APRIÊS
. Faraone della XXVI dinastia, saitica, che regnò dal 589 al 570 a. C. In egiziano il suo nome è Wa' ḥ-ab-rîe (w' ḥ-jbj-r‛j) che significa "longanime è (il dio) Rîe", reso da Manetone Οὐάϕρις, dai Settanta Οὐάϕρη; il prenome regale, Ḥa‛ a-ab-rîe (ḥ‛ j ‛j-jbj-r‛ j) "esultante è Rîe", in ebraico è trascritto Ḥophra (Gerem., XLIV, 30), da Erodoto 'Απρίης. Figlio e successore di Psammêtek II (Psammetico 594-589), egli cerca in Siria la rivincita del grave scacco subito dagli Egiziani a Karkemišh al tempo di Necho. Appoggia i malcontenti che in Idumea, Moab, Ammon, Tiro e Sidone cospirano contro il giogo dei Caldei. Specialmente il regno di Giuda asseconda le sue mire ed i bollenti nazionalisti spingono il debole re Sedecia a tentare la prova. Ma Nebukadnezar II scende in Siria, si accampa a Ribla sull'Oronte e, devastando il paese, fa bloccare i due centri maggiori dell'insurrezione, Tiro e Gerusalemme (gennaio 587). Apriês accorre in aiuto dei suoi alleati operando per via di terra dalla parte di Gaza; ma l'esercito che cingeva Gerusalemme, levato il campo, gli mosse contro e l'obbligò a ritirarsi. Ripreso l'assedio, i Giudei resistettero disperatamente un anno e mezzo; ma la città venne alla fine presa (luglio 586). I fuorusciti che con Sedecia erano riparati a Gerico vennero quivi catturati. Più tardi Apriês ospitava a Dafne gli ultimi insorti. Caduta Tiro, che aveva difeso la sua indipendenza fino al 573, Nebukadnezar deve aver tentato la punizione dell'Egitto, servendosi delle flotte fenicie di Sidone e Tiro; ma grazie alla superiorità marittima Apriês seppe tener testa all'avversario (Erod., II, 161). Un grave evento turbò la sua felicità. Il re di Libia Adikran, vessato dai coloni greci di Cirene, aveva ottenuto dal faraone il soccorso di un corpo di milizie indigene, dalle quali la prudenza aveva fatto escludere i mercenarî Larî e Ionî. Annientate quelle ad Irasa, i superstiti si ammutinarono, reputandosi a bella posta spinti al macello per favorire le truppe straniere. Un abile membro della famiglia reale, Amasi, fu incaricato di sedare la rivolta; invece, mentre egli arringava i soldati, uno di essi gli mise in testa un elmo e lo proclamò re. L'uccisione di Patarbemis (forse meglio Patarbêkis), che invano aveva tentato di ricondurre l'usurpatore del trono, dovette alienare ogni animo ad Apriês ed obbligarlo a fuggire dal palazzo. Tre anni covò la vendetta; allestita una flotta e aiutato dai mercenarî, affrontò Amasi; ma fu vinto presso Andronpolis. La sorte ritentata ancora dopo cinque mesi gli fu ancora avversa e cadde in battaglia. Fu seppellito con gli onori dovuti al suo grado.