6000 fiorini all'anno (cifra quasi pari a quella del sopra-maestro della cappella, N. Jommelli), accompagnato da uno dei suoi fratelli, Raffaele, eccellente violinista, al quale deve riferirsi la postilla "Aprile junior" con 600 fiorini che appare sotto lo stipendio dell'A. nello stato di servizio del 1767. Alla corte del duca Carlo Eugenio di Württemberg l'A. rimase fino al marzo 1769, interpretando specialmente opere dello Jommelli: La Critica (opera buffa), Fetonte, Il cacciatore deluso (opera comica già rappresentata a Tubinga nel 1767), la serenata Die gekrönte Eintracht (L'unione coronata) e La schiava liberata, che fu l'ultima opera cantata dall'A. a Stoccarda (18 dic. 1768). A metà marzo 1769, l'A., con il pretesto di rivedere la patria per breve tempo, si allontanò da Stoccarda, lasciando molti debiti contratti soprattutto con la cassa della corte, e perdendo così la buona opinione che il duca aveva di lui. Di ritorno in Italia, nel gennaio 1770, egli fu dapprima a Milano, dove W. A. Mozart lo udì cantare in una funzione religiosa e ne elogiò, nella lettera alla sorella del 26 gennaio, la "bella voce uguale", poi a Bologna (e anche qui Mozart ebbe modo di ascoltarlo il 26 marzo nel concerto organizzato dal conte Gian Luca Pallavicini nel suo palazzo in onore di Leopold e W. A. Mozart), e infine a Napoli, dove il 30 maggio al teatro S. Carlo l'A. cantò nell'Armida abbandonata di N. Jommelli. Questa sua interpretazione fece scrivere ancora a Mozart (v. lettera alla sorella del 5 giugno) che l'A. cantava "impareggiabilmente". Fermatosi a Napoli per tutto l'anno, l'A. ebbe occasione di essere ascoltato anche da Ch. Bumey nell'esecuzione del Demofoonte di Jommelli al teatro S. Carlo il 31 ottobre: lo storico inglese giudicò la voce dell'A. "piuttosto debole e ineguale, ma sempre sicura nell'intonazione. Egli aveva una buona figura, buona cadenza e molto gusto ed espressione". Negli anni successivi l'A. continuò a svolgere una intensa attività sui maggiori teatri di Napoli (1772-73), Torino (1772 e 1776), Firenze (1774-75 e 1777) e Roma (1779-80).
Durante la rappresentazione delle opere Medonte Re d'Epiro di G. Sarti e Creso Re di Lidìa di G. B. Borghi, che l'A. eseguiva insieme con la prima donna Rosa Agostini aI Teatro di Via della Pergola di Firenze nella stagione autunnale 1777, venne stampato nel giornale londinese Il Corriere Politico e Letterario (n. 39) un articolo diffamatorio sull'A., giudicato ormai un vecchio cantante non più all'altezza dei suoi passati trionfi. Ma tale accusa ingiusta, forse causata dall'invidia di qualche collega, fu smentita dalla Gazzetta Universale (N.85, 25 ott. 1777, p. 678), che contrapponeva al citato articolo il successo pieno riportato dall'A. proprio nel cantare quelle opere. E ancora tre anni più tardi, Antonio Canova, che aveva udito cantare l'A. nel Caio Mario di D. Cimarosa e nel Tito nelle Gallie di P. Anfossi al teatro Alibert di Roma nel carnevale 1780, si esprimeva su di lui entusiasticamente.
Nel 1783 l'A. faceva ritorno a Napoli ed era riammesso come primo soprano della Regia Cappella, occupando il posto del celebre G. Majorano detto Caffarelli, defunto. L'ultima notizia che si ha di una esecuzione pubblica dell'A. è quella della celebrazione della festa di Maria SS. Addolorata nella chiesa dei Servi di Maria a Napoli il 17 e 18 sett. 1785. Dirigeva l'orchestra e i cantanti G.B. Pergolesi, e venne eseguita musica dello stesso Pergolesi (i Vespri la sera del 17, una Messa la mattina del 18 e un Salve Regina alla sera), con l'interpretazione "veramente angelica" dell'A., secondo l'espressione del padre G. Della Valle che ricorda l'avvenimento. Ritiratosi ormai definitivamente dal teatro, l'A. si era dedicato all'insegnamento del canto (furono suoi allievi D. Cimarosa, lady Catherine Hamilton, il tenore Michael Kelly, detto Occhelli, e Manuel García figlio) e alla composizione. Secondo il Grassi, l'A. verso il 1790 sarebbe tornato in patria dove avrebbe tenuto una scuola di musica. Risulta che fu giubilato dalla Regia Cappella, con l'intero "soldo" di 35 ducati, il 12 luglio 1798, anno in cui tornò a Martina, già agitata da fermenti popolari per la leva dei soldati ordinata dal governo borbonico che si accingeva a combattere i Francesi che avevano occupato Roma. Contro l'ingiusta e indiscriminata ripartizione della leva il popolo di Martina insorse e soltanto per merito dell'A., che godeva grande prestigio, fu impedito l'incendio della casa del sindaco. Proclamata nella provincia e a Martina la repubblica il 9 febbr. 1799, l'A., insieme con i fratelli Michele e Raffaele, vi aderì, armandosi per difendere la città- democratica dall'assalto dei sanfedisti e dal loro saccheggio. I fratelli Aprile furono processati e po, per sopravvenuta amnistia, prosciolti.
