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approdare

di Lucia Onder - Enciclopedia Dantesca (1970)
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approdare

Lucia Onder

Il verbo appare in due luoghi della Commedia, uno dei quali particolarmente d'interpretazione controversa. Alcuni ammettono la derivazione da ‛ proda ' (per il Buti " approdare è alla ripa arrivare e venire ") e accettano il significato di " accostarsi ", " approssimarsi ", " giungere in porto "; altri fanno derivare la voce da ‛ prode ', " interesse ", " utile ", e danno al termine il senso di " giovare ", " recare utilità ".

In If XXI 78 Tutti gridaron: " Vada Malacoda! "; / per ch'un si mosse - e li altri stetter fermi - / e venne a lui dicendo: " Che li approda? ": " quid prodest isti id quod petit, scilicet quod unus veniat qui audiat eum? quasi dicat: nihil ... ergo bene: che gli monta, che gli vale perch'io vada? " (Benvenuto); " Che gli sarà mai a pro, a prode, il parlare per salvarsi da' diavoli? Che gli fa venire quaggiù? " (Tommaseo), interpretazione seguita dalla maggioranza dei commentatori moderni. In Pg XIII 67 E come a li orbi non approda il sole, / così a l'ombre quivi, ond'io parlo ora, / luce del ciel di sé largir non vole: per il Lana, l'Ottimo, Benvenuto, e, tra i moderni, Blanc, Scartazzini, Mattalia, il verbo vale " giovare "; per il Buti la luce del sole " non s'approssima, imperò che non la possano vedere, e così non ne pigliano diletto né consolazione "; anche il Tommaseo, il Casini, il Chimenz ecc. accettano quest'ultima interpretazione, che sembra essere più aderente al contesto.

Vocabolario
appròdo
approdo appròdo s. m. [der. di approdare1]. – 1. L’approdare, il giungere a riva: luogo di facile o difficile approdo. 2. a. Località litoranea, anche di fortuna, dove si può approdare. b. fig. Risultato, esito positivo di un’azione: giungere...
approdare¹
approdare1 approdare1 v. intr. [der. di proda] (io appròdo, ecc.; aus. essere o avere). – 1. a. Giungere a riva; prendere costa o avvicinarsi in modo da stabilire con essa facili comunicazioni: le navi approdarono all’isola di Creta; a....
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