Apprendimento. Basi biologiche dell'apprendimento
Uno degli aspetti più rilevanti del comportamento animale è la capacità di modificare questo stesso comportamento attraverso l'apprendimento, una capacità che raggiunge la massima espressione nella specie umana. Lo studio dell'apprendimento e della memoria e dei loro meccanismi biologici è una delle aree più attive della psicobiologia. Quasi ogni aspetto del comportamento umano coinvolge un processo di apprendimento: quando percepiamo ed elaboriamo informazioni visive, olfattive o uditive, compiamo azioni apparentemente automatiche. In realtà ci misuriamo con compiti cognitivi complessi durante i quali il nostro sistema nervoso centrale riceve e codifica le informazioni provenienti dall'ambiente, le confronta con quanto è già stato elaborato e, infine, le conserva. Anche gli animali dipendono dall'apprendimento: nella maggior parte delle specie animali gli individui devono essere in grado di acquisire informazioni sulla loro posizione all'interno del proprio territorio, relative al procurarsi il cibo, a ritrovare il nido o la tana, a compiere attività migratorie e a incontrare un partner sessuale. Si apprende a riconoscere un conspecifico e a distinguerlo da un potenziale predatore, o ad affinare le proprie strategie di sopravvivenza o le capacità predatorie. Organismi con un sistema nervoso relativamente semplice, come i Molluschi o gli Insetti, sono capaci di diversi tipi di apprendimento e di memoria, alcuni dei quali, come avviene nel caso degli Insetti sociali, incredibilmente complessi.
La capacità di apprendere, ossia di stabilire relazioni causali tra eventi e di modificare il proprio comportamento in base a tali esperienze, è resa possibile dalla particolare organizzazione funzionale del sistema nervoso; quello dell'uomo è costituito da almeno 100 miliardi di neuroni, ciascuno dei quali stabilisce decine di migliaia di contatti con altri neuroni attraverso le sinapsi. Il termine sinapsi è stato introdotto nel 1879 dal fisiologo inglese Charles Scott Sherrington per descrivere la giunzione tra due neuroni specializzata nella trasmissione dell'impulso nervoso. Oggi è un dato acquisito che l'apprendimento e, più in generale, l'esperienza possano indurre una modificazione permanente delle connessioni fra neuroni, a livello della sinapsi. Ma fino alla metà del secolo scorso, i meccanismi alla base della conduzione dell'impulso nervoso attraverso le cellule cerebrali non erano conosciuti.
Nel 1949 il neurofisiologo statunitense Donald O. Hebb propose una teoria connessionista, per la quale l'attivazione simultanea di due cellule nervose o di gruppi di cellule nervose (per es., durante la presentazione di due stimoli in sequenza temporale) produce una modificazione permanente in termini di rafforzamento delle connessioni sinaptiche. A partire dalla metà degli anni Sessanta del Novecento, la neurofisiologia e la biologia molecolare hanno consentito di verificare le ipotesi avanzate sul nesso tra alterazioni elettriche e biochimiche delle sinapsi e processi cognitivi. Gli studi condotti sugli animali, in particolare sui Roditori di laboratorio come ratti e topi, hanno dimostrato come il sistema nervoso possieda uno o più meccanismi neurali attraverso i quali gli stimoli e le azioni possono essere associati tra loro. I meccanismi di base, biochimici e fisiologici, che regolano la trasmissione dell'impulso nervoso, si sono conservati nel corso dell'evoluzione e sono sostanzialmente gli stessi negli invertebrati e nell'uomo.
