APOLLONIA da Cennino
Originaria di Cennino, castello nel contado di Siena (oggi Cennina, frazione di Bucine in provincia di Arezzo), nacque intorno al 1368 da un certo Ventura. Perse la madre in tenera età e, risposatosi il padre, non restò con la matrigna: aveva soltanto 9 anni, quando si allontanò dalla casa paterna per rinchiudersi, a Siena, in compagnia di alcune donne spirituali, che vivevano come eremite. Si sarebbe recata a Roma, al seguito di S. Caterina da Siena, nell'ottobre del 1378. Ma all'età di 16 anni tornò a vivere con il padre, il quale, vecchio, ammalato e ridotto alla miseria, era andato a Firenze con la seconda moglie e una figlioletta. Soggiornando a Firenze, A. si procurò simpatia ed amicizia in famiglie ricche ed influenti, cosicché, mortole il padre sei anni dopo, ebbe l'appoggio di benefattori, che nel 1390 le donarono una casetta, situata sul settimo pilastro del Ponte a Rubaconte, presso la cappella di S. Maria delle Grazie. Ella vi si ritirò, da sola, nel 1390; nel '96 andò a vivere con lei un'altra devota donna, Agata di Ponte a Sieve. Nel 1400, il 17 di ottobre, si fecero murare nella piccola casa, rompendo ogni rapporto con la umana società; ma suor Agata prese con sé una nipotina di tre anni. Le due donne con la bambina avrebbero voluto vivere come gli anacoreti nel deserto, comunicandosi soltanto spiritualmente; ma poiché questo eccesso rischiava di dare scandalo, il vescovo di Firenze Alamanno Adimari ordinò al curato di S. Romeo (loro parrocchia) di portare la Comunione alle due "romite" almeno nei giorni festivi. Pur murate vive, i benefattori non le abbandonarono, tanto che le due donne, dopo tre anni, furono in grado di costruire una cappellina, nella quale entravano soltanto il prete ed il chierico che serviva la Messa. Mentre a suor Agata fu consentito di uscire per la elemosina, A. invece restava sempre chiusa nella casetta, in colloquio con Dio.
Nel frattempo le romite crescevano di numero e il loro patrimonio aumentava considerevolmente; ma soltanto un'occasione di emergenza le indusse ad organizzarsi in una congregazione qualificata. Si era ritirata con loro una giovane di 24 anni, maritatasi cinque anni prima e, subito dopo le nozze, abbandonata dal marito. Ella si trovava con loro da circa tre anni, quando lo sposo fuggiasco ricomparve e pretendeva di riprendersi la moglie, che non era vincolata da voti in un vero e proprio Ordine religioso; ma la giovane non ne voleva sapere. Allora A., che , molto l'amava, decise che tutta la piccola comunità entrasse nell'ordine di S. Benedetto e prendesse l'abito bianco degli olivetani di S. Miniato a Monte: erano in sette compagne, quando il 25 dic. del 1413 fecero la loro professione. Esse avevano intanto comprato una nuova casetta, nelle adiacenze del conventino, per uso di don Giovanni Lorenzo Cioni, loro confessore e cappellano.
Per seguire la Regola benedettina, le suore avrebbero dovuto recitare le ore canoniche; ma erano tutte analfabete. La nipote di suor Agata, divenuta monaca con il nome di suor Benedetta, era molto intelligente e fu istruita dal cappellano attraverso la finestrella a grata, dietro la quale le "murate" seguivano la Messa e prendevano la Comunione: imparò in breve tempo e poi insegnò alle consoreue, che poterono così recitare l'Officio. La piccola comunità continuò a svilupparsi: le suore avevano raggiunto il numero di 13,quando l'abate benedettino Gomez, portoghese, "inviato a riformare i monasteri di Firenze, determinò di farle traslocare per l'insalubrità dell'ambiente, in cui vivevano da 34anni, e per il pericolo di essere travolte da eventuali piene dell'Amo. Le suore passarono allora nella casa donata loro da Monna Nanna, figlia del fornaciaio Iacopo di Giunta e moglie di Lapo, situata in Via Ghibellina sopra la fornace. In breve il locale venne adattato al nuovo uso e il 14dic. 1424,di nv.ttina all'alba, le 13suore passarono nel monastero di via Ghibellina, che fu intitolato alla S. Annunziata. L'abate Gomez scrisse per loro le nuove costituzioni, in tutto conformi alla Regola di s. Benedetto, ed impose loro l'abito nero invece di quello bianco degli olivetani. Suor Agata fu nominata badessa, mentre A. preferiva "attendere con Maria alle sue contemplazioni che con Martha al governo del monastero" (Razzi, Delle vite, p. 92).Le suore dovettero quindi affrontare un periodo di controversie con il priore di S. Ambrogio, la parrocchia adiacente al convento di via Ghibellina, geloso della sua giurisdizione, mentre esse intendevano dipendere direttamente dall'abate benedettino; finché nel 1434,per intercessione del padre Gomez, ottennero da papa Eugenio IV (durante la sua permanenza a Firenze) dispensa in perpetuo dalla giurisdizione parrocchiale.
Non è tramandato dalle fonti l'anno di morte né di A., né di suor Agata.
L'ultima notizia che abbiamo di loro riguarda il passaggio della comunità dal conventino di Ponte alle Grazie nella nuova casa in Via Ghibellina (1424):questo avvenimento è ricordato solennemente in una lapide, posta nel 1604, con licenza del duca Ferdinando I, da suor Ippolita degli Acciaiuoli "monaca Camarlinga delle Murate", sul muro della casetta rifatta sopra le rovine, dopo la piena del 1557 (Richa, Notizie, p. 169). In un'altra lapide, alfissa fuori della chiesa della S. Annunziata in Via Ghibellina, venne schematicamente riassunta la storia delle Vergini Murate di Firenze, alla cui comunità aveva dato origine "Apollonia ex sodalitio olini S. Catharinae Sen." (ibid., p. 82). Una cronaca manoscritta di Giustina Niccolini narra la storia del monastero dalla sua fondazione al 1597(Inghirami, Storia della Toscana..., XVI, p.69).
Nel monastero delle Murate di Firenze venne educata Caterina de' Medici, che andò sposa ad Enrico II di Francia, e l'ava del granduca Cosimo I, Caterina Sforza, vi finì i suoi giorni tribolati.
Il convento fu soppresso nel 1808 e verso la metà del sec. XIX fu trasformato in "casa di pubblica correzione" (Fantozzi, Pianta, p. 221).
Fonti e Bibl.: S. Razzi, Delle vite de' Santi e Beati Toscani, Firenze 1601, pp. 90-92; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' sum quartieri, I,Firenze 1754, pp. 165-69; II, ibid., 1755, pp. 79-97; F. Inghirami, Storia della Toscana...,XII,Fiesole 1843, pp. 123-24; XVI, ibid., 1843, p. 69; F. Fantozzi, Pianta geometrica della città di Firenze, Firenze 1843, pp. 138 s., 221; E. Viviani della Robbia, Nei monasteri fiorentini, Firenze 1946, pp. 16-21, 38 s., 48 s., 52 s., 79 s.