apprensione
Ricorre solo in Cv III XIII 4, dove ha valore di " conoscenza ". D. afferma che gli uomini in gran parte vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa [la donna di Amor che ne la mente 23] innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione, cioè coloro che vivono secondo il senso non possono avere a. di lei. Cfr. l'Ottimo (Proemio a If XIV): " apprensione, ovvero cognoscibilitade ".
La forma latina nella tradizione antica vale originariamente " atto di toccare ", ma è anche termine medico indicante malattia, nel qual caso v. i corrispettivi greci (Isidoro Etym. IV VII 5 " Graeci autem apprehensionem ἐπιληψίαν appellant "; Celio Acutarum II X 56, dove apprehensio e oppressio rendono χατάληψις); cfr. anche, per la forma verbale apprehendere, il greco χαταλαμβάνω: questa famiglia di termini sembra rinviare, per la sua origine culturale, alla tradizione medica; per il significato gnoseologico, invece, soprattutto alla terminologia degli stoici (Stoicorum veterum fragmenta, ed. Von Arnim, IV, ad indicem; Cicerone [Acad. Post. I 41] χατάληψις con comprehensio) e degli scettici, anche se i precedenti non mancano (Platone Phaedr. 250d). La stessa forma nella tradizione medievale conserva il valore originario e, in senso traslato, significa " conoscenza "; così solitamente in Alberto Magno (v. in particolare Qtaestiones super libris de anim. XII 102 " Multa animalia carentia sanguine subtiliora sunt in apprehensionibus sensibilium ", dove a. viene accostato dal Mittelateinisches Wörterbuch al τὴν διάνοιαν di Aristotele Partibus anim. 650b 19). Ma si ricordi anche il Liber de apprehensione attribuito ad Alberto Magno (in Opera omnia, V, ed. Borgnet, Parigi 1890, 555-747) nel quale, in 12 parti, si analizza la conoscenza nelle sue varie forme, da quella dei sensi esterni a quella intellettiva, a quella che " fit per habitus infusos ", alla conoscenza che Dio ha di sé stesso.