Sommario: 1. Le basi molecolari dell'apprendimento: il contributo degli studi sugli invertebrati. 2. Basi molecolari dell'apprendimento nei Vertebrati: ippocampo e potenziamento a lungo termine. □ Bibliografia
Dagli inizi degli anni Cinquanta del Novecento si sono succeduti numerosi studi sperimentali volti a esplorare la possibile relazione tra apprendimento e plasticità neuronale o sinaptica. Gli esperimenti di Mark R. Rosenzweig, Elizabeth L. Bennet e Marian C. Diamond (1972) dimostrarono che ratti allevati in ambienti arricchiti e in gruppi sociali mostravano un aumentato spessore della corteccia cerebrale, rispetto a ratti allevati in isolamento o in condizioni standard, un effetto dovuto essenzialmente all'aumento delle arborizzazioni dendritiche e delle dimensioni dei contatti sinaptici. Questi stessi animali presentavano migliori prestazioni di apprendimento. In quegli stessi anni, due sperimentatori tedeschi, David H. Hubel e Torsten N. Wiesel (1970) evidenziarono modificazioni marcate della corteccia visiva nel gatto e nei Primati non umani, in seguito a deprivazione monoculare durante lo sviluppo. Questi risultati dimostrarono che esperienze precoci diverse davano luogo ad alterazioni permanenti dell'architettura neurale, e confermavano quanto già suggerito da Ramón y Cajal alla fine del XIX secolo (reti neurali →). Studi successivi hanno dimostrato che i ratti allevati in condizioni di arricchimento ambientale sviluppano un maggior numero di spine dendritiche, ovvero di formazioni specializzate alla formazione di nuovi contatti sinaptici. Gli effetti dell'arricchimento ambientale, inizialmente osservati nel ratto, sono poi stati generalizzati ad altre specie di Mammiferi, agli Uccelli e persino a un invertebrato come la Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta.
La scoperta che le influenze ambientali possono indurre modificazioni misurabili della morfologia delle cellule nervose, parallelamente allo sviluppo delle tecniche di indagine del sistema nervoso centrale, da un punto di vista non solo morfologico ma anche biochimico e molecolare, ha indirizzato lo studio sulle basi neurali dell'apprendimento verso la ricerca di correlati neurobiologici della plasticità comportamentale. Nei suoi classici studi sugli Anatidi, Konrad Lorenz osservò che i pulcini, immediatamente dopo la schiusa, sviluppavano un forte legame verso il conspecifico che li aveva stimolati nelle prime ore di vita, in genere la loro madre, ed erano in grado di riconoscerla anche in presenza di altri conspecifici. Lorenz dimostrò che i piccoli potevano sviluppare tale attaccamento anche nei confronti di un animale appartenente a una specie diversa, come, per esempio, un essere umano o un cane. I pulcini da lui allevati lo seguivano per giorni e lo riconoscevano tra altri esseri umani. Se veniva data loro la possibilità di avvicinarsi a un conspecifico, lo evitavano e continuavano a seguire e preferire la 'madre sostituta'. I piccoli non avevano imparato soltanto a riconoscere un individuo specifico. Raggiunta la maturità sessuale, infatti, gli individui di sesso maschile adottati da Lorenz mostravano una particolare insistenza nel corteggiare gli esseri umani rispetto ai membri della propria specie. In condizioni naturali, l'imprinting cosiddetto 'filiale' e il conseguente interesse sessuale nei confronti di individui con caratteristiche analoghe a quelle della madre è un fenomeno riscontrabile in diverse specie di Uccelli, ma è anche presente tra i Mammiferi.
Studi successivi hanno indicato che in assenza della madre anche madri 'surrogate', per esempio oggetti inanimati, se presentati in un dato intervallo di tempo dopo la schiusa (periodo critico o fase sensibile), acquisivano le caratteristiche dello stimolo naturale. L'imprinting appare quindi come una forma di memoria di riconoscimento che si sviluppa in tempi molto brevi a seguito della semplice esposizione a uno stimolo saliente e in assenza di procedure di rinforzo. Come tale, esso ha rivestito un'importanza particolare per gli studiosi interessati alle basi biologiche della memoria. Le basi neurali dei processi di apprendimento che sottostanno allo stabilirsi dell'imprinting filiale sono state estensivamente studiate nel pulcino domestico in condizioni controllate di laboratorio. L'esposizione a uno stimolo artificiale di pulcini nel periodo critico dopo la schiusa (per es., una scatola rossa in movimento) induce alterazioni biochimiche e morfologiche in una ristretta area cerebrale, quella dell'iperstriato ventrale (IMHV). In particolare, si osserva un incremento nello spessore di aree specifiche nella membrana dei neuroni postsinaptici, dovuto all'aumento, in quelle stesse aree, di recettori per il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato (recettori del glutammato), a seguito dell'esposizione allo stimolo. La conseguenza di queste modificazioni della densità postsinaptica è che, dopo che il pulcino è stato addestrato a riconoscere un oggetto come familiare, il rilascio di una data quantità di glutammato da una terminazione presinaptica eserciterà un effetto di eccitazione del neurone postsinaptico maggiore di quanto accadesse prima della formazione della memoria di riconoscimento. Perciò, in accordo con il modello proposto da Donald O. Hebb (1949), il riconoscimento produce una modificazione (in termini di aumentata efficacia) della trasmissione sinaptica.