L'A. morì in Martina l'11 genn. 1813.
Il più significativo e completo giudizio su l'A. fu dato dal poeta-compositore C. F. D. Schubart, che viveva a Stoccarda negli anni in cui vi si trovava anche l'Aprile. Lo Schubart ricorda nei suoi scritti che l'A. e era forse il più grande cantante del suo tempo; genio e arte erano in lui in eguale mirabile proporzione. La sua espressione era sempre nuova, egli sapeva variare una cavatina o un'aria di bravura più volte con indescrivibile genio. Era assai spesso critico d'arte di Jommelli, e Jommelli lo ascoltava volentieri s. Nel capitolo sui più grandi cantanti italiani delle sue Ideen zu einer Aesthetik der Tonkunst (Stuttgart 1839), lo Schubart scrive che l'A. era "l'antico ornamento del teatro würtemburghese, e uno dei più perfetti cantanti del mondo. Egli cantava con la purezza di una campana d'argento fino al do alla quinta ottava ["drei gestrichene C."], aveva profonda conoscenza del canto e un caldo vibrante cuore... Lo stesso immortale Jommelli confessava di dover ringraziare molto questo grandissimo cantante". L'A. non fu soltanto apprezzato come cantante, ma anche per l'ottùno suo metodo di canto. Il suo allievo Kelly lo ricordava nelle sue Reminiscences of the King's Theatre and Theatre Royal Drury Lane, with original anecdotes of many distinguished persons, political, literary and musical (London 1826, Colburn, 2 voll., citati dallo Haböck) come "il padre de' tutti i cantanti", e gli era assai grato per l'intenso studio cui l'A. lo aveva sottoposto anche durante il tempo, della sua mutazione di voce.
Il metodo di canto dell'A. è rappresentato dai celebrati Solfeggi stampati per la prima volta a Londra da Broderip (1791) con il titolo The Modern Italian Method of Singing, with a Variethy of Progressive Examples and Thirtysix Solfeggi by Sigr. D. G. Aprile, e poi più volte in Italia, Francia e Germania, ancora oggi usati nei conservatori di musica. Una delle più recenti edizioni italiane è quella del Ricordi, Milano 1942, a cura di L. Soffredini.
Questi solfeggi hanno il loro valore nell'aristocratica e musicalmente seria stilizzazione di particolari esercizi per le più importanti specie degli ornamenti dei canto; si fanno sempre appoggiature, gruppetti e trilli, lenti o rapidi passaggi, tutti con una propria difficoltà, trattati ciascuno in uno o più solfeggi, principio questo che forma, com'è noto, anche la base dei metodo di García.
Poco conosciute sono, però, le brevi istruzioni teoriche in ventun punti che precedono questi solfeggi (mancano nelle edizioni, almeno italiane, moderne. I ventun punti sono stati tratti dalla prima edizione inglese e citati dallo Habück), nelle quali si dispiega la purezza di stile della grande tradizione italiana del canto - basata sulla perfetta intonazione, specialmente nei salti di voce, sull'articolazione delle vocali, sulla messa di voce, ecc. -, e che sembrano essere quasi un agile compendio delle Osservazioni de' Cantori antichi, e moderni o sieno Osservazioni sopra il Canto figurato (Bologna 1723) di Pier Francesco Tosi. L'ultimo punto: "Gli ornamenti e gli abbellimenti dei cantanti dovranno derivare dal carattere della melodia, l'espressione dal carattere della parola" rivela un gusto e una sensibilità piuttosto pittorici del canto e inoltre l'istanza di una interpretazione completa quale soltanto un artista può dare.
Come compositore, l'A. è ricordato per numerosissime musiche vocali - arie, duetti con o senza strumenti, quasi tutte su parole dell'olivetano A. Bertola -, che sono rimaste manoscritte soprattutto nelle Biblioteche del Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli e del Conservatoire Royal di Bruxelles, ad eccezione delle seguenti, stampate: Six favorite Italian duos for two voices, London, S. Babb (circa 1780), Five... Italian duettos for two voices. Composed by Sigr. G. Aprile and one by Sigr. G. Sarti, London, S. Babb (circa 1780), Twelve favorite canzonets... Set with accompanyments for the Piano forte or pedal harp... by P. Seybold op. IV, Brighthelmstone (circa 1785), tutte al British Museum di Londra; alcune inserite in A select collection of the most admired songs. Duetts & from Operas in the highest esteem. And from other Works, in Itahan, English, French, Scotch & Edinburg, printed for John Corri (tre voll., circa il 1788, Biblioteca dei Liceo musicale di Bologna), e ancora Six canzonets with an accompaniment for the great or small harp, Piano forte or harpsichord, London, Longman and Broderip (c. 1790). Una composizione strumentale dell'A. compare nei Six divertimentos for two violins and a bass... by Pugnani, Vachon, Borghi & Aprile (Londra, W. Napier, verso il 1772). Come la precedente, anche questa è al British Museum di Londra.
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