appellomania
s. f. Tendenza smodata a firmare e proporre appelli rivolti alle autorità.
• Fosse solo questione di «appellomania». Sarebbe uno dei tanti «vezzi e malvezzi» napoletani, a cui siamo abituati e rassegnati. Purtroppo c’è di più: e molto di più. Il diluvio di petizioni al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorda in maniera impressionante una condizione assai tipica e ricorrente in tutta la storia europea d’antico regime prima della rivoluzione francese. (Aurelio Musi, Repubblica, 16 aprile 2007, Napoli, p. I) • L’«appellomania», il «firmamento», la retorica degli intellettuali che fanno quadrato intorno a un collega «intellettuale», che però (ma viene considerato un dettaglio da questi buontemponi) ha sulle spalle una condanna definitiva all’ergastolo per quattro omicidi politici negli anni ’70, firmati dai Proletari Armati per il comunismo. Ecco, insomma, la campagna di raccolte di firme, di inviti a lasciare libero in Francia, in Brasile e ovunque l’ex terrorista [Cesare Battisti] non pentito diventato scrittore è un déjà vu che riporta indietro agli anni dell’impegno degli uomini di cultura. (Mario Ajello, Messaggero, 20 gennaio 2009, p. 11, Primo Piano) • sarebbe pure un po’ strano questo accanirsi sugli intellettuali recalcitranti da parte di chi in tanti anni non ha mai speso un sospiro per contrastare l’appellomania di un ceto che si inventava tirannie dietro ogni legge berlusconiana. Di chi trattava come un fissato anticomunista chiunque osasse manifestare qualche perplessità sull’«egemonia culturale» di una sinistra dogmatica, ossificata, conservatrice, orgogliosamente antiriformista. (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 17 agosto 2014, p. 1, Prima pagina).
- Composto dal s. m. appello con l’aggiunta del confisso -mania.
- Già attestato nella Stampa del 12 marzo 1994, p. 4, Interno (Raffaella Silipo).