L'apprendimento del canto negli Uccelli presenta alcune analogie con l'imprinting filiale, perché è il risultato di un'esposizione al canto di un conspecifico in fasi precoci della vita, con effetti permanenti. La maggior parte degli Uccelli canori deve apprendere il canto caratteristico della propria specie, e tale apprendimento dipende dal fatto se essi siano stati esposti o meno a quel particolare canto in determinati stadi dello sviluppo. In queste specie l'acquisizione del canto passa attraverso fasi distinte: una prima fase, nella quale l'animale giovane deve essere esposto al canto di un maschio adulto, una seconda, in cui la produzione del canto avviene per approssimazioni successive al modello acquisito e, infine, una fase di fissazione del canto in una forma permanente. L'apprendimento del canto è completo al raggiungimento della maturità sessuale. Uccelli canori maschi allevati in condizioni di isolamento non riescono a sviluppare un canto normale, ma sono ancora in grado di emettere un suono dalle caratteristiche di base della propria specie. Se questi Uccelli vengono esposti a registrazioni di vocalizzazioni tipiche della specie durante un periodo critico (la cui estensione varia nelle diverse specie) acquisiscono il canto normalmente. Questo rimane invece parzialmente disorganizzato se l'esposizione alle registrazioni avviene dopo il termine del periodo critico. Gli studi compiuti su Uccelli canori resi sordi tra l'esposizione al canto della propria specie e la fase più tardiva di produzione del canto hanno inoltre dimostrato che, per essere in grado di emettere il canto della propria specie, l'uccello deve ascoltare il proprio canto e formare una memoria uditiva.
Un insieme di strutture cerebrali, caratterizzate e descritte da Fernando Nottebohm nel 1996, definite come il 'sistema del canto', controlla l'apprendimento e la produzione del canto. Il sistema del canto consiste in un insieme di nuclei interconnessi e occupa una grande porzione del cervello degli Uccelli canori. Questi nuclei includono aree di controllo motorio dell'emissione del canto, tra le quali un ruolo principale sembra essere svolto dal centro vocalico superiore (CVS), corrispondente alla parte caudale dell'iperstriato ventrale, e dal nucleo robusto dell'archistriato (NRA). Il CVS contiene sia neuroni che controllano l'esecuzione del canto, sia neuroni che rispondono selettivamente ad alcuni stimoli uditivi, soprattutto se presentati secondo l'ordine temporale che forma la melodia caratteristica del canto della propria specie. La convergenza tra input motori e uditivi avverrebbe a livello dell'NRA. Le connessioni sinaptiche tra CVS e NRA si stabiliscono nel fringuello proprio quando il giovane uccello inizia a 'praticare' il canto, e ciò suggerisce che sia l'integrazione tra predisposizione innata al canto (programmi motori) e il processo di apprendimento (formazione di memorie uditive) a rendere possibile lo sviluppo di pattern canori a elevata specie-specificità.
Il canto presenta delle notevoli differenze nei due sessi. In generale, nelle zone temperate, i maschi cantano per marcare il territorio e per il corteggiamento, mentre le femmine cantano poco o per nulla. Il dimorfismo sessuale nel canto trova una corrispondenza nel dimorfismo nel sistema del canto stesso. Infatti, i nuclei cerebrali che controllano il canto, in particolare quelli legati al controllo motorio, sono molto più grandi nei maschi e presentano differenze nella dimensione e nel numero dei neuroni, così come nel numero di neuroni che esprimono il recettore per gli androgeni. Gli ormoni steroidi influenzano infatti il canto: in molte specie di Uccelli canori si verifica un marcato aumento nelle dimensioni dei nuclei del canto durante la stagione riproduttiva in primavera e queste variazioni dipendono dall'aumento dei livelli di testosterone nel plasma. Gli effetti di questo ormone, che regola il comportamento riproduttivo, sulle dimensioni e la morfologia dei nuclei cerebrali del canto appaiono mediati da una neurotrofina, il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF). Nel complesso, quindi, gli stimoli ambientali attraverso l'azione degli ormoni sessuali regolano la plasticità del sistema nervoso centrale. In alcune specie di Uccelli canori, come i canarini, la femmina risponde alla somministrazione di testosterone con un marcato aumento dei nuclei del canto analogamente a quanto osservato nei maschi nella stagione riproduttiva e con l'inizio della produzione del canto. L'apprendimento canoro negli Uccelli presenta alcune analogie con lo sviluppo del linguaggio umano e viene considerato uno strumento di indagine delle basi neurofisiologiche dell'apprendimento di segnali vocali, in particolare dei meccanismi di acquisizione delle caratteristiche fonologiche del linguaggio nel bambino.
Un contributo fondamentale alla conoscenza delle basi neurali dell'apprendimento e della memoria viene dagli studi sul sistema nervoso degli invertebrati, in particolare dagli esperimenti condotti dal Premio Nobel Eric R. Kandel e dai suoi collaboratori sulla lumaca di mare Aplysia californica. Questo invertebrato possiede un sistema nervoso relativamente semplice, formato da soli 20.000 grandi neuroni, raggruppati in dieci gangli principali, che per le loro dimensioni sono facili da analizzare con tecniche di elettrofisiologia e biochimica. Il comportamento di difesa della lumaca di mare di fronte a stimolazioni nuove è quello di ritrarre energicamente la branchia (attraverso cui respira) e il sifone (un piccolo canale posto sopra la branchia, che l'Aplysia usa per espellere l'acqua marina). Se l'animale viene sfiorato, la branchia e il sifone si ritraggono. Se lo stimolo viene presentato ripetutamente, il riflesso di retrazione va incontro ad abituazione o a sensibilizzazione. I neuroni sensoriali che ricevono la stimolazione tattile inviano l'informazione ai motoneuroni responsabili della retrazione. Se lo stimolo viene presentato ripetutamente e non è potenzialmente pericoloso per l'incolumità dell'Aplysia (per es., uno spruzzo d'acqua), l'informazione trasmessa dai neuroni sensoriali a quelli motori diviene sempre meno consistente. Alla fine i segnali postsinaptici generati dai neuroni sensoriali diventano molto piccoli e non sono più in grado di evocare la risposta dei motoneuroni. L'abituazione corrisponde quindi a una diminuzione persistente dell'efficacia delle connessioni sinaptiche fra i neuroni sensoriali e i motoneuroni, che dipende dal rilascio di sempre minori quantità di neurotrasmettitore. Questo fenomeno di modificazione plastica si accompagna alla diminuzione dei potenziali elettrici postsinaptici dei motoneuroni e dipende, almeno in parte, dal diminuito accesso di ioni calcio (Ca2+) nella terminazione sinaptica del neurone sensoriale. Il collegamento tra i neuroni sensitivi e i motoneuroni si modifica plasticamente e tale modificazione può durare minuti, ore o addirittura giorni.
La sensibilizzazione è una forma più complessa di apprendimento rispetto all'abituazione: se si stimola in modo potenzialmente nocivo l'Aplysia, l'animale ritrarrà ogni volta la branchia, sensibilizzandosi al punto che poi basterà sfiorare appena la cute del sifone o la testa, per provocare una reazione di analoga intensità. Questo secondo tipo di apprendimento comporta una modificazione plastica delle sinapsi che collegano il neurone sensoriale al neurone motore. La modificazione si riflette nell'incremento in durata e intensità del potenziale d'azione dei motoneuroni, che si traduce nell'intensificazione del comando "ritira la branchia" inviato al motoneurone. Quest'effetto ‒ opposto a quello osservato nell'abituazione ‒ viene innescato da un aumento dei livelli di serotonina, un neurotrasmettitore rilasciato in risposta allo stimolo doloroso da appositi interneuroni. La serotonina provoca una cascata di reazioni all'interno dei neuroni sensoriali, che si traduce nell'allungamento nel tempo del potenziale d'azione e in un aumento dell'eccitabilità presinaptica. In questo modo viene rafforzata la comunicazione fra le cellule sensoriali e quelle motorie dell'Aplysia che, in caso di una nuova sollecitazione dolorosa, è in grado di reagire prontamente (memoria a breve termine). Nel caso in cui le procedure di abituazione o sensibilizzazione vengano ripetute più volte, la risposta dell'animale si mantiene anche per giorni o settimane, e ciò corrisponde alla formazione di una memoria a lungo termine.
Con gli studi di Kandel è stato osservato che, con il ripetersi dello stimolo, la serotonina ha un effetto indiretto non solo a livello della permeabilità della membrana, ma anche a livello di DNA e quindi di espressione di specifici geni. In particolare, il passaggio da memoria a breve termine a memoria a lungo termine coinvolge l'attivazione di proteina-chinasi intracellulari e, a livello del nucleo, del fattore di trascrizione CREB, che a sua volta promuove la trascrizione di geni e la sintesi di proteine necessarie per la crescita di nuovi contatti sinaptici tra i neuroni. Nello stesso modello, è stato possibile misurare gli eventi molecolari attivati dal condizionamento classico, oltreché da fenomeni non associativi come la sensibilizzazione e l'abituazione. Nell'esperimento di Thomas J. Carew, Robert D. Hawkins e Kandel (1983), un piccolo tocco sul mantello dell'Aplysia era seguito da uno shock elettrico applicato alla coda del mollusco. Dopo alcuni accoppiamenti dei due stimoli, il tocco da solo era in grado di provocare una forte risposta di retrazione del mantello. I meccanismi molecolari dell'apprendimento associativo sembravano gli stessi coinvolti nel processo di sensibilizzazione, ovvero, in seguito alla presentazione dello stimolo condizionato, si osservava attivazione delle proteina-chinasi, aumento di ioni potassio, ingresso massiccio di ioni Ca2+ nel neurone presinaptico sensoriale, facilitazione del rilascio di neurotrasmettitore con il conseguente aumento della durata e dell'intensità del potenziale d'azione postsinaptico. Questi meccanismi molecolari, il cui risultato ultimo è la formazione di nuovi contatti sinaptici, sono comuni anche ad altri invertebrati, quali, per esempio, la Drosophila melanogaster, moscerino nel quale sono stati identificati alcuni geni coinvolti nei processi di apprendimento associativi, che codificano per proteine analoghe a quelle identificate da Kandel.
Gli studi condotti sugli invertebrati hanno fornito indicazioni importanti circa i meccanismi molecolari alla base dei processi di apprendimento, sia non associativo sia associativo. Il sistema nervoso centrale dei Vertebrati è enormemente più complesso ed esistono strutture anatomiche specializzate nelle quali le memorie di eventi e luoghi vengono conservate nel corso della vita e continuamente richiamate e confrontate con nuove informazioni apprese. L'ippocampo, una struttura telencefalica appartenente al sistema limbico, interviene durante i processi di formazione dei ricordi della memoria dichiarativa a lungo termine (quel tipo di memoria responsabile dei ricordi stabili e duraturi, come la mappa di certe strade percorse tutti i giorni, o la fisionomia e il nome dei nostri familiari) e nel loro trasferimento dal compartimento della memoria a breve termine a quello della memoria a lungo termine. In particolare, l'ippocampo è determinante per l'apprendimento e la memoria spaziale, ovvero per la costruzione di una rappresentazione spaziale dell'ambiente, dai Roditori all'uomo.
Nel 1973, il neurofisiologo britannico Tim Bliss e il norvegese Terie Lomo, allora studente di psicologia, descrissero nell'ippocampo del coniglio il fenomeno del potenziamento a lungo termine (Long term potentiation, LTP), che consisteva nell'aumento stabile e duraturo dell'intensità della risposta neuronale dopo che le cellule afferenti di quell'area erano state sollecitate con stimoli elettrici ad alta frequenza. In altre parole, il neurone postsinaptico permaneva in una condizione 'attivata' per intervalli di tempo molto più lunghi di quanto avvenga nella trasmissione dell'impulso nervoso. L'LTP si può osservare sia nell'animale intatto sia in fettine di tessuto ippocampale e ha attratto l'attenzione dei ricercatori perché le caratteristiche di questo fenomeno lo rendevano particolarmente adatto a rappresentare una base fisiologica dei processi di apprendimento associativo. Infatti l'LTP è un fenomeno persistente (la potenziata risposta elettrica può durare anche settimane), specifico per i neuroni attivati da una stimolazione presinaptica ad alta frequenza, e associativo, in quanto può essere indotto nel neurone postsinaptico anche in seguito alla sommazione di attività presinaptiche sotto soglia.
Dalla metà degli anni Ottanta del Novecento, molti gruppi di ricerca hanno dimostrato che l'induzione dell'LTP richiede l'attività concomitante nel neurone sia presinaptico sia postsinaptico, secondo il modello proposto da Hebb. È stato osservato che il fenomeno dell'LTP può essere indotto dall'attivazione di un particolare tipo di recettore (il recettore NMDA) del neurotrasmettitore glutammato, ma che anche i recettori di tipo AMPA per lo stesso neurotrasmettitore sono in grado di modulare l'ingresso dello ione Ca2+ e quindi l'intensità e la durata della risposta elettrica del neurone alla stimolazione. L'esperimento che ha suggerito il coinvolgimento dell'LTP nell'apprendimento associativo è stato effettuato da Ryan G. Morris e collaboratori (1986), che hanno mostrato come il blocco farmacologico della funzionalità del recettore NMDA (in seguito all'infusione cronica di un antagonista del recettore stesso nei ventricoli cerebrali di ratti) prevenisse il fenomeno dell'LTP e interferisse significativamente con l'apprendimento spaziale nel labirinto acquatico. Gli stessi autori hanno discusso criticamente questi risultati, poiché il blocco dei recettori NMDA in altre aree cerebrali, per esempio nell'amigdala, interferisce con l'apprendimento di risposte condizionate non spaziali. La relazione causale tra apprendimento e LTP è quindi ancora da dimostrare, anche se questo fenomeno è indubbiamente associato a modificazioni biochimiche a livello sinaptico del tutto analoghe a quelle evidenziate nei sistemi nervosi 'semplici' degli invertebrati.
Nel fenomeno dell'LTP si distinguono una fase precoce, della durata di alcune ore, durante la quale la connessione sinaptica si rafforza tramite modificazioni nella conformazione di proteine e sistemi recettoriali già esistenti, e una fase tardiva, che prevede la fosforilazione di PKA (protein-chinasi A) e di MAPK (MAP-chinasi), l'attivazione del fattore nucleare di trascrizione CREB, la sintesi di nuove proteine e modificazioni permanenti della morfologia e dell'efficacia della sinapsi. Questa cascata di eventi molecolari indotta dall'LTP rappresenta verosimilmente uno dei principali meccanismi di plasticità alla base della codificazione della memoria. È stato osservato che la somministrazione agli animali di agenti chimici, che interferiscono con le molecole coinvolte in tale sequenza di eventi, ha un effetto peggiorativo sulle prestazioni di questi in diversi compiti di apprendimento associativo. Studi recenti hanno infine utilizzato topi geneticamente manipolati, che presentavano mutazioni o ablazioni nei geni codificanti le proteine coinvolte nella plasticità sinaptica. I topi che esprimono una forma mutata e non funzionale di una specifica proteina-chinasi, come, per esempio, la calcio-calmodulina-chinasi (attivata in seguito all'entrata di ioni Ca2+ nel neurone postsinaptico), presentano marcati deficit nell'apprendimento di compiti spaziali associati ad alterata riposta elettrica del neurone postsinaptico.
Nel 1971 John O'Keefe e Dostrovsky mostrarono che l'ippocampo contiene una mappa spaziale dell'ambiente in cui l'animale si muove: il punto in cui l'animale si trova è codificato dalla scarica di singoli neuroni piramidali ippocampali (le cd. place cells). Vi sono milioni di questi neuroni nell'ippocampo e la loro attività coordinata genera una rappresentazione interna dello spazio occupato dall'animale (place field). La rappresentazione è plastica e, quando un animale entra in un nuovo ambiente, nuovi place fields si formano e rimangono stabili per settimane o mesi. Lo sviluppo delle tecniche elettrofisiologiche ha consentito di misurare variazioni dei place fields nell'animale intatto in seguito a modificazioni della configurazione spaziale dell'ambiente. Un nuovo pattern di attivazione si stabilisce rapidamente quando l'ambiente diventa da quadrato a circolare. Cellule piramidali precedentemente attive diventano silenziose, mentre altre si attivano, costruendo una diversa mappa spaziale che rappresenta fedelmente le caratteristiche del nuovo ambiente. Ma l'ippocampo non è la sola struttura deputata all'immagazzinamento della memoria spaziale, anche strutture corticali, e in particolare l'area della corteccia entorinale, sono coinvolte nella codificazione delle informazioni spaziali. La stabilizzazione della mappa spaziale sembra essere associata all'attivazione del recettore NMDA e alla cascata molecolare iniziata dal fenomeno dell'LTP. Neuroni specializzati a rispondere a particolari stimoli, che sono coinvolti in fenomeni plastici, sono stati anche evidenziati nella corteccia visuomotoria di Primati non umani. Queste cellule nervose, dette mirror cells, aumentano la loro attività elettrica quando la scimmia osserva un'altra scimmia compiere un'azione o maneggiare uno strumento. L'attivazione delle mirror cells potrebbe corrispondere a fenomeni plastici associati all'apprendimento sociale.
Gli studi sperimentali sugli animali suggeriscono che il numero, la morfologia e la funzionalità delle connessioni sinaptiche siano alla base dei processi associativi negli organismi viventi. Tuttavia è bene sottolineare come l'apprendimento non produca solo la modificazione delle proprietà elettriche di gruppi di neuroni ippocampali o corticali. I processi cognitivi e l'immagazzinamento delle memorie che rendono unico ogni individuo richiedono l'attività integrata di molteplici circuiti cerebrali, da quelli che modulano le emozioni a quelli che controllano le azioni motorie. Studi effettuati su soggetti con danni cerebrali, insieme a ricerche sulle differenze o asimmetrie emisferiche delle funzioni cerebrali di soggetti normali, hanno fornito importanti indizi sul funzionamento del cervello nell'espletamento di compiti cognitivi. È stato osservato come specifiche aree cerebrali siano in relazione con classi particolari di disturbi cognitivi, soprattutto per quanto riguarda il linguaggio. La disponibilità di tecniche di visualizzazione dell'attività cerebrale, come la tomografia a emissione di positroni (PET), ha consentito di ottenere immagini del cervello durante l'apprendimento di compiti complessi, dal riconoscimento dei volti all'apprendimento di una nuova lingua. Il cervello umano è anatomicamente e fisiologicamente asimmetrico: i due emisferi sono coinvolti differentemente nell'elaborazione di informazioni verbali e spaziali, anche se l'attività mentale dipende dalla loro interazione e dall'integrazione delle informazioni codificate nelle diverse aree. Un ruolo preponderante nelle funzioni mentali spetta alla corteccia frontale, probabile sede dell'integrazione di funzioni cognitive, emozionali e motorie.
Ball 2002: Ball, Gregory F. - Riters, Lauren V. - Balthazart, Jacques, Neuroendocrinology of song behavior and avian brain plasticity: multiple sites of action of sex steroid hormones, "Frontiers in neuroendocrinology", 23, 2002, pp. 137-78.
Bateson 1990: Bateson, Patrick P.G., Is imprinting such a special case?, "Philosophical transactions of the Royal Society, B", 329, 1990, pp. 125-131.
Bliss, Lømo 1973: Bliss, Timothy V.P. - Lømo, Terje, Long-lasting potentiation of synaptic transmission in the dentate area of the anaesthetized rabbit following stimulation of the perforant path, "Journal of physiology", 1973, 232, pp. 331-356.
Carew 1983: Carew, Thomas J. - Hawkins, Robert D. - Kandel, Eric R., Differential classical conditioning of a defensive withdraval reflex in Aplysia californica, "Science", 219, 1983, pp. 397-400.
Cho 1998: Cho, Yong-Hyun e altri, Abnormal hippocampal spatial representations in alphaCaMKIIT286A and CREBalphaDelta- mice, "Science", 279, 1998, pp. 867-869.
Damasio, Damasio 1992: Damasio, Antonio R. - Damasio, Hanna, Cervello e linguaggio, "Le scienze", 49, 1992, pp. 65-72.
Dickinson 1980: Dickinson, Anthony, Contemporary animal learning theory, Cambridge Cambridge University Press, 1980.
Gazzaniga 1998: Gazzaniga, Michael S. - Ivry, Richard B. - Mangun, George R., Cognitive neuroscience, New York-London, Norton, 1998 (trad. it.: Neuroscienze cognitive, Bologna, Zanichelli, 2005).
Hebb 1949: Hebb, Donald O., The organization of behavior, New York, Wiley, 1949.
Horn 1998: Horn, Gregory, Visual imprinting and the neural mechanisms of recognition memory, "Trends in neurosciences", 21, 1998, pp. 300-305.
Hubel, Wiesel 1970: Hubel, David H. - Wiesel, Torsten N., The period of susceptibility to the physiological effects of unilateral eye closure in kittens, "Journal of physiology", 195, 1970, pp. 215-243.
Kandel 2000: Kandel, Eric R., The molecular biology of memory storage: a dialog between genes and synapses, "Bioscience reports", 21, 2000, pp. 565-611.
Konorski 1948: Konorski, Jerzy, Conditioned reflexes and neuron organization, Cambridge University Press, Cambridge, 1948.
Jarvis 2004: Jarvis, Erich D., Learned birdsong and the neurobiology of human language, "Annals of the New York Academy of Sciences", 1016, 2004, pp. 749-777.
Malenka, Nicoll 1999: Malenka, Robert C. - Nicoll, Roger A., Long-term potentiation - a decade of progress?, "Science", 285, 1999, pp. 1870-1874.
Morris 1986: Morris, Ryan G. e altri, Selective impairment or learning and blockade of long-term potentiation by an N-metil-D-aspartate receptor antagonist, AP5, "Nature", 319, 1986, pp. 774-776.
Muller 1996: Muller, Robert, A quarter of century of place cells, "Neuron", 17, 1996, pp. 813-822.
O'Keefe, Nadel 1978: O'Keefe, John - Nadel, Lynn, The hippocampus as a cognitive map, Oxford, Clarendon, 1978.
Pavlov 1940: Pavlov, Ivan P., Il riflesso condizionato, Torino, Boringhieri, 1940.
Rose 1992: Rose, Steven J., The making of memory, London, bantam, 1992 (trad. it.: La fabbrica della memoria. Dalle molecole alla mente, Milano, Garzanti, 1994).
Rosenzweig 1972: Rosenzweig, Mark R. - Bennett, Elizabeth L. - Diamond, Marian C., L'esperienza modifica il cervello?, in: Psicologia animale: letture da Le scienze, a cura di Daniel Bovet, Milano, Le scienze, 1974, pp. 140-147.
Thorndike 1911: Thorndike, Edward L., Animal intelligence, New York, Macmillan, 1911.
Watson 1914: Watson, John B., Behavior: an introduction to comparative psychology, New York, Holt, 1914 (trad. it.: Il comportamentismo. Firenze, Giunti Barbera, 1